Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16558 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16558 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4436/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME;
-ricorrente-
contro
COMUNE di FIRENZE, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO. A INT. INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME , rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA del TRIBUNALE di FIRENZE n. 1655/2020 depositata il 08/07/2020;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/03/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME conveniva in giudizio il Comune di Firenze per sentirne accertare e dichiarare la responsabilità, con conseguente condanna al risarcimento, dei danni subiti.
A fondamento della propria pretesa, parte attrice deduceva che, mentre passava a bordo della sua Alfa Romeo in INDIRIZZO una pietra del lastricato stradale si sollevava in verticale al suo passaggio e colpiva violentemente il cerchione della ruota posteriore determinandone la rottura.
Il Giudice di Pace di Firenze, con sentenza n. 365/2019, accoglieva la domanda.
Il Tribunale di Firenze, quale giudice dell’appello, con sentenza indicata come recante n. 1655/2020 e depositata l’8 luglio 2020, accoglieva l’appello del Comune e riformava la sentenza impugnata.
Avverso tale sentenza propone ricorso per Cassazione, sulla base di cinque motivi, NOME COGNOME.
3.1. Resiste con controricorso il Comune di Firenze.
Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va premesso che la causa può essere decisa sulla base del criterio della ragione più liquida della complessiva reiezione dei singoli motivi di ricorso, vale a dire prescindendosi dalla questione, pure astrattamente rilevabile d’ufficio, relativa alla regolarità formale della copia (notificata) della sentenza gravata, se priva di indicazioni autentiche sul numero di identificazione e sulla data di pubblicazione: se su tale questione questa Corte si è di recente più volte pronunciata (per tutte: Cass. n. 5771 del 24/02/2023; Cass. n. 26597 del 14/09/2023) concludendo nel senso dell’improcedibilità, pure va riconosciuto che tale orientamento non ha acquisito adeguata e definitiva stabilità, tanto che sulla
questione è stata disposta la trattazione in pubblica udienza (Cass. nn. 3036 e 3277 del 2024).
4.1. Con il primo motivo, parte ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 115, comma 1, c.p.c., 2909 c.c., 324 c.p.c. e 112 c.p.c. per avere la sentenza posto a proprio fondamento l’affermazione e la circostanza per cui il sinistro non si sarebbe verificato affatto o, comunque, che non si sarebbe verificato con le modalità e le conseguenze dannose indicate dall’appellato nonostante che da parte del Comune di Firenze ciò non sia mai stato oggetto di specifica contestazione.
Denuncia l’errore della sentenza per aver violato il giudicato formatosi su tale circostanza, non essendo stata proposta dal Comune alcuna impugnazione sul punto e per aver proceduto d’ufficio anziché su domanda di parte.
Si duole che il giudice dell’appello senza che sul punto vi fosse stata impugnazione da parte dell’amministrazione appellante sindacando d’ufficio sulla questione ha ritenuto non provato il fatto dedotto dal COGNOME nel suo materiale accadimento.
4.2. Con il secondo motivo, il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 112, c.p.c. per avere la sentenza pronunciato d’ufficio su eccezioni che potevano essere sollevate soltanto dalle parti.
Il Tribunale sostituendosi all’attività difensiva che avrebbe dovuto essere svolta in primo grado dall’amministrazione convenuta ha sollevato questioni che non gli competevano.
4.3. Con il terzo motivo, parte ricorrente censura ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., per motivazione manifestamente illogica, perplessa ed obiettivamente incomprensibile nonché violazione falsa applicazione dell’articolo
135, comma 3 bis, del D.Lgs n. 209/2005 (codice delle Assicurazioni), come modificato dall’art. 15 della L. 124/2017.
Sostiene il ricorrente che il fatto, nelle sue modalità, deve ritenersi pacifico con la conseguenza che verrebbe meno anche l’importanza della deposizione resa dal teste COGNOME.
Inoltre, tale testimonianza non solo non è stata presa in considerazione ma non è stata neanche criticata.
4.4. Con il quarto motivo, parte ricorrente lamenta l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti e che risulta dagli atti processuali in relazione all’art. 360, 1 co., n. 5 c.p.c., fatto costituito dall’intervento e dal relativo rapporto degli addetti comunali.
Lamenta il ricorrente che il documento prodotto dal Comune di Firenze dimostrerebbe che il giorno del sinistro, su quella strada, non vi era segnaletica di pericolo. Quindi il giudice dell’appello ha omesso di prendere in esame il documento e con esso il fatto storico della mancata segnalazione del pericolo presente.
4.5. Con il quinto motivo, il ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c. del D.lgs. n. 285/1992 (Codice della strada) per avere la sentenza ritenuto che il Comune avesse assolto l’onere della prova in ordine al verificarsi del caso fortuito.
Ritiene invece il COGNOME che non poteva parlarsi di fortuito avendo avuto il Comune tutto il tempo per riparare la strada. Era stato infatti proprio il Comune di Firenze a dichiarare nella sua memoria autorizzata che il segnale di pericolo era presente sul luogo fin dal gennaio 2013.
I cinque motivi di ricorso, da esaminarsi congiuntamente in quanto connessi tra di loro, sono inammissibili.
Occorre premettere che questa Corte a Sezioni unite, da ultimo con sentenza n. 20943/2022, dirimendo la diversità di indirizzi sulla
conformazione della responsabilità del custode, ne ha affermato la natura oggettiva, stabilendo che, per la sua configurazione, è sufficiente che il danneggiato dia prova del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno dallo stesso patito, mentre sul custode grava l’onere della prova liberatoria del fortuito, ossia ‘un fatto naturale o del danneggiato o di un terzo, connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, dal punto di vista oggettivo e della regolarità o adeguatezza causale, senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode’ (Cass. civ., SS. UU., Ord., 30/06/2022, n. 20943).
Quel che rileva, secondo tale giurisprudenza, è l’irrilevanza, sul piano dell’accertamento causale, della natura ‘insidiosa’ della cosa in custodia o della percepibilità ed evitabilità dell’insidia da parte del danneggiato (Cass. civ., Sez. III, Ord., 17/02/2023, n. 5116).
In definitiva, la responsabilità del custode può essere esclusa o dalla prova del caso fortuito (che appartiene alla categoria dei fatti giuridici), senza intermediazione di alcun elemento soggettivo, oppure dalla dimostrazione della rilevanza causale, esclusiva o concorrente, alla produzione del danno delle condotte del danneggiato o di un terzo (rientranti nella categoria dei fatti umani), caratterizzate, rispettivamente, la prima dalla colpa ex art. 1227 c.c. (bastando la colpa del leso: Cass., ord. 20/07/2023, n. 21675, Rv. 668745-01; Cass. 24/01/2024, n. 2376) o, indefettibilmente, la seconda dalle oggettive imprevedibilità e non prevenibilità rispetto all’evento pregiudizievole.
Nel caso di specie il ricorrente non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata (cfr. pag. 4 sentenza impugnata). Infatti, il giudice del gravame ha accertato – in fatto che sia mancata la dimostrazione da parte dell’attore del fatto così come da lui denunciato e conseguentemente del nesso di causa tra la cosa in custodia e il danno: e tale conclusione esclude in radice la stessa
applicabilità della disciplina invocata. Tale ratio non è stata correttamente impugnata.
Ed inoltre, quanto ad essa, il ricorrente richiede, comunque, una rivalutazione dei dati fattuali il cui giudizio rimane nella piena discrezionalità del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità.
Infatti, le censure sollevate mirano esclusivamente ad accreditare una ricostruzione della vicenda e, soprattutto, un apprezzamento delle prove raccolte del tutto divergente da quello compiuto dai giudici di merito. È noto che, nel giudizio di legittimità, non sono proponibili censure dirette a provocare una nuova valutazione delle risultanze processuali, diversa da quella espressa dal giudice di merito, il quale è libero di attingere il proprio convincimento da quelle prove o risultanze che ritenga più attendibili ed idonee nella formazione dello stesso, essendo sufficiente, al fine della congruità della motivazione del relativo apprezzamento, che da questa risulti che il convincimento nell’accertamento dei fatti su cui giudicare si sia realizzato attraverso una valutazione dei vari elementi probatori acquisiti. Non essendo questa Corte giudice sul fatto, il ricorrente non può pertanto limitarsi a prospettare una lettura delle prove ed una ricostruzione dei fatti diversa da quella compiuta dal giudice di merito, svalutando taluni elementi o valorizzando altri ovvero dando ad essi un diverso significato, senza dedurre specifiche violazioni di legge ovvero incongruenze di motivazione tali da rivelare una difformità evidente della valutazione compiuta dal giudice rispetto al corrispondente modello normativo.
Del resto, neppure l’effettivo posizionamento della segnaletica assume, in tale complessivo contesto, alcuna rilevanza decisiva.
6. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza.
P. Q. M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che liquida in complessivi Euro 800,00 oltre 200,00 per esborsi, accessori di legge e spese generali.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza