Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 7493 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 7493 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 20/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso 3386-2018 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME giusta procura in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in ROMA alla INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA RAGIONE_SOCIALE STATO, che la rappresenta e difende ope legis;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 1264/2017 RAGIONE_SOCIALEa CORTE D’APPELLO di PALERMO, depositata il 28/06/2017;
udita la relazione RAGIONE_SOCIALEa causa svolta nella camera di consiglio del 21/02/2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME.
MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE
RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo emesso dal Tribunale di Palermo in favore RAGIONE_SOCIALE‘AVV_NOTAIO, relativo al compenso maturato per la redazione del progetto di installazione di un impianto elevatore a servizio dei nuovi locali RAGIONE_SOCIALE‘opponente nel Palazzo dei Normanni ed opere edili connesse.
Nella resistenza RAGIONE_SOCIALE‘opposta, il Tribunale accoglieva parzialmente l’opposizione, riducendo in parte l’importo di cui al decreto opposto.
Avverso tale sentenza ha proposto appello l’RAGIONE_SOCIALE, cui ha resistito la creditrice.
La Corte d’Appello di Palermo con la sentenza n. 1264/2017, in riforma RAGIONE_SOCIALEa decisione gravata, ha revocato il decreto ingiuntivo, rigettando integralmente la domanda RAGIONE_SOCIALEa professionista.
La Corte ricordava che l’incarico era stato conferito con la DPA n. 347 del 4 agosto 2005, ratificata dal Consiglio di Presidenza nella seduta del 10 gennaio 2006, sottoscritta dal Segretario Generale RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e dall’AVV_NOTAIO COGNOME, con la quale il Presidente RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE conferiva alla seconda l’incarico di realizzare un impianto elevatore panoramico nei nuovi locali RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (ex Comando RAGIONE_SOCIALE).
Era stato, quindi, predisposto il progetto esecutivo, a detta RAGIONE_SOCIALE‘opposta, sulla scorta di un progetto di massima elaborato dal RAGIONE_SOCIALE, che aveva conseguito il visto favorevole RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE, per la
collocazione esterna RAGIONE_SOCIALE‘impianto, visto condizionato solo all’adeguamento di alcune prescrizioni marginali e di dettaglio.
Tuttavia, il Comune di Palermo aveva emesso parere contrario all’esecuzione RAGIONE_SOCIALE‘elaborato progettuale, sul rilievo RAGIONE_SOCIALEa totale difformità dal PPE, che non consentiva modifiche nei prospetti aventi la definizione di Palazzo, come quello interessato dal progetto per cui è causa.
Il progetto realizzato dall’appellata era stato consegnato, ma mai realizzato.
Ad avviso RAGIONE_SOCIALEa Corte d’Appello non emergeva che al momento RAGIONE_SOCIALE‘incarico fosse stato elaborato anche un progetto di massima, in quanto, pur essendo stato conseguito il parere favorevole RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE, in atti vi era solo un disegno sottoscritto dal geom. COGNOME, che era un semplice allegato all’istanza di autorizzazione preventiva, avanzata ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 21 del D. Lgs. n.42/2004.
Era altresì da censurare la decisione di primo grado nella parte in cui aveva escluso l’inadempimento RAGIONE_SOCIALEa professionista.
Infatti, la complessiva disamina degli artt. 1, 3 e 5 del disciplinare di incarico induceva ad affermare che all’AVV_NOTAIO fosse stato affidato il compito di predisporre un progetto pienamente rispettoso di tutte le norme tecniche, nonché di apportare ogni modifica e correzione, adeguamento o sostituzione necessari per la definitiva approvazione del progetto.
Era poi aggiunto che l’inosservanza degli obblighi avrebbe determinato la perdita di ogni diritto al compenso.
Poiché all’appellata era stato dato l’incarico RAGIONE_SOCIALEa progettazione preliminare, definitiva ed esecutiva, oltre che RAGIONE_SOCIALEa direzione dei
lavori, la medesima avrebbe dovuto adeguare il progetto alle condizioni dettagliatamente indicate nella nota RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE del 25 novembre 2005, nonché alla normativa vigente, onde verificare la sussistenza dei presupposti di realizzabilità RAGIONE_SOCIALE‘opera e RAGIONE_SOCIALEe necessarie autorizzazioni da parte degli enti competenti.
Ne conseguiva che era erronea l’affermazione del Tribunale secondo cui la ricorrente in monitorio non era stata inadempiente, né poteva sostenersi che, in assenza di una richiesta RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE, la professionista non fosse tenuta ad elaborare, in via autonoma, RAGIONE_SOCIALEe variazioni progettuali, in quanto l’art. 5, co. 5 del disciplinare di incarico prevedeva che la professionista era tenuta ad introdurre nel progetto ogni modifica, correzione, adeguamento, sostituzione o aggiornamento, resi necessari per la definitiva approvazione del progetto.
Il parere negativo emesso dal Comune RAGIONE_SOCIALE Palermo ed il mancato adeguamento del progetto alla normativa urbanistica avevano quindi reso il progetto stesso insuscettibile di realizzazione, essendo poi irrilevante che l’area sulla quale avrebbe dovuto insistere l’opera fosse divenuta indisponibile, in quanto residuavano in ogni caso le difformità del progetto ascrivibili alla negligenza RAGIONE_SOCIALE‘appellata.
Ne derivava altresì che alcun compenso potesse essere liquidato.
Per la cassazione di tale sentenza propone COGNOME NOME sulla base di quattro motivi.
Disposta la rinnovazione RAGIONE_SOCIALEa notifica alla parte intimata presso l’Avvocatura Generale RAGIONE_SOCIALEo Stato, l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e la falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., anche in relazione all’art. 21 del D. Lgs. n. 42/2004.
Si deduce che in realtà, contrariamente all’assunto RAGIONE_SOCIALEa Corte d’Appello, l’incarico conferito alla ricorrente era stato preceduto da un progetto elaborato dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEa opponente, come si ricava dalla nota RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE, in risposta all’istanza di autorizzazione preventiva alla collocazione RAGIONE_SOCIALE‘elevatore esterno, che fa riferimento ad un accluso progetto. Inoltre, anche il disciplinare di incarico ricorda come la nota RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE avesse restituito munito di visto un progetto di massima alla medesima presentato.
Deve, pertanto, reputarsi erronea l’affermazione RAGIONE_SOCIALEa Corte d’Appello secondo cui l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non avesse già predisposto un progetto di massima, e ciò anche alla luce RAGIONE_SOCIALEa previsione di cui all’art. 21 del D. Lgs. n. 42/2004, che dispone che l’autorizzazione RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE sia data su progetto o, qualora sufficiente, su descrizione tecnica RAGIONE_SOCIALE‘intervento presentati dal richiedente.
Il secondo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., anche in relazione alla legge n. 109/1994 ed al DPR n. 554/1999, avendo la sentenza impugnata erroneamente confuso tra il concetto di verifica RAGIONE_SOCIALE‘opera di cui all’art. 5 del disciplinare di incarico, con quello di fattibilità RAGIONE_SOCIALE‘opera. In particolare, non si sarebbe tenuto conto del fatto che la previsione di collocare all’esterno un elevatore rientrava nella determinazione esclusiva RAGIONE_SOCIALEa committente nella fase antecedente il conferimento RAGIONE_SOCIALE‘incarico, come confermato
dal fatto che prima RAGIONE_SOCIALE‘approvazione il responsabile del procedimento avrebbe verificato in contraddittorio con la professionista la conformità del progetto esecutivo alla normativa vigente ed al documento preliminare alla progettazione.
Nel la specie vi era quindi uno studio di fattibilità al quale l’AVV_NOTAIO era tenuta a conformarsi, non potendo quindi alla medesima essere mosso alcun rilievo per il successivo parere negativo del Comune.
I motivi, da esaminare congiuntamente per la loro connessione, sono infondati.
In primo luogo, gli stessi risultano redatti in violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 366, co. 1, n. 6, c.p.c., in quanto si fa richiamo ad una nota RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALEa Regione RAGIONE_SOCIALE del 6 dicembre 2004, indicata come doc. n. 5, all. 1, ma senza che sia specificato se si tratti di documento già prodotto nelle fasi di merito e soprattutto senza che, in violazione anche del principio per cui la parte deve fornire un’immediata localizzazione del documento all’interno dei fascicoli di parte, sia specificato ove la stessa sia attualmente reperibile.
La doglianza è altresì infondata.
Infatti, per dedurre la violazione del paradigma RAGIONE_SOCIALE‘art. 115 è necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento RAGIONE_SOCIALEa decisione le prove dedotte dalle parti, cioè abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione RAGIONE_SOCIALEa norma, il che significa che per realizzare la violazione deve avere giudicato o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioè dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in
cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (fermo restando il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio, previsti dallo stesso art. 115 c.p.c.), mentre detta violazione non si può ravvisare nella mera circostanza che il giudice abbia valutato le prove proposte dalle parti attribuendo maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività consentita dal paradigma RAGIONE_SOCIALE‘art. 116 c.p.c., che non a caso è rubricato alla “valutazione RAGIONE_SOCIALEe prove” (Cass. n. 11892 del 2016; Cass. S.U. n. 16598/2016).
In particolare, in tema di ricorso per cassazione, per dedurre la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 115 c.p.c., occorre denunciare che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione RAGIONE_SOCIALEa norma, abbia posto a fondamento RAGIONE_SOCIALEa decisione prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli (salvo il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio), mentre è inammissibile la diversa doglianza che egli, nel valutare le prove proposte dalle parti, abbia attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre, essendo tale attività valutativa consentita dall’art. 116 c.p.c. [Cass. S.U. n. 20867/2020, secondo cui i tema di ricorso per cassazione, la doglianza circa la violazione RAGIONE_SOCIALE‘art. 116 c.p.c. è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria, non abbia operato – in assenza di diversa indicazione normativa -secondo il suo “prudente apprezzamento”, pretendendo di attribuirle un altro e diverso valore oppure il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, valore di
prova legale), oppure, qualora la prova sia soggetta ad una specifica regola di valutazione, abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, mentre, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento RAGIONE_SOCIALEa prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione].
La censura RAGIONE_SOCIALEa ricorrente, nella sua concreta formulazione, lungi dal denunciare la violazione RAGIONE_SOCIALEe dette norme, si sostanzia in una critica alla valutazione ed apprezzamento RAGIONE_SOCIALEe prove, per come offerto dal giudice di merito.
Invero, la stessa previsione normativa di cui all’art. 21 del D. Lgs. n. 42/04, richiamata dalla difesa RAGIONE_SOCIALEa AVV_NOTAIO, evidenzia come il parere preventivo RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE possa essere reso anche sulla base di una mera descrizione tecnica del richiedente, e che pertanto anche la presenza di un disegno meramente descrittivo RAGIONE_SOCIALE‘opera avrebbe potuto permettere alla RAGIONE_SOCIALE di esprimere il proprio parere.
A ciò deve aggiungersi che la sentenza impugnata ha mostrato di avere autonomamente apprezzato quella che era la documentazione posta a supporto RAGIONE_SOCIALEa richiesta di parere, pervenendo alla conclusione, evidentemente frutto di apprezzamento di fatto, non censurabile in sede di legittimità, che non fosse stato elaborato alcun progetto di massima, e che quindi, ferma restando la sola descrizione RAGIONE_SOCIALE‘opera quale emergente dal citato disegno, la responsabilità progettuale ricadesse interamente a carico RAGIONE_SOCIALEa ricorrente, soprattutto per
quanto atteneva al rispetto RAGIONE_SOCIALEe prescrizioni normative urbanistiche, anche se emesse dall’ente locale.
La censura proposta, quasi a voler invocare un dover esser RAGIONE_SOCIALE‘agire del soggetto interessato a conseguire il parere favorevole RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE, non si confronta con quella che invece la Corte d’Appello ha ritenuto essere l’effettiva sostanza RAGIONE_SOCIALEa richiesta inoltrata in via preventiva, e che non permetteva di intravedere la presenza di un progetto di massima, come invece sostenuto dalla ricorrente (senza peraltro nemmeno peritarsi di richiamare, in violazione del principio di specificità, il contenuto di tale preteso progetto di massima).
Né va poi trascurato che la Corte d’Appello abbia altresì addebitato alla professionista, non solo la mancata conformità del progetto alle previsioni normative del Comune di Palermo, ma anche alle prescrizioni dettagliatamente indicate nella nota prot. n. 368 del 25 novembre 2005, che la stessa RAGIONE_SOCIALE aveva dato, condizionando il suo stesso parere favorevole (cfr. pag. 7), di tal che, anche a voler per ipotesi ammettere che vi fosse un progetto di massima, il medesimo non era stato reputato interamente satisfattivo RAGIONE_SOCIALEe condizioni cui era subordinato il parere favorevole, ed avrebbe quindi imposto un necessario adeguamento nella fase di sviluppo esecutivo RAGIONE_SOCIALEa progettazione da parte RAGIONE_SOCIALEa RAGIONE_SOCIALE, adeguamento che la sentenza impugnata ha ritenuto non fosse stato posto in essere.
Il terzo motivo di ricorso denuncia la nullità RAGIONE_SOCIALEa sentenza per violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. nonché degli artt. 1206, 1375, 1453, e 1362 e ss. c.c.
Si deduce che la decisione sarebbe erronea nella parte in cui ha affermato che la professionista avrebbe dovuto elaborare in via
autonoma RAGIONE_SOCIALEe variazioni progettuali, avendo erroneamente valorizzato il comma 5 RAGIONE_SOCIALE‘art. 5 del disciplinare di incarico.
Tuttavia, ha trascurato che lo stesso art. 5, al comma 1, prevede che la verifica RAGIONE_SOCIALEa conformità del progetto debba avvenire in contraddittorio con il responsabile del procedimento e che, in caso di errore o omissione progettuale, il professionista, se richiesto, è tenuto a riprogettare i lavori a proprio carico, senza costo o oneri aggiuntivi per l’amministrazione.
Nella specie, non è stato mosso alcun rimprovero alla ricorrente, che solo a distanza di due anni dalla consegna RAGIONE_SOCIALE‘elaborato era venuta a conoscenza del parere negativo espresso dal Comune di Palermo, essendo stata anche omessa la fase di verifica del progetto in contraddittorio con il responsabile del procedimento.
Il quarto motivo denuncia del pari la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nella parte in cui la sentenza impugnata ha negato il diritto al compenso, sull’erroneo presupposto che il progetto presentato dovesse essere pienamente conforme sia sul piano sostanziale che formale alle vigenti disposizioni in materia urbanistica.
In realtà il progetto era rispondente a quello di massima già predisposto dalla committente, ed inoltre l’art. 3 del disciplinare di incarico prevedeva l’osservanza del regolamento di amministrazione e contabilità RAGIONE_SOCIALE‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALEa normativa vigente in materia di opere pubbliche, senza quindi che tale verifica potesse estendersi alle norme urbanistiche locali.
I motivi, da esaminare congiuntamente per la loro connessione, sono del pari privi di fondamento.
Quanto al quarto motivo, occorre rilevare che la riscontrata infondatezza dei primi due motivi, rende infondata anche la
deduzione ivi sviluppata secondo cui la professionista fosse vincolata a quanto previsto nel progetto di massima (in realtà non riscontrato).
Ritiene il Collegio che l’individuazione degli obblighi scaturenti dal disciplinare, operata dalla sentenza impugnata, sia pienamente corrispondente al testo del disciplinare, e che la stessa si sottragga alla censura di violazione RAGIONE_SOCIALEe regole di ermeneutica contrattuale, peraltro solo richiamate, ma senza che la critica sia in grado di evidenziare l’effettivo contrasto con le stesse, ovvero che quella proposta dai giudice di appello sia una soluzione ermeneutica connotata da assoluta implausibilità.
Ed, infatti, richiamata la inconfigurabilità, alla luce del tenore RAGIONE_SOCIALEe critiche mosse, RAGIONE_SOCIALEa violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., come meglio esplicitato in occasione RAGIONE_SOCIALEa disamina dei primi due motivi di ricorso, la sentenza ha evidenziato come la prescrizione di cui all’art. 3, co. 2, del disciplinare, con il riferimento al fatto che la redazione dei progetti e la direzione dei lavori obbligavano all’osservanza di tutte le norme tecniche prescritte nella materia oggetto RAGIONE_SOCIALE‘opera da realizzare, imponesse non solo l’adeguamento alle prescrizioni dettate dalla stessa RAGIONE_SOCIALE (e che la ricorrente non documenta essere state soddisfatte), ma anche RAGIONE_SOCIALEe previsioni di carattere urbanistico dettate dal Comune, il cui mancato rispetto evidentemente avrebbe condizionato la concessione dei provvedimenti autorizzatori RAGIONE_SOCIALEa realizzazione RAGIONE_SOCIALE‘opera.
La previsione implica quindi un richiamo alla legittimità complessiva RAGIONE_SOCIALE‘attività progettuale rispetto, non solo alle norme di carattere tecnico, ma a tutte le norme che avrebbero, una volta
adempiute, permesso di legittimamente porre in esecuzione l’elevatore.
I commi 6 e 7 RAGIONE_SOCIALE‘art. 5 del disciplinare si preoccupano di stabilire ai fini del compenso cosa sarebbe accaduto nel caso in cui le carenze progettuali fossero state originarie ovvero sopravvenute, prevedendo solo per queste ultime un diritto ad un compenso in misura pari a quello previsto per le varianti in corso di opera, essendo quindi sottinteso che il progetto dovesse essere presentato sin dall’inizio con caratteristiche di assoluta conformità alla disciplina, anche di carattere urbanistico, vigente.
La verifica in contraddittorio con il responsabile del procedimento del progetto presentato mira piuttosto ad assicurare che l’amministrazione sia messa nelle condizioni di riscontrare il rispetto RAGIONE_SOCIALEe prescrizioni normative cui l’attività deve in ogni caso conformarsi, al fine anche di eventualmente sollecitare quelle modifiche ed integrazioni che il comma 5 prevede debbano essere poste in essere a titolo gratuito, ma non consente altresì di affermare che possa essere presentato un progetto in evidente contrasto con le prescrizioni regolamentari locali, confidandosi sulla successiva verifica in contraddittorio per porvi rimedio.
Depone in tal senso la prescrizione di cui all’art. 5 co. 6 del disciplinare di incarico che in termini generali dispone che l’inosservanza degli obblighi gravanti sul professionista comporta la perdita del diritto ad ogni compenso, sia per onorario che per rimborso spese.
E se quindi era imposta all’AVV_NOTAIO la ottemperanza a tutte le norme di carattere tecnico ed urbanistico, la predisposizione di un progetto in evidente contrasto con le norme regolamentari del Comune di Palermo, il cui accertamento rientrava evidentemente
tra i compiti di un professionista chiamato ad adeguare la propria prestazione al canone di cui al secondo comma RAGIONE_SOCIALE‘art. 1176 c.c., risulta configurata una violazione degli obblighi scaturenti dal disciplinare che comporta, secondo quanto previsto, la perdita del diritto al compenso, non potendosi imputare all’RAGIONE_SOCIALE, una volta avvedutasi poi RAGIONE_SOCIALE‘impossibilità di poter realizzare l’elevatore per la perdita RAGIONE_SOCIALEa disponibilità RAGIONE_SOCIALE‘area, il non avere sollecitato quelle eventuali modifiche o correzioni di un progetto comunque rivelatosi non conforme alla normativa vigente alla data RAGIONE_SOCIALEa sua presentazione.
Il ricorso è pertanto rigettato
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
Poiché il ricorso è rigettato, sussistono le condizioni per dare atto -ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 1, comma 17, RAGIONE_SOCIALEa legge 24 dicembre 2012, n. 228 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale RAGIONE_SOCIALEo Stato -Legge di stabilità 2013), che ha aggiunto il comma 1quater RAGIONE_SOCIALE‘art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 –RAGIONE_SOCIALEa sussistenza RAGIONE_SOCIALE‘obbligo di versamento, da parte del ricorrente, RAGIONE_SOCIALE‘ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso RAGIONE_SOCIALEe spese del presente giudizio che liquida in complessivi € 4.300,00, oltre spese prenotate a debito;
ai sensi RAGIONE_SOCIALE‘art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115/2002, inserito dall’art. 1, co. 17, l. n. 228/12, dichiara la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo
a titolo di contributo unificato per il ricorso, a norma del comma 1 bis RAGIONE_SOCIALEo stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio del 21 febbraio 2024