Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 3314 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 3314 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 11096/2019 r.g. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Clusone (BG), alla INDIRIZZO, in persona del legale rappresentante pro tempore NOME COGNOME, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al ricorso, dagli AVV_NOTAIO NOME COGNOME e NOME COGNOME, con cui elettivamente domicilia presso lo cui studio di quest’ultimo in Roma, alla INDIRIZZO.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), con sede in Torino, alla INDIRIZZO, in persona del procuratore speciale AVV_NOTAIO NOME COGNOME, rappresentata e difesa, giusta procura speciale allegata al controricorso, dagli AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, con cui elettivamente domicilia presso lo studio di quest’ultimo in Roma, al INDIRIZZO .
–
contro
ricorrente –
avverso la sentenza, n. cron. 1550/2018, della CORTE DI APPELLO DI BRESCIA pubblicata il giorno 05/10/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del giorno
27/10/2023 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Con atto notificato il 10 giugno 2014, RAGIONE_SOCIALE (d’ora in avanti, breviter , RAGIONE_SOCIALE), titolare del conto corrente n. 2344198 presso la filiale di Clusone (BG) della RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (poi incorporata da RAGIONE_SOCIALE Paolo IMI RAGIONE_SOCIALEp.a., a sua volta incorporata da Banca RAGIONE_SOCIALE s.p.a., successivamente divenuta RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE s.p.a.), citò tale istituto di credito innanzi al Tribunale di Bergamo onde ottenerne la condanna al risarcimento di tutti i danni subiti, patrimoniali e non, quantificati in €. 415.636,13. A sostegno di questa domanda espose che: i ) nel 2006, aveva conferito alla sua dipendente NOME COGNOME una ‘ delega di cassa ‘, al fine di compiere alcune operazioni su detto conto, ivi compresi l’incasso e la riscossione degli assegni muniti di firma di girata dei soggetti a ciò abilitati dalla società; ii ) aveva riscontrato, a seguito di una segnalazione del proprio consulente contabile, che, dal luglio 2007 all’agosto 2010, erano stati incassati e cambiati in contanti dalla predetta COGNOME (tra gli altri) n. 94 assegni, per un importo complessivo di € 212. 920,00; iii ) le sottoscrizioni apposte su quei titoli erano risultate contraffatte e difformi rispetto allo specimen depositato, ragione per cui la menzionata dipendente era stata licenziata e condannata in sede penale; iv ) sussisteva la responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale dell’istituto di credito, i cui dipendenti non avevano effettuato le opportune verifiche atte ad individuare la paternità RAGIONE_SOCIALE firme apposte sui titoli suddetti.
1.1. Costituitasi RAGIONE_SOCIALE, -che concluse per il rigetto dell’avversa pretesa e propose una domanda riconvenzionale, subordinata all’eventuale accoglimento di quella di condanna ex adverso formulata nei suoi confronti, diretta ad ottenere, a sua volta, la condanna di RAGIONE_SOCIALE
al risarcimento dei danni ex art. 2049 c.c., in quanto responsabile del fatto illecito commesso dalla propria dipendente NOME COGNOME -l’adito tribunale, con sentenza del 15 maggio 2016, n. 1687, rigettò la domanda attrice.
Il gravame promosso da RAGIONE_SOCIALE contro questa decisione fu respinto dall’adita Corte di appello di B rescia, con sentenza del 5 ottobre 2018, n. 1550, resa nel contraddittorio con RAGIONE_SOCIALE
2.1. Per quanto qui ancora di interesse, quella corte: i ) osservò « che l’istituto di credito deve accertare la conformità della sottoscrizione del traente allo specimen di firma depositato. Tuttavia, secondo l’orientamento largamente consolidato in giurisprudenza, l’addetto allo sportello bancario non è tenuto a possedere le competenze di un esperto grafologo, né le attrezzature tecniche di cui questo dispone, e quindi potrebbe non rilevare l’eventuale alterazione o falsificazione verificabile ‘con la dilig enza richiesta al bancario medio’ (Cass. Civ., sent. n. 1377/2016; Cass. Civ., sent. n. 20292/2011). Sempre secondo il pacifico orientamento della S.C., al giudice del merito è demandata una valutazione in concreto sull’uso della diligenza richiesta al bancario medio, sulla base RAGIONE_SOCIALE sue conoscenze, essendo applicabili all’attività bancaria le disposizioni di cui agli artt. 1176, comma 2, e 1992, comma 2, c.c. (Cass. Civ., sent. n. 1377/2016, cit.). Nondimeno, il giudice del merito, nell’esercizio della sua funzione di verificare la diligenza impiegata dall’operatore per verificare la autenticità o la falsità della firma, deve tener conto non solo del dovere dell’impiegato bancario di confrontare la firma apposta sul titolo o sul contratto con lo specimen di firma depositato, ma anche RAGIONE_SOCIALE valutazioni del caso concreto che hanno presumibilmente guidato l’impiegato nella formulazione del proprio giudizio di autenticità o di falsità della firma. L’impiegato, cioè, al fine di verificare la autenticità della firma, può fare entrare nella sua valutazione anche elementi di conoscenza diversi che gli suggeriscano, per le specificità del caso concreto, un certo risultato nel proprio giudizio »; ii ) ritenne che, « Nel caso in esame, , gli operatori di sportello non abbiano rilevato ictu oculi la falsità della sottoscrizione in considerazione dei rapporti intrattenuti sia con la COGNOME, che si recava frequentemente presso l’istituto di credito al fine di incassare gli
assegni per conto dell’appellante, sia con la E.M.B., che, prima del 2011, mai aveva fornito alla banca alcuna indicazione in merito ad eventuali operazioni sospette effettuate dalla COGNOME o da altri »; iii ) rimarcò, « per mero scrupolo, , che, RAGIONE_SOCIALE consulenze tecniche d’ufficio richiamate dall’appellante, una (predisposta dalla dr.ssa COGNOME, c.t.u. nominato dal Tribunale di Bergamo nel giudizio R.G. n. 7407/14) si riferisce ad altri assegni; l’altra (predisposta da lla dr.ssa COGNOME, c.t.u. nominato dal Tribunale di Bergamo – Sez. Lavoro nel giudizio R.G. n. 1992/2011) non contiene valutazioni in ordine alla rilevabilità ictu oculi della contraffazione »; iv ) aggiunse che « l’appellata inviava periodicamente all’appellante gli estratti conto, che ovviamente riportavano anche le operazioni di prelievo indebitamente effettuate dalla COGNOME. È pacifico che NOME non ha mai contestato alcunché, pur potendo -usando l’ordinaria diligenza -rendersi conto agevolmente RAGIONE_SOCIALE anomalie successivamente riscontrate. Né è rilevante la circostanza che la COGNOME fosse l’unica impiegata amministrativa e che fosse deputata anche alla tenuta della contabilità e del registro di cassa. Anche in questo caso, non possono farsi ricadere sulla banca le conseguenze dell’omessa vigilanza dell’appellante, che, in qualità di datore di lavoro, avrebbe ben potuto e dovuto rilevare le condotte fraudolente poste in essere dalla propria dipendente. E, ancora, è del tutto inverosimile (o, comunque, indice di grave negligenza) che di tali operazioni non vi sia alcun riscontro in sede di predisposizione ed approvazione del bilancio, soprattutto ove si consideri la loro entità (prelievi per importi pari ad € 212.920,00) ed il loro protrarsi nel tempo (dal luglio 2007 all’agosto 2010). Pertanto, la domanda di risarcimento dei danni proposta da NOME, non può essere accolta ai sensi dell’art. 1227, comma. 2, c.c. »; v ) precisò, infine, che « Il rigetto di tale domanda assorbe sia il terzo ed ultimo motivo di gravame (che attiene alla quantificazione de i danni richiesti dall’appellante) sia la domanda riconvenzionale formulata da RAGIONE_SOCIALE, essendo essa condizionata all’eventuale accoglimento della domanda dell’appellante ».
Per la cassazione di questa sentenza ha proposto ricorso RAGIONE_SOCIALE, affidandosi a sette motivi,
illustrati anche da memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.. Ha resistito, con controricorso, RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I primi due motivi di ricorso denunciano, rispettivamente, in sintesi:
« Nullità della sentenza (art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. in relazione all’art. 132, comma secondo, n. 4, c.p.c. e 118, comma primo e secondo, disp. att. c.p.c.) », lamentandosi la carenza o apparenza della motivazione e la nullità della sentenza della corte d’appello nel giudizio da questa dato circa l’implicita adeguatezza della motivazione della sentenza di primo grado e dell’acritica conferma della stessa;
II) « Violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. in relazione all’art. 132, comma secondo, n. 4, c.p.c. e 118 comma primo e secondo disp. att. c.p.c.) », prospettandosi il mancato rispetto RAGIONE_SOCIALE norme circa il contenuto della sentenza e la motivazione della stessa, violate dalla decisione della corte territoriale nel giudizio da questa dato circa l’adeguatezza della motivazione della sentenza di primo grado e dell’acritica conferma della stessa.
1.1. Essi, scrutinabili congiuntamente perché chiaramente connessi, si rivelano complessivamente insuscettibili di accoglimento alla stregua RAGIONE_SOCIALE considerazioni tutte di cui appresso.
1.2. Giova premettere che la congruità della motivazione adottata dal giudice di appello deve essere verificata con esclusivo riguardo alle questioni sottoposte al suo esame e dallo stesso risolte per decidere la controversia, risultando ad essa del tutto estranea la decisione eventualmente diversa del giudice di primo grado, la quale è destinata a rimanere interamente travolta ed assorbita da quella emessa, in sua sostituzione, dal giudice del gravame, che, dunque, può limitarsi ad una valutazione diretta del materiale probatorio messo a disposizione dalle parti, nell’ambito RAGIONE_SOCIALE questioni sollevate con i motivi di impugnazione, senza essere tenuto ad una puntuale confutazione dei singoli punti della decisione impugnata ( cfr ., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 28390 del 2023; Cass. n. 4226 del 2021; Cass. n. 395
del 2021; Cass. n. 15038 del 2018; Cass., n. 28487 del 2005; Cass. n. 9670 del 2003; Cass. n. 2078 del 1998).
1.3. Fermo quanto precede, l’analisi del contenuto della doglianza di cui al primo motivo ( cfr . pag. 10-14 del ricorso), poi espressamente richiamato nel secondo ( cfr . pag. 14 del ricorso, laddove si assume che « Gli elementi esposti nel capitolo precedente riverberano evidenti effetti anche in ordine al diverso, ancorché in questo caso collegato, vizio della sentenza anche sub art. 360, n. 3, c.p.c. »), evidenzia che lo stesso: i ) si apre con l’affermazione secondo cui, « Dalla lettura della sentenza impugnata, si ricava, in primo luogo, come la sentenza della Corte del riesame abbia acriticamente recepito la motivazione e la statuizione della sentenza di primo grado, rigettando le censure proposte dall’appellante sulla base di motivazioni apparenti o addirittura inesistenti »; ii ) prosegue, poi, riportando uno stralcio RAGIONE_SOCIALE pagine 6-7 della decisione della corte distrettuale, rimarcando che « Tale passaggio della sentenza qui impugnata inficia di nullità la sentenza stessa, ovvero palesa come la moti vazione posta a sostegno del rigetto dell’appello violi le norme di legge (connesse al contenuto della sentenza medesima) poiché si limita, nella sostanza, a reiterare acriticamente le ragioni del convincimento del primo giudice, senza alcuna considerazione -se non limitata al mero richiamo di cui alla pagina 9 -degli specifici motivi del gravame »; iii ) descrive, quindi, i limiti che la riforma di cui al d.lgs. n. 40 del 2006 ha inteso porre alla possibilità di denunciare il vizio motivazionale in sede di legittimità; iv ) assume, poi, che la « sentenza gravata » è: iv-a ) « apparente e lacunosa » laddove, alla pagina 8, « riporta i motivi di impugnazione proposti da NOME. circoscritti alla 1) ‘evidente falsità RAGIONE_SOCIALE sottoscrizioni e 2) inadempimento imputabile alla parte appellata’ e, nella premessa della motivazione a pagina 9, viene dato atto che l’appellante abbia conte stato ‘la decisione del giudice di primo grado laddove non ha tenuto in alcun modo conto RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni dei dipendenti di RAGIONE_SOCIALE (allegate alla produzione di parte di quest’ultima) da cui si desume che essi non verificarono la conformità RAGIONE_SOCIALE firme dello specimen depositato presso l’istituto di credito. Ciononostante, su tale specifica censura, la Corte di
appello di Brescia si è limitata a richiamare in modo semplicistico ed inconferente il principio giurisprudenziale per cui non sono richieste al bancario specifiche competenze grafologiche (così come ritenuto genericamente dal Tribunale di Bergamo) »; iv-b ) « apparente e contraddittoria » perché, « pur richiamata la tesi dell’appellante e le specifiche richieste di riesame a pag. 8 (come sopra indicato), sostiene che, ‘nel caso di specie, si ritiene che gli operatori allo sportello non abbiano rilevato ictu oculi la falsità della sottoscrizione, in considerazione dei rapporti intrattenuti con la COGNOME, che si recava frequentemente presso l’istituto di credito al fine di incassare gli assegni per conto dell’appellante’, nonostante il premesso il principio giu risprudenziale in ordine all’uso della diligenza richiesta al bancario medio ai sensi dell’art. 1176, comma 2, c.c.. Tale valutazione si rinviene, in modo identico, nell’inciso motivazionale della sentenza di primo grado (pag.7), risultando pertanto essa stessa viziata dagli stessi profili di illegittimità contestati con l’introduzione dell’appello (carenza e insufficienza della motivazione, nonché erronea applicazione dell’art. 1176, comma 2, c.c. in relazione alla rilevabilità RAGIONE_SOCIALE falsificazioni e della violazione degli obblighi di verifica) »; iv-c ) « inesistente o solo apparente » laddove, « a pagina 11, di nuovo eludendo il richiesto riesame RAGIONE_SOCIALE prove raccolte, da un lato ritiene irrilevanti e/o insufficienti le risultanze peritali richiamate dall’appellante, dall’altro omette integralmente ogni valutazioni RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni di ammissione circa la rilevabilità RAGIONE_SOCIALE falsificazioni da parte degli stessi impiegati dell’istituto di credito »; iv-d ) « inesistente o solo apparente » allorquando, « a pagina 11, esclude profili di responsabilità in capo all’istituto bancario, nonostante la rilevabilità RAGIONE_SOCIALE sottoscrizioni e le omesse verifiche, ritenendo prevalente la mancanza di contestazioni e di vigilanza sulla dipendente da parte di RAGIONE_SOCIALE quale datrice di lavoro, proprio come apoditticamente sostenuto dal primo Giudice e nonostante i rilevi mossi sul punto dall’appellante »; v ) si conclude con l’affermazione che « Tutti gli elementi indicati dimostrano come non sia corretto quanto ritenuto dalla Corte d’Appello di Brescia circa la presunta erroneità o carenza della motivazione della decisione del Tribunale di Bergamo, essendosi la stessa
limitata sinteticamente a far proprio, senza alcuna oggettiva e pertinente valutazione dei motivi di impugnazione, il fallace e lacunoso iter logicogiuridico seguito dal primo Giudice. Di talché, ne deriva la palese nullità della sentenza per carenza dei presupposti di cui all’art. 132, comma secondo, numero 4, c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., commi primo e secondo, , presentando la sentenza della Corte d’appello impugnata una tale carenza e contraddittorietà di elementi da rendere la motivazione di fatto inesistente (ove intesa, come deve essere intesa, come insieme di passaggi coerenti e chiari sui motivi di gravame, e non come un insieme di ragionamenti pedissequamente identici a quelli contestati), con l’effetto complessivo che, alla fine, la sentenza de qua risulta priva di una effettiva valida esposizione RAGIONE_SOCIALE ragioni di fatto e di diritto della decisione e quindi di una effettiva valida motivazione ».
1.3.1. Orbene, così argomentata, la censura di cui al primo motivo non merita accoglimento perché, laddove riporta lo stralcio RAGIONE_SOCIALE pagine 6-7 della decisione della corte distrettuale, rimarcando che « Tale passaggio della sentenza qui impugnata inficia di nullità la sentenza stessa, ovvero palesa come la motivazione posta a sostegno del rigetto dell’appello violi le norme di legge (connesse al contenuto della sentenza medesima) poiché si limita, nella sostanza, a reiterare acriticamente le ragioni del convincimento del primo giudice, senza alcuna considerazione -se non limitata al mero richiamo di cui alla pagina 9 -degli specifici motivi del gravame », essa investe, in realtà, affermazioni della decisione di primo grado esposte dalla corte distrettuale nella parte della sua sentenza riservata allo ‘ Svolgimento del processo ‘, sicché non possono certamente considerarsi sue rationes decidendi .
1.3.2. A tanto deve aggiungersi, con riferimento ad entrambi i motivi de quibus , che dalla sentenza qui impugnata nemmeno emerge che, tra i motivi di gravame in quella sede formulati da RAGIONE_SOCIALE (che la stessa sentenza, alla pagina 8, così descrive: « 1) evidente falsità RAGIONE_SOCIALE sottoscrizioni; 2) inadempimento imputabile alla parte appellante; 3) erroneo rigetto della domanda risarcitoria) », ci fosse quello di carenza e/o apparenza di
motivazione della decisione di primo grado. Né la ricorrente, gravata del relativo onere giusta il principio di autosufficienza del ricorso ed al fine di scongiurare una pronuncia di inammissibilità della doglianza in questa sede per novità della questione prospettata, specifica come e quando l’aveva puntualmente prospettata innanzi alla corte territoriale. Va qui ricordato, infatti, il consolidato orientamento di questa Corte secondo cui, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorso deve, a pena di inammissibilità, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto in virtù del principio di autosufficienza del ricorso ( cfr ., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 9434 del 2023; Cass. n. 5131 del 2023; Cass. n. 25909 del 2021). Alteris verbis , i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta, in sede di legittimità, questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito né rilevabili d’ufficio ( cfr . Cass. n. 32804 del 2019; Cass. n. 2038 del 2019; Cass. Cass. n. 20694 del 2018; Cass. n. 15430 del 2018; Cass. n. 23675 del 2013; Cass. 16632/2010). In quest’ottica, dunque, la ricorrente aveva l’onere, rimasto, invece inadempiuto, di riportare dettagliatamente in ricorso, a pena d’inammissibilità, gli esatti termini della questione posta secondo grado.
1.4. Resta solo da dire, infine, che, in ogni caso: i ) la nuova formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. (introdotta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 134 del 2012 e qui applicabile ratione temporis, risultando impugnata una sentenza pubblicata il 5 ottobre 2018) ha ormai ridotto al ‘ minimo costituzionale ‘ il sindacato di legittimità sulla motivazione, sicché si è chiarito ( cfr . tra le più recenti, anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 4784 del 2023; Cass. n. 956 del 2023; Cass. n. 33961 del 2022; Cass. n. 27501 del 2022; Cass. n. 26199 del 2021; Cass. n. 395 del 2021; Cass. n. 9017 del 2018) che è oggi denunciabile in RAGIONE_SOCIALEzione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge
costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali; questa anomalia si esaurisce nella ” mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico “, nella ” motivazione apparente “, nel ” contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili ” e nella ” motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile “, -tutte fattispecie qui concretamente insussistenti -esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di ” sufficienza ” della motivazione ( cfr. Cass., SU, n. 8053 del 2014; Cass. n. 7472 del 2017. Nello stesso senso anche le più recenti Cass. n. 20042 del 2020 e Cass. n. 23620 del 2020; Cass. n. 395 del 2021, Cass. n. 1522 del 2021 e Cass. n. 26199 del 2021; Cass. n. 27501 del 2022; Cass. n. 3396 1 del 2022) o di sua ‘ contraddittorietà ‘ ( cfr . Cass. n. 7090 del 2022; Cass. n. 33961 del 2022). Cass., SU, n. 32000 del 2022, ha puntualizzato, inoltre, ch e, a seguito della riforma dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., l’unica contraddittorietà della motivazione che può rendere nulla una sentenza è quella ‘ insanabile ‘ e l’unica insufficienza scrittoria che può condurre allo stesso esito è quella ‘ insuperabile ‘: fattispecie entrambe inconfigurabili, nella specie, in rapporto a quanto denunciato dalla ricorrente circa l’esito della valutazione fatta dalla corte distrettuale con riferimento alla decisione di primo grado, come si evince agevolmente dalla semplice lettura della motivazione della decisione oggi impugnata sugli aspetti investiti dalla censura in esame; ii ) il vizio di omessa o apparente motivazione della decisione sussiste qualora il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento ( cfr . Cass. n. 33961 del 2022; Cass. n. 27501 del 2022; Cass. n. 26199 del 2021; Cass. n. 1522 del 2021; Cass. n. 395 del 2021; Cass. n. 23684 del 2020; Cass. n. 20042 del 2020; Cass. n. 9105 del 2017; Cass. n. 9113 del 2012). Ne deriva che è possibile ravvisare una ‘ motivazione apparente ‘ nel caso in cui le argomentazioni del giudice di merito siano del tutto inidonee a rivelare le ragioni della decisione e non consentano
l’identificazione dell’ iter logico seguito per giungere alla conclusione fatta propria nel dispositivo risolvendosi in espressioni assolutamente generiche, tali da non permettere di comprendere la ratio decidendi seguita dal giudice. Un simile vizio, inoltre, -diversamente da quanto mostra di intendere la ricorrente, che, come emerge dalle riportate argomentazioni della sua censura, si duole, in sostanza, della bontà della valutazione ritenuta dalla corte distret tuale circa l’iter motivazionale della decis ione di primo grado -deve apprezzarsi non rispetto alla correttezza della soluzione adottata o alla sufficienza della motivazione offerta, bensì unicamente sotto il profilo dell’esistenza di una motivazione effettiva ( cfr . Cass. n. 4784 del 2023; Cass. n. 33961 del 2022; Cass. n. 27501 del 2022; Cass. n. 395 del 2021; Cass. n. 26893 del 2020; Cass. n. 22598 del 2018; Cass. n. 23940 del 2017); iii ) giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità, per la conformità della sentenza al modello di cui all’art. 132, comma 1, n. 4, cod. proc. civ., non è indispensabile che la motivazione prenda in esame tutte le argomentazioni svolte dalle parti al fine di condividerle o confutarle, essendo necessario e sufficiente, invece, che il giudice abbia comunque indicato le ragioni del proprio convincimento in modo tale da rendere evidente che tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse siano state implicitamente rigettate ( cfr ., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 4784 del 2023; Cass. n. 956 del 2023; Cass. n. 33961 del 2022; Cass. n. 29860 del 2022; Cass. n. 3126 del 2021; Cass. n. 25509 del 2014; Cass. n. 5586 del 2011; Cass. n. 17145 del 2006; Cass. n. 12121 del 2004; Cass. n. 1374 del 2002; Cass. n. 13359 del 1999); iv ) come ancora recentemente sancito da Cass. n. 28368 del 2023 ( cfr . in motivazione), l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie con la conseguenza che, in sede di legittimità, non è data la possibilità di censurare che la prova di un dato fatto sia stata tratta o negata dall’apprezzamento o dalla obliterazione di un determinato elemento istruttorio, atteso che una tale critica ha ad oggetto non già un fatto storico,
ma la stessa attività di valutazione del corredo probatorio, che solo al giudice di merito compete ( cfr . Cass. n. 10599 del 2021)
Il terzo motivo di ricorso, rubricato « Violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. in relazione all’art. 1176, comma 2, c.c. ed all’art. 43 del r.d. 1736/1933) », contesta la ritenuta esclusione, da parte della corte bresciana, di profili di responsabilità in capo all’istituto bancario ed alla richiesta di diligenza richiesta nella verifica di titoli contraffatti.
2.1. Esso si rivela fondato nei termini di cui appresso.
2.2. È opportuno ricordare che, come si è già riferito al § 2.1. dei ‘ Fatti di causa ‘, la corte bresciana, dopo aver richiamato i princìpi sanciti dalla giurisprudenza di legittimità (il riferimento è stato a Cass. n. 1377 del 2016 ed a Cass. n. 20292 del 2011) in ordine alla possibilità di configurare, o non, la responsabilità di una banca per il pagamento di assegni con firma di traenza apocrifa, ha opinato che: i ) « Nondimeno, il giudice del merito, nell’esercizio della sua funzione di verificare la diligenza impiegata dall’operatore per verificare la autenticità o la falsità della firma, deve tener conto non solo del dovere dell’impiegato bancario di confrontare la firma apposta sul titolo o sul contratto con lo specimen di firma depositato, ma anche RAGIONE_SOCIALE valutazioni del caso concreto che hanno presumibilmente guidato l’impiegato nella formulazione del proprio giudizio di autenticità o di falsità della firma. L’impiegato, cioè, al fine di verificare la autenticità della firma, può fare entrare nella sua valutazione anche elementi di conoscenza diversi che gli suggeriscano, per le specificità del caso concreto, un certo risultato nel proprio giudizio »; ii ) « Nel caso in esame, si ritiene che gli operatori di sportello non abbiano rilevato ictu oculi la falsità della sottoscrizione in considerazione dei rapporti intrattenuti sia con la COGNOME, che si recava frequentemente presso l’istituto di credito al fine di incassare gli assegni per conto dell’appellante, sia con la RAGIONE_SOCIALE.M.B., che, prima del 2011, non aveva mai fornito alla banca alcuna indicazione in merito ad eventuali operazioni sospette effettuate dalla RAGIONE_SOCIALE o da altri ».
2.2.1. È utile ribadire, poi, che le Sezioni Unite di questa Corte, nella sentenza n. 12477 del 21 maggio 2018, hanno enunciato il principio di diritto (successivamente ribadito, tra le altre, dalle più recenti Cass. n. 3649 del 2021; Cass. n. 15833 del 2022; Cass. n. 26866 del 2022; Cass. n. 18641 del 2023) secondo cui la natura contrattuale della responsabilità della banca ex art. 43 legge assegni (già affermata dalle S.U. nella sentenza n. 14712 del 2007) rende non più sostenibile la tesi secondo cui la stessa debba rispondere comunque, anche a prescindere dalla sussistenza dell’elemento della colpa nell’errore sulla identificazione del prenditore, essendo l’istituto ammesso a provare che l’inadempimento non gli è imputabile per avere assolto alla propria obbligazione con la diligenza richiesta dall’art. 1176, comma 2, cod. civ. (pur configurandosi la responsabilità ex art. 43, comma 2, legge citata, in ragione della qualità di operatore professionale dell’istituto di credito, ai sensi dell’art. 1176, comma 2, cod. civ, anche in caso di colpa lieve).
2.2.2. Inoltre, alla stregua degli stessi princìpi di questa Corte -qui assolutamente condivisi e che si intendono ribadire -cui pure si è riferito il giudice a quo , l’istituto di credito, al fine di non incorrere in responsabilità per il pagamento di un assegno con firma di traenza rivelatasi falsa, deve accertare la conformità della sottoscrizione del traente allo specimen di firma depositato. Tuttavia, l’addetto allo sportello bancario non è tenuto a possedere le competenze di un esperto grafologo, né le attrezzature tecniche di cui questo dispone, e quindi potrebbe non rilevare l’eventuale alterazione o falsificazione verificabile con la diligenza richiesta al bancario medio ( cfr . Cass. n. 1377 del 2016; Cass. n. 20292 del 2011). Al giudice del merito, dunque, è affidata una valutazione in concreto sull’uso della diligenza richiesta al bancario medio, sulla base RAGIONE_SOCIALE sue conoscenze, essendo applicabili all’attività bancaria le disposizioni di cui agli artt. 1176, comma 2, e 1992, comma 2, cod. civ. ( cfr . Cass. n. 1377 del 2016).
2.3. Fermo quanto precede, è evidente, allora, come le riportate affermazioni della corte distrettuale si rivelano non in linea con tale complessivo indirizzo ermeneutico (così concretizzandosi la violazione di legge prospettata dalla doglianza in esame), atteso che quel giudice,
sostanzialmente, non ha svolto alcun accertamento finalizzato a verificare se gli addetti allo sportello della banca odierna controricorrente avessero operato con la diligenza richiestagli nei termini di cui sopra nella verifica della falsità (circostanza assolutamente pacifica, nella specie) RAGIONE_SOCIALE sottoscrizioni degli assegni negoziati dalla COGNOME, dipendente della RAGIONE_SOCIALE, munita (come pure è rimasto incontroverso) di una ‘ delega di cassa ‘ di quest’ultima e, perciò, abilitata a compiere alcune operazioni sul conto corrente n. 2344198, intrattenuto dalla odierna ricorrente presso la filiale di Clusone (BG) della RAGIONE_SOCIALE (oggi RAGIONE_SOCIALE), ivi compresi l’incasso e la riscossione degli assegni muniti di fir ma di girata dei soggetti a ciò abilitati dalla società medesima.
2.3.1. La corte bresciana, peraltro, addirittura ha preteso di giustificare tale mancato controllo da parte di quegli addetti allo sportello -di per sé solo sufficiente, dunque, a far ritenere non fornita dall’istituto di credito, gravato del relativo onere per quanto si è detto in precedenza, la dimostrazione che l’inadempimento contestatogli non fosse allo stesso imputabile -con assunti fondati su circostanze fattuali assolutamente non decisive a quel fine. Invero, il fatto che la dipendente suddetta fr equentasse regolarmente l’agenzia per conto della RAGIONE_SOCIALE, da cui aveva ottenuto la già indicata delega, certamente non avrebbe esonerato la banca (e, dunque, gli addetti ai suoi sportelli) dal dovere di controllo predetto, altrimenti potendosi giungere alla conclusione, tutt’altro che ragionevole, per cui, solo perché delegata dalla correntista e conosciuta presso la banca, quella dipendente avrebbe potuto agire come meglio avesse voluto senza temere alcun controllo della banca medesima.
2.4. Nemmeno persuadono le altre argomentazioni della corte distrettuale secondo cui: i ) «, RAGIONE_SOCIALE consulenze tecniche d’ufficio richiamate dall’appellante, una (predisposta dalla dr.ssa COGNOME, c.t.u. nominato dal Tribunale di Bergamo nel giudizio R.G. n. 7407/14) si riferisce ad altri assegni; l’altra (predisposta dalla dr.ssa COGNOME, c.t.u. no minato dal Tribunale di Bergamo – Sez. Lavoro nel giudizio R.G. n. 1992/2011) non contiene valutazioni in ordine alla rilevabilità ictu oculi della contraffazione »;
ii ) « l’appellata inviava periodicamente all’appellante gli estratti conto, che ovviamente riportavano anche le operazioni di prelievo indebitamente effettuate dalla COGNOME. È pacifico che NOME non ha mai contestato alcunché, pur potendo -usando l’ordinaria di ligenza -rendersi conto agevolmente RAGIONE_SOCIALE anomalie successivamente riscontrate. Né è rilevante la circostanza che la COGNOME fosse l’unica impiegata amministrativa e che fosse deputata anche alla tenuta della contabilità e del registro di cassa. Anche in questo caso, non possono farsi ricadere sulla banca le conseguenze dell’omessa vigilanza dell’appellante, che, in qualità di datore di lavoro, avrebbe ben potuto e dovuto rilevare le condotte fraudolente poste in essere dalla propria dipendente. E, ancora, è del tutto inverosimile (o, comunque, indice di grave negligenza) che di tali operazioni non vi sia alcun riscontro in sede di predisposizione ed approvazione del bilancio, soprattutto ove si consideri la loro entità (prelievi per importi pari ad € 21 2.920,00) ed il loro protrarsi nel tempo (dal luglio 2007 all’agosto 2010) ».
2.4.1. Da un lato, infatti, non è qui in discussione il se la falsità (certa) RAGIONE_SOCIALE sottoscrizioni degli assegni in questione fosse accertabile, o non, con la già descritta diligenza richiesta ai preposti allo sportello bancario, bensì il fatto (anche logicamente diverso) che questi ultimi non avevano effettuato proprio alcuna verifica, evidentemente confidando -del tutto illegittimamente, tuttavia, attesi i princìpi giurisprudenziali già richiamati -nella conoscenza della COGNOME e nell’abituale sua frequentazione con l’agenzia cui i primi erano addetti; dall’altro, mette conto considerare che l’essere rimasto accertato che la COGNOME fosse l’impiegata amministrativa di RAGIONE_SOCIALE incaricata anche della tenuta della sua contabilità e del registro di cassa, rende del tutto insignificanti, come è intuitivo, le circostanze, pure valorizzate, invece, dalla corte distrettuale, riguardanti l’invio periodico dell’istituto di credito alla sua correntista degli estratti conto « che ovviamente riportavano anche le operazioni di prelievo indebitamente effettuate dalla COGNOME » e la reiterata assenza di contestazione degli stessi ad opera di quest’ultima.
3. I motivi di ricorso dal quarto al sesto denunciano, rispettivamente, in sintesi:
IV) « Omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti (art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.) », ascrivendosi alla sentenza impugnata il mancato esame di documenti rilevanti per il giudizio e prodotti in causa, contenenti le dichiarazioni degli addetti allo sportello della banca appellata sull’omesso controllo e sulla rilevabilità della contraffazi one, determinanti al fine dell’esatta ricostruzione degli elementi costitutivi della fattispecie e dell’interpretazione dell’oner e di diligenza richiesto;
V) « Nullità della sentenza (art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. in relazione all’art. 132, secondo comma, n. 4, c.p.c. e 118, comma primo e secondo, disp. att. c.p.c.) », lamentandosi la carenza o apparenza della motivazione e la nullità della sentenza della corte territoriale per non avere tenuto in alcun conto le dichiarazioni degli addetti allo sportello della banca appellata sull’omesso controllo e sulla riconoscibil ità RAGIONE_SOCIALE falsificazioni;
VI) « Violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. in relazione agli artt. 115, comma primo e secondo, c.p.c., 132 c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c.) », con riguardo alle prove acquisite dalla corte distrettuale, alla loro portata e valutazione, ed alle prove dalla stessa non ammesse.
3.1. Le corrispondenti doglianze, tuttavia, possono considerarsi assorbite giusta quanto si è spiegato accogliendosi il terzo motivo.
Parimenti può considerarsi assorbito, per le medesime ragioni, il settimo motivo di ricorso, rubricato « Violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. in relazione all’art. 1227, comma 2, c.c. ed all’art. 2697 c.c. » e volto a contestare alla corte territoriale di avere violato le norme in tema di ripartizione dell’onere probatorio, mancando qualsivoglia riferimento istruttorio in relazione alla responsabilità imputata alla odierna ricorrente in ordine alla ritenuta responsabilità ex art. 2049 c.c., e di aver travisato i contenuti della fattispecie delineata dall’art. 1227, comma 2, cod. civ., escludendo la responsabilità della banca sulla base di un generico inadempimento di RAGIONE_SOCIALE. ad imprecisati (ed insussistenti) oneri di controllo degli estratti conto e dell’attività della propria dipendente.
4.1. È chiaro, infatti, che il giudice di rinvio dovrà non solo valutare nuovamente la configurabilità, o meno, della responsabilità dell’istituto di credito alla stregua dei princìpi tutti esposti accogliendosi il terzo motivo dell’odierno ricorso, ma anche scrutinare, ove dovesse addivenire ad una affermazione positiva in tal senso, la originaria domanda riconvenzionale condizionata formulata dall’istituto medesimo e da questi specificamente riproposta in appello.
In definitiva, quindi, il ricorso di RAGIONE_SOCIALE deve essere accolto limitatamente al suo terzo motivo, respingendosene i primi due e dichiarandosene assorbiti gli altri. La causa, pertanto, va rinviata alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e per la regolamentazione RAGIONE_SOCIALE spese di questo giudizio di legittimità.
PER QUESTI MOTIVI
La Corte accoglie il ricorso di RAGIONE_SOCIALE limitatamente al suo terzo motivo, respingendone i primi due e dichiarandone assorbiti gli altri.
RAGIONE_SOCIALE la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di appello di Brescia, in diversa composizione, per il corrispondente nuovo esame e per la regolamentazione RAGIONE_SOCIALE spese di questo giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Prima sezione civile