Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6756 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6756 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/03/2024
ha pronunciato la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 6122/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall ‘ avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall ‘ avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
– controricorrente –
avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di ROMA n. 22648/2019 depositata il 25/11/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/01/2024 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
Rilevato che
NOME COGNOME, quale proprietaria di un immobile sito in Roma, alla INDIRIZZO, convenne in giudizio NOME COGNOME, quale proprietaria dell ‘ appartamento sovrastante al suo, per ottenere il risarcimento dei danni, ai sensi dell ‘ art. 2043 o dell ‘ art. 2051 cod. civ., causati ai soffitti e alle pareti di diverse stanze, da un ‘ importante infiltrazione di acqua avvenuta nel 2012;
NOME COGNOME si costituì in giudizio, eccependo l ‘ inammissibilità della domanda e contestando il verificarsi dei fatti per come erano stati narrati dall ‘ attrice, poiché la stessa ne aveva ricondotto la responsabilità, non alla proprietaria dell ‘ appartamento o ad un difetto dello stesso, bensì alla condotta della persona ospitata presso il medesimo, che aveva dimenticato di chiudere l ‘ acqua del bagno;
il Giudice di pace di Roma, istruita la causa con audizione dei testi e consulenza tecnica di ufficio, accolse la domanda e condannò la convenuta, in base all ‘ art. 2043 cod. civ., al risarcimento del danno liquidandolo in euro tremila, oltre interessi;
NOME COGNOME propose appello e NOME COGNOME, quale erede di NOME COGNOME, deceduta nelle more della decisione, propose appello incidentale in ordine alla qualificazione della domanda, ritenendo che questa dovesse essere accolta in base alla norma disciplinante la responsabilità del custode, e quindi ai sensi dell ‘ art. 205 cod. civ.;
il Tribunale di Roma, con sentenza n. 22648 del 25/11/2019, ha rigettato l ‘ appello e ha accolto l ‘ appello incidentale, mutando qualificazione giuridica della domanda, qualificando la responsabilità della RAGIONE_SOCIALE ai sensi dell ‘ art. 2051 cod. civ.;
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a nove motivi;
NOME COGNOME resiste con controricorso;
per l ‘ adunanza camerale del 10/01/2024, alla quale il ricorso è stato trattenuto per la decisione, entrambe le parti hanno depositato memoria.
Considerato che
parte ricorrente propone i seguenti motivi d ‘ impugnazione:
I) per art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., con riferimento all ‘ eziologia del danno, nullità della sentenza per inammissibilità della domanda formulata in primo grado, in quanto il danno era stato fatto derivare, nella stessa prospettazione della COGNOME, dalla condotta dell ‘ ospite, che aveva fatto fuoriuscire l ‘ acqua dal bagno e non ad un ‘ anomalia dell ‘ immobile;
II) per violazione dell ‘ art. 2697 cod. civ., laddove il Tribunale ha ritenuto carente la prova sulla riferibilità ad altra causa delle infiltrazioni, in particolare la ricorrente ritiene sia stato fatto malgoverno dei principi sull ‘ onere della prova;
III) per violazione dell ‘ art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ., con riferimento alla questione relativa all ‘ ammissibilità e alla ritualità dell ‘ assunzione dei testi, in particolare anche avuto riguardo alla sostituzione di uno di essi, sulla quale il Tribunale non si era pronunciato;
IV) per art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ., con riferimento agli artt. 320, 244, 246, 253, 257 cod. proc. civ., in relazione all ‘ assunzione di uno dei testi, tale COGNOME, non indicato nella memoria di cui all ‘ art. 320 cod. proc. civ. per il rito dinanzi al Giudice di pace;
V) per art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. con riferimento agli artt. 2043 e 2051 cod. proc. civ., per insussistenza dei presupposti di entrambe le azioni, in quanto la responsabilità ai
sensi dell ‘ art. 2043 cod. civ. era da escludersi per essere la fuoriuscita d ‘ acqua da ascriversi a fatto del terzo e l ‘ azione ai sensi dell ‘ art. 2051 cod. civ. era improponibile per essere sussistente caso fortuito;
VI) per art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. con riferimento agli artt. 112, 115, 116 cod. proc. civ., in relazione alla presenza di una terza persona nell ‘ appartamento della COGNOME e della documentata condotta dell ‘ ospite, il motivo deduce l ‘ omessa considerazione, nella sentenza impugnata, di tale circostanza quale possibile causa dell ‘ evento ai fini della corretta qualificazione del fatto e della sua imputazione;
VII) per art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. con riferimento agli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., la ricorrente lamenta che il Tribunale abbia ritenuto sfornito di prova, in relazione all ‘ art. 2051 cod. civ. il caso fortuito, che individua il limite della responsabilità del custode e che era stato allegato dalla stessa COGNOME, dalla domanda introduttiva del giudizio, laddove si faceva riferimento alla condotta poco accorta dell ‘ ospite;
VIII) per art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. con riferimento agli artt. 2051 cod. civ., il motivo censura la mancata allegazione del fatto costitutivo dell ‘ azione proposta ai sensi della detta norma, ovvero la custodia, oltre alla mancata sussistenza del nesso di causalità, in quanto la RAGIONE_SOCIALE era stata convenuta quale proprietaria e non quale custode;
IX) violazione ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, nn. 3 e 4 cod. proc. civ. degli artt. 2697 cod. civ. e 112 cod. proc. civ., con riferimento al danno da ritardo e alla sua quantificazione, così come operata dal consulente tecnico di ufficio;
è opportuno premettere che il ricorso risulta affetto da evidente carenza di adeguata specificità con riguardo a pressoché tutti i motivi, alcuni dei quali, come il secondo, sono formulati senza
un ‘ esatta indicazione del parametro di cui all ‘ art. 360, comma 1, codice di rito, violato;
è opportuno, altresì, ribadire che la responsabilità di cui all ‘ art. 2051 cod. civ. ha natura oggettiva -in quanto si fonda unicamente sulla dimostrazione del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, non già su una presunzione di colpa del custode -e può essere esclusa o dalla prova del caso fortuito (che appartiene alla categoria dei fatti giuridici), senza intermediazione di alcun elemento soggettivo, oppure dalla dimostrazione della rilevanza causale, esclusiva o concorrente, alla produzione del danno delle condotte del danneggiato o di un terzo (rientranti nella categoria dei fatti umani), caratterizzate dalla colpa di cui all ‘ art. 1227 cod. civ. e, indefettibilmente, almeno la seconda (per la prima bastando la colpa del leso: Cass. n. 21675 del 20/07/2023 Rv. 668745-01), dalla oggettiva imprevedibilità e imprevenibilità rispetto all ‘ evento pregiudizievole;
orbene, nella specie la controversia è stata risolta con univoca riconduzione della responsabilità nella causazione del danno alla cosa intesa come appartamento sovrastante, comprensivo degli impianti, mentre il proprietario se ne è presunto custode e, in quanto tale, investito permanentemente delle relative potestà di gestione, anche nel caso di utilizzo da parte di terzi (il caso fortuito integrandosi solo con un’azione imprevedibile e non altrimenti impedibile posta in essere da costoro), mentre la provenienza delle infiltrazioni dal sovrastante appartamento è indubitabile;
ciò posto, il primo motivo è del tutto inammissibile per difetto di specificità, in quanto esso è esteso solo nove righe (oltre a cinque righe di inconferente intestazione) e non censura adeguatamente la sentenza impugnata, che ha ritenuto i danni ascrivibili all ‘ immobile pacificamente di proprietà della RAGIONE_SOCIALE, affermando l ‘ irrilevanza della circostanza dell ‘ essere l ‘ appartamento
abitato di un ‘ ospite, rimasta, peraltro, ignota in tutte le fasi del giudizio;
in ogni caso, sul proprietario grava l ‘ obbligo di custodia come da risalente giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 5925 del 26/05/1993 Rv. 482529 – 01) secondo la quale la responsabilità di cui all ‘ art. 2051 cod. civ. è basata sulla presunzione di colpa nei confronti di colui che ha il dovere di custodia sulla cosa, sia esso proprietario, usufruttuario, enfiteuta, conduttore, e così via e può riguardare anche i danni che dipendono dall ‘ insorgere nella cosa in custodia di un agente dannoso, come nel caso di infiltrazioni di acqua da un immobile ad un altro;
il secondo motivo si limita a contestare la violazione dell ‘ art. 2697 cod. civ. ed è, pertanto, inammissibile in quanto, lungi dal dedure che il giudice del merito abbia applicato in modo errato l ‘ art. 2697 cod. civ. accollando ad una parte anziché ad altra l’onere della prova , propone soltanto una diversa lettura dei fatti di causa, adducendo, a sostegno delle censure, il fatto che in altra occasione le infiltrazioni avevano interessato il bagno dell ‘ appartamento della COGNOME, mentre nella circostanza oggetto di causa le infiltrazioni provenienti dal servizio igienico dell ‘ abitazione della COGNOME avevano colpito una vasta area dell ‘ appartamento sottostante, escluso però il bagno, così richiedendo un diverso apprezzamento del materiale probatorio e della stessa eziologia del danno;
il terzo e il quarto motivo possono essere congiuntamente scrutinati, poiché strettamente connessi in quanto entrambi vertenti sull ‘ articolazione della prova testimoniale dinanzi al Giudice di pace e alla mancata indicazione del teste da sostituire e all ‘ omesso rilievo delle cause di incompatibilità all ‘ ufficio di testimone;
entrambi i motivi sono inammissibili, in quanto, sebbene riferiti all ‘ omissione del rilievo di cause di incapacità a testimoniare del tutto pretermesse nelle fasi di merito, essi non riportano il contenuto ovvero non richiamano alcun atto nel quale sia stata eccepita l ‘ incapacità a testimoniare dello COGNOME, in quanto interessato alla causa nella qualità di figlio della proprietaria dell ‘ appartamento danneggiato, e nel quale sia stata eccepita l ‘ irritualità della sostituzione del teste COGNOME con il teste COGNOME;
i motivi, peraltro, non specificano in alcun modo quale sia stata la violazione, da parte della difesa della COGNOME del disposto dell ‘ art. 320 cod. proc. civ. (sul regime delle deduzioni istruttorie nel processo dinanzi al Giudice di pace si veda in particolare Cass. n. 13250 del 31/05/2010 Rv. 613177 -01);
il quinto mezzo è del tutto inammissibile, limitandosi il compendio censorio a una mera contestazione, senza alcuna critica argomentata, della ricorrenza dei presupposti per l ‘ accoglimento della domanda, sia che essa fosse sussumibile nel disposto dell ‘ art. 2043 cod. civ., come ritenuto dal giudice di prime cure, che in quello dell ‘ art. 2051 cod. civ, come opinato dal tribunale;
il motivo è, inoltre, intimamente contraddittorio, e comunque ai limiti della comprensibilità, in quanto deduce che il fatto del terzo ha, sia nell ‘ ambito dell ‘ art. 2043 cod. civ. che in quello dell ‘ art. 2051 cod. civ., efficacia escludente la responsabilità del proprietario o del custode, ma non censura adeguatamente l ‘ affermazione decisoria della sentenza d ‘ appello circa l ‘ irrilevanza del fatto che le infiltrazioni provenissero comunque dal bagno dell ‘ appartamento della COGNOME, limitandosi esso a ribadire che nel frangente il bagno era stato utilizzato da un ‘ ospite e senza contestare il dovere di custodia incombente sulla proprietaria anche nei confronti di comportamenti pregiudizievoli posti in essere da chi occupava l ‘ immobile o ne era, appunto, ospite;
il sesto e il settimo motivo possono pure essere congiuntamente esaminati, in quanto entrambi incentrati sulla violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., e, in parte marginale, dell ‘ art. 112 cod. civ.;
essi sono entrambi inammissibili, dovendosi in questa sede richiamare gli approdi di questa Corte sul punto, secondo i quali (Cass. n. 11892 del 10/06/2016 Rv. 640192 – 01):
la violazione dell ‘ art. 115 cod. proc. civ. può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre;
ancora (Cass. n. 11892 del 10/06/2016 Rv. 640193 – 01): la violazione dell ‘ art. 116 c.p.c. (norma che sancisce il principio della libera valutazione delle prove, salva diversa previsione legale) è idonea ad integrare il vizio di cui all ‘ art. 360, n. 4, cod. proc. civ., solo quando il giudice di merito disattenda tale principio in assenza di una deroga normativamente prevista, ovvero, all ‘ opposto, valuti secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza probatoria soggetta ad un diverso regime;
inoltre (Cass. n. 11892 del 10/06/2016 Rv. 640194 – 01): il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell ‘ art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ. (che attribuisce rilievo all ‘ omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, abbia costituito oggetto di
discussione tra le parti e presenti carattere decisivo per il giudizio), né in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell ‘ art. 132, comma 2, n. 4 cod. proc. civ. – dà rilievo unicamente all ‘ anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante;
infine (Cass. n. n. 26965 del 20/12/2007 Rv. 601128 – 01): l ‘ art. 116 cod. proc. civ. prescrive come regola di valutazione delle prove quella secondo cui il giudice deve valutarle secondo prudente apprezzamento, a meno che la legge non disponga altrimenti, la sua violazione e, quindi, la deduzione in sede di ricorso per cassazione ai sensi del n. 4 dell ‘ art. 360 cod. proc. civ., è concepibile solo: a) se il giudice di merito valuta una determinata prova ed in genere una risultanza probatoria, per la quale l ‘ ordinamento non prevede uno specifico criterio di valutazione diverso dal suo prudente apprezzamento, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore ovvero il valore che il legislatore attribuisce ad una diversa risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di prova legale); b) se il giudice di merito dichiara di valutare secondo prudente apprezzamento una prova o risultanza soggetta ad altra regola, così falsamente applicando e, quindi, violando la norma in discorso (oltre che quelle che presiedono alla valutazione secondo diverso criterio della prova di cui trattasi), mentre la circostanza che il giudice, invece, abbia male esercitato il prudente apprezzamento della prova è censurabile solo ai sensi del n. 5 dell ‘ art. 360 cod. proc. civ.;
nella specie, i detti due motivi sono tutti volti a ottenere, impropriamente, giusta quanto scritto, un diverso, e pertanto, inammissibile, apprezzamento del materiale probatorio e, peraltro, non è in alcun modo precisato quale sia stata la violazione dell ‘ art. 112 cod proc. civ. e se il vizio fosse stato già avanzato nei confronti della sentenza del Giudice di pace;
l ‘ ottavo mezzo è pure ai limiti della comprensibilità e sembra affermare che la responsabilità di cui all ‘ art. 2051 cod. civ. possa sussistere solo in capo al custode e non anche, come già ribadito, in capo al proprietario, posto che la titolarità del diritto di proprietà non è incompatibile con l ‘ obbligo di custodia, ma, anzi normalmente lo comprende (come da giurisprudenza già richiamata: Cass. n. 5925 del 1993);
il nono motivo è infondato, la contestazione dell ‘ importo liquidato è del tutto apodittica e carente di specificità, né risulta che adeguata contestazione alla quantificazione operata dal consulente tecnico di ufficio sia stata effettuata nelle fasi di merito, e il Tribunale ha adeguatamente motivato in ordine alla riconoscibilità di interessi in misura diversa da quelli legali e ha richiamato risalente (Sez. U n. 1712 del 17/02/1995 Rv. 490480 01), ma tuttora insuperato (più di recente: Cass. n. 24468 del 04/11/2020 Rv. 659951 – 02) orientamento di questa Corte;
il ricorso è rigettato;
le spese di lite seguono la soccombenza della ricorrente e tenuto conto dell ‘ attività processuale espletata, in relazione al valore della controversia e alla manifesta fondatezza delle difese di parte convenuta -ai sensi dell ‘ art. 4, comma 8, del d.m. (Giustizia) n. 55 del 10/03/2014 -sono liquidate come da dispositivo;
la decisione di rigetto dell ‘ impugnazione comporta che deve attestarsi, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall ‘ art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, se dovuto;
il deposito della motivazione è fissato nel termine di cui al secondo comma dell ‘ art. 380 bis 1 cod. proc. civ.;
p. q. m.
la Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.160,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell ‘ art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall ‘ art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis , dello stesso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di