Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25577 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25577 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30507/2021 R.G. proposto da: COGNOME NOME, in proprio e quale socio e legale rappresentante di RAGIONE_SOCIALE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), con domicilio digitale come in atti
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), con domicilio digitale come in atti
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE d’APPELLO di VENEZIA n. 1607/2021 depositata in data 1/06/2021.
Udita la relazione svolta nella RAGIONE_SOCIALE di consiglio del 22/03/2023 dal Consigliere relatore, NOME COGNOME, osserva quanto segue.
FATTI DI CAUSA
I fatti processuali di prime cure così risultano dalla sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 1607/2021 pubblicata il 1/06/2021: «con sentenza n. 2052 del 2018 il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE accoglieva la domanda di risarcimento del danno proposta dalla società RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE in ragione delle condotte tenute da quest’ultima che non aveva tempestivamente comunicato alla RAGIONE_SOCIALE. la rinuncia alla domanda di arbitrato precedentemente proposta da RAGIONE_SOCIALE.
Il Tribunale, in particolare, dopo avere ripercorso lo svolgimento temporale dei fatti, in considerazione della documentazione depositata dalle parti, e avere rilevato la differenza, in base agli artt. 2 e 3 del Regolamento della RAGIONE_SOCIALE arbitrale della RAGIONE_SOCIALE, del procedimento arbitrale con il processo dinnanzi al Tribunale, dove l’instaurazione del contraddittorio è rimessa alle parti, mentre nel procedimento arbitrale è rimessa alla RAGIONE_SOCIALE arbitrale, riteneva che ai sensi dell’art. 3, comma 3, di detto Regolamento, sussistendo a carico della RAGIONE_SOCIALE arbitrale l’obbligo di comunicare entrambi gli atti introduttivi, sussistesse altresì l’obbligo di comunicare al convenuto la rinuncia all’arbitrato di controparte.
Al fine di accertare l’esistenza di un termine per adempiere a tale obbligo, il Tribunale, rilevato che l’art. 21 del Regolamento prevedeva l’obbligo delle parti di comunicare tempestivamente alla Segreteria della RAGIONE_SOCIALE arbitrale l’eventuale rinuncia agli atti, o l’intervenuta transazione, riteneva che analogo obbligo di tempestiva comunicazione fosse riscontrabile a carico della RAGIONE_SOCIALE arbitrale.
Dato che tra la comunicazione di COGNOME alla RAGIONE_SOCIALE di rinuncia all’arbitrato e quella della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE erano trascorsi 14 giorni, secondo il Tribunale era sussistente una responsabilità ex art. 2043 c.c. della convenuta per avere operato con negligenza non potendo detto lasso di tempo essere ritenuto tempestivo. Conseguentemente riconosceva alla società attrice, a titolo di danno, i costi dalla stessa sostenuti per difendersi nell’arbitrato introdotto e poi rinunciato ».
La detta sentenza di primo grado venne impugnata dalla RAGIONE_SOCIALE.
La Corte territoriale ha, nel ricostituito contraddittorio delle parti, ritenuto che la condotta della RAGIONE_SOCIALE fosse stata tempestiva in punto di comunicazione della rinuncia all’arbitrato , in quanto effettuata in data 13/05/2014, ossia entro sette giorni lavorativi, computati a decorrere dal 2/05/20214 e ha, pertanto, riformando la sentenza di primo grado, rigettato la domanda proposta in prime cure e condannato RAGIONE_SOCIALE a restituire alla RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE le somme versate dalla predetta in esecuzione della sentenza di primo grado.
NOME COGNOME in proprio e quale socio e legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte territoriale, con un unico complesso motivo, contenente plurime censure.
Risponde con controricorso la RAGIONE_SOCIALE.
Il Procuratore Generale non ha presentato conclusioni.
Entrambe le parti hanno depositato memoria per l’adunanza RAGIONE_SOCIALEle del 22/03/2024, alla quale la causa è stata trattenuta per la decisione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è articolato in un unico motivo e propone censure ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. in relazione agli artt. 132, comma 2, n. 4, 112 cod. proc. civ. e 2909 cod. civ.
Il motivo critica il percorso argomentativo della sentenza di secondo grado affermando che essa, a differenza di quello di primo grado, appare irrazionale e privo di alcuna coerenza logico-giuridica per avere la Corte d’ appello travisato il contenuto di una prova documentale; giudicato su questione non dedotta in appello, e quindi coperta dal giudicato, e affermato l’inesistenza di alcun obbligo di comunicazione in capo alla CCIAA, con conseguenze aberranti sul procedimento arbitrale; giudicato la «congruità del termine» sulla base di parametri estranei e fuorvianti, privi di nesso logico-giuridico con la realtà.
Le censure, promiscuamente proposte ai sensi del parametro del n. 4 dell’art. 360 del codice di rito non sono condivisibili .
I n disparte dall’omesso riferimento alla violazione e (o) falsa applicazione delle norme di diritto, al quale avrebbe dovuto essere correlato il riferimento agli artt. 112 cod. proc. civ. e 2909 cod. civ., il Collegio ritiene che il riferimento compiuto dalla sentenza impugnata alla data del 2/05/2014, quale giorno di decorrenza del termine per comunicare la rinuncia della controparte all’arbitrato non sia errato, o comunque arbitrario, in quanto questa era la data in cui il telefax del rinunciante Dal RAGIONE_SOCIALE venne protocollato, pur essendo stato inviato, e verosimilmente ricevuto, in data 30/04/2014.
L’asserito travisamento di prova documentale (ammesso che di ciò possa trattarsi alla stregua della più recente giurisprudenza nomofilattica: Sez. U n. 5792 del 5/03/2024 Rv. 670391 – 01) non è, pertanto, riscontrabile.
A tanto consegue che il termine è stato legittimamente fatto decorrere dai giudici dell’appello dal 2/05/2014, in quanto il Primo
Maggio è, come noto, Festa Nazionale, comportante la chiusura degli uffici pubblici.
Il riferimento, pure compiuto dalla sentenza della Corte territoriale, ai «giorni lavorativi» non è arbitrario, in quanto il criterio dei «giorni lavorativi» è comunque posto dal regolamento RAGIONE_SOCIALEle , all’art. 31, con riguardo alla procedura di «Arbitrato rapido», che prevede il termine di cinque giorni entro il quale la Segreteria deve provvedere a effettuare comunicazioni, cosicché non appare incongruo il riferimento al termine di sette giorni lavorativi, che, ove computato a decorrere dal 2/05/2014 conduce alla scadenza in data 14/05/2014, con conseguente rispetto complessivo del termine, posto che la rinuncia venne comunicata, come incontroverso, il 13/05/2014, e insussistenza del ritardo nell’adempimento.
L’avere assunto quale congruo parametro i giorni lavorativi costituisce, peraltro, un accertamento di fatto che la Corte d’ appello ha compiuto, ed esso non è adeguatamente sindacato, posto che il riferimento è effettuato avendo a termine di paragone quanto previsto in un atto, il Regolamento RAGIONE_SOCIALEle, per l’ Arbitrato rapido.
Il vizio relativo alla violazione del giudicato appare pure incoerentemente dedotto, posto che la RAGIONE_SOCIALE aveva contestato l’esistenza del termine di comunicazione come individuato dalla società RAGIONE_SOCIALE e, quindi, aveva dedotto una diversa durata del termine, con ciò, evidentemente, mantenendo in vita la questione della congruità del termine stesso.
La sentenza d’appello resiste, pertanto, alla denuncia di mancanza di motivazione, sotto il profilo della motivazione apparente, avendo i giudici dell’impugnazione di merito adeguatamente espresso le ragioni della non condivisione della decisione di primo grado.
Il ricorso è, pertanto, infondato, e deve, quindi, essere rigettato.
Le spese di lite di questa fase di legittimità seguono la soccombenza della parte ricorrente , e, tenuto conto dell’attività processuale espletata, in relazione al valore della controversia, sono liquidate come da dispositivo, in favore della controparte.
Il rigetto del ricorso comporta che deve attestarsi la sussistenza dei presupposti processuali (rigetto, ovvero dichiarazione di inammissibilità o improcedibilità dell’impugnazione) di cui all’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 30/05/2002, introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 24/12/2012 n. 228, per il cd. raddoppio del contributo unificato, se eventualmente dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente Ufficio di merito, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella RAGIONE_SOCIALE di consiglio della Corte di