Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8139 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8139 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CONDELLO NOME COGNOME
Data pubblicazione: 26/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10945/2021 R.G. proposto da: COGNOME NOME e COGNOME NOME, rappresentati e difesi, giusta procura in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO (p.e.c. EMAIL), elettivamente domiciliati presso il suo studio, in Roma, alla INDIRIZZO
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO (p.e.c. EMAIL), elettivamente domiciliata presso lo studio dell’AVV_NOTAIO (p.e.c. EMAIL), in Roma, via
INDIRIZZO, INDIRIZZO
e nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE -in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dagli AVV_NOTAIO.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME, nonché dall’AVV_NOTAIO, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, INDIRIZZO
– controricorrente –
e nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME (p.e.c. EMAIL) e NOME COGNOME (p.e.c. EMAIL), elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultim o, in Roma, INDIRIZZO
– controricorrente –
e nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, INDIRIZZO
e nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al controricorso, dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliata presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, INDIRIZZO
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’ appello di Roma n. 756/2021, pubblicata in data 1° febbraio 2021, notificata in data 8 febbraio 2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 1° febbraio 2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME e NOME COGNOME convenivano in giudizio RAGIONE_SOCIALE per far accertare la responsabilità della convenuta, quale produttrice di una asciugatrice installata nel locale lavanderia della loro abitazione, in ordine all’incendio sviluppatosi in data 18 gennaio 2005 nell’immobile , ed ottenere il risarcimento dei danni, quantificati in euro 2.000.000,00.
Si costituiva la convenuta, la quale, resistendo alla domanda, chiedeva di essere autorizzata alla chiamata in causa di RAGIONE_SOCIALE, produttrice del termostato di sicurezza che avrebbe dovuto arrestare il passaggio della corrente al raggiungimento della temperatura di 92 gradi, chiedendo che venisse accertata la sua esclusiva
responsabilità.
La terza chiamata in causa a sua volta chiedeva di essere autorizzata a chiamare in causa sia RAGIONE_SOCIALE ed RAGIONE_SOCIALE, nelle rispettive qualità di venditore e produttore del termostato, prospettando la responsabilità esclusiva di queste ultime e spiegando domanda di manleva nei loro confronti, sia la società assicuratrice RAGIONE_SOCIALE, per essere da questa garantita in virtù di polizza stipulata a garanzia dei rischi della Responsabilità Civile Diversi e Prodotti.
All’esito della costituzione di tutte le società chiamate in cause, il Tribunale rigettava la domanda per carenza di causalità tra il difetto denunciato (mancato funzionamento del termostato automatico) della macchina asciugatrice Rex Solares e l’incendio verificatosi presso l’abitazione di proprietà degli attori.
In esito all’ appello principale dei coniugi COGNOME ed a quelli incidentali delle controparti in punto di spese di lite, la Corte d’appello , disposta la c.t.u al fine di ‹‹accertare le cause dell’incendio e … , in particolare, se fosse da ritenersi sussistente un difetto di funzionamento della macchina asciugatrice…. e, in caso affermativo, se tale difetto dovesse essere posto in collegamento causale (esclusivo o concorrente) con il suddetto evento…›› , ha confermato la sentenza gravata, ritenendo, in sintesi, non provato, neppure in termini probabilistici, il rapporto causale tra l’incendio e l’utilizzo della asciugatrice, così escludendo la responsabilità del produttore ai sensi dell’art. 5 del d.P.R. 24 maggio 1988, n. 224, vigente ratione temporis; ha, poi, rigettato gli appelli incidentali.
NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono per la cassazione della suddetta decisione, con quattro motivi.
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE), RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE resistono con
autonomi controricorsi.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi d ell’art. 380 -bis .1. cod. proc civ.
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memorie illustrative.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrenti denunziano ‹‹violazione e falsa applicazione degli artt. 5, 6 e 8 del d.P.R. 24.05.1988, n. 224, vigenti ratione temporis (prima dell’entrata in vigore del codice del consumo di cui al d.lgs. 6.09.2005, n. 206, che ha trasfuso la relativa disciplina negli artt. 116 e ss.) in combinato disposto con gli artt. 40 e 41 c.p. in relazione all’art. 360 c.p.c. n. 3, sotto il profilo del mancato accertamento e riconoscimento del nesso di causalità tra il malfunzionamento dell’asciugatrice e l’evento dannoso››.
Muovendo dalla considerazione che, in virtù degli artt. 5, 6 e 8 del d.P.R. n. 224 del 1988, il danneggiato deve provare il difetto, o meglio, ‹‹l’insicurezza del prodotto›› , il danno subito ed il nesso di causalità tra quest’ultimo e il primo, ma non la colpa del produttore, che è presunta, sostengono che ‹‹ il malfunzionamento o difetto dell’asciugatrice›› deve essere identificato nell’incendio stesso e che la sentenza qui impugnata non ha fatto buon governo delle norme che regolano la causalità giuridica di cui agli artt. 40 e 41 cod. pen.; aggiungono che la difettosità del prodotto non va riferita, come ritenuto dai giudici di appello, alla necessità di individuazione di uno specifico guasto-difetto o di un motivo di malfunzionamento, bensì a tutte le anomalie funzionali o connesse all’utilizzo normale, cioè prevedibile, dell’utente, idonee a rivelarne anche ex post -una carenza del livello di sicurezza atteso ed esigibile.
Evidenziano pure che i giudici di secondo grado avevano a propria
disposizione i seguenti fatti incontroversi: a) l’incendio aveva avuto origine dalla asciugatrice, come era stato dichiarato dalla domestica e come era stato appurato nella immediatezza dei fatti dai Vigili del Fuoco ed accertato dal perito del P.M.; b ) l’impianto elettrico dell’immobile non presentava alcuna anomalia; c) i due termostati rinvenuti sul pacco resistenze erano risultati ‹‹ incollati ›› , ossia bloccati in posizione di chiusura, così da consentire il passaggio della corrente elettrica; d) dalla richiesta di archiviazione del P.M. era emerso che la causa dell’incendio doveva essere attribuita con certezza al mancato funzionamento del termostato; e) lo stato di non innesco dei due termostati a 92° e 160°, accertato dal consulente del P.M., aveva ricevuto conferma dalla c.t.u. depositata nel 2019, nella quale si leggeva: ‹‹ Parimenti da quanto rile vato dall’esame del AVV_NOTAIO non sembrano esserci fattori di guasto riferibili ai termostati essendo stato trovato in stato di conduzione il termostato di ciclaggio tarato a 92° e quello di sicurezza a riarmo manuale tarato a 160° ›› ; ‹‹l’unica possibilità di incendio si può ricondurre vedere analisi FMEA -all’incendio dei ‘peluc c hi’ contenuti nel filtro aria della macchina che risulta essere causa di incendio in molte occasioni per macchine simili a quella di causa ›› (pag. 31 e 33 della C.T.U. Feruglio); f) lo stesso c.t.u. aveva pure evidenziato, con riferimento alla grave carenza delle istruzioni della casa produttrice dell’elettrodomestico, che ‹‹…il manuale non indica espressamente che la mancata pulizia dei filtri possa generare una causa di incendio, ma solo un mancato corretto funzionamento della macchina asciugatrice ›› .
Assumono, quindi, che la Corte d’appello non avrebbe adeguatamente valutato i suddetti elementi fattuali e tecnici, ritenendo, erroneamente, che il d.P.R. n. 224/1988 esigesse, per l’accertamento del nesso difetto -evento dannoso, la identificazione
tecnicoscientifica della specifica causa generativa dell’incendio.
Con il secondo motivo censurano la decisione impugnata per ‹‹violazione e falsa applicazione dell’art. 2729 cod. civ. e degli artt. 115 e 132 c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c. e all’art. 111 Cost.››, lamentando che la sentenza è affetta da motivazione apparente ed illogica , perché, pur avvalendosi dell’ausilio della consulenza tecnica d’ufficio, è pervenuta al rigetto della domanda risarcitoria mediante un richiamo apodittico alle sole conclusioni del c.t.u., senza porre a base della decisione le prove offerte dalle parti ed i fatti non contestati e senza osservare i criteri stabiliti dall’art. 2729 cod. civ.
Con il terzo motivo, prospettando ‹‹vizio di omesso esame circa la sussistenza del mancato funzionamento del termostato a 92° quale fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c.››, i ricorrenti si dolgono che la Corte territoriale non abbia preso in considerazione tale elemento fattuale, accertato e esaminato dal consulente della Procura, pur trattandosi di fatto decisivo che avrebbe potuto condurre ad una diversa decisione.
Con il quarto motivo denunciano ‹‹Nullità della sentenza per violazione degli artt. 158 e 276 c.p.c. in relazione all’art. 360 n. 4 c.p.c. in dipendenza della incostituzionalità del d.l. n. 69/2013 e della legge di conversione n. 98/2013, istitutivi dei Giudici Ausiliari in grado di appello, dichiarata da Corte cost. n. 41 del 17 marzo 2021 per contrasto con l’art. 106, primo e secondo comma, Cost.››. Assumono che la sentenza impugnata, che è stata emessa con la partecipazione di un giudice ausiliario, nominato relatore, è affetta da nullità insanabile ex art 158 cod. proc. civ. per effetto della illegittimità sopravvenuta della costituzione del collegio giudicante conseguente alla richiamata pronuncia della Corte costituzionale.
Il quarto motivo che, per ragioni di ordine logico, deve essere anzitutto esaminato è infondato.
Questa Corte, con due distinte ordinanze del 9 dicembre 2019, ha sollevato le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 62, comma 1, 65, commi 1 e 4, 66, 67, commi 1 e 2, 68, comma 1, e 72, comma 1, del d.l. n. 69 del 2013, conv. con modif. nella legge n. 98 del 2013, nella parte in cui conferiscono al giudice ausiliario di appello lo status di componente dei collegi delle sezioni della corte d’appello.
Tuttavia, con la sentenza n. 41 del 2021, la Corte Costituzionale, pur dichiarando incostituzionali le predette norme, che hanno previsto, come magistrati onorari, i giudici ausiliari presso le corti d’appello, ha stabilito che esse potranno, tuttavia, continuare ad avvalersi legittimamente dei giudici ausiliari per ridurre l’arretrato fino a quando, entro la data del 31/10/2025, si perverrà ad una riforma complessiva della magistratura onoraria, nel rispetto dei principi costituzionali. Fino ad allora, la ‹‹ temporanea tollerabilità costituzionale ›› dell’attuale assetto è volta ad evitare l’annullamento delle decisioni pronunciate con la partecipazione dei giudici ausiliari e a non privare immediatamente le corti d’appello dell’apporto di questi giudici onorari per la riduzione dell’arretrato nelle cause civili.
Non è, pertanto, ravvisabile la denunciata nullità assoluta ed insanabile della sentenza impugnata.
Il primo, il secondo ed il terzo motivo, strettamente connessi perché tutti incentrati sulla prova della difettosità del prodotto e, comunque, volti a censurare il percorso argomentativo seguito dalla corte di appello, sono inammissibili.
6.1. In linea generale, vale premettere che all’ art. 5 d.P.R. n. 224 del 1988 (oggi trasfuso nell’art. 117 del Codice del Consumo) viene definito ‹‹ difettoso ›› non ogni prodotto insicuro ma quel prodotto che non offre la sicurezza che ci si può legittimamente attendere in
relazione al modo in cui il prodotto è stato messo in circolazione, alla sua presentazione, alle sue caratteristiche palesi alle istruzioni o alle avvertenze fornite, all’uso per il quale il prodotto può essere ragionevolmente destinato, e ai comportamenti che, in relazione ad esso, si possono ragionevolmente prevedere, al tempo in cui il prodotto è stato messo in circolazione (Cass., sez. 3, 29/05/2013, n. 13458).
Si è da questa Corte precisato che il verificarsi del danno non depone di per sé per la pericolosità del prodotto in condizioni normali di impiego, ma solo una più indefinita pericolosità del prodotto insufficiente a ritenere integrata la responsabilità del produttore ove non risulti in concreto accertato che la specifica condizione di insicurezza del prodotto si pone al di sotto del livello di garanzia di affidabilità richiesto dalla utenza o dalle leggi in materia (v. Cass., sez. 3, 13/12/2010, n. 25116; Cass., sez. 3, 08/10/2007, n. 20985).
Quanto alla regolazione dell’onere della prova, l’art. 8 d.P.R. n. 224/1988 prevede che «il danneggiato deve provare il danno, il difetto e la connessione causale tra difetto e danno», mentre «il produttore deve provare i fatti che possono escludere la responsabilità secondo le disposizioni dell’art. 6». Il che significa che spetta innanzitutto al soggetto danneggiato dimostrare che il prodotto ha evidenziato il difetto durante l’uso, che ha subito un danno e che quest’ultimo è in connessione causale con detto difetto e, una volta che il danneggiato ha fornito tale prova, grava sul produttore l’onere della prova liberatoria, consistente nella dimostrazione che il difetto riscontrato non esisteva quando ha posto il prodotto in circolazione ovvero che all’epoca non era riconoscibile come tale a causa dello stato delle conoscenze scientifiche e tecniche.
La responsabilità da prodotto difettoso ha, quindi, natura non oggettiva, bensì presunta, in quanto prescinde dall’accertamento
della colpevolezza del produttore ma non anche dalla dimostrazione dell’esistenza di un difetto del prodotto , per cui incombe sul danneggiato dare la prova del collegamento causale, non già tra prodotto e danno, bensì tra difetto e danno (Cass., sez. 3, 20/11/2018, n. 29828; Cass., sez. 3, 07/04/2022, n. 11317).
In questa prospettiva si è da questa Corte evidenziato che la formulazione letterale dell’art. 1 d.P.R. n. 224 del 1988, nel far dipendere la speciale responsabilità del produttore per prodotti difettosi dal nesso di causalità tra il danno ed il difetto del prodotto, pone un prerequisito della responsabilità stessa, con funzione delimitativa dell’ambito di applicabilità di essa, cosicché grava sul danneggiato che chiede il risarcimento provare gli elementi costitutivi di tale diritto, senza che si possa affermare che la prova semplice del nesso di causalità fra il danno ed il prodotto sia sufficiente a trasferire sul produttore l’onere di dimostrare che il prodotto non era difettoso o che sussistono altre cause di esclusione della responsabilità (v. Cass., sez. 3, 15/03/2007, n. 6007; Cass., sez. 6 -3, 23/05/2013, n. 12665).
6.2. Orbene, nell’impugnata sentenza l a corte di merito ha fatto invero piena e corretta applicazione dei suindicati principi, illustrando adeguatamente e con motivazione congrua l’ iter logico-giuridico seguito, il che impone di escludere il contestato difetto di mancanza di motivazione o di motivazione apparente ex art. 132 cod. proc. civ., che è invece sussistente, in termini che superano certamente il cd. ‹‹ minimo costituzionale ›› (Cass., sez. U, 07/04/2014, n. 8053 e n. 8054).
Nel rigettare la domanda risarcitoria, la Corte d’appello ha richiamato le risultanze della consulenza tecnica d’uffici o disposta nel giudizio di secondo grado, sottolineando essere rimasto escluso che ‹‹il pacco delle resistenze elettriche dell’asciugatrice …possa (potesse)
essere fonte di malfunzionamento della macchina asciugatrice›› , e che ‹‹non sembra(va)no esserci fattori di guasto riferibili ai termostati ›› , come pure che ‹‹dalle analisi di guasto….l’unico fattore endogeno alla macchina poteva ricondursi all’accensione dei pelucchi presenti nel filtro della macchina››, pervenendo tuttavia a concludere che ‹‹non risulta (va) possibile, per l’insufficiente documentazione di cui alle fasi peritali precedenti, ascrivere ad un difetto funzionale evidente ed incontrovertibile della macchina asciugatrice›› l’incendio sviluppatosi nell’appartamento dei coniugi COGNOME.
Rispondendo, inoltre, alle osservazioni critiche formulate dagli allora appellanti, oggi ricorrenti, alle risultanze della consulenza tecnica d’ufficio, la corte territoriale ha pure evidenziato che ‹‹ la mancanza di rilievi ed accertamenti non compiutamente eseguiti al tempo del sopralluogo del CT della Procura ›› non consentiva di individuare se la causa dell’incendio fosse dipesa effettivamente da un difettoso funzionamento della macchina asciugatrice e che, inoltre, ‹‹ mancando notizie sulla presenza o meno dei filtri (circostanza dichiarata nel manuale di macchina come causa di incendio) non risulta(va) possibile dare maggiori precisazioni sulla causa efficiente dell’incendio›› ; aggiungendo che ‹‹ la modifica dello stato dei luoghi nei quattro giorni intercorsi tra l’incendio ed il sopralluogo del CT risultava ulteriore motivo di incertezza nella determinazione delle reali cause ›› e che il c.t.u. non aveva neppure escluso che ‹‹ la sottostante lavatrice ›› avesse potuto ‹‹ propagare le fiamme alla sovrastante asciugatrice ›› .
Nell ‘impugnata sentenza la corte di merito dà altresì atto che anche il Tribunale ha rigettato la domanda ritenendo assente la prova di causalità tra il difetto denunciato e l’incendio verificatosi ed esclu so che la consulenza tecnica svolta dal consulente incaricato dal Pubblico Ministero nella immediatezza dei fatti potesse condurre ad una
diversa valutazione.
La decisione resa dal primo giudice ha, infatti, ben evidenziato una serie di incongruenze ostative al ‘dinamismo causale ipotizzato’ , in quanto: la documentazione fotografica prodotta dai Carabinieri intervenuti sul luogo, volta a rappresentate lo stato delle macchine poste nella zona lavanderia, all’esito dello spegnimento dell’incendio e prima che venisse disposto il sequestro, riportava una situazione totalmente diversa da quella che era stata acclarata dal consulente del P.M., intervenuto dopo trequattro giorni dall’avvenuto incendio; non erano stati rinvenuti i conduttori in rame penzolanti nella zona di supporto dei comandi dell’asciugatrice, né il motore elettrico interno, né il terzo termostato in dotazione della macchina, di tipo regolabile da 82°C a 110°C; lo stesso consulente aveva pure configurato che la causa dell’incendio potesse essere da addebitare all’irregolare montaggio degli apparecchi ed al loro uso prolungato, che avrebbe stressato il termostato di regolazione, sino a portarlo all’avaria; parte dell’impianto elettrico all’interno della scatola da incasso a parete nella zona lavanderia non era a norma; la macchina asciugatrice era stata addossata al muro ed era stata installata con una condizione di ventilazione limitata senza il previsto kit a colonna, come indicato nel manuale delle istruzioni ; non era escluso che l’asciugatrice fosse stata avviata dopo la messa in funzione della lavatrice , con l’effetto che le due macchine avevano funzionato non alternativamente, ma contestualmente; il consulente aveva esaminato solo due dei quattro termostati di cui l’asciugatrice era dotata, rilevando il mancato funzionamento di quello tarato a 92°C perché ‹‹ avente i contatti incollati ›› , ma non aveva potuto esaminare il termostato con doppi contatti perché non rinvenuto sul posto, il che non poteva far escludere che l’incollaggio dei contatti fosse l’effetto, anziché la causa dell’incendio.
Alla stregua dei suddetti elementi di fatto -univoci e concordantievidenziati dal c.t.u., i giudici di merito, in assenza di prova del difetto del prodotto, hanno del tutto correttamente negato che l’evento dannoso (incendio) possa essere da esso causalmente derivato.
6.3. Orbene, a fronte del l’ accertamento di fatto operato dalla Corte d’appello i ricorrenti assumono non essersi prese in considerazione tutte le prove offerte, e i fatti pacifici acquisiti al giudizio, né proceduto ad un accertamento presuntivo.
Emerge tuttavia con tutta evidenza come, al di là dei dedotti vizi di violazione di legge, le deduzioni difensive poste a supporto delle doglianze in esame in realtà si risolvano nell ‘ inammissibile prospettazione di una rivalutazione del merito della vicenda presupponente accertamenti di fatto invero preclusi a questa Corte di legittimità, nonché in un non consentito riesame di tutte le emergenze probatorie, laddove solamente al giudice di merito spetta individuare le fonti del proprio convincimento e valutare le prove, controllarne la attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all’uno o all’altro mezzo di prova, non potendo sottoporsi all’attenzione di questa Corte elementi di fatto già vagliati dai giudici del merito per addivenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi (Cass., sez. 3, 14/03/2006, n. 5443, in motivazione; Cass., sez. 3, 31/05/2006, n. 12984). E, d’altro canto, la valutazione delle prove raccolte, compresa la ricorrenza dei requisiti di precisione, gravità e concordanza richiesti dall’art. 2729 cod. civ. (Cass., sez. 2, 19/07/2021, n. 20553; Cass., sez. 6 -1, 17/01/2019, n. 1234; Cass., sez. 3, 23/01/2006, n. 1216) e l’idoneità degli elementi presuntivi dotati di tali caratteri a dimostrare, secondo il criterio dell’ id quod plerumque accidit , i fatti ignoti da provare
(Cass., sez. 3, 16/05/2017, n. 12002) costituisce attività riservata in via esclusiva all’apprezzamento discrezionale del giudice di merito (Cass., sez. 2, 19/07/2021, n. 20553; Cass., sez. 1, 25/09/2023, n. 27266).
Né è d’altro canto ravvisabile il vizio ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. nella formulazione ratione temporis applicabile (dedotto con il terzo motivo), che si sostanzia nell’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, dovendo detto vizio riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica, e non anche, come nella specie, l’omessa o erronea valutazione di determinate emergenze probatorie (Cass., sez. U, 07/04/2014, n. 8053 e n. 8054; Cass., sez. L, 29/09/2016, n. 19312; Cass., sez. 3, 12/10/2017, n. 23940).
In ogni caso l ‘omesso esame di elementi istruttori non integra il vizio di motivazione, posto che il giudice di merito è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove che ritenga più attendibili, senza essere tenuto ad un’esplicita confutazione degli altri elementi probatori allegati dalle parti ma ritenuti irrilevanti (Cass., sez. L, 07/01/2009, n. 42; Cass., sez. 1, 23/05/2014, n. 11511; Cass., sez. 6 -3, 04/07/2017, n. 16467).
All’inammissibilità e infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Le spese del giudizio di legittimità, liquidate come in dispositivo in favore di ciascuno dei controricorrenti, seguono la soccombenza e sono
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi pari ad euro 200,00, e agli accessori di
legge, in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi pari ad euro 200,00, e agli accessori di legge, in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi pari ad euro 200,00, e agli accessori di legge, in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi pari ad euro 200,00, e agli accessori di legge, in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE Condanna i ricorrenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 10.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi pari ad euro 200,00, ed agli accessori di legge, in favore della controricorrente RAGIONE_SOCIALE.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione