Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 28737 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 28737 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3066/2023 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), con domicilio digitale ex lege ;
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante p.t., NOME COGNOME , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE), con domicilio digitale ex lege ; -controricorrente-
RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE;
-intimata- avverso la SENTENZA della CORTE d’appello di ANCONA n. 867/2022, depositata il 30/06/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/10/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il Tribunale di Ascoli Piceno, con la sentenza n. 275/2018, rigettava la domanda di NOME COGNOME e di NOME COGNOME avente ad oggetto la condanna della RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, e della RAGIONE_SOCIALE, al pagamento in solido, della somma di euro 5.376,25 quale risarcimento dei danni non patrimoniali e morali subiti.
Gli attori sostenevano di avere prenotato, presso l’RAGIONE_SOCIALE viaggi RAGIONE_SOCIALE, un viaggio di andata e ritorno per Tunisi per il mese di agosto 2010, di avere acquistato dalla RAGIONE_SOCIALE, ora RAGIONE_SOCIALE (d’ora in avanti per brevità RAGIONE_SOCIALE), per il tramite della RAGIONE_SOCIALE, i biglietti per imbarcarsi sulla nave ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘ sia all’andata che al ritorno, di essere stati informati la mattina dell’11 agosto 2010 – giorno della partenzadalla RAGIONE_SOCIALE di un problema tecnico alla nave ‘RAGIONE_SOCIALE‘ e di avere accettato di viaggiare con un’altra nave, di essere stati imbarcati (a differenza dei passeggeri di nazionalità italiana che già alle 19.45 dell’11 agosto 2010 erano saliti su una nave della RAGIONE_SOCIALE) solo alle 19.00 del giorno successivo, dopo essere stati sistemati per la notte in un albergo limitrofo al porto di Civitavecchia, sulla nave ‘Sorrento’, la quale, dopo due scali a Salerno e a Palermo, li aveva
condotti a Tunisi in data 14 agosto 2010, di essere stati avvisati dalla RAGIONE_SOCIALE, alcuni giorni prima della (ri)partenza da Tunisi, che non avrebbero potuto utilizzare la cabina prenotata sulla nave ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘ e che sarebbero stati nuovamente imbarcati sulla nave ‘Sorrento’, di avere quindi affrontato il viaggio di ritorno senza un posto in cabina loro riservato sulla nave.
RAGIONE_SOCIALE, costituitasi in giudizio, eccepiva tra l’altro la propria carenza di legittimazione passiva, in quanto mera intermediaria tra gli attori e la RAGIONE_SOCIALE nell’acquisto dei biglietti di viaggio; anche la RAGIONE_SOCIALE contestava la propria carenza di legittimazione passiva, avendo emesso i biglietti in qualità di agente mandatario con rappresentanza del vettore RAGIONE_SOCIALE.
Gli attori ottenevano dal giudice l’ordine di intervento coatto del vettore RAGIONE_SOCIALE, ai sensi dell’art. 107 cod.proc.civ.
La causa veniva però cancellata dal ruolo, ai sensi dell’art. 270 cod.proc.civ., non avendo gli attori ottemperato all’ordine di chiamata in causa del terzo, e successivamente riassunta anche nei confronti della RAGIONE_SOCIALE.
Il Tribunale di Ascoli Piceno, con sentenza n. 275/2018, prendeva atto dell’intervenuta rinuncia all’azione nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, e rigettava le domande attoree, rilevando l’irregolarità della notifica dell’atto di riassunzione nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e dichiarando il difetto di legittimazione passiva della RAGIONE_SOCIALE (divenuta nelle more RAGIONE_SOCIALE), non avendo parte attrice « in alcun modo indicato quale sia la prova della sussistenza della legittimazione passiva in capo alla societ à̀ in argomento, essendosi limitata nell’atto di riassunzione ad indicare la generica responsabilit à̀ del mandatario, senza in alcun modo specificare, n é provare, l’oggetto del mandato nel caso di specie ».
La Corte d’appello di Ancona, con la sentenza n. 867/2022 depositata il 30/06/2022, ha respinto il gravame di NOME COGNOME e di NOME COGNOME, confermando il difetto di legittimazione passiva della RAGIONE_SOCIALE, ritenendo che avesse agito come mandatario con rappresentanza, il quale «non trattiene nella propria sfera giuridica alcun effetto del contratto che stipula per conto ed in nome del mandante, che ne assume in proprio diritti e obblighi » e osservano che, non avendo gli appellanti acquisto un pacchetto di viaggio organizzato, il precedente evocato dagli stessi non era pertinente. Inoltre il giudice d’appello, pur avendo ritenuto provato un disservizio imputabile al vettore -comunque «non talmente grave da legittimare la risoluzione del contratto (peraltro non chiesta) posto che l’obbligazione seppur negligentemente, fu eseguita (il trasporto effettuato ) » -ha affermato che « l’accoglimento della domanda degli appellanti di risarcimento del danno, presuppone tuttavia la prova dell’inadempimento (fornita) e quella dell’ammontare del danno, la quale non è tuttavia oggetto di alcuna richiesta istruttoria. Le prove che gli appellanti lamentano non essere state ammesse dal primo giudice, sono rappresentate dai seguenti capitoli di testimonianza: … Tutti questi capitoli (in disparte ogni considerazione circa valutazioni e giudizi richiesti inammissibilmente ai testi) sono inutili, perché mirano a dimostrare l’inadempimento e non il danno: che come già detto, rimane privo di ogni dimostrazione positiva, non potendo in mancanza di elementi, questa Corte provvedere a liquidarlo in via equitativa: perché senza una base positiva da elaborare la quantificazione sarebbe arbitraria».
NOME e NOME COGNOME ricorrono per la cassazione della sentenza pronunciata dalla corte d’appello, formulando quattro motivi, illustrati con memoria.
RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1) Con il primo motivo si denunziano la violazione e falsa applicazione dell’art. 1176 cod.civ., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3 cod.proc.civ., per avere il giudice a quo omesso di affermare la responsabilità delle società convenute alla luce dell’attività svolta e dei parametri di diligenza specificamente richiesti dall’art. 1176 cod.civ., non avendo considerato la RAGIONE_SOCIALE, anche nella veste di mandataria con rappresentanza, responsabile di ogni problema relativo alla qualità dei servizi e degli inadempimenti causati dai fornitori scelti (RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, albergatori, guide turistiche, compagnie di trasporto e vettori), in violazione di Cass. n. 5189/2010, secondo cui «in caso di mancato od inesatto adempimento dell’obbligazione assunta con la vendita del pacchetto turistico, l’organizzatore e il venditore sono tenuti al risarcimento del danno (secondo le rispettive responsabilità) salvo prova di impossibilità della prestazione per causa loro non imputabile, con l’ulteriore previsione che l’organizzatore/venditore che si avvale di altri prestatori di servizi è ‘comunque’ tenuto a risarcire il danno sofferto dal consumatore salvo il diritto di rivalersi nei loro confronti».
2) Con il secondo motivo i ricorrenti prospettano la violazione e falsa applicazione dell’articolo 1218 cod.civ. in relazione all’ art. 360, 1° comma, n. 3 cod.proc.civ., per avere il giudice a quo escluso la responsabilità della RAGIONE_SOCIALE sul presupposto che «il mandatario con rappresentanza, non trattiene nella propria sfera giuridica alcun effetto del contratto che stipula per conto ed in nome del mandante, che ne assume in proprio diritti e obblighi restando esclusa nella fattispecie contratto di viaggio sussistendo invece un contratto di trasporto di persone, affermando
erroneamente che, il mandatario che agisce per conto del suo mandante e non del terzo con cui stipula in nome e per conto del primo, non ha alcun dovere di corretta scelta del vettore dalla cui violazione possa discendere una culpa in eligendo ».
I ricorrenti aggiungono che il giudice di primo grado avrebbe erroneamente attribuito loro la mancata individuazione del contenuto del contratto di mandato nell’atto di riassunzione, necessaria per individuare la legittimazione passiva della mandataria RAGIONE_SOCIALE, non considerando che l’atto di riassunzione non è una domanda giudiziale, ma un atto di mero impulso processuale, i cui caratteri fondamentali ed indispensabili sono sia il richiamo dell’atto introduttivo del giudizio, sia l’indicazione del provvedimento in forza del quale è eseguita la riassunzione.
3) Con il terzo motivo parte ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione dell’articolo 2697 cod.civ., in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 3 cod.proc.civ., per avere la corte d’appello ritenuto che «la decisione circa la inesistenza della notifica ad RAGIONE_SOCIALE, ha precluso al primo giudice di vagliarne la responsabilità», affermando contraddittoriamente che «si può affermare che sia raggiunta la prova di un disservizio nei viaggi per e da Tunisi, che in andata ha maturato 22 ore di ritardo e che al ritorno è stato eseguito in condizioni disagiate: ciò che prova un inadempimento di NOME, tuttavia non talmente grave da legittimare la risoluzione del contratto (peraltro non chiesta) posto che l’obbligazione seppur negligentemente, fu eseguita (il trasporto effettuato). L’accoglimento della domanda degli appellanti di risarcimento del danno, presuppone tuttavia la prova dell’inadempimento (fornita) e quella dell’ammontare del danno, la quale non è tuttavia oggetto di alcuna richiesta istruttoria (…)».
La corte di appello, inoltre, avrebbe affermato in maniera contraddittoria che «Tutti questi capitoli (in disparte ogni
considerazione circa valutazioni e giudizi richiesti inammissibilmente ai testi) sono inutili, perché mirano a dimostrare l’inadempimento e non il danno: che come già detto, rimane privo di ogni dimostrazione positiva, non potendo in mancanza di elementi, questa Corte provvedere a liquidarlo in via equitativa: perché senza una base positiva da elaborare la quantificazione sarebbe arbitraria», omettendo di considerare che il danno non patrimoniale, nel caso di specie, è stato debitamente allegato e provato da chi lo invocato.
Con il quarto motivo parte ricorrente imputa al giudice a quo l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360, 1° comma, n. 5 cod.proc.civ., rappresentato dalle conseguenze del comportamento inadempiente della RAGIONE_SOCIALE che ha causato un danno conseguenza.
Il terzo e il quarto motivo, che vanno anzitutto esaminati in quanto logicamente prioritari, sono fondati e vanno accolti nei termini di seguito indicati.
La statuizione del tribunale quanto alla negata liquidazione del danno è errata, perché, dapprima, non ha escluso che il danno vi sia stato, ma solo che detto danno non sia stato quantificato (« L’accoglimento della domanda degli appellanti di risarcimento del danno, presuppone tuttavia la prova dell’inadempimento (fornita) e quella dell’ammontare del danno, la quale non è tuttavia oggetto di alcuna richiesta istruttoria»), poi ha ritenuto che le prove che gli appellanti lamentavano non essere state ammesse dal primo giudice non erano utili alla quantificazione; di conseguenza, il giudice a quo ha ritenuto di non poterlo liquidare in via equitativa, «perché senza una base positiva da elaborare la quantificazione sarebbe arbitraria».
Innanzitutto, non può mettersi in dubbio che l’unica via per liquidare il danno richiesto fosse quella equitativa, risultando
irragionevole la pretesa che possano fornirsi indicazioni specifiche sul danno subiti dagli odierni ricorrenti.
La liquidazione equitativa costituisce un’applicazione specifica dell ‘ art. 115 cod.proc.civ. (Cass. 29/04/2022, n. 13515; Cass. 30/07/2020 n. 16344; Cass. 22/02/2018 n. 4310; Cass. 12/10/2011 n. 20990; Cass. 30/04/2010 n. 10607; Cass. 7/06/2007 n. 13288), il quale modula a scopo accertatorio l’esercizio di un potere e l’adempimento di un dovere: «e dunque, se il giudizio equitativo non può costituire un asserto arbitrario ma deve strutturarsi sulla base di criteri valutativi collegati ad emergenze verificabili o comunque logicamente apprezzabili, pertinenti all’oggetto della quantificazione equitativa (da ultimo v. Cass. sez. 2, ord. 14 ottobre 2021 n. 28075) – profilo questo relativo alla facies di potere – deve altresì essere adempiuto appieno, senza sfociare in un non liquet, costituendo uno strumento correttivo/integrativo da applicarsi una volta raggiunta la prova dell’ an -e qui risiede il profilo del dovere-» ( v. Cass. n. 14515/2022 ).
In altri termini, il danneggiato che abbia provato l’ an e che si trovi nella «difficoltà – non necessariamente estrema, ma anche soltanto particolare – a provare il quantum (…) non è, invero, consentita al giudice del merito una decisione di “non liquet”, risolvendosi tale pronuncia nella negazione di quanto, invece, già definitivamente accertato in termini di esistenza di una condotta generatrice di danno ingiusto e di conseguente legittimità della relativa richiesta risarcitoria» ( così Cass. 29/4/2022, n. 13515, e, da ultimo Cass. 16/7/2025, n. 19681 ).
Nel caso in esame, essendo stata raggiunta la prova dell’ an la corte di merito si è invero astenuto dalla determinazione equitativa, invocando l’asserita assenza degli elementi sulla base dei quali avrebbe potuto e appunto anche dovuto essere espletata; escluso cioè che quelli lamentati dai ricorrenti fossero meri fastidi,
disappunti, ansie, espressioni di una generica insoddisfazione (Cass. 9/10/2023, n. 28244), laddove avrebbe dovuto accertare se essi si fossero tradotti in un’offesa effettivamente seria e grave di un interesse della persona costituzionalmente protetto (Cass. 31/5/2024, n. 15352), la cui ricorrenza avrebbe potuto presumersi (Cass. 28/1/2025, n. 2034).
I primi due motivi, esaminabili congiuntamente in quanto connessi, sono del pari fondati e vanno accolti nei termini di seguito indicati.
Dalla sentenza impugnata si evince che la RAGIONE_SOCIALE si era obbligata ad eseguire il contratto di trasporto: a p. 4 si legge che è incontestato che gli appellanti ritenessero di aver conferito alla RAGIONE_SOCIALE il compito di eseguire il contratto di trasporto di persone.
Pertanto, è del tutto erronea la conclusione con cui il giudice a quo ha ritenuto non responsabile per culpa in eligendo la RAGIONE_SOCIALE, avendo assunto la stessa il ruolo di mandatario con rappresentanza.
Il tribunale non nega che l’incarico ricevuto fosse quello di eseguire il contratto di trasporto; ne consegue che la RAGIONE_SOCIALE, avendo scelto di non eseguire personalmente la prestazione, ma di avvalersi dell’opera di un terzo sostituto e/o ausiliario è responsabile, ex art. 1228 cod.civ., nei confronti del mandante per il non corretto espletamento dell’incarico: a prescindere dalla natura del rapporto intercorrente tra detti sostituti e/o ausiliari e il debitore della prestazione, perché non rileva se detti terzi siano inseriti nella organizzazione aziendale del mandatario (ipotesi non accertata dal giudice a quo , ma ventilata dai ricorrenti) o se abbiano agito autonomamente, s’intende a seguito di conferimento di uno specifico incarico (da parte del debitore della prestazione). Ciò che conta è che « l’opera dell’ausiliario sia utilizzata per attuare un rapporto obbligatorio» e che il suo coinvolgimento avvenga su
iniziativa del debitore, sicché la esecuzione dell’attività demandata al terzo risulti inserita nel processo esecutivo del rapporto obbligatorio.
Pertanto, in applicazione del principio cuius commoda eius et incommoda , ovvero dell’appropriazione o «avvilimento» dell’attività altrui per l’adempimento della propria obbligazione, deve ritenersi che la RAGIONE_SOCIALE anche, in applicazione del principio della mera occasionalità necessaria tra esecuzione della prestazione e danno tra cui sussista un collegamento obiettivo, deve rispondere dei danni cagionati dal preposto/ausiliario (Cass. 20/3/2023, n. 7922; Cass . 30/1/2019, n. 2544 Cass. 18/4/2019, n. 10812; Cass. 14/2/2019, n. 4298; Cass. 22/11/2018, n. 30161; Cass., Sez. Un., 20/9/2017, n. 21850).
Alla fondatezza nei suindicati termini dei motivi consegue la cassazione in relazione dell’impugnata sentenza, con rinvio alla Corte d’ Appello di Ancona, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo del suindicato disatteso principio applicazione.
Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso. Cassa l’impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d’ Appello di Ancona, in diversa composizione.
Così deciso nella Camera di Consiglio del 24 ottobre 2025 dalla Terza sezione civile della Corte Suprema di Cassazione.
Il Presidente NOME COGNOME