Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 13611 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 3 Num. 13611 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/05/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 12085/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del curatore in carica, elettivamente domiciliato in ROMA alla INDIRIZZO presso lo studio dell ‘ avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, che lo rappresenta e difende, domiciliato digitalmente per legge
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELLE INFRASTRUTTURE E DEI TRASPORTI, in persona del Ministro in carica, domiciliato per legge in ROMA alla INDIRIZZO presso l ‘ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO), che lo rappresenta e difende, domiciliato digitalmente per legge
– controricorrente e ricorrente incidentale – avverso la SENTENZA della CORTE d ‘ APPELLO ROMA n. 7130/2021 depositata il 29/10/2021.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/03/2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
udito il Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso con conseguente assorbimento del ricorso incidentale condizionato;
udito l ‘ Avvocato NOME COGNOME che ha chiesto l ‘ accoglimento del ricorso ed il rigetto del controricorso con ricorso incidentale condizionato;
udito l ‘ Avvocato dello Stato NOME COGNOME che si riporta al controricorso e conclude per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
Il Fallimento delle edizioni locali ottenne, con provvedimento reso in corso di causa, in data 24 – 25/06/2008 l ‘ autorizzazione a sottoporre a sequestro conservativo beni mobili e immobili e crediti, anche presso terzi, appartenenti a NOME COGNOME, fino alla concorrenza di venticinque milioni di euro (€ 25.000.000,00) e, quindi, con atto notificato il 22/07/2008 eseguiva il sequestro nelle forme del pignoramento presso terzi di un ingente credito vantato dal COGNOME nei confronti del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
Il detto Ministero, all ‘ udienza del 24/02/2009 fissata dal giudice dell ‘ esecuzione del Tribunale di Roma per la dichiarazione di cui all ‘ art. 547 c.p.c., depositava una nota, con data 25/09/2008 con la quale si attestava che non esistevano disponibilità a favore del debitore esecutato e, quindi, alla successiva udienza del 7/07/2009 depositava un ‘ ulteriore nota del 12/06/2009, nella quale si precisava che, sebbene a seguito di lodo parziale il Ministero fosse stato condannato a pagare al COGNOME oltre sessantadue milioni di euro (€ 62.923.772,49), esso esponente vantava un maggiore controcredito in compensazione di oltre cento ventitré milioni di euro
(€ 123.473.455,10) di cui a una sopravvenuta sentenza della Corte dei conti.
A seguito di numerose udienze di rinvio il giudice dell ‘ esecuzione, all ‘ udienza del 31/12/2011, fissava termine per l ‘ instaurazione del giudizio di cui all ‘ art. 548 c.p.c. e in detto processo il Ministero delle Infrastrutture, costituendosi in giudizio, deduceva che la sentenza della Corte dei conti era stata oggetto di successivo patteggiamento, cosicché il proprio credito nei confronti dell ‘ esecutato si era ridotto a poco più di euro diciotto milioni (€ 18.591.921,00 ), che il COGNOME aveva agito in esecuzione nei confronti del Ministero ottenendo il pagamento di € 250.097.010,94, e che pertanto il COGNOME non vantava più alcun credito nei confronti del Ministero.
Il Fallimento delle Edizioni locali, ritenendo che la condotta del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti integrasse illecito aquiliano, ha convenuto in giudizio il Ministero delle Infrastrutture dinanzi al tribunale di Roma e ne ha chiesto la condanna, ai sensi dell ‘ art. 2043 c.c., al risarcimento dei danni, quantificati in venticinque milioni di euro (e solo successivamente la pretesa verrà ridotta di quattro milioni, a seguito della transazione di cui in seguito si dirà).
Il Ministero, costituendosi in giudizio, eccepiva litispendenza con altro giudizio e incompetenza in favore del giudice dell ‘ esecuzione e chiedeva il rigetto della domanda.
Il Tribunale di Roma, disattese le originarie eccezioni del Ministero, nonché l’ulteriore richiesta di mutamento della domanda, con sentenza n. 14794 del 17/07/2018 rigettava la domanda della Curatela fallimentare.
Il Fallimento RAGIONE_SOCIALE in liquidazione impugnava in appello e la Corte territoriale, nel ricostituito contraddittorio con il Ministero, rigettava l ‘ impugnazione, con sentenza n. 7130 del 29/10/2024.
Avverso la sentenza della Corte territoriale propone ricorso per cassazione, con tre motivi, il Fallimento delle Edizioni locali.
Risponde con controricorso, proponendo ricorso incidentale condizionato, il Ministero. Il RAGIONE_SOCIALE in liquidazione ha proposto controricorso avverso il ricorso incidentale.
Il Procuratore generale ha concluso in forma scritta per il rigetto del ricorso principale e l’ assorbimento del ricorso incidentale condizionato.
Il ricorrente ha depositato memoria per l ‘ udienza del 12/03/2025, alla quale il ricorso è stato trattenuto in decisione, sulle conclusioni rassegnate in epigrafe.
RAGIONI DELLA DECISIONE
RAGIONE_SOCIALE propone i seguenti motivi di ricorso.
I) violazione e falsa applicazione degli artt. 543, 546, 547 e 548 c.p.c. in relazione all ‘ art. 2917 c.c. con riferimento agli all ‘ art. 360, primo comma, nn. 3, 4 e 5 c.p.c., violazione del vincolo di indisponibilità delle somme pignorate, nullità della sentenza o del procedimento, omesso esame di fatto decisivo.
Il motivo contesta il comportamento del Ministero delle Infrastrutture, in quanto ritenuto connotato da dolo o colpa, ai sensi dell ‘ art. 2043 c.c., nella mancata comunicazione delle diverse situazioni debitorie nei confronti del COGNOME, con conseguente dispersione delle somme che dovevano garantire il credito del Fallimento.
II) violazione e falsa applicazione degli artt. 547, 548 e 549 c.p.c. in relazione all ‘ art. 2043 c.c. con riferimento agli all ‘ art. 360, primo comma, nn. 3, 4 e 5 c.p.c., omesso esame di fatto decisivo quale effettivo incardinarsi del giudizio ai sensi dell ‘ art. 548 c.p.c.
Il motivo è incentrato sulla questione dell ‘ irrilevanza della mancata adeguata instaurazione del giudizio di accertamento dell ‘ obbligo del terzo, che, secondo i giudici di merito, è stato omesso
da parte del Fallimento, cosicché era mancata la sede ove accertare la dedotta condotta lesiva del Ministero. Il motivo afferma che ai fini della fondatezza dell ‘ azione risarcitoria era irrilevante l ‘ instaurazione del giudizio di accertamento dell ‘ obbligo del terzo, in quanto le somme dovute dal COGNOME al Ministero dovevano già ritenersi indisponibili da parte della Pubblica Amministrazione in quanto oggetto di sequestro conservativo presso terzi, ossia presso lo stesso Ministero.
III) violazione e falsa applicazione ai sensi dell ‘ art. 2043 c.c. con riferimento agli artt. 1304 e 1965 c.c.
Il motivo censura la sentenza impugnata laddove essa afferma che la transazione conclusa con il COGNOME aveva avuto efficacia di cessazione della materia del contendere sulla pretesa risarcitoria. Il Fallimento afferma, con il detto motivo, che la transazione intervenuta con il COGNOME non aveva alcuna efficacia rispetto all ‘ obbligazione risarcitoria del Ministero nei propri confronti azionata nel presente giudizio.
Il primo motivo è infondato, non potendo ravvisarsi dolo o colpa nella complessiva condotta del Ministero delle Infrastrutture nel processo esecutivo, a fronte delle plurime richieste di rinvii dell ‘ udienza di dichiarazione di cui all ‘ art. 547 c.p.c., nella formulazione di cui al testo allora vigente, operate dalla stessa difesa del Fallimento e del ritardo nell ‘ instaurazione del giudizio di accertamento dell ‘ obbligo del terzo, che, di fatto, avvenne, incontestatamente, nell ‘ anno 2011, ossia oltre tre anni dopo che la misura cautelare del sequestro conservativo presso terzi era stata concessa in favore della Curatela fallimentare, nonché delle scelte processuali del creditore procedente tra il processo esecutivo e detto giudizio di accertamento. Il ritardo nell ‘ instaurazione del giudizio di accertamento dell ‘ obbligo del terzo, ossia del Ministero, e la conclusione mediante transazione del giudizio afferente il credito per
la cui tutela era stato ottenuto il sequestro conservativo presso terzi, con abbandono dell ‘ impugnazione di legittimità avverso la sentenza della Corte d ‘ appello di Roma n. 7769/14 depositata il 19/12/2014, che aveva condotto alla riduzione dell ‘ importo originariamente riconosciuto dal Tribunale in favore della Curatela fallimentare, comportano che nella condotta del Ministero delle Infrastrutture non sia possibile individuare gli estremi dell ‘ illecito civile, atteso che al momento in cui la dichiarazione venne resa dal Ministero effettivamente questi -sia pur secondo una soggettiva prospettazione, suscettibile però di adeguata verifica, appunto, proprio e solo nel giudizio di accertamento dell’obbligo del terzo già pendente – non aveva posizioni debitorie nei confronti del COGNOME.
Questa Corte ha, peraltro, già affermato che (Cass. n. 9888 del 19/09/1995 Rv. 494076 – 01), a seguito del pignoramento di somme di danaro dovute da un terzo al debitore, il terzo, citato per rendere la dichiarazione di cui all ‘ art. 547 c.p.c., non diviene parte del giudizio, né assume l ‘ obbligo, giuridicamente sanzionato, di rendere la menzionata dichiarazione, derivando dalla sua mancata comparizione all ‘ udienza, dal rifiuto di fare la dichiarazione o dalle contestazioni che insorgano in ordine a quest ‘ ultima, l ‘ unica conseguenza che egli potrà subire un successivo ed eventuale giudizio volto all ‘ accertamento del credito con la conseguenza che la mancata presentazione del terzo all ‘ udienza o la sua mancata dichiarazione, oppure la sua omessa costituzione nel giudizio per l ‘ accertamento del credito non costituiscono – diversamente dal caso in cui egli renda una dichiarazione manifestamente reticente od elusiva, che allontani nel tempo la realizzazione del credito fatta valere nel procedimento esecutivo – comportamenti antigiuridici per lui produttivi dell ‘ obbligo di risarcire eventuali danni in favore del creditore esecutante, che, fino all ‘ assegnazione, può tutelarsi facendo valere la responsabilità contrattuale del proprio debitore in
mora, dal quale può pretendere gli interessi e l ‘ eventuale maggior danno, a norma dell ‘ art. 1224 c.c.
La violazione del vincolo di indisponibilità avrebbe rilevato nel giudizio di accertamento dell ‘ obbligo del terzo, di cui all ‘ art. 548 c.p.c., nella formulazione vigente all ‘ epoca, ossia nel 2011; e, una volta diligentemente coltivato quel giudizio, in esito ai definitivi accertamenti in quello compiuti il creditore avrebbe potuto far valere, esclusivamente nel processo esecutivo, l’indisponibilità dei crediti come accertati e, pertanto, l’inoppon ibilità di qualunque atto dispositivo di quelli, con conseguente assegnazione (una volta convertito il sequestro in pignoramento, alla ricorrenza dei presupposti di legge) delle somme e diretta responsabilità del terzo che ne avesse indebitamente disposto.
Il secondo motivo è infondato: il ritardo nell ‘ instaurazione del giudizio di accertamento è imputabile al Fallimento e non anche al Ministero, cosicché le vicende successive del credito non potevano venire in considerazione. Come condivisibilmente osservato dalla Procura generale nella requisitoria scritta, ove è richiamata coerente pronuncia di questa Corte (Cass. n. 5037 del 28/02/2017 Rv. 643141 – 02), nell ‘ espropriazione presso terzo, qualora la dichiarazione da questi resa, ai sensi dell ‘ art. 547 c.p.c., risulti, in esito al successivo giudizio di accertamento contemplato dall ‘ art. 549 c.p.c., reticente od elusiva, sì da favorire il debitore ed arrecare pregiudizio al creditore istante, a carico di detto terzo deve ritenersi configurabile non la responsabilità processuale aggravata di cui all ‘ art. 96 c.p.c. (dato che egli, al momento di quella dichiarazione, non ha ancora la qualità di parte), ma, con riguardo al dovere di collaborazione nell ‘ interesse della giustizia che al terzo incombe quale ausiliario del giudice, la responsabilità per illecito aquiliano, a norma dell ‘ art. 2043 c.c., in relazione alla lesione del credito altrui per il ritardo nel conseguimento del suo soddisfacimento provocato con quel
comportamento doloso o colposo, cosicché presupposto della fondatezza dell ‘ azione risarcitoria intrapresa dalla Curatela fallimentare era il giudizio di accertamento dell ‘ obbligo del terzo, che, viceversa, non è stato portato a conclusione.
Valgono anche per il secondo motivo le finali considerazioni sull’esclusiva imputabilità allo stesso procedente delle conseguenze di scelte processuali liberamente operate, ma evidentemente improprie per i fini prefissati.
Il terzo motivo è assorbito, tanto risultando dalla stessa prospettazione sostanzialmente congiunta del secondo e del terzo motivo di ricorso da parte della difesa del Fallimento ricorrente, in quanto la mancata adeguata prosecuzione del giudizio di accertamento dell ‘ obbligo del terzo debitore ha reso sostanzialmente priva di fondamento la domanda risarcitoria della Curatela.
Deve, peraltro, constatarsi che la decurtazione della originaria pretesa creditoria, a tutela della quale era stato concesso il sequestro conservativo presso terzi, che ha dato luogo al successivo giudizio di accertamento dell ‘ obbligo del terzo, non coltivato, è stata comunque liberamente contrattata dal Fallimento con il COGNOME e la detta transazione ha avuto efficacia sulla complessiva esposizione debitoria di questi nei confronti del Fallimento, cosicché la mancata prosecuzione del giudizio di accertamento dell ‘ obbligo del terzo non assume alcuna rilevanza in senso sfavorevole per la Pubblica Amministrazione, nel senso di fondare, secondo la prospettazione della Curatela fallimentare, una sua responsabilità ai sensi dell ‘ art. 2043 c.c.
Il ricorso principale della Curatela fallimentare è, pertanto, infondato e deve essere rigettato.
Il rigetto del ricorso principale comporta l ‘ assorbimento del ricorso incidentale della parte pubblica, che è stato espressamente qualificato come condizionato dall ‘ Avvocatura erariale, in quanto la
sua rilevanza sarebbe conseguenza soltanto dell ‘ esito favorevole del ricorso principale, poiché esso attiene a questioni, quali l ‘ incompetenza del giudice adito, in luogo del giudice dell ‘ esecuzione, con conseguente inammissibilità della domanda risarcitoria, in quanto proposta a giudice incompetente e la mancata rilevazione dell ‘ intervenuto mutamento della domanda originaria a opera della difesa della Curatela fallimentare.
Le spese di lite seguono la soccombenza del Fallimento e tenuto conto dell ‘ attività processuale espletata, in relazione al valore della controversia, sono liquidate come da dispositivo.
La decisione di rigetto del ricorso comporta, infine, che deve attestarsi, ai sensi dell ‘ art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 21.000,00 per compensi, oltre alle spese eventualmente prenotate a debito. Ai sensi dell ‘ art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente e in favore del competente Ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di