Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 32171 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 32171 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 12/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. r.g. 14051/2021 proposto da:
COGNOME NOME COGNOME NOMERAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t., tutti rappresentati e difesi in forza di procura speciale in calce al ricorso dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliati in Roma , INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa giusto mandato in calce al controricorso, dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’ avvocato NOME COGNOME
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa giusto mandato in calce al controricorso, dall’avvocato NOME COGNOME ed
elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’ avvocato NOME COGNOME.
-controricorrenti – avverso la sentenza della Corte di Appello di Lecce-sezione distaccata di Taranto n. 397/2020, pubblicata in data 20/11/2020, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 19/09/2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
1.Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Lecce-sezione distaccata di Taranto ha riformato la sentenza del Tribunale di Taranto che aveva condannato Unicredit s.p.a. in solido con il Monte dei Paschi di Siena s.p.a. al pagamento della somma di € 43.444,88 in favore di RAGIONE_SOCIALE e di quella di € 70.666,96 in favore di RAGIONE_SOCIALE oltre accessori e spese di lite.
Il Tribunale aveva ritenuto sussistente la responsabilità delle Banche per aver erroneamente comunicato alle società il c.d. ‘bene emissione’ in relazione a quattro assegni circolari emessi per il pagamento di forniture.
In particolare, il giudice di primo grado ha affermato la responsabilità delle banche che, interpellate per le vie brevi (Unicredit telefonicamente e tramite trasmissione via fax di due assegni, MPS con diretta visione dei titoli), avrebbero assicurato la regolarità dei titoli, nonostante l’evidente falsità ictu oculi rilevabile dall’occhio esperto del funzionario di banca.
La corte distrettuale, viceversa, ha ritenuto che l’indicazione nei titoli della ‘filiale n. INDIRIZZO INDIRIZZO Maddaloni (CE) ‘ appaia chiaramente riferibile alla Banca di Credito Popolare di Torre del Greco cui l’Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane s.p.a. aveva destinato un cospicuo numero di assegni circolari in bianco, trafugati ben tre anni prima della negoziazione cioè il 7/10/2002 ed oggetto di sequestro da parte della Procura di Napoli. Tra l’altro ad avviso della corte di merito gli assegni trafugati in bianco e già precompilati erano da ritenersi autentici, atteso che la dicitura relativa alla filiale in questione era originaria ed originale.
Inoltre, la errata punzonatura di due assegni non poteva essere ritenuta una evidente anomalia come ritenuto in sede di CTU, a differenza di quanto ritenuto dal giudice di primo grado.
Oltre a ciò , l’accertamento della falsità di due degli assegni operato dal funzionario Unicredit 7-10 giorni dopo i fatti di causa è, ad avviso della Corte, irrilevante in quanto effettuata a truffa già consumata, allorquando gli assegni erano stati accertati come falsi in stanza di compensazione.
In sintesi, la corte di secondo grado ha ritenuto insussistente l’evidente falsità dei titoli nell’ambito della sommaria ed informale verifica richiesta alle due banche, con conseguente esclusione di qualsivoglia responsabilità.
La sentenza pubblicata il 20/11/2020, non notificata è stata impugnata con ricorso in Cassazione da COGNOME NOME e COGNOME NOME già soci della RAGIONE_SOCIALE in liquidazione e da RAGIONE_SOCIALE, assistito da tre motivi di ricorso. Si sono costituiti Unicredit S.p.a e Banca M.P.S. S.p.a. con separati controricorsi , chiedendo il rigetto dell’impugnazione.
Parte ricorrente ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ. la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. e 2697 c.c. , nonché il vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., sia per omessa insufficiente o contraddittoria motivazione che per omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti.
La Corte di Appello avrebbe omesso di valutare la circostanza anomala che sotto la dicitura Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane s.p.a. vi fosse l’ulteriore dicitura ‘filiale nINDIRIZZO INDIRIZZOMaddaloni (Ce) ‘ , sebbene il predetto istituto non avesse pacificamente filiali, come accertato dal CTU, avendo solo sedi senza sportelli al pubblico in Milano e Roma, come emergente, altresì, dal documento dell’Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane a firma del dott. COGNOME del 13/05/2009 che rileva che tale circostanza è nota a tutto il circuito bancario. L’anomalia sarebbe confermata, altresì, dalla
mancanza di una ‘S’ in un assegno relativamente alla dicitura S. Francesco D’Assisi.
Ad avviso dei ricorrenti, la corte distrettuale non avrebbe posto a fondamento della decisione quanto emergente dalla CTU e dall’anzidetto documento, con conseguente violazione dell’art. 115 c.p.c., nonché avrebbe valutato le prove in violazione del principio del prudente apprezzamento come sancito dall’art. 116 c.p.c..
Inoltre, la corte di merito avrebbe travisato i fatti utilizzando in sentenza un’informazione probatoria contraddetta da uno specifico atto processuale.
Con il secondo motivo di censura si contesta ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 la violazione falsa applicazione degli artt. 2697, 2727 e 2729 c.c. e 115 e 116 c.p.c. nonché il vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c., sia per omessa insufficiente o contraddittoria motivazione che per omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti.
La corte di merito avrebbe erroneamente ritenuto irrilevanti gli errori di perforazione su due dei quattro assegni di cui è causa sulla base di un giudizio presuntivo privo dei requisiti di gravità, precisione e concordanza. Inoltre, la motivazione del giudice di secondo grado sarebbe illogica e contraddittoria in relazione alla circostanza costituita dalla errata perforazione degli assegni che avrebbe dovuto essere riconosciuta dall’occhio attento del funzionario di banca.
Con il terzo e ultimo mezzo si lamenta ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 la violazione falsa applicazione degli artt. 2697 c.c., 115 e 116 c.p.c. nonché il vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. , sia per omessa insufficiente o contraddittoria motivazione che per omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione fra le parti. In particolare, la corte avrebbe travisato la prova costituita dal fatto che al furto dei moduli trafugati in bianco era stata data la prescritta pubblicità nel terminale della Centrale CAI, per cui non poteva che ritenersi accertata la negligenza della Banca. Inoltre, il giudice di secondo grado avrebbe omesso di considerare il fatto decisivo che al
furto dei moduli trafugati in bianco era stata data la prescritta pubblicità all’intero circuito bancario, per cui le Banche avrebbero dovuto effettuare ulteriori controlli che invece non sono stati negligentemente svolti.
Il primo motivo è inammissibile.
Va al riguardo premesso che con la proposizione del ricorso per cassazione, il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione. ( cfr. Cass. Sez. 5, Ordinanza n. 32505 del 22/11/2023; Cass. Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 9097 del 07/04/2017).
Più precisamente in tema di ricorso per cassazione, deve ritenersi inammissibile il motivo di impugnazione con cui la parte ricorrente sostenga un’alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, pur ove risultino allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme. (Cass Sez. 2, Ordinanza n. 10927 del 23/04/2024).
Ciò premesso, con la censura in esame i ricorrenti richiedono a questa Corte di rivalutare la circostanza asseritamente anomala che sotto la dicitura Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane s.p.a. vi fosse l’ulteriore dicitura ‘filiale n. INDIRIZZO INDIRIZZOMaddaloni (Ce)’, sebbene il predetto istituto non abbia pacificamente filiali, come accertato dal CTU, avendo solo sedi senza sportelli al pubblico in Milano
e Roma, come emergente, altresì, dal documento dell’Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane a firma del dott. COGNOME del 13/05/2009 che rileva che tale circostanza è nota a tutto il circuito bancario.
Orbene, la corte distrettuale ha offerto una valutazione delle emergenze probatorie diversa da quella proposta dagli odierni ricorrenti, nella misura in cui ha ritenuto che l’indicazione nei titoli della ‘filiale n. INDIRIZZO INDIRIZZO Maddaloni (CE)’ appare chiaramente riferibile alla Banca di Credito Popolare di Torre del Greco cui l’Istituto Centrale delle Banche Popolari Italiane s.p.a. aveva destinato un cospicuo numero di assegni circolari in bianco risultati trafugati in bianco e già precompilati, per cui erano da ritenersi autentici, atteso che la dicitura relativa alla filiale in questione era originaria ed originale. Inoltre, la errata punzonatura di due assegni non poteva essere ritenuta una evidente anomalia come ritenuto in sede di CTU, a differenza di quanto ritenuto dal giudice di primo grado. Oltre a ciò, l’accertamento della falsità di due degli assegni operato dal funzionario Unicredit 7-10 giorni dopo i fatti di causa è stato ritenuto irrilevante in quanto effettuato a truffa già consumata, allorquando gli assegni erano stati accertati come falsi in stanza di compensazione.
Il motivo di impugnazione, con cui la parte ricorrente sostiene un’alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, è dunque inammissibile.
La censura di omesso esame di fatto decisivo (art. 360, comma 1°, n. 5 c.p.c.) si scontra col principio per cui «il travisamento del contenuto oggettivo della prova, il quale ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé, e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio, trova il suo istituzionale rimedi o nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, in concorso dei presupposti richiesti dall’articolo 395, n. 4, c.p.c., mentre, ove il fatto probatorio abbia costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare, e cioè se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti, il
vizio va fatto valere, in concorso dei presupposti di legge, ai sensi dell’articolo 360, nn. 4 e 5, c.p.c., a seconda si tratti di fatto processuale o sostanziale» (SS.UU. 2024/5792).
Di contro la censura formulata in questa sede si sostanzia nella semplice richiesta di rivalutazione della falsità degli assegni, che viceversa sulla scorta del materiale probatorio acquisito al giudizio è stata ritenuta insussistente dalla corte territoriale.
Anche il secondo ed il terzo motivo, frammenti di un’unica censura , sono inammissibili.
Ancora una volta si richiede a questa Corte una rivalutazione del merito, laddove il ricorrente non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili. L’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, dal momento che nell’ambito di detto sindacato, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione fatta dal giudice di merito, cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra le risultanze probatorie, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. 7921/2011).
In conclusione, il ricorso è inammissibile.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna parte ricorrente alle spese processuali, che liquida in € 7.000,00, a titolo di compensi, oltre € 200,00 per esborsi, nonché al rimborso forfetario delle spese generali, nella misura del 15%, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater del DPR 115/2002, dà atto della ricorrenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del
ricorrente dell’importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1 bis dello stesso art.13. Così deciso in Roma, il 19/09/2024