Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 12502 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 12502 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 11/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso 18241-2020 proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO NOME COGNOME INDIRIZZO presso lo RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME NOME COGNOME, COGNOME;
Oggetto
R.G.N. 18241/2020
COGNOME
Rep.
Ud. 18/03/2025
CC
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 63/2020 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 08/04/2020 R.G.N. 253/2018; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
Con la sentenza in epigrafe indicata la Corte d’appello di Milano ha respinto l’impugnazione di NOME COGNOME avverso la sentenza di primo grado che lo aveva condannato al risarcimento del danno, quantificato in € 8.333.974,00 , in favore della Cassa Rurale Artigiana di Binasco -Credito Cooperativo RAGIONE_SOCIALE, sua ex datrice di lavoro.
Il giudice di appello ha confermato la responsabilità risarcitoria del COGNOME, ex dipendente della Cassa Rurale Artigiana di Binasco -Credito Cooperativo s.c., con mansioni di responsabile dell’ufficio incass i e pagamenti, per somme indebitamente sottratte all’istituto nel periodo dal 2002 al 2013. La Corte di merito ha disatteso in maniera puntuale i rilievi formulati dal COGNOME alla consulenza tecnica di ufficio disposta in primo grado dando atto che la stessa aveva ricostruito in maniera analitica le registrazioni contabili riconducibili al codice utente ed alla password in uso al COGNOME; ha inoltre valorizzato le concordanti dichiarazioni dei colleghi dell’odierno ricorrente rese sia nel corso dell’indagini preliminari sia in sede dibattimentale nell’ambito del procedimento penale che si era concluso con sentenza penale di condanna del COGNOME per il reato ,
tra gli altri, di appropriazione indebita ex art. 646 c.p.. Sulla scorta di tali emergenze ha ritenuto confermato che il COGNOME, al quale in veste di responsabile dell’ufficio incassi e pagamenti veniva consegnato dagli addetti alla cassa centrale denaro contante per il pagamento dei bollettini postali per conto dei clienti, aveva solo in parte provveduto a tale adempimento occultando gli ammanchi attraverso una serie di operazioni di quadratura dei conti in sospeso registrate nel sistema dell’istituto .
Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso NOME COGNOME sulla base di due motivi; la parte intimata ha resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Considerato che
Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e falsa applicazione di norma di diritto ex art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c.; si assume nullità della consulenza tecnica d’ufficio e mancata analisi informatica del computer in uso al COGNOME. Parte ricorrente critica sotto plurimi profili la valutazione di attendibilità degli esiti della consulenza tecnica disposta sul sistema informatico della Banca e reitera la doglianza concernente la mancata verifica del computer in uso ad esso COGNOME onde accertare eventuali operazioni di hackeraggio da parte di terzi.
Con il secondo motivo si deduce violazione e o falsa applicazione di norme di diritto ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma
1 n. 5 c.p.c. Parte ricorrente censura la valenza probatoria attribuita alle dichiarazioni rese dai colleghi in sede di sommarie informazioni, raccolte nell’ambito delle indagini preliminari, e nel corso del dibattimento penale. Denunzia in particolare l’inattendibilità dei testi e rimarca la mancanza di supporti probatori relativi alla dazione di danaro contante al Viola quale presupposto per la imputazione degli ammanchi
3. I motivi sono entrambi inammissibili.
3.1. Essi presentano in primo luogo un profilo di genericità in relazione alla denunzia del vizio riconducibile all’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c. in quanto non viene indicata la norma della quale si deduce violazione e falsa applicazione; neppure è ricostruibile sulla scorta delle concrete censure articolate il principio di diritto eventualmente violato, come necessario onde superare il rilievo di genericità (tra le molte, Cass. n. 4567/1999). Invero, le ragioni di doglianza formulate con il primo ed il secondo motivo di ricorso non fanno che riproporre le medesime deduzioni in punto di completezza e attendibilità della consulenza tecnica di ufficio effettuata sul sistema informatico della Banca e di attendibilità di elementi tratti dal procedimento penale a carico del Viola, deduzioni che sono già state puntualmente scrutinate e disattese dai giudici di merito ed in particolare dal giudice di appello. Rispetto alle diverse conclusioni attinte dalla sentenza impugnata le deduzioni difensive dell’odierno ric orrente esprimono un mero dissenso valutativo in ordine alla ricognizione della concreta fattispecie in termini di responsabilità a carico
del Viola, quale concordemente operata da entrambi i giudici di merito. In particolare, la Corte di merito sulla basa di persuasiva e motivata valutazione del compendio probatorio in atti ha affermato la responsabilità degli ammanchi in capo al Viola, pur in difetto di prova diretta della dazione del denaro contante dalla cassa centrale, facendo riferimento al complesso di attività, pacificamente riferibili al Viola, in quanto realizzate, come accertato dal consulente tecnico di ufficio, tramite accesso informatico con codice e password del dipendente, e ciò al fine di realizzare operazioni di quadratura contabile destinate in estrema sintesi ad occultare il fatto che gran parte delle somme riscosse non era stata finalizzata, come viceversa previsto, al versamento postale per conto di clienti, ma trattenuta dall’ odierno ricorrente, l’unico che in considerazione del ruolo rivestito poteva porre in essere le operazioni in questione .
3.2. Quanto poi alla formale denunzia di vizio di motivazione, la stessa, oltre a non essere articolata in conformità delle indicazioni di questa Corte (v. per tutti Cass. Sez. Un. 8053/2014) risulta comunque preclusa ai sensi dell’art. 348 ter ultimo comma cod. proc. civ. nel testo all’epoca vigente, avendo questa Corte chiarito che per evitare l’inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell’art. 360 cod. proc. civ., parte ricorrente deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro
diverse (Cass. n. 2019 n. 26774, Cass. n. 19001/2016, Cass. n. 5528/2014), onere in concreto non adempiuto
All’inammissibilità del ricorso consegue il regolamento secondo soccombenza delle spese di lite e la condanna del ricorrente al raddoppio del contributo unificato ai sensi dell’art. 13, comma quater d.p.r. n. 115/2002, nella sussistenza dei relativi presupposti processuali;
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 15.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.
Roma, così deciso nella camera di consiglio del 18 marzo 2025
La Presidente Dott.ssa NOME COGNOME