Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 36 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 36 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14433/2022 R.G. proposto da :
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
COGNOME, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di VENEZIA n. 595/2022 depositata il 18/03/2022. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 02/12/2024
dal Consigliere NOME COGNOME.
Svolgimento del processo
NOME COGNOME con ricorso illustrato da successiva memoria, notificato il 27 maggio 2022, impugna per cassazione la sentenza della Corte d’appello di Venezia n. 1088 -2020 pubblicata il 18 marzo 2022, emessa nei confronti di NOME COGNOME in una controversia avviata dal ricorrente per affermare la responsabilità di quest’ultimo nell’esercizio della professione di notaio. NOME COGNOME resiste con controricorso.
La sentenza impugnata, confermando il pronunciamento di prime cure, ha respinto l’impugnazione del ricorrente tesa ad accertare la responsabilità del notaio NOME COGNOME per ottenere il ristoro del danno patrimoniale subito a causa delle assunte imperizie e negligenze del professionista nell’acquisto di un’unità immobiliare al medesimo assegnata da una società cooperativa, successivamente fallita. L’attore qui ricorrente assumeva che, in data 29 Marzo 2012, in relazione all’acquisto della suddetta unità immobiliare, il notaio COGNOME aveva rogato l’ atto di trasferimento dell’ alloggio in regime di edilizia residenziale pubblica, sito in Marcon, INDIRIZZO, sito all’interno di un complesso condominiale composto da due edifici – rispettivamente i civici numero 11 e 13.
La dedotta responsabilità del notaio si correla a due profili : 1) il primo in relazione al maggior prezzo pagato a fronte di un prezzo limite fissato dall’articolo 3 della Convenzione del 21 maggio 2009 (pari a E 1.639,35), successivamente aggiornato in € 1.622,20 per metro quadrato di superficie
complessiva, che, moltiplicato per la superficie riferibile all’appartamento acquistato di 86,10 mq restituiva un prezzo massimo di euro 139.671,41, anziché quello complessivamente versato, pari a euro 149.000. Sotto questo aspetto, l’attore imputa alla responsabilità del notaio l’eccessivo esborso, quantificato in euro 9.328,58; 2) il secondo, in relazione al mancato rilievo che la società cooperativa assegnante l’alloggio aveva in via unilaterale soppresso dalla comunione condominiale alcuni beni, successivamente trasformati con atto unilaterale e privo dell’autorizzazione assembleare dei soci della cooperativa in magazzini commerciali intestati alla stessa società cooperativa. L’attore qui ricorrente censurava l’operato del notaio, dal momento che il pubblico ufficiale aveva richiamato nel rogito sia il regolamento condominiale e le tabelle millesimali allegate al suo precedente rogito -pilota del 23 novembre 2011, sia le tabelle millesimali che, per essere state formate prima della variazione catastale, espressamente indicano quali parti comuni anche i beni contraddistinti come subalterni, numero 4,6 e 28.
L’attore qui ricorrente, pertanto, aveva chiesto la condanna del notaio al pagamento di una somma compresa tra l’80% e il 95% del prezzo d’acquisto, in ragione della incommerciabilità del bene acquistato a causa delle descritte difformità catastali, edilizie e urbanistiche.
Il giudice di prime cure respingeva la domanda attorea sull’assunto che la somma indicata dall’attore come prezzo limite, in ragione del tenore letterale dell’articolo 3 della Convenzione della cooperativa, era da considerarsi in realtà un prezzo medio da rispettare in riferimento all’assegnazione di tutti gli alloggi facenti parte del complesso condominiale, e non certamente alle singole unità immobiliari, con ciò
pienamente conformandosi la Convenzione de qua al disposto della legge regionale del Veneto numero 42/ 1999; quanto al secondo profilo di responsabilità il Tribunale riteneva che nel rogito il notaio aveva espressamente escluso dall’assegnazione il nuovo subalterno numero 55, mentre i restanti locali afferivano a un edificio diverso da quello all’interno del quale si trovava l’alloggio acquistato dal COGNOME, senza che quest’ultimo avesse dimostrato in concreto il vincolo di condominialità. Pertanto, riteneva che non sussistesse alcun nesso di causalità tra l’asserito errore del notaio, peraltro da escludersi in quanto non tenuto ad accertare la situazione di fatto relativa alle parti comuni descritte nel regolamento condominiale, e il danno patrimoniale lamentato sotto il profilo della lamentata incommerciabilità del bene.
Proposto appello la Corte d’appello respingeva l’impugnazione, confermando la sentenza del giudice di primo grado.
Motivi della decisione
7. Il ricorso è affidato a tre motivi.
Primo motivo: per violazione e/o falsa applicazione di norme di legge (art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.) in relazione all’art. 18 del dPR 380/2001, all’art. 31 co. 49 bis e ter L. 448/1998, all’art. 1 L. R. Veneto n. 42/1999 e al relativo allegato A, con riferimento alla parte in cui la sentenza impugnata assume che il prezzo di assegnazione di alloggi in E.R.P. sia liberamente determinabile, salvo il rispetto del prezzo medio di convenzione
Secondo motivo: per violazione e/o falsa applicazione di norme di legge (art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.) in relazione agli artt. 1117, 1118 e 1107 c.c. e L.R. Veneto n. 42/1999 art. 2 nella parte in cui la sentenza impugnata assume che le
parti comuni di condominio possano esser legittimamente non trasferibili in quanto il regolamento e le tabelle millesimali indicati nell’atto rogato non sono un titolo idoneo al trasferimento.
Terzo motivo: per violazione e/o falsa applicazione di norme di legge (art. 360 co. 1 n. 3 c.p.c.) in relazione all’art. 47 L.89/1913, ove la sentenza assume che il notaio sia dispensato dall’onere di verifica della veridicità delle dichiarazioni delle parti.
Quanto al primo motivo, esso si dimostra palesemente infondato.
La Corte di merito ha respinto le censure mosse all’operato del Notaio nel non avere rilevato la illegittimità del corrispettivo di vendita fissato nell’atto di assegnazione dell’alloggio rogato, sull’assunto non fosse ravvisabile alcuna violazione di legge incidente sull’atto di compravendita, intervenuto facendo riferimento all’art. 3 della Convenzione richiamata nell’atto. Ha, in particolare, ritenuto che l’art. 18 del DPR 380/2001 applicabile al caso di specie riproduca il contenuto dell’art. 8 della l. c.d. COGNOME, di cui l’appellante aveva erroneamente ritenuto l’intervenuta abrogazione da parte dell’art. 136 , co. 2 DPR 380/2001 (reputata dal ricorrente altrettanto illegittima perché intervenuta in forza di una normativa di secondo livello), degli artt. 7 e 8 della L. 10/1977, in attuazione dei quali l’art. 1 l. r del Veneto n. 42/1999 predispone gli schemi di convenzione -tipo. Ha ritenuto, pertanto, che la disposizione abrogatoria da parte del DPR di cui sopra trovasse fondamento e legittimazione nel provvedimento di delegificazione approvato con L. n. 50/1999, art. 7, cui è collegata detta efficacia. Pertanto, ha accertato come legittima la Convenzione del 21.5.2009 allegata all’atto, là dove essa riproduce testualmente la
legge regionale di riferimento, che ammette una variazione di prezzo per i singoli alloggi in relazione al piano, agli affacci, ai vani scoperti, etc., fermo restando che il prezzo medio non potesse superare l’importo stabilito come prezzo medio al mq. in relazione al livello complessivo dell’intervento edilizio. Ha conseguentemente ritenuto che la Convenzione de qua , nella parte in cui non ha considerato il prezzo limite per ciascun alloggio ma in considerazione del ricavato dal complesso immobiliare, sia conforme alla normativa di settore, intesa a garantire un complessivo calmieramento dei prezzi degli immobili destinati ad uso abitativo, di cui si avvantaggiano, nel complesso, tutti gli acquirenti assegnatari degli alloggi edificati dalla cooperativa con garanzia di non superamento di un prezzo medio, ferme le variabili di cui sopra applicate nel caso concreto in ragione della peculiarità dell’ immobile assegnato. Ha considerato inoltre che nessun rilievo ha sollevato il Comune alla alienazione, stipulata il 29 marzo 2012 sulla base della predetta Convenzione e al medesimo ente comunicata.
Ha ritenuto infine che il Notaio rogante non fosse comunque nella condizione di verificare il rispetto di detto criterio, agganciato alla cd media ponderata, che per definizione si basa sulla somma dei prezzi praticati in diversi atti, che potrebbero essere rogati da altri professionisti, restando tali fatti fuori dalla sfera di cognizione del Notaio, che si è affidato alle dichiarazioni delle parti che hanno reciprocamente reputato conforme all’art. 3 della Convenzione il prezzo dell’ immobile assegnato. Ha condiviso, infine, la sentenza di prime cure là dove ha evidenziato che il COGNOME, all’atto di prenotazione dell’immobile, era nella condizione di conoscere la Convenzione stipulata con il Comune in quanto socio della cooperativa e che, nell’atto di
assegnazione, aveva dichiarato di essere a conoscenza delle condizioni e modalità attuative dell’intervento edilizio, e dunque dello scostamento di prezzo a lui praticato
Osserva la Corte che, quanto all’interpretazione data alla disciplina dell’edilizia convenzionata, la cui finalità è di vietare pattuizioni a carattere speculativo, la censura offre una interpretazione della normativa regionale – Lr. Veneto n. 42/1999 nell’ambito di programmi di edilizia residenziale pubblica agevolata e convenzionata -in netto contrasto con il testo dell’articolato riferito alla ‘determinazione del costo teorico base di costruzione e approvazione delle tabelle parametriche’ nonché della ‘convenzione tipo’ per l’edilizia convenzionata di cui all’ allegato A in essa contenuta, richiamata nella Convenzione de qua . Detta normativa regionale distingue il prezzo medio di prima cessione degli alloggi da costruire, che non potrà, per metro quadrato di superficie complessiva, superare un determinato importo fissato secondo le modalità stabilite dalla legge regionale 1, 2 e 3 dell’allegato C ), dal prezzo effettivo che potrà variare in più o in meno in funzione del piano, degli affacci, dell’esposizione e delle proprietà di eventuali aree scoperte, fermo restando che a livello complessivo dell’intervento il prezzo medio non potrà superare l’importo di cui al primo comma della norma ( cfr. allegato A dell’ articolo 1, comma 1, lett. a) l.r in esame richiamato dalla Convenzione, art. 3 ).
I pronunciamenti richiamati a sostegno della opposta tesi si riferiscono alla diversa fattispecie, regolata nell’art. 31, co. 49 bis e ter L. 448/1998, relativa ai successivi passaggi di proprietà di detti alloggi una volta che siano stati assegnati nel quadro normativo di riferimento in base alla Convenzione stipulata con il Comune, rispetto ai quali la Suprema Corte di cassazione ha ritenuto che anch’essi si devono attenere alla
normativa di determinazione dei prezzi di cessione degli alloggi in materia di edilizia convenzionata, a pena di nullità della clausola stessa: senza riflessi invalidanti, peraltro, sull’intero contratto in ipotesi di sostituzione di diritto, in ciò replicando la normativa riferita all’atto primigenio di assegnazione dell’alloggio, al fine di evitare speculazioni da parte dei primi assegnatari degli alloggi (Cass.Sez. U, Sentenza n. 18135 del 16/09/2015; Cassazione, sez. 2, 10 febbraio 2010 n. 3018; Cass., sez.2, 21 dicembre 1994 n. 11032; Cass. n. 5369 del 12.04.2002).
Deve nondimeno escludersi che la normativa regionale in questione, là dove fissa il costo medio a livello complessivo dell’intervento, con possibilità di modularlo diversamente per ogni singola unità, allorché il tetto massimo come sopra stabilito in riferimento al prezzo medio non sia superato, si ponga in contrasto con i «criteri generali» dettati dal legislatore nazionale, in tal modo invadendo una materia riservata alla legislazione esclusiva dello Stato, trattandosi di regola di dettaglio che non trova indicazioni incompatibili nella legislazione nazionale, e ciò in virtù delle competenze concorrenti ripartite tra Stato e Regioni di cui all’art. 117 Cost. in tale settore (cfr . Cass. 13160/2024; Corte costituzionale, con sentenza n. 94 del 21 marzo 2007).
Né parimenti può sostenersi che la funzione di ‘guardiano’ della legalità dei negozi giuridici affidata al Notaio può spingersi fino a ritenerlo tenuto a sindacare un atto normativo regionale nell’ esercizio delle proprie funzioni, atteso che il divieto per il notaio di ricevere atti “espressamente proibiti dalla legge”, di cui all’art. 28 l. 89/1913, comprende solo quelli la cui nullità, verificata per ciascuno di essi, sia inequivoca, non potendo spingersi fino a divinare i possibili risvolti delle situazioni di fatto esistenti al
medesimo non note, né conoscibili ex ante (Cass. Sez. U -, Sentenza n. 8230 del 22/03/2019; Cass., Sez. 3, Sentenza n. 25408 del 12/11/2013) .
Posto quanto sopra, debbono essere vagliate le due ulteriori censure attinenti al mancato controllo, da parte del Notaio, della situazione di fatto esistente riguardo alla consistenza delle parti comuni indicate nell’atto di assegnazione con riferimento al regolamento condominiale anteriormente formatosi e alle tabelle millesimali, di cui alcune particelle risultano essere state dalla cooperativa concessionaria trasformate, e accatastate, in parti private, con mutamento di destinazione d’uso, senza il consenso degli altri soci -assegnatari o autorizzazioni edilizie.
La Corte d’appello ha ritenuto che le unità condominiali riferite ai subalterni 54,56,57 e 58 , riferite al civico 11, non rilevino nel caso in questione, in quanto non riferite alla proprietà del Riefolo che insiste nel civico INDIRIZZO , qualificando l’intervento edilizio abusivo ( perché privo della necessaria autorizzazione edilizia) non insistente in un unico condominio complesso, ma, richiamando l’art. 1117 bis c.c., in un supercondominio per cui non è stata dimostrata la finalità di servire entrambi gli edifici, trattandosi di un portico e di un locale caldaia servente il solo civico 11, trasformato in magazzino con una semplice SCIA nonostante l’ampliamento di volumetria. Per le altre particelle (sub 55,41 e 32), insistenti sul civico INDIRIZZO, la Corte d’appello ha rilevato che il COGNOME ha dichiarato, in sede di rogito, di essere a conoscenza di detta diversa assegnazione ad uso privato per quanto riguarda il sub 55, mentre rispetto alle altre parti nessuna irregolarità urbanistica veniva addotta, non potendosi estendere il ministero del Notaio sino a pretendere la verifica dello status di un bene che viene in sede di
assegnazione concordemente escluso. In secondo luogo, con una autonoma ratio decidendi , la sentenza impugnata ha rilevato che il Riefolo ha omesso di illustrare i motivi per cui l’immobile pervenutogli sarebbe divenuto incommerciabile, non essendo in contestazione la conformità urbanistica , edilizia , catastale ed ipotecaria di quanto è stato trasferito in base al rogito nel patrimonio del Riefolo.
Osserva in proposito la Corte che prima di verificare la consistenza delle censure riguardo ai suesposti inadempimenti attribuiti al Notaio nel trasferimento dei beni di cui alla comunione condominiale, va preliminarmente rilevata la inammissibilità della censura là dove omette di offrire idonee argomentazioni in merito alla ritenuta assenza di un nesso causale tra l’inadempimento del notaio al proprio mandato professionale e il danno lamentato per effetto della divergenza tra parti comuni descritte nel regolamento contrattuale e quelle effettivamente acquisite: più precisamente, va rilevato che entrambe le due censure omettono di confrontarsi con la statuizione circa la non idoneità degli inadempimenti contestati al Notaio a rendere inalienabile il bene acquisito in ragione del mancato rilievo, da parte del Notaio, del disallineamento delle intestazioni catastali con alcune particelle originariamente condominiali.
La sentenza, pertanto, risulta sorretta da due diverse ” rationes decidendi “, distinte ed autonome, l’una riguardante l’esclusione di un inadempimento attribuibile al Notaio rogante, l’altra la mancata dimostrazione del lamentato danno (inalienabilità del bene), ciascuna giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata. Sicché la mancata o insufficiente censura di una di esse rende irrilevante l’esame dei motivi riferiti all’altra, i quali non risulterebbero in nessun caso idonei a determinare
l’annullamento della sentenza impugnata, risultando comunque consolidata l’autonoma motivazione oggetto di censura dichiarata inammissibile o non specificamente impugnata ( Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2273 del 04/02/2005 Sez. 6 -5, Ordinanza n. 9752 del 18/04/2017; Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 15399 del 13/06/2018; Cass. Sez. 3 -, Ordinanza n. 5102 del 26/02/2024).
Conclusivamente, la Corte rigetta il ricorso quanto al primo motivo, dichiarati inammissibili gli altri; condanna il ricorrente alla rifusione delle spese processuali in favore del controricorrente in ragione della sua soccombenza ex art. 91 c.p.c.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 02/12/2024.