Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 30369 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 3 Num. 30369 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/11/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 26683/2021 proposto da:
FALLIMENTO COGNOMEA RAGIONE_SOCIALE, in persona del curatore, rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME (EMAIL) e NOME COGNOME (EMAIL);
– ricorrente e controricorrente al ricorso incidentale contro
PRESIDENZA DEL RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente del RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE pro-tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE (EMAIL);
– controricorrente e ricorrente incidentale –
avverso la sentenza n. 1927/2021 RAGIONE_SOCIALEa CORTE D’APPELLO DI ROMA, depositata il 15/3/2021.
Udita la relazione RAGIONE_SOCIALEa causa svolta all’udienza pubblica del 17/10/2024 dal AVV_NOTAIO. NOME COGNOME.
Udito il Sostituto Procuratore Generale, in persona del AVV_NOTAIO. NOME COGNOME, che ha concluso per il rigetto del ricorso principale e di quello incidentale.
Uditi i difensori RAGIONE_SOCIALEe parti comparsi in udienza.
FATTI DI CAUSA
Con sentenza resa in data 15/3/2021, la Corte d’appello di Roma, in accoglimento RAGIONE_SOCIALE‘appello proposto dalla RAGIONE_SOCIALE e in riforma RAGIONE_SOCIALEa decisione di primo grado, ha rigettato la domanda proposta dalla RAGIONE_SOCIALE per la condanna RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE al risarcimento dei danni asseritamente subiti dalla società attrice in conseguenza RAGIONE_SOCIALE‘adozione, da parte RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE italiano, di misure legislative destinate alla determinazione di un prezzo minimo di vendita al pubblico RAGIONE_SOCIALEe sigarette.
Secondo la prospettazione RAGIONE_SOCIALEa società ricorrente, tali misure, in quanto in ipotesi aAVV_NOTAIOate in contrasto con i principi RAGIONE_SOCIALE‘ordinamento RAGIONE_SOCIALE‘Unione Europea in materia di libertà di concorrenza e d’impresa, avevano causato un grave danno economico alla RAGIONE_SOCIALE che, proprio attraverso una politica di mercato volta alla commercializzazione RAGIONE_SOCIALEe sigarette a prezzi particolarmente contenuti, aveva realizzato significativi profitti, di seguito cancellati dalla contestata normativa approvata dallo RAGIONE_SOCIALE italiano.
A fondamento RAGIONE_SOCIALEa decisione assunta, la Corte territoriale – dopo aver preliminarmente escluso l’esistenza di alcun giudicato esterno (in tesi formatosi a seguito del rigetto RAGIONE_SOCIALEa domanda di risarcimento dei
danni proposto dalla RAGIONE_SOCIALE dinanzi al giudice amministrativo in connessione al domandato annullamento dei provvedimenti aAVV_NOTAIOati dall’amministrazione finanziaria RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE per l’imposizione di prezzi minimi di vendita RAGIONE_SOCIALEe sigarette) – ha rilevato l’insussistenza dei presupposti per il riconoscimento RAGIONE_SOCIALEa pretesa risarcitoria RAGIONE_SOCIALEa società attrice, dovendo escludersi il carattere ‘grave e manifesto’ RAGIONE_SOCIALEe violazioni contestate al legislatore italiano (secondo i parametri ripetutamente sanciti dalla giurisprudenza RAGIONE_SOCIALEa Corte di giustizia RAGIONE_SOCIALE‘Unione europea), avuto riguardo al carattere non chiaro, né preciso o sufficiente RAGIONE_SOCIALEa normativa comunitaria nella materia dei prezzi dei proAVV_NOTAIOi da tabacco, non potendo escludersi l’esercizio, da parte dei legislatori degli Stati membri, del legittimo potere di imposizione autoritativa di prezzi per la realizzazione di interessi propri dei singoli Stati (come, ad esempio, in materia di salute), con il solo limite costituito dal divieto di determinare effetti oggettivamente distorsivi RAGIONE_SOCIALEa concorrenza tra imprese.
In breve, secondo la Corte d’appello, il legislatore italiano era incorso unicamente in una particolare violazione RAGIONE_SOCIALEe modalità di esercizio RAGIONE_SOCIALEa politica dei prezzi minimi imposti, che, in ragione RAGIONE_SOCIALEe relative caratteristiche, doveva ritenersi tale da non giustificare il riconoscimento di una responsabilità risarcitoria nei confronti RAGIONE_SOCIALEa società attrice, in quanto oggettivamente scusabile in considerazione RAGIONE_SOCIALEe particolari circostanze RAGIONE_SOCIALE‘indicato contesto normativo complessivo.
Sotto altro profilo, la Corte territoriale ha rilevato la correttezza RAGIONE_SOCIALEa decisione impugnata nella parte in cui aveva in ogni caso escluso l’avvenuta adeguata dimostrazione, da parte RAGIONE_SOCIALEa società ricorrente, del concreto ricorso RAGIONE_SOCIALEe conseguenze dannose denunciate.
Tali argomentazioni, del resto, dovevano essere estensibili, secondo la Corte territoriale, anche alle misure aAVV_NOTAIOate in sede legislativa in materia di accise sul tabacco, in relazione alle quali, peraltro, doveva ritenersi mancante (al di là RAGIONE_SOCIALEa tardività RAGIONE_SOCIALEe relative deduzioni) alcuna adeguata dimostrazione, da parte RAGIONE_SOCIALEa società attrice, tanto del carattere ‘grave e manifesto’ RAGIONE_SOCIALE‘illecito in ipotesi deAVV_NOTAIOo, quanto del ricorso di effettive conseguenze dannose concretamente riconducibili alle misure aAVV_NOTAIOate dal legislatore italiano.
Avverso la sentenza d’appello, la RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione sulla base di tredici motivi di impugnazione.
La RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso, proponendo, a sua volta, ricorso incidentale, sulla base di un unico motivo di impugnazione.
La RAGIONE_SOCIALE ha depositato controricorso al fine di resistere al ricorso incidentale.
Il Procuratore generale presso la Corte di cassazione ha concluso per iscritto, invocando il rigetto del ricorso principale e di quello incidentale.
Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI COGNOMEA DECISIONE
Dev’essere preliminarmente affrontato, per ragioni di pregiudizialità, il ricorso incidentale proposto dalla RAGIONE_SOCIALE.
Con l’unico motivo di tale ricorso incidentale, la RAGIONE_SOCIALE censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 324 c.p.c. e 2909 c.c. (in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c.), per avere la Corte territoriale erroneamente disatteso il motivo di appello avanzato dalla stessa RAGIONE_SOCIALE in relazione all’eccezione di giudicato derivante dalle sentenze del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE n. 482/2012 e
483/2012 che avevano respinto le domande di risarcimento del danno proposte da NOME (per la diversità dei soggetti e RAGIONE_SOCIALEa causa petendi ), attesa la sostanziale identificazione soggettiva del RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE (parti di quei giudizi) con la RAGIONE_SOCIALE, e dovendo ritenersi che dinanzi al giudice amministrativo la controparte aveva pur sempre contestato, ai fini RAGIONE_SOCIALEa proposta domanda di risarcimento dei danni, la legittimità RAGIONE_SOCIALEa normativa primaria interna sul presupposto RAGIONE_SOCIALEa quale erano stati assunti i provvedimenti amministrativi impugnati in quella sede.
Il motivo è infondato.
Osserva il Collegio come, al di là RAGIONE_SOCIALEa questione (rilevante sul terreno RAGIONE_SOCIALEa legittimazione passiva) concernente l ‘ identità o la diversità soggettiva RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE rispetto ai singoli Ministeri (segnatamente nei casi, come quello in esame, in cui è in questione la chiamata in causa RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE quale figura esponenziale RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE italiano nell’in sieme dei suoi apparati istituzionali), l’eccezione di giudicato sollevata in questa sede dalla RAGIONE_SOCIALE non possa in ogni caso trovare accoglimento, dovendo ritenersi non sussistente l’identità RAGIONE_SOCIALEe causae petendi poste a fondamento, da un lato, RAGIONE_SOCIALEa domanda risarcitoria illo tempore formulata dinanzi al giudice amministrativo dalla RAGIONE_SOCIALE e, dall’altro, RAGIONE_SOCIALEa richiesta di risarcimento dei danni dalla medesima società avanzata in questa sede civile.
Al riguardo, è appena il caso di considerare l’irriducibile diversità dei fatti indicati a sostegno RAGIONE_SOCIALEa domanda risarcitoria proposta dalla COGNOME dinanzi al giudice amministrativo, rispetto a quelli allegati a fondamento RAGIONE_SOCIALEa domanda di risarcimento dei danni rilevante in questa sede, avendo la COGNOME contestato, in quella prima sede
giudiziaria, il carattere illecito del comportamento amministrativo consistito nell’adozione di un illegittimo provvedimento impositivo di un prezzo minimo dei tabacchi, là dove, in sede civile, la stessa società ha viceversa invocato il riconoscimento del carattere illecito del comportamento aAVV_NOTAIOato in sede legislativa dallo RAGIONE_SOCIALE italiano, rivisto nella sua unitarietà istituzionale, siccome lesivo dei diritti riconosciuti alla società attrice dalla disciplina europea di matrice unionale.
Si tratta, all’evidenza, di domande comportanti ciascuna l’esecuzione di indagini istruttorie relative a presupposti di fatto radicalmente eterogenei tra loro (l’adozione di un provvedimento amministrativo, da un lato, e l’assunzione di un atto legislativo, dall’altro) , vieppiù riferiti alla prospettata lesione di situazioni giuridiche soggettive in nessun caso sovrapponibili tra loro.
Ne deriva l’attestazione RAGIONE_SOCIALEa palese difformità RAGIONE_SOCIALEe domande risarcitorie avanzate dalla RAGIONE_SOCIALE nelle due diverse sedi giurisdizionali, con il conseguente riconoscimento RAGIONE_SOCIALE‘insussistenza di alcun possibile giudicato formatosi dinanzi al giudice amministrativo in ipotesi spendibile con efficacia preclusiva in questa sede civile; ciò da cui discende il riconoscimento RAGIONE_SOCIALE‘infondatezza del ricorso incidentale.
Con il primo motivo del ricorso principale, la COGNOME censura la sentenza impugnata per violazione di legge, per avere la corte territoriale erroneamente escluso, nel caso in esame, il ricorso di una violazione grave e manifesta, da parte RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE italiano, RAGIONE_SOCIALE‘ordinamento RAGIONE_SOCIALE‘Unione Europea; e tanto, sulla base di un’errata interpretazione RAGIONE_SOCIALEe condizioni sul punto stabilite dalla Corte di giustizia RAGIONE_SOCIALE‘Unione Europea, con particolare riguardo all’ingiustificata e indebita estensione, alla responsabilità del legislatore, degli stessi criteri utilizzati dalla giurisprudenza amministrativa per l’individuazione
RAGIONE_SOCIALEa colpa RAGIONE_SOCIALEe pubbliche amministrazioni nella violazione RAGIONE_SOCIALE‘ordinamento europeo.
Con il secondo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge (anche in combinato disposto con l’art. 2697 c.c.), per avere la corte territoriale erroneamente escluso il ricorso dei presupposti per il riconoscimento RAGIONE_SOCIALEa responsabilità risarcitoria RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE italiano alla luce dei principi stabiliti dalla giurisprudenza RAGIONE_SOCIALEa Corte di giustizia RAGIONE_SOCIALE‘Unione Europea, con particolare riferimento alla valutazione del grado di chiarezza RAGIONE_SOCIALEa disciplina RAGIONE_SOCIALE‘ordinamento europeo riferita al divieto di determinare effetti distorsivi RAGIONE_SOCIALEa concorrenza imprenditoriale attraverso l’azione sul prezzo dei tabacchi; nonché nella parte in cui ha rilevato la supposta esistenza di un corrispondente onere RAGIONE_SOCIALEa prova a carico RAGIONE_SOCIALE‘interessato.
Con il terzo motivo, la società ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge, per avere la corte territoriale erroneamente interpretato la giurisprudenza RAGIONE_SOCIALEa Corte di giustizia RAGIONE_SOCIALE‘Unione Europea in ordine alla pretesa esistenza di norme internazionali che giustificherebbero il comportamento RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE legislatore, fondando la propria decisione sulla base di disposizione dal tenore vago, limitate alla prescrizione di una generica possibilità statale di perseguire la tutela RAGIONE_SOCIALEa salute attraverso una politica di prezzi imposti, o mediante misure di natura fiscale, in contrasto con quanto obiettivamente stabilito dalla giurisprudenza RAGIONE_SOCIALEa Corte di giustizia RAGIONE_SOCIALE‘Unione Europea.
Con il quarto motivo, la società ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge per avere la corte territoriale erroneamente supposto l’inesistenza di una violazione grave e manifesta RAGIONE_SOCIALE‘ordinamento RAGIONE_SOCIALE‘Unione Europea, da parte RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE
italiano, con riferimento ad un mero obiter dictum RAGIONE_SOCIALEa sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte di giustizia RAGIONE_SOCIALE‘Unione Europea del 24 giugno 2010 (in causa C571/08), riferito all’imposizione fiscale come strumento utilizzabile al fine di soddisfare le esigenze di tutela RAGIONE_SOCIALEa vita e RAGIONE_SOCIALEa salute umana, ma indebitamente trasposto al caso in esame.
Con il quinto motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge, per avere la corte territoriale erroneamente applicato la giurisprudenza RAGIONE_SOCIALEa Corte di giustizia RAGIONE_SOCIALE‘Unione Europea in relazione alla supposta inesistenza di una violazione grave e manifesta del diritto comunitario, con particolare riferimento all’esistenza di diritti invocabili dai singoli.
I cinque motivi – congiuntamente esaminabili per ragioni di connessione – benché astrattamente fondati, devono ritenersi superati dalla preliminare ed assorbente questione (oggetto RAGIONE_SOCIALEa successiva esposizione) che attiene alla mancata dimostrazione, da parte RAGIONE_SOCIALEa società ricorrente, RAGIONE_SOCIALE‘effettiva e concreta sussistenza di danni conseguenti all’illecito RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE italiano contestato in questa sede.
Sul punto, varrà sinteticamente indicare le ragioni che inducono a ritenere priva di adeguato fondamento giuridico l’argomentazione sostenuta dalla corte territoriale in relazione alla pretesa ‘scusabilità’ del comportamento del legislatore italiano in relazione alla (pur ritenuta) lesione RAGIONE_SOCIALEa disciplina di origine continentale in ordine al divieto relativo all’imposizione di prezzi minimi di rivendita dei tabacchi.
In termini generali, è noto l’indirizzo assunto, ormai da lungo tempo, dalla Corte di giustizia RAGIONE_SOCIALE‘Unione Europea in ordine alla responsabilità dei singoli Stati nei diretti confronti di individui e gruppi in relazione alla violazione dei relativi diritti soggettivi che trovino fondamento nella disciplina RAGIONE_SOCIALE‘Unione ; evenienza destinata a
compiersi ogniqualvolta al singolo RAGIONE_SOCIALE (indipendentemente da ll’identità degli apparati o dagli organi legislativi, amministrativi o giudiziari cui risale l’adozione RAGIONE_SOCIALEe determinazioni contestate) sia imputabile la responsabilità di aver provocato con immediatezza la lesione di prerogative proprie dei singoli che, riconosciute e protette dall’ordinamento europeo, si sia traAVV_NOTAIOa nella produzione di conseguenze pregiudizievoli, effettive e concrete, a danno di questi.
16. Si tratta di principi andatisi progressivamente concretizzando come opportunamente ricordato nelle note in questa sede depositate per iscritto dal Procuratore Generale presso questa Corte – a partire dal principio consacrato per la prima volta nella sentenza COGNOME del 19 novembre 1991 (cause C-6/90 C-9/90), cui ha fatto seguito la pronuncia RAGIONE_SOCIALE del 5 marzo 1996, causa C-46, in cui la Corte di Lussemburgo ha posto le basi per la configurabilità di una responsabilità a carico degli Stati membri per l’ omessa o difettosa trasposizione di direttive, con conseguente obbligo di risarcire il danno arrecato ai cittadini da un illecito non altrimenti definibile se non come commesso dallo RAGIONE_SOCIALE nel l’esercizio RAGIONE_SOCIALEa funzione legislativa.
17. L ‘orientamento così inaugurato si è successivamente sviluppato e consolidato attraverso l’adozione di una serie di decisioni (cfr. Corte di Giustizia Europea del 30 settembre 2003, in causa C-224/01, COGNOME ; Corte di Giustizia Europea del 13 giugno 2006, in causa C173/03, Traghetti RAGIONE_SOCIALE e successive) che hanno dato luogo alla stabilizzazione di un vero e proprio sistema risarcitorio (a carattere sanzionatorio) vòlto a garantire il ristoro RAGIONE_SOCIALEe conseguenze negative derivanti da ll’esercizio (tanto omissivo, quanto commissivo), da parte dei singoli Stati membri, RAGIONE_SOCIALEa propria attività legislativa in conflitto con i principi del diritto RAGIONE_SOCIALE‘Unione .
In questo contesto sistematico, i principi che attengono all’imputazione RAGIONE_SOCIALEa responsabilità in capo al singolo RAGIONE_SOCIALE, pur confermando l’inevitabilità del riscontro di un indispensabile nesso di causalità tra il comportamento lesivo e il danno denunciato, prescindono dalla ricerca dei consueti coefficienti soggettivi del dolo e RAGIONE_SOCIALEa colpa (secondo la tradizionale impostazione storica dei singoli ordinamenti statuali), per muovere alla ricerca del carattere oggettivamente ‘grave e manifesto’ RAGIONE_SOCIALEa violazione ascritta allo RAGIONE_SOCIALE danneggiante.
Secondo la giurisprudenza RAGIONE_SOCIALEa Corte di giustizia, infatti, la responsabilità RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE membro discende dal concreto riscontro di tre specifiche condizioni: ‘ la prima di queste condizioni è che il risultato prescritto dalla direttiva implichi l ‘ attribuzione di diritti a favore dei singoli. La seconda condizione è che il contenuto di tali diritti possa essere individuato sulla base RAGIONE_SOCIALEe disposizioni RAGIONE_SOCIALEa direttiva. Infine, la terza condizione è l’esistenza di un nesso di causalità tra la violazione RAGIONE_SOCIALE‘obbligo a carico RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE e il danno subito dai soggetti lesi’ (Corte di giustizia, 19 novembre 1991, cause riunite C 6-90 e C-9/90, COGNOME e COGNOME , punto 40).
Nel dare corpo a tale indirizzo -e, segnatamente, all’individuazione del significato da ascrivere al carattere ‘ grave e manifesto ‘ RAGIONE_SOCIALEa violazione statale -la Corte di giustizia ha ulteriormente precisato come ‘ fra gli elementi che il giudice competente può eventualmente prendere in considerazione, vanno sottolineati il grado di chiarezza e di precisione RAGIONE_SOCIALEa norma violata, l ‘ ampiezza del potere discrezionale che tale norma riserva alle autorità nazionali o comunitarie, il carattere intenzionale o involontario RAGIONE_SOCIALEa trasgressione commessa o del danno causato, la scusabilità o l ‘ inescusabilità di un eventuale errore di diritto, la circostanza che i
comportamenti aAVV_NOTAIOati da un ‘ istituzione comunitaria abbiano potuto concorrere all ‘ omissione, all ‘ adozione o al mantenimento in vigore di provvedimenti o di prassi nazionali contrari al diritto comunitario. In ogni caso, una violazione del diritto comunitario è manifesta e grave quando continua nonostante la pronuncia di una sentenza che ha accertato l’inadempimento contestato, di una sentenza pregiudiziale o di una giurisprudenza consolidata RAGIONE_SOCIALEa Corte in materia, dalle quali risulti l ‘ illegittimità del comportamento in questione’ (caso RAGIONE_SOCIALE 5 marzo 1996, cause riunite C-46/93 e C-48/93, punti 5557).
21. Tanto premesso, la Corte d’appello di Roma, pur allineandosi correttamente a tali principi, ha rilevato come, in concreto, la violazione (pur oggettivamente riscontrata) RAGIONE_SOCIALEa disciplina RAGIONE_SOCIALE‘Unione da parte RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE italiano, in occasione RAGIONE_SOCIALE‘adozione del provvedimento legislativo impositivo di un prezzo minimo di rivendita del tabacco (art. 1, comma 486, RAGIONE_SOCIALEa legge n. 311/2004, poi abrogato dall’art. 4 comma 5 d.lgs. n, 48/10), non potesse ritenersi ‘grave e manifesta’, avuto riguardo al carattere, a sua volta, ‘non chiaro e preciso’ RAGIONE_SOCIALEa normativa comunitaria, si dà escludere che l’attività legislativa nella materia del commercio dei proAVV_NOTAIOi da tabacco potesse considerarsi adeguatamente indirizzata in un’unica direzione dalla disciplina europea (cfr. pag. 14 RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata, nella parte in cui richiama le motivazioni del giudice amministrativo che si dicono integralmente condivise anche con riferimento alla responsabilità RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE legislatore: cfr. pag. 20 RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata).
22. In particolare, la Corte territoriale ha valorizzato la circostanza secondo cui l’art. 9, co. 2 RAGIONE_SOCIALEa direttiva 95/59/CE (indicato come il parametro normativo di derivazione continentale) contenesse un’espressa riserva in favore RAGIONE_SOCIALEa legislazione interna degli Stati
membri in materia di prezzi imposti tali da non escludere in toto un intervento autoritativo del legislatore e RAGIONE_SOCIALEe pubbliche amministrazioni nazionali nella determinazione del prezzo di vendita RAGIONE_SOCIALEe sigarette.
23. La stessa Corte di giustizia, del resto – secondo quanto rilevato dalla Corte territoriale – con la sentenza del 24 giugno 2010 ha ritenuto che la normativa italiana in materia di prezzo minimo fosse confliggente con il diritto comunitario, non già per il fatto di esistere in quanto tale, ma in quanto non strutturata in modo da escludere la creazione di una distorsione RAGIONE_SOCIALEa concorrenza (cfr. pagg. 14-15 RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata).
Infine, ad ulteriore sostegno RAGIONE_SOCIALEa scusabilità del legislatore italiano, la Corte d’appello di Roma ha richiamato la circostanza costituita dall’avvenuta adozione RAGIONE_SOCIALEa contestata normativa italiana sui prezzi (anche) sulla base RAGIONE_SOCIALEa decisione del RAGIONE_SOCIALE europeo del 2 giugno 2004, con la quale era stata approvata la Convenzione-quadro RAGIONE_SOCIALE‘ RAGIONE_SOCIALE che aveva individuato espressamente le misure finanziarie e fiscali come un mezzo efficace e importante al fine di ridurre il consumo di tabacco (in particolare da parte dei giovani), riconoscendo la possibilità RAGIONE_SOCIALE‘adozione e del mantenimento da parte degli Stati, di misure comprendenti l’applicazione di politiche fiscali e, all’occorrenza, di politiche dei prezzi riguardanti i proAVV_NOTAIOi del tabacco, al fine di contribuire al raggiungimento degli obiettivi di salute tendenti alla riduzione del consumo di tabacco (cfr. pag. 15 RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata, sempre nella parte in cui richiama le motivazioni del giudice amministrativo che si dicono integralmente condivise anche con riferimento alla responsabilità RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE legislatore: cfr. pag. 20 RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata).
L’analisi compiuta dalla Corte territoriale (sulla scia di quella condivisa del giudice amministrativo) deve dirsi, tuttavia, non rispettosa dei principi al riguardo stabiliti dalla giurisprudenza RAGIONE_SOCIALEa Corte di Giustizia RAGIONE_SOCIALE‘Unione Europea, non avendo il giudice a quo adeguatamente sottoposto ad analisi la questione (espressamente sottolineata dalla giurisprudenza continentale) secondo cui deve ritenersi sempre ‘ grave e manifesta ‘ la violazione ascritta allo RAGIONE_SOCIALE membro laddove quest’ultimo abbia aAVV_NOTAIOato il proprio comportamento illecito pur a fronte di una giurisprudenza consolidata in materia RAGIONE_SOCIALEa Corte di giustizia dalla quale risulti l’illegittimità del comportamento in questione (cfr. caso RAGIONE_SOCIALE du RAGIONE_SOCIALE 5 marzo 1996, cause riunite C-46/93 e C-48/93, punti 55-57).
26. Al riguardo, varrà considerare come il provvedimento legislativo qui contestato sia stato aAVV_NOTAIOato, dallo RAGIONE_SOCIALE italiano, nel 2004 (legge n. 311/2004), e sia stato successivamente ritenuto contrastante con il diritto europeo (per violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 9 RAGIONE_SOCIALEa direttiva n. 95/59) con la sentenza 24 giugno 2010 RAGIONE_SOCIALEa Corte di Giustizia RAGIONE_SOCIALE‘Unione Europea.
Prima del 2004, però, la giurisprudenza europea nella materia RAGIONE_SOCIALE‘adozione di prezzi minimi dei proAVV_NOTAIOi da tabacco poteva ritenersi già certamente consolidata nel senso del relativo sicuro contrasto con i principi del diritto RAGIONE_SOCIALE‘ Unione, tanto risultando in modo esplicito dalla lettura: 1) RAGIONE_SOCIALEa sentenza RAGIONE_SOCIALEa CGUE del 21 giugno 1983, Commissione c. Francia (caso 90/82); 2) RAGIONE_SOCIALEa sentenza RAGIONE_SOCIALEa CGUE del 19 ottobre 2000, Commissione c. Grecia (caso 216/98); 3) RAGIONE_SOCIALEa sentenza RAGIONE_SOCIALEa CGUE del 27 febbraio 2002, Commissione c. Francia (caso 302/2002).
28. Nel primo caso (Commissione c. Francia, sentenza del 21 giugno 1983, caso 90/82), pur non facendosi mai direttamente questione di prezzi minimi (in quanto non immediatamente posti a
oggetto RAGIONE_SOCIALEa controversia), da un lato, si esplicita il divieto di incidere autoritativamente sulla fissazione dei prezzi del tabacco e, dall’altro, si dà conto RAGIONE_SOCIALEa rilevanza RAGIONE_SOCIALE‘argomentazione sostenuta dalla Commissione europea là dove, esemplificando le modalità attraverso le quali l’azione RAGIONE_SOCIALEa legislazione statale sui prezzi possa incidere, distorcendolo, sul regolare andamento RAGIONE_SOCIALEa concorrenza, si afferma come l’eventuale imposizione di un prezzo minimo, in quanto in ipotesi superiore al prezzo massimo stabilito da un produttore, varrebbe ad imporre, a quest’ultimo , l’adozione di un prezzo superiore, con un evidente effetto distorsivo RAGIONE_SOCIALEa concorrenza; e ciò, in palese contrasto con quanto espressamente sancito dalla direttiva 72/464/CEE (in larga misura sovrapponibile ai contenuti RAGIONE_SOCIALEa direttiva 95/59/CE sul punto), nella parte in cui riserva ai produttori del tabacco la prerogativa di stabilire liberamente i prezzi massimi di vendita al minuto dei loro proAVV_NOTAIOi nel rispetto RAGIONE_SOCIALEe dinamiche di mercato (cfr. art. 5 RAGIONE_SOCIALEa direttiva 72/464/CEE e art. 9 RAGIONE_SOCIALEa direttiva 95/59/CE).
29. Nel secondo caso (Commissione c. Grecia, sentenza del 19 ottobre 2000, caso 216/98), la CGUE affronta direttamente la liceità, rispetto alla direttiva 95/59/CE, RAGIONE_SOCIALEa fissazione per legge, da parte di uno RAGIONE_SOCIALE membro, del prezzo minimo dei tabacchi.
Qui la Corte riprende in modo esplicito la tesi, già precedentemente esposta nel ‘caso francese’ del 1982, secondo cui la fissazione di un prezzo minimo del tabacco equivalga alla sostanziale violazione del divieto (positivamente stabilito dalla direttiva 95/59/CE) RAGIONE_SOCIALEa fissazione di un prezzo massimo, poiché l’eventuale fissazione di un prezzo minimo in ipotesi superiore al prezzo massimo fissato dal produttore finirebbe col costringere quest’ultimo ad adeguare il proprio prezzo massimo, con la conseguente consumazione di una palese violazione dei principi RAGIONE_SOCIALEa libertà di concorrenza.
Nella stessa decisione, peraltro, si trova altresì affermato come l’argomentazione volta a intendere l’adozione di prezzi minimi del tabacco in termini strumentali, rispetto allo scopo del concorso alla tutela RAGIONE_SOCIALEa salute, non valga a giustificare la violazione RAGIONE_SOCIALEa direttiva europea, ben potendo lo RAGIONE_SOCIALE membro ottenere il medesimo risultato di tutela RAGIONE_SOCIALEa salute attraverso l’imposizione di accise più alte: una misura fiscale di per sé capace di conservare la possibilità, per il produttore interessato, di rinunciare al conseguimento di più alte quote di profitto al fine di mantenere i propri prezzi al livello originario.
30. Nel terzo caso (Commissione c. Francia, sentenza del 27 febbraio 2002, caso 302/2002), la CGUE torna a verificare la liceità, rispetto alla direttiva 95/59/CE, RAGIONE_SOCIALEa fissazione per legge, da parte di uno RAGIONE_SOCIALE membro, del prezzo minimo dei tabacchi, nella specie stabilito dallo RAGIONE_SOCIALE francese in modo indiretto, ma con il medesimo risultato consistente nella fissazione autoritativa di un prezzo minimo.
Qui la Corte di giustizia ribadisce il principio, già stabilito nella decisione assunta nei confronti RAGIONE_SOCIALEa Grecia il 19 ottobre 2000, secondo cui la fissazione di un prezzo minimo dei proAVV_NOTAIOi da tabacco equivale alla violazione del divieto (positivamente stabilito dalla richiamata direttiva) di fissazione di un prezzo massimo, poiché l’eventuale fissazione di un prezzo minimo, in ipotesi superiore al prezzo massimo fissato dal produttore, finirebbe col costringere quest’ultimo all’ adeguamento del proprio prezzo massimo, con la conseguente consumazione di una palese violazione dei principi RAGIONE_SOCIALEa libertà di concorrenza.
31. Il principio di diritto da ultimo richiamato (volto a escludere la liceità RAGIONE_SOCIALEa fissazione per legge di un prezzo minimo dei proAVV_NOTAIOi da tabacco, in quanto lesiva del divieto positivamente stabilito dalla direttiva 95/59/CE di fissare un prezzo massimo in violazione dei
principi RAGIONE_SOCIALEa libertà di concorrenza, e non legittimamente giustificabile attraverso il richiamo alle esigenze di tutela RAGIONE_SOCIALEa salute), già introAVV_NOTAIOo nel 1982, in chiave argomentativa, nella sentenza RAGIONE_SOCIALEa CGUE del 21 giugno 1983 (Commissione c. Francia, caso 90/82), risulta quindi ripetutamente ripreso e consolidato nei pronunciamenti successivi RAGIONE_SOCIALEa Corte di giustizia RAGIONE_SOCIALE‘Unione Europea del 2000 e del 2002 (sentenza del 19 ottobre 2000, Commissione c. Grecia, caso 216/98 e sentenza del 27 febbraio 2002, Commissione c. Francia, caso 302/2002), con la conseguenza che l’imposizione legislativa, nel 2004, da parte RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE italiano, di un prezzo minimo dei proAVV_NOTAIOi da tabacco (cfr. art. 1 comma 486 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 311/2004) (successivamente riconosciuta in contrasto l’ordinamento europeo dalla sentenza del 24 giugno 2010, caso 571/08) doveva ritenersi, già all’atto RAGIONE_SOCIALEa sua adozione, palesemente contraria all’orientamento consolidato RAGIONE_SOCIALEa giurisprudenza RAGIONE_SOCIALEa Corte di giustizia RAGIONE_SOCIALE‘Unione Europea in materia e, conseguentemente, tale da costituire, di per sé, una violazione ‘grave e manifesta’ RAGIONE_SOCIALEa direttiva 95/59/CE, secondo quanto riconosciuto, a sua volta, dalla medesima giurisprudenza RAGIONE_SOCIALEa CGUE (cfr. caso RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE 5 marzo 1996, cause riunite C-46/93 e C-48/93, punti 55-57).
Da tali premesse deriva dunque l’erroneità RAGIONE_SOCIALE‘affermazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui l’imposizione di un prezzo minimo dei proAVV_NOTAIOi di tabacco introAVV_NOTAIOa dall’ art. 1 comma 486 RAGIONE_SOCIALEa legge n. 311/2004, pur contrastando con la direttiva 95/59/CE, non ha costituito una violazione ‘grave e manifesta’ del diritto RAGIONE_SOCIALE‘Unione .
Tale erroneità, pur inducendo a ritenere astrattamente fondate le censure illustrate dall’odierna società ricorrente attraverso la proposizione dei motivi in esame, si rivela purtuttavia priva di incidenza
sulla correttezza RAGIONE_SOCIALEa decisione finale impugnata, avuto riguardo al carattere assorbente RAGIONE_SOCIALEa questione relativa alla mancata dimostrazione, da parte RAGIONE_SOCIALEa società ricorrente, RAGIONE_SOCIALE‘effettiva e concreta sussistenza di danni conseguenti all’illecito RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE italiano contestato in questa sede (su cui v. infra ).
Ne deriva il riconoscimento RAGIONE_SOCIALE‘inammissibilità dei motivi dal primo al quinto del ricorso principale, avuto riguardo alla relativa irrilevanza ai fini RAGIONE_SOCIALEa decisione.
Con il sesto motivo, la società ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge, per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto che la società attrice avesse inammissibilmente mutato in corso di causa la propria domanda relativa all’estensione del proprio fatturato anche al periodo successivo alla data RAGIONE_SOCIALEa sentenza di condanna RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE italiano pronunciata dalla Corte di giustizia per l’introduzione del cosiddetto prezzo minimo, avendo l’odierna istante tempestivamente rivendicato il risarcimento di tutti i danni subiti anche in relazione alla violazione RAGIONE_SOCIALEe norme sulla concorrenza, oltre che a quelli discendenti dalla violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 9 RAGIONE_SOCIALEa direttiva n. 95/59, senza considerare il carattere ugualmente dannoso ed economicamente equivalente, tanto RAGIONE_SOCIALE‘imposizione di un prezzo minimo, quanto RAGIONE_SOCIALE‘imposizione di un’accisa di entità tale da ostacolare di fatto ogni possibilità di contenimento del prezzo in chiave concorrenziale, come peraltro statuito dalla sentenza del Tribunale amministrativo regionale richiamata in ricorso e passata in giudicato a seguito RAGIONE_SOCIALEa conferma da parte del RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE.
Con l’ottavo motivo, la società ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge (anche in combinato disposto con l’art. 39octies del d.lgs. n. 504/95, nel testo risultante a seguito RAGIONE_SOCIALEa modifica introAVV_NOTAIOa con il d.l. n. 94 del 23 giugno 2010), per avere la
Corte territoriale erroneamente ritenuto insussistenti i presupposti per il risarcimento dei danni derivanti dalla violazione RAGIONE_SOCIALEe norme RAGIONE_SOCIALE‘ordinamento europeo sulla concorrenza, secondo la giurisprudenza RAGIONE_SOCIALEa Corte di giustizia RAGIONE_SOCIALE‘Unione Europea.
Il sesto motivo è infondato e suscettibile di assorbire la rilevanza RAGIONE_SOCIALE‘ottavo .
Osserva il Collegio come l’esame RAGIONE_SOCIALEa documentazione processuale, ammissibile in considerazione RAGIONE_SOCIALEa natura del vizio denunciato, consenta di confermare l’esattezza di quanto statuito dal giudice a quo in relazione alla tardività RAGIONE_SOCIALEa proposizione, da parte RAGIONE_SOCIALEa società ricorrente, RAGIONE_SOCIALEa domanda di risarcimento dei danni conseguenti alla deAVV_NOTAIOa assunzione, da parte RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE italiano, di un comportamento genericamente lesivo dei principi RAGIONE_SOCIALEa concorrenza tra imprenditori in conseguenza RAGIONE_SOCIALE‘imposizione legislativa di una c.d. ‘accisa minima’ di entità tale da ostacolare ogni possibilità di contenimento del prezzo in chiave concorrenziale, essendosi la RAGIONE_SOCIALE costantemente limitata, fino alla scadenza temporale RAGIONE_SOCIALEe preclusioni processuali poste dall’art. 183, co. 6, c.p.c., a rivendicare il risarcimento dei danni conseguenti alla sola adozione del provvedimento legislativo impositivo di un prezzo minimo dei propri proAVV_NOTAIOi da tabacco, ed avendo, al contrario, esteso la propria prospettazione giustificativa RAGIONE_SOCIALEa rivendicazione risarcitoria solo negli scritti conclusivi, alla luce RAGIONE_SOCIALEa complessa istruttoria contabile svolta, ‘ anche con acquisizione di documentazione dopo la scadenza dei termini istruttori ‘ (cfr. pag. 18 RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata).
Da tanto deriva l’ infondatezza RAGIONE_SOCIALEa censura relativa al sesto motivo e il conseguente assorbimento RAGIONE_SOCIALEe contestazioni illustrate nell’ottavo .
Con il settimo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge, per avere la Corte territoriale
erroneamente omesso di procedere in ogni caso alla liquidazione dei danni subiti dalla RAGIONE_SOCIALE a seguito RAGIONE_SOCIALE‘introduzione del prezzo minimo da parte del legislatore italiano.
Il motivo – astrattamente fondato sulla base di quanto esposto in corrispondenza alla decisione relativa ai primi cinque motivi del ricorso – deve ritenersi assorbito dal rilievo concernente la mancata dimostrazione, da parte RAGIONE_SOCIALEa società ricorrente, RAGIONE_SOCIALE‘effettiva e concreta sussistenza di danni conseguenti all’illecito RAGIONE_SOCIALEo RAGIONE_SOCIALE italiano contestato in questa sede (su cui v. infra ).
Con il nono motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per avere la Corte territoriale erroneamente escluso la possibilità di valutare, ai fini RAGIONE_SOCIALEa determinazione dei danni subiti dalla società attrice, il periodo successivo all’abolizione del provvedimento denominato ‘accisa minima’, sull’erroneo presupposto RAGIONE_SOCIALEa mancata previsione RAGIONE_SOCIALEa rivendicazione dei corrispondenti danni nella domanda originaria.
Con il decimo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché per violazione RAGIONE_SOCIALE‘ambito di applicazione temporale RAGIONE_SOCIALE‘art. 1, comma 486, RAGIONE_SOCIALEa legge n. 311/2004, per avere la Corte territoriale erroneamente determinato l’ambito temporale di applicazione RAGIONE_SOCIALEa norma nazionale in materia di accisa ai fini RAGIONE_SOCIALEa quantificazione dei danni risarcibili.
Con l’undicesimo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione degli artt. 167 e 183 c.p.c., per avere la Corte territoriale illegittimamente tenuto conto, ai fini RAGIONE_SOCIALEa decisione, RAGIONE_SOCIALEe argomentazioni avanzate dalla controparte in ordine alla pretesa violazione, da parte RAGIONE_SOCIALE‘attrice, RAGIONE_SOCIALEe norme sulla concorrenza, trattandosi di un’eccezione riconvenzionale irritualmente sollevata
dalla controparte oltre i termini preclusivi stabiliti dalle norme processuali.
Il nono, il decimo e l’undicesimo motivo – congiuntamente esaminabili per ragioni di connessione, in quanto tutti vertenti sulla questione concernente la dimostrazione e la liquidazione del danno rivendicato – sono inammissibili.
Osserva il Collegio come la Corte territoriale abbia radicalmente disarticolato il ragionamento probatorio posto a fondamento RAGIONE_SOCIALEa sentenza di primo grado, nella parte in cui ha ritenuto di rinvenire, tra i dati contabili acquisiti nel corso RAGIONE_SOCIALEo svolgimento RAGIONE_SOCIALEa c.t.u., sufficienti elementi dimostrativi di carattere presuntivo idonei a sostanziare il giudizio conAVV_NOTAIOo ai fini (non già solo RAGIONE_SOCIALEa liquidazione, bensì) RAGIONE_SOCIALEa sussistenza stessa del danno denunciato dalla società ricorrente.
In particolare, la Corte d’appello ha evidenziato l’impossibilità di ascrivere u n’attendibile idoneità rappresentativa ai parametri temporali e contabili valorizzati dal primo giudice, rilevando come l’erroneità del criterio equitativo di quantificazione aAVV_NOTAIOato dal Tribunale discendesse in primo luogo ‘ dall’erronea individuazione del momento di abolizione del prezzo minimo di vendita RAGIONE_SOCIALEe sigarette che il Tribunale ha fissato nel mese di maggio 2012, quando il Tar del Lazio aveva disapplicato la normativa sull’accisa minima, ritenendo che quest’ultima, di fatto, reintroducesse il prezzo minimo di vendita dichiarato illegittimo dalla Corte di Giustizia RAGIONE_SOCIALE‘Unione Europea, laddove, dopo la pronuncia RAGIONE_SOCIALEa sentenza RAGIONE_SOCIALEa Corte di Giustizia del 24 giugno 2010, lo RAGIONE_SOCIALE italiano non aveva più applicato la norma interna sul prezzo minimo né era entrata in vigore la norma nazionale in materia di accisa minima ‘.
La sentenza impugnata ha in ogni caso evidenziato come ‘ il dato RAGIONE_SOCIALEa crescita esponenziale del fatturato di RAGIONE_SOCIALE nell’epoca successiva all’aprile 2012 ‘ non esibisse alcuna ‘ valenza univoca quale elemento per la liquidazione del danno ‘ , avuto riguardo all’impossibilità di ‘ stabilire in quale misura detta crescita sia stata determinata da una situazione di disparità di condizioni con tutti gli altri competitori che hanno subito l ‘ applicazione RAGIONE_SOCIALE‘accisa minima disapplicata soltanto per RAGIONE_SOCIALE, mentre gli altri concorrenti avevano ottenuto provvedimenti analoghi nel periodo tra il maggio 2013 ed il dicembre 2013 ‘ .
Quanto, infine, ai volumi di vendita nei periodi ‘ di prezzo libero ‘ , gli stessi non sarebbero, secondo il giudice d’appello, ‘ da soli sufficienti a fondare la quantificazione del danno ‘ non tenendo in alcun conto del decisivo ‘ dato relativo ai costi di produzione ‘ (cfr. pagg. 19-20 RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata).
46. In forza di tali premesse, il giudice d’appello ha quindi ritenuto che i residui elementi di valutazione oggettivamente considerabili non valessero a giustificare il riconoscimento di un quadro probatorio (sia pure di carattere critico-indiziario) sufficiente a conferire adeguata attendibilità a un giudizio positivo in ordine, non solo alla quantificazione, bensì alla stessa concreta sussistenza dei danni denunciati dalla società ricorrente come causalmente riconducibili al provvedimento legislativo in questa sede contestato.
47. Le censure avanzate dall’odierna società ricorrente con i tre motivi in esame, lungi dall’intercettare la pretesa violazione dei parametri normativi espressamente richiamati, in altro non si risolvono se non in una prospettata rilettura nel merito dei fatti di causa e RAGIONE_SOCIALEe prove, secondo un’impostazione critica non consentita in questa sede di legittimità, assumendo una portata del tutto irrilevante, rispetto alle concrete argomentazioni prospettate dalla Corte d’appello (e in
precedenza riportate), tanto l ‘asserita erroneità RAGIONE_SOCIALE‘affermazione RAGIONE_SOCIALEa Corte secondo cui il Tribunale non avrebbe dovuto prendere in considerazione il periodo successivo al mese di aprile 2012 (sull’assunto che questo non fosse ricompreso nella domanda originaria), quanto l’affermazione secondo cui la norma sull’accisa minima sarebbe entrata in vigore nel momento stesso RAGIONE_SOCIALE‘abolizione del prezzo minimo, avendo la Corte territoriale espressamente attribuito rilevanza dirimente all’inquinamento ‘rappresentativo’ costituito dalla diversità dei tempi di applicazione RAGIONE_SOCIALEa sospensione del provvedimento impositivo de ll’accisa minima per i diversi produttori in competizione successivamente al 2012 (circostanza di fatto acquisita alla cognizione RAGIONE_SOCIALEe parti e liberamente valutabile dal giudice a prescindere dall’eventuale tempestività di rilievi o eccezioni di parte), ed avendo la stessa Corte ragionevolmente escluso l’attendibilità del mero dato contabile costituito dai volumi di vendita nei periodi ‘ di prezzo libero ‘, in assenza di alcuna adeguata informazione in ordine ai costi effettivi di produzione.
In breve, la corte territoriale ha ragionevolmente evidenziato l’impossibilità di desumere la prova del danno – in ipotesi derivato a carico RAGIONE_SOCIALEa società ricorrente dall’imposizione del prezzo minimo RAGIONE_SOCIALEe sigarette – attraverso il confronto tra i volumi di vendita realizzati nei periodi di ‘ prezzo libero ‘ e quelli realizzati nei periodi di ‘ prezzo imposto ‘ .
Tale confronto, infatti, sarebbe stato prospettato solo artificialmente con riguardo al preteso periodo di ‘ prezzo libero ‘ successivo alla sospensione RAGIONE_SOCIALE‘efficacia del provvedimento amministrativo impositivo RAGIONE_SOCIALEa c.d. accisa minima, avendo la RAGIONE_SOCIALE usufruito, dopo il 2012, RAGIONE_SOCIALEa sospensione del provvedimento di imposizione di tale accisa minima in virtù di un provvedimento
giudiziale di carattere singolare, ossia non esteso a tutti i competitori RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE, rendendo in tal modo del tutto arbitraria la riconduzione RAGIONE_SOCIALE‘aumento dei volumi di vendita alla sola eliminazione del prezzo minimo imposto.
Sotto altro profilo, la corte territoriale ha del tutto coerentemente sottolineato come il mero confronto tra volumi di vendita realizzati in tempi diversi, non valesse a costituire un significativo dato rappresentativo del danno denunciato, in assenza di un’analitica descrizione dei costi di produzione idonei a rivelare l’eventuale effettiva contrazione dei margini di profitto realizzati nei periodi di vigenza del prezzo minimo imposto.
48. Ritiene dunque il Collegio opportuno richiamare, in relazione al caso in esame, il consolidato principio fatto proprio dalle Sezioni Unite di questa Corte di legittimità, ai sensi del quale, per dedurre la violazione del paradigma RAGIONE_SOCIALE‘art. 115 c.p.c., è necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento RAGIONE_SOCIALEa decisione le prove deAVV_NOTAIOe dalle parti, cioè abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione RAGIONE_SOCIALEa norma, il che significa che per realizzare la violazione deve aver giudicato, o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma (cioè dichiarando di non doverla osservare), o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introAVV_NOTAIOe dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (fermo restando il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio, previsti dallo stesso art. 115 c.p.c.), mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dal paradigma RAGIONE_SOCIALE‘art.
116 c.p.c., che non a caso è rubricato alla ‘valutazione RAGIONE_SOCIALEe prove’ (cfr. Sez. U, Sentenza n. 20867 del 30/09/2020, Rv. 659037; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 26769 del 23/10/2018, Rv. 650892 – 01).
49. Sotto altro profilo, l’ammissibilità RAGIONE_SOCIALEa doglianza relativa alla violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 116 c.p.c. è consentita solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa – secondo il suo ‘prudente apprezzamento’, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento RAGIONE_SOCIALEa prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (Sez. U, Sentenza n. 20867 del 30/09/2020, Rv. 659037 – 02).
Nella specie, la società ricorrente, lungi dal denunciare il mancato rispetto, da parte del giudice a quo , del principio del libero apprezzamento RAGIONE_SOCIALEe prove (ovvero del vincolo di apprezzamento imposto da una fonte di prova legale), – ovvero lungi dall’evidenziare l’omesso esame, da parte RAGIONE_SOCIALEa Corte territoriale, di uno specifico fatto decisivo idoneo a disarticolare, in termini determinanti, l’esito RAGIONE_SOCIALEa scelta decisoria aAVV_NOTAIOata o un vizio costituzionalmente rilevante RAGIONE_SOCIALEa motivazione (entro lo schema di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c.) -si è limitato a denunciare un (preteso) cattivo esercizio, da parte RAGIONE_SOCIALEa Corte territoriale, del potere di apprezzamento del fatto sulla base RAGIONE_SOCIALEe
prove selezionate, spingendosi a prospettare una diversa lettura nel merito dei fatti di causa, in coerenza ai tratti di un’operazione critica del tutto inammissibile in questa sede di legittimità.
Sulla base di tali considerazioni, dev’essere pertanto attestata l’inammissibilità del nono, del decimo e RAGIONE_SOCIALE‘undicesimo motivo.
Con il dodicesimo motivo, la società ricorrente censura la sentenza impugnata per difetto assoluto di motivazione in relazione al punto concernente il rigetto RAGIONE_SOCIALE‘appello incidentale proposto dall’odierna società istante, essendosi la Corte territoriale sottratta all’onere di specificare l’entità, la consistenza e la natura dei motivi per i quali detto appello incidentale doveva essere respinto.
Il motivo è infondato.
Osserva il Collegio come la sentenza impugnata abbia espressamente giustificato il rigetto RAGIONE_SOCIALE‘appello incidentale con riferimento all’insieme RAGIONE_SOCIALEe considerazioni svolte (immediatamente a ridosso RAGIONE_SOCIALEa valutazione circa la fondatezza RAGIONE_SOCIALE‘appello incidentale) in ordine all’effettività del danno denunciato dalla società ricorrente: si tratta di un ‘ esplicita, riconoscibile ed argomentata motivazione RAGIONE_SOCIALEa decisione assunta dal giudice a quo , di per sé pienamente idonea ad escludere in radice la fondatezza RAGIONE_SOCIALEa censura in esame.
Con il tredicesimo motivo, la ricorrente censura la sentenza impugnata per violazione di legge, per avere la Corte territoriale illegittimamente disatteso l’appello incidentale proposto dalla società istante, sulla presumibile base RAGIONE_SOCIALEe argomentazioni sviluppate nelle parti del provvedimento impugnato già sottoposte a critica nei precedenti motivi dal primo al settimo.
Il motivo è inammissibile.
Osserva il Collegio come la società ricorrente abbia proposto la censura in esame trascurando di specificare i termini esatti RAGIONE_SOCIALEa
contestazione critica avanzata nei confronti RAGIONE_SOCIALEa sentenza impugnata, avendo totalmente omesso di individuare le questioni e i punti illustrati nell’appello incidentale che sarebbero stati (in ipotesi) erroneamente disattesi dalla Corte territoriale.
Al di là di tale premessa, varrà considerare come la rilevata complessiva infondatezza di precedenti motivi di ricorso valga ad assorbire la rilevanza RAGIONE_SOCIALEa proposizione del motivo in esame, dalla stessa società ricorrente legata all”accoglimento dei motivi dal primo al settimo del presente ricorso per cassazione ‘ (cfr. pag. 43 del ricorso).
Sulla base di tali premesse, rilevata la complessiva infondatezza RAGIONE_SOCIALEe censure esaminate, dev’essere pronunciato il rigetto di entrambi i ricorsi.
La reciprocità RAGIONE_SOCIALEa soccombenza vale a giustificare, ad avviso del Collegio, l’integrale compensazione tra le parti RAGIONE_SOCIALEe spese del presente giudizio di legittimità.
Si dà atto RAGIONE_SOCIALEa sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte RAGIONE_SOCIALEa società ricorrente principale, RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-quater, RAGIONE_SOCIALE‘art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale.
Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese del presente giudizio di legittimità.
Dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte RAGIONE_SOCIALEa ricorrente principale, RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1-quater, RAGIONE_SOCIALE‘art. 13 del d.p.r. n. 115/2002.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio RAGIONE_SOCIALEa Terza Sezione