Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 6491 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 2 Num. 6491 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/03/2025
R.G.N. 4578/20
C.C. 25/02/2025
ORDINANZA
Risarcimento danni ex art. 1669 c.c. -Responsabilità del costruttore venditore e del direttore dei lavori sul ricorso (iscritto al N.R.G. 4578/2020) proposto da: COGNOME (C.F.: CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso, giusta procura a margine del ricorso, dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME con domicilio digitale eletto presso l’indirizzo PEC del primo difensore;
-ricorrente –
contro
COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), COGNOME Constantin (C.F.: CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (C.F.: CODICE_FISCALE), elettivamente domiciliati in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME che li rappresenta e difende, unitamente all’Avv. NOME COGNOME giusta procura a margine del controricorso;
-controricorrenti –
nonché
RAGIONE_SOCIALE (P.IVA: P_IVA, in persona del suo legale rappresentante pro -tempore ;
-intimato –
e nei confronti di
COGNOME NOME (C.F.: VCC WRT CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso la cancelleria della Corte di cassazione;
-controricorrente –
e
COGNOME NOME (C.F.: TARGA_VEICOLO, COGNOME (C.F.: TARGA_VEICOLO e RAGIONE_SOCIALEp.RAGIONE_SOCIALE, poi RAGIONE_SOCIALE (C.F.: P_IVA), in persona del suo legale rappresentante pro -tempore ;
-intimati – avverso la sentenza della Corte d’appello di Brescia n. 1343/2019, pubblicata il 23 settembre 2019;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 25 febbraio 2025 dal Consigliere relatore NOME COGNOME
lette le memorie illustrative depositate nell’interesse del ricorrente e del controricorrente COGNOME WalterCOGNOME ai sensi dell’art. 380bis .1. c.p.c.
FATTI DI CAUSA
1. -Esperito procedimento di accertamento tecnico preventivo ante causam , COGNOME NOME e COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME nonché COGNOME NOME e COGNOME NOME convenivano, davanti al Tribunale di Cremona, la COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE -in qualità di costruttrice venditrice -, COGNOME NOME -in qualità di direttore dei lavori -, COGNOME NOME -in qualità di responsabile della parte strutturale dell’edificazione , COGNOME -in qualità di collaudatore delle opere in cemento armato -e COGNOME Walter -in qualità di collaudatore dell’isolamento acustico dei manufatti , chiedendo che i convenuti fossero condannati al risarcimento dei danni, ai sensi dell’art. 1669 c.c., in corrispondenza dei costi necessari a riparare i gravi difetti riscontrati sugli immobili, all’esito dell’accertamento tecnico effettuato.
Si costituivano separatamente in giudizio, contestando la fondatezza in fatto e in diritto delle domande avversarie e chiedendone il rigetto, la RAGIONE_SOCIALE, COGNOME Maurizio e COGNOME (quest’ultimo, a sua volta, chiamava in manleva la Unipol Assicurazioni S.p.A.).
Rimanevano contumaci COGNOME COGNOME e COGNOME Walter.
Nel corso del giudizio era espletata consulenza tecnica d’ufficio, integrata con più supplementi di perizia.
Quindi, il Tribunale adito, con sentenza n. 506/2014, depositata il 12 settembre 2014, rigettate le sollevate eccezioni di decadenza e prescrizione, sulla scorta delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio: A) condannava la COGNOME NOME Geometra, COGNOME Maurizio e COGNOME NOME, in solido, a titolo
di risarcimento danni ex art. 1669 c.c., al pagamento, in favore di COGNOME NOME e COGNOME NOME, della somma di euro 37.174,00, oltre IVA, in favore di COGNOME NOME e COGNOME NOME, della somma di euro 31.741,34, oltre IVA, e, in favore di COGNOME e COGNOME NOME, della somma di euro 31.741,34, oltre IVA, con gli interessi legali; B) condannava la COGNOME NOME Geometra, COGNOME NOME e COGNOME, in solido, a titolo di risarcimento danni ex art. 1669 c.c., al pagamento, in favore di COGNOME NOME e COGNOME NOME, della somma di euro 54.428,00, oltre IVA, in favore di COGNOME NOME e COGNOME NOME, della somma di euro 54.428,00, oltre IVA, e, in favore di COGNOME e COGNOME NOME, della somma di euro 54.428,00, oltre IVA, con gli interessi legali; C) accertava le singole responsabilità, in riferimento all’obbligo risarcitorio nei rapporti interni ai convenuti COGNOME NOME (nella misura di euro 14.870,00, oltre IVA, verso COGNOME NOME e COGNOME NOME, di euro 12.697,00, oltre IVA, verso COGNOME NOME e COGNOME NOME, e di euro 12.697,00, oltre IVA, verso RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME, COGNOME NOME (nella misura di euro 14.870,00, oltre IVA, verso COGNOME NOME e COGNOME NOME, di euro 12.697,00, oltre IVA, verso COGNOME NOME e COGNOME NOME, e di euro 12.697,00, oltre IVA, verso RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME, COGNOME NOME (nella misura di euro 7.435,00, oltre IVA, verso COGNOME NOME e COGNOME NOME, di euro 6.348,20, oltre IVA, verso COGNOME NOME e COGNOME NOME, e di euro 6.348,20, oltre IVA, verso RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME); D) accertava le singole responsabilità, in riferimento all’obbligo risarcitorio nei rapporti
interni ai convenuti COGNOME NOME (nella misura di euro 21.771,20, oltre IVA, verso COGNOME NOME e COGNOME NOME, di euro 21.771,20, oltre IVA, verso COGNOME NOME e COGNOME NOME, e di euro 21.771,20, oltre IVA, verso RAGIONE_SOCIALE e Corfu NOME, COGNOME NOME (nella misura di euro 21.771,20, oltre IVA, verso COGNOME NOME e COGNOME NOME, di euro 21.771,20, oltre IVA, verso COGNOME NOME e COGNOME NOME, e di euro 21.771,20, oltre IVA, verso RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME, COGNOME NOME (nella misura di euro 10.885,00, oltre IVA, verso COGNOME NOME e COGNOME NOME, di euro 10.885,00, oltre IVA, verso COGNOME NOME e COGNOME NOME, e di euro 10.885,00, oltre IVA, verso RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME); E) rigettava la domanda di manleva proposta da COGNOME Maurizio nei confronti della RAGIONE_SOCIALE
2. -Con separati atti di citazione notificati il 3 marzo 2015, la RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME proponevano appello avverso la pronuncia di prime cure e, all’uopo, lamentavano: A) la prima: 1) l’errore del Tribunale nella valutazione delle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, in ordine ai vizi e difetti strutturali, avendo considerato l’ausiliario del giudice la necessità di realizzare un ‘cappotto termico’, piuttosto che interventi di pari efficacia e di minor costo; 2) la non corretta applicazione delle norme in materia di requisiti acustici degli immobili; 3) l’erronea valutazione degli atti processuali, con motivazione contraddittoria e illogica; B) il secondo: 1) l’erronea mancata rilevazione della decadenza e prescrizione dell’azione svolta; 2) l’erronea applicazione delle norme di cui al d.m. 14
gennaio 2008, non in vigore al momento della progettazione ed esecuzione dei lavori, ai fini dell’accertamento della responsabilità circa i vizi e difetti attinenti alle parti strutturali degli edifici; 3) la mancata rilevazione dell’incongruenza dei presupposti da cui erano state tratte le argomentazioni della consulenza tecnica d’ufficio, tale da imporne la rinnovazione; 4) l’erronea regolamentazione delle spese di lite e del compenso di consulenza tecnica d’ufficio.
Si costituivano nei due giudizi COGNOME NOME e COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME nonché COGNOME NOME e COGNOME NOME, i quali instavano per la declaratoria di rigetto dell’impugnazione, con la conferma della sentenza impugnata.
Si costituivano separatamente altresì COGNOME NOME e COGNOME NOME, i quali spiegavano anche appello incidentale, lamentando: C) il primo: 1) l’erronea affermazione della responsabilità solidale del COGNOME per i vizi relativi all’isolamento termico ed acustico, non rinvenienti dalla relazione di consulenza tecnica d’ufficio, che aveva stimato l’esecuzione del ‘cappotto termico’ come soltanto eventuale e circa l’individuazione del danno acustico erroneamente rilevato tra ‘bagno e bagno’, in violazione della norma UNI 11.367 del luglio 2010; 2) l’errata distribuzione interna della responsabilità; D) il secondo: 1) l’erronea rilevazione della responsabilità del COGNOME, sebbene questi non avesse svolto alcuna attività nella realizzazione dell’opera; 2) il mancato rilievo dello svolgimento di una mera attività di misurazione dell’insonorizzazione successivamente all’esecuzione dell’opera, effettuata per mero
uso privato, atteso che la parte rilevante del collaudo era stata svolta da altro tecnico.
Decidendo sui gravami interposti, previa riunione, la Corte d’appello di Brescia, con la sentenza di cui in epigrafe, accoglieva l’appello incidentale spigato da COGNOME WalterCOGNOME escludendo la sua responsabilità, mentre respingeva gli altri appelli principali e incidentali, confermando, nel resto, l’impugnata sentenza.
A sostegno dell’adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede: a ) che la sentenza di primo grado aveva imputato all’COGNOME il quale non aveva sollevato alcun rilievo critico circa la determinazione del danno al medesimo addebitato e al nesso di causalità tra la condotta contestata e il suddetto danno -l’elaborazione di una relazione di calcolo e di grafici incongruenti rispetto al progetto e comunque non esaustivi e, quale direttore dei lavori per la parte attinente agli adempimenti strutturali, l’omesso rilievo delle difformità delle opere eseguite rispetto al progetto, peraltro relativamente ad aspetti certamente non marginali, quali, ad esempio, le dimensioni delle fondazioni e l’assenza di un pilastro in cemento armato, in evidente violazione dei doveri di controllo e vigilanza demandatigli; b ) che i puntuali rilievi del primo giudice non risultavano affatto incisi dalle insufficienti critiche rivolte dall’appellante, che non aveva concretamente evidenziato in ch e misura il primo decidente si fosse ‘appiattito’ sulle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio; c ) che il professionista -che, nella specie, aveva cumulato l’incarico di progettista e direttore dei lavori -doveva assicurare la conformità del medesimo progetto alla normativa urbanistica ed individuare in termini corretti la
procedura amministrativa da utilizzare, così da pervenire alla soluzione dei problemi indicati, condizionanti la realizzazione dell’opera richiesta dal committente; d ) che gli appellanti -pur avendo lamentato che la consulenza tecnica d’ufficio fosse gravemente viziata da errori, imprecisioni, carenze di indagini, sollecitandone la rinnovazione -non avevano adeguatamente specificato in che modo tali pretesi errori od imprecisioni avessero inciso sul valore complessivo delle risposte fornite dal consulente, a cui il giudice aveva aderito; e ) che, peraltro, nel caso di specie, gli appellanti avevano svolto già in primo grado le proprie critiche ed osservazioni all’elaborato peritale e queste erano state oggetto di contro-argomentazioni in sentenza; f ) che, in proposito, gli appellanti avrebbero dovuto concentrare i motivi di appello contro la decisione del giudice, per superare le relative argomentazioni, formulando critiche specifiche e puntuali, tali cioè da imporre al giudice di analizzarle dettagliatamente, cosa che non era avvenuta.
-Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due articolati motivi, NOME COGNOME
Hanno resistito, con controricorso, COGNOME NOME, COGNOME NOMECOGNOME RobertoCOGNOME COGNOME NOME COGNOME NOME e COGNOME NOMECOGNOME
Ha resistito, con controricorso, anche COGNOME Walter.
Sono rimasti intimati la RAGIONE_SOCIALE, COGNOME, COGNOME e RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE, già Unipol Assicurazioni S.p.A.
4. -Il ricorrente e il controricorrente COGNOME Walter hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione ai decreti ministeriali 9 gennaio 1996 e 16 gennaio 1996 e ad ogni altra disposizione ai medesimi preordinata e/o connessa, con l’esclusione dell’applicazione delle prescrizioni del decreto ministeriale 14 gennaio 2008, nonché la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 116, 61 e 191 e ss. c.p.c., in ordine alla mancata riconvocazione del consulente tecnico d’ufficio, ed ancora la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 11 delle preleggi nonché l’omesso esame circa un fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte di merito, con un evidente errore circa un fatto incidente sulla decisione, addebitato all’esponente i vizi e difetti attinenti alle parti strutturali degli immobili sulla base delle prescrizioni di cui al d.m. 14 gennaio 2008, normativa, questa, non in vigore al momento della progettazione dell’opera (risalente agli inizi degli anni 2000), secondo le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, recepita sul punto acriticamente.
Obietta l’istante che sarebbero stati imputati al progettista e direttore dei lavori, per un verso, l’elaborazione di una relazione di calcolo e di grafici incongruenti rispetto ai dati di progetto e, comunque, non esaustivi, con l’assenza di particolari costruttivi, nonché, per altro verso, l’omesso rilievo delle difformità delle opere eseguite rispetto al progetto, relativamente ad aspetti certamente non marginali, come le dimensioni delle fondazioni e l’assenza di un pilastro in cemento armato.
Rileva, per l’effetto, il ricorrente che sarebbero state applicate, nel caso concreto, le disposizioni di cui al d.m. 14 gennaio 2008 sull’approvazione delle norme tecniche per le costruzioni, che potevano disporre solo per il futuro, sicché non avrebbero potuto disciplinare attività professionali di progettazione e direzione dei lavori attinenti a costruzioni realizzate quasi un decennio prima, con la consegna avvenuta con atto notarile nel settembre-ottobre 2005, senza prendere in considerazione il dettato dei decreti ministeriali 9 gennaio 1996 e 16 gennaio 1996, quale unica disciplina operante all’epoca della progettazione, prima, e della direzione dei lavori, poi, ascrivibile al ricorrente.
Tanto più che lo stesso perito, nel paragrafo 5 della propria relazione, aveva dovuto riconoscere che le attività di progettazione e direzione lavori erano state svolte molto tempo prima dell’anno 2008, di talché l’unico riferimento normativo non poteva essere che quello inerente ai decreti ministeriali del gennaio 1996, considerando però una relazione di calcolo ‘postuma’ elaborata dal perito nel settembre 2008, a fronte di attività di progettazione e direzione lavori già compiute, il che avrebbe impedito di applicare la normativa vigente all’epoca della redazione di una mera appendice della prestazione principale, con grave sacrificio del principio di unitarietà della prestazione e grave pregiudizio dei dettami della logica, prima ancora che del diritto.
Né avrebbe potuto giustificare l’applicazione del d.m. 14 gennaio 2008 il richiamo al capitolo 8.3 di tale d.m., secondo cui la valutazione della sicurezza e della progettazione di eventuali
interventi su costruzioni esistenti avrebbe dovuto essere svolta adottando, quale normativa di riferimento, il decreto ministeriale del 2008, avendo la relazione ‘postuma’ una mera funzione integrativa rispetto all’opera di progettazione e direzione dei lavori globalmente intesa.
1.1. -Il motivo è inammissibile.
Infatti, la censura non specifica, in violazione del principio di autosufficienza, quali sarebbero state le ‘diverse’ prescrizioni esigibili sulla scorta dei decreti ministeriali 9 gennaio 1996 e 16 gennaio 1996, ai fini di poterne effettuare la comparazione con le prescrizioni in tesi non applicabili di cui al d.m. 14 gennaio 2008, con la conseguente ponderazione dell’incidenza sull’affermazione della responsabilità contestata.
Peraltro, la stessa sentenza impugnata ha rilevato che gli appellanti non avevano adeguatamente specificato in che modo i pretesi errori od imprecisioni del consulente tecnico d’ufficio avessero inciso sul valore complessivo delle risposte fornite, a cui il giudice aveva aderito.
E d’altronde, come emerge dalla stessa doglianza, l’applicazione delle indicazioni di cui al d.m. è stata giustificata alla luce del riferimento alla relazione di calcolo ‘postuma’ elaborata dal perito il 9 settembre 2008, oltre che in ragione del richiamo al capitolo 8.3 di tale d.m., secondo cui la valutazione della sicurezza e della progettazione di eventuali interventi su costruzioni esistenti avrebbe dovuto essere svolta adottando, quale normativa di riferimento, il decreto ministeriale del 2008.
In secondo luogo, la doglianza non coglie appieno la ratio delle argomentazioni del consulente tecnico d’ufficio, come
recepite dalle decisioni di primo e secondo grado, in forza delle quali per le verifiche rimesse alla valutazione dell’ausiliario è stata utilizzata la normativa vigente all’epoca della costruzione delle villette -ossia i d.m. 9 gennaio 1996 e 16 gennaio 1996 -, alla luce della quale la struttura si è rivelata insufficiente e difettosa (segnatamente è risultato che la trave fosse sottodimensionata a flessione). Su questa premessa, applicando il metodo delle tensioni ammissibili, come da relazione di calcolo ‘postuma’ del 9 settembre 2008, a firma dell’COGNOME, è stato rilevato altresì che gli elementi strutturali principali (travi di piano in spessore e travi di fondazione) erano deficitari. E ciò allo scopo di individuare gli interventi riparatori.
Per l’effetto, non risulta esservi alcuna efficace confutazione avverso il rilievo di cui alla sentenza impugnata, a mente del quale avrebbero dovuto essere attribuiti ad NOMECOGNOME ai fini della sua condanna ai sensi dell’art. 1669 c.c., l’elaborazione di una relazione di calcolo e di grafici incongruenti rispetto al progetto e comunque non esaustivi e, quale direttore dei lavori per la parte attinente agli adempimenti strutturali, l’omesso rilievo delle difformità delle opere eseguite rispetto al progetto, peraltro relativamente ad aspetti certamente non marginali, quali, ad esempio, le dimensioni delle fondazioni e l’assenza di un pilastro in cemento armato, in evidente violazione dei doveri di controllo e vigilanza demandatigli.
2. -Con il secondo motivo il ricorrente prospetta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 116, 61 e 191 c.p.c., in ragione della mancata riconvocazione del consulente tecnico d’ufficio, con la
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 c.c. e con l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte territoriale aderito alle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio, disattendendo la richiesta di rinnovazione delle indagini peritali, benché nella propria relazione peritale e nelle successive integrazioni del 16 luglio 2012, del 22 gennaio 2013 e del 2 ottobre 2013 l’ausiliario del giudice, dopo aver esordito ammettendo l’applicabilità dei decreti ministeriali 9 gennaio 1996 e 16 gennaio 1996, avesse ingiustificatamente concluso affermando che le strutture principali erano state verificate adottando come normativa di riferimento il d.m. 14 gennaio 2008, secondo le posteriori norme ivi inserite; e ciò nonostante le attività affidate al deducente si fossero esaurite nell’anno 2001.
Osserva l’istante che il consulente tecnico d’ufficio, avvalendosi dell’opera di un geologo, aveva indicato il piano di posa delle fondazioni alla profondità di ml. 1,00, con l’asportazione di uno strato corticale massimo di 5=0,30 ml., ‘a seguito di assaggi e prove penetro-metriche eseguite il 16/17 ottobre 2001′, consigliando di adottare carichi non superiori a 0,5-0,6 kg/cmq., ignorando la comunicazione PEC inoltrata dall’COGNOME il 30 giugno 2013, alle ore 16:30, con cui era stato notificato al perito d’ufficio che lo scavo realizzato in sito, ai fini del getto di fondazione, era stato esteso a ml. 3,1 di profondità, ben al di sotto della quota di ml. 1,00 rispetto al piano di campagna indicato dal geologo.
Sicché il giudice avrebbe dovuto porre a fondamento della decisione le prove proposte dalle parti, quali l’attestazione
rinvenibile nella dichiarazione resa dal ricorrente mediante comunicazione PEC del 30 giugno 2013 (con la conseguente maggiore portanza massima ammissibile di 1,00-1,30 kg/cmq.), né avrebbe potuto escludere la rinnovazione della consulenza sul rilievo che i periti di parte avessero già avuto la possibilità di svolgere le proprie controdeduzioni nella sede propria del mezzo istruttorio attuato, con recepimento acritico delle conclusioni tecniche elaborate, benché poste in discussione con specifiche censure potenzialmente idonee ad incidere sulla soluzione della controversia.
Espone, ancora, il ricorrente che la prova della profondità dello scavo sarebbe stata fornita non solo dalla dichiarazione resa dal ricorrente, ma anche dalla documentazione pure acquisita dal consulente tecnico d’ufficio, facente parte della variante depositata dall’architetto COGNOME presso l’Ufficio tecnico del Comune di Gerre dè Caprioli, attinenti all’intervento edilizio oggetto di causa.
D’altronde, sostiene l’istante che il tecnico d’ufficio avrebbe dovuto assumere come peso proprio del solaio quello rinvenibile sulla tavola del prefabbricato del solaio medesimo, documento completamente ignorato; e nello schema di calcolo utilizzato, secondo prassi, per la sicurezza avrebbe trascurato l’incastro parziale della trave all’appoggio con la muratura nonché il contributo del solaio in latero-cemento, omettendo la verifica con riguardo alla cappa elettrosaldata; omissioni, queste, che avrebbero i nciso sull’adeguata valutazione della complessiva resistenza strutturale, con riguardo alla quale avrebbe rilevato altresì la struttura a piastra bidirezionale del solaio, il quale, oltre
a poggiare sulla trave in questione, avrebbe scaricato il proprio peso anche sui muri perimetrali portanti in poroton con spessore finito di cm. 40.
2.1. -Il motivo è inammissibile.
2.1.1. -E ciò perché -depurata l’articolata censura da tutti gli aspetti precipuamente meritali -nessuna omissione può rinvenirsi nella mancata considerazione dell’attestazione (meramente soggettiva) rinvenibile nella dichiarazione resa dal ricorrente mediante comunicazione PEC del 30 giugno 2013, secondo cui lo scavo realizzato in sito, ai fini del getto di fondazione, sarebbe stato esteso a ml. 3,1 di profondità, poiché le diverse conclusioni cui il consulente d’ufficio è pervenuto sono state supportate dal rinvio all’opera prestata dal geologo, che aveva indicato il piano di posa delle fondazioni alla profondità di ml. 1,00, con l’asportazione di uno strato corticale massimo di 5=0,30 ml., a seguito di assaggi e prove penetro-metriche (oggettive), consigliando di adottare carichi non superiori a 0,50,6 kg/cmq.
Non si comprende, dunque, come il dato ricavato dal riscontro oggettivo eseguito attraverso specifiche prove tecniche possa essere recessivo rispetto alla mera dichiarazione soggettiva proveniente dall’COGNOME (parte interessata a contestare l’addebito mossogli).
Mentre, quanto all’ulteriore documentazione evocata allo scopo di avvalorare la tesi della maggiore profondità delle fondamenta, il richiamo agli atti facenti parte della variante depositata dall’architetto COGNOME presso l’Ufficio tecnico del Comune di Gerre dè Caprioli è del tutto generico e
aspecifico, in assenza di alcun significativo dettaglio sul suo contenuto.
2.1.2. -In aggiunta, con riguardo alla mancata rinnovazione delle indagini peritali, la Corte distrettuale ha puntualizzato che i rilievi del Tribunale non risultavano affatto incisi dalle insufficienti critiche rivolte dall’appellante, che non aveva concretamente evidenziato in che misura il primo decidente si fosse ‘appiattito’ sulle conclusioni del consulente tecnico d’ufficio.
Sicché, a fronte della genericità di tali critiche, non idonee ad influire sull’esito delle valutazioni di ugual natura contenute nella sentenza impugnata, nessuna rinnovazione delle indagini peritali avrebbe potuto essere disposta (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 26709 del 24/11/2020; Sez. 6-2, Ordinanza n. 5339 del 18/03/2015; Sez. 3, Sentenza n. 305 del 12/01/2012; Sez. 3, Sentenza n. 4852 del 19/05/1999).
E ciò tenuto conto altresì che alla redazione dell’elaborato tecnico, in ragione dei chiarimenti richiesti dalle parti, ha fatto seguito il deposito di ben tre supplementi di perizia.
-In conseguenza delle argomentazioni esposte, il ricorso deve essere respinto.
Le spese e compensi di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese in favore di COGNOME Walter, evocato in giudizio a scopo di mera litis denuntiatio , poiché questi non è stato contraddittore del ricorrente ed è rimasto indifferente all’esito della lite (Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 8491 del 24/03/2023; Sez. 3, Ordinanza n. 4961 del 26/02/2008).
Sussistono i presupposti processuali per il versamento – ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 -, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l’impugnazione, se dovuto.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla refusione, in favore dei controricorrenti, delle spese di lite, che liquida in complessivi euro 5.800,00, di cui euro 200,00 per esborsi, oltre accessori come per legge; dichiara irripetibili le spese di lite nei confronti di COGNOME Walter.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Seconda