Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 15244 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 15244 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1908/2022 R.G.
proposto da
NOME COGNOME e NOME COGNOME, rappresentati e difesi dall ‘ avv. NOME COGNOMEc.f. CODICE_FISCALE e dall ‘ avv. NOME COGNOMEc.f. CODICE_FISCALE, con domicilio digitale ex lege
– ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall ‘ avv. NOME COGNOME (c.f. CODICE_FISCALE, con domicilio digitale ex lege
– controricorrente –
e contro
RAGIONE_SOCIALE
– intimata – avverso la sentenza della Corte d ‘ appello di Bologna n. 2537 del 6/10/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/4/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE:
–NOME COGNOME e NOME COGNOME convennero l ‘ RAGIONE_SOCIALE davanti al Tribunale di Ravenna per sentirla condannare, ai sensi dell ‘ art. 2051 c.c., al risarcimento dei danni derivati dalla morte del loro padre, NOME COGNOME, il quale, percorrendo la SS16 con direzione Cesenatico-Ravenna alla guida della propria autovettura, in un tratto a doppio senso con unica corsia, aveva colliso frontalmente con un autocarro che lentamente procedeva nell ‘ opposto senso di marcia a cavallo della linea di mezzeria di cui stava effettuando il rifacimento, perdendo la vita nell ‘ incidente;
-si costituì ANAS, chiedendo preliminarmente la chiamata in causa della RAGIONE_SOCIALE, alla quale era stata appaltata la manutenzione del tratto stradale nel quale era avvenuto il sinistro; nel merito, ANAS chiese il rigetto della domanda attorea per responsabilità ascrivibile al solo NOME COGNOME;
-si costituì, altresì, la società RAGIONE_SOCIALE, aderendo alle difese di ANAS;
-il Giudice adito, con la sentenza n. 518/2016, rigettò la domanda degli attori, ritenendo integrato il caso fortuito a causa del comportamento incauto della stessa vittima dell ‘ incidente mortale;
-i germani COGNOME interposero appello con un unico articolato motivo di gravame, sostenendo che erroneamente il Tribunale aveva trascurato di considerare i molteplici profili di colpa ascrivibili ad ANAS e relativi alle carenze di segnalazione dei lavori in corso, nonché per avere, del pari erroneamente, ritenuto connotata da colpa assorbente la condotta della vittima;
-costituitasi nel giudizio di secondo grado, RAGIONE_SOCIALE chiese la conferma della sentenza di primo grado, mentre la RAGIONE_SOCIALE rimase contumace;
-con la sentenza n. 2537 del 6/10/2021, la Corte d ‘ appello di Bologna rigettò il gravame, ritenendo che il Tribunale avesse fatto corretta applicazione dei principi in tema di responsabilità da cose in custodia ai sensi dell ‘ art. 2051 c.c.;
-in particolare, la Corte sostenne che la accertata situazione di pericolo sarebbe stata superabile mediante l ‘ adozione di un comportamento ordinariamente cauto da parte dello stesso danneggiato, così escludendo che il danno fosse stato cagionato dalla cosa, ridotta al rango di mera occasione dell ‘ evento, e ritenendo integrato, viceversa, il caso fortuito;
-avverso la sentenza NOME COGNOME e NOME COGNOME proponevano ricorso per cassazione sulla base di tre articolati motivi;
–RAGIONE_SOCIALE resisteva con controricorso;
-non svolgeva difese nel giudizio di legittimità la RAGIONE_SOCIALE (in fallimento);
-le parti depositavano memorie ex art. 380bis .1 c.p.c.;
-all ‘ esito della camera di consiglio del 16/4/2025, il Collegio si riservava il deposito dell ‘ ordinanza nei successivi sessanta giorni, a norma dell ‘ art. 380bis .1, comma 2, c.p.c.;
CONSIDERATO CHE:
-col primo motivo di ricorso si prospetta, ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., la violazione degli artt. 78 e 79 del Regolamento C.d.S. (D.P.R. n. 495 del 1992), dei punti 2.1, 9.2 e 10.2 dell ‘ allegato al D.M. Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, degli artt. 31 e 34, comma 1, dello stesso Regolamento, nonché degli artt. 2051 e 2043 c.c. e degli artt. 40 e 41 c.p.;
-ad avviso dei ricorrenti, la Corte di merito avrebbe errato (1) nel dichiarare l ‘ interruzione del nesso causale tra la dedotta colpevole condotta omissiva dell ‘ ANAS e l ‘ evento, che la sentenza imputa in via esclusiva alla vittima, (2) nel ritenere che il cantiere mobile in questione, scenario dell ‘ evento mortale, fosse stato segnalato dall ‘ ANAS conformemente alle prescrizioni normative vigenti in materia, (3) nell ‘ omettere di considerare che la mancata segnalazione del cantiere, secondo le prescrizioni di legge, aveva creato sulla strada in custodia «una insidia (costituita dal grosso automezzo posizionato al centro della strada) di cui la vittima, in assenza della dovuta informazione, non poteva prevedere la presenza»;
-in sostanza, i ricorrenti sostengono che la responsabilità del custode deriva dal fatto che il cantiere mobile in questione, scenario dell ‘ evento mortale, non era stato segnalato dall ‘ ANAS conformemente alle prescrizioni normative vigenti;
-il motivo è inammissibile;
-nella vicenda in esame la responsabilità di RAGIONE_SOCIALE è stata affermata (ed in iure rileva) come responsabilità per danni da cose in custodia (la strada teatro del sinistro) a norma dell ‘ art. 2051 c.c.; la fattispecie di responsabilità speciale contemplata da tale disposizione -secondo giurisprudenza ormai consolidata di questa Corte -ha natura oggettiva: essa si basa non già su una presunzione di colpa del custode, bensì su un criterio di imputazione che addossa a chi ha la custodia della cosa la responsabilità per determinati eventi, a prescindere da qualunque connotato di colpa nel contegno del soggetto custode;
-da ciò deriva che il danneggiato, nell ‘ ambito della relativa azione di risarcimento, è tenuto a dimostrare unicamente la sussistenza del nesso di causalità tra il danno e la res in custodia e della signoria di fatto esercitata sulla cosa medesima dal soggetto additato come responsabile, restando del tutto irrilevante, invece, la colpa o l ‘ assenza di colpa di quest ‘ ultimo;
-in altri termini -e più icasticamente -può dirsi che la responsabilità ex art. 2051 c.c., per la sua natura oggettiva, prescinde dalla colpa del custode: prospettato e provato dal danneggiato il nesso causale tra cosa custodita ed evento dannoso, è superflua ogni indagine circa un contegno contrario a diligenza, prudenza o perizia del custode, dacché la deduzione di omissioni, violazioni di obblighi di legge di regole tecniche o di criteri di comune prudenza da parte dello stesso assume valenza soltanto ai fini della configurabilità della diversa (e generale) ipotesi della responsabilità prevista dall ‘ art. 2043 c.c. (così, sulla scia di Cass., Sez. U, 30/06/2022, n. 20943, Cass., 27/04/2023, n. 11152, Cass. 07/09/2023, n. 26142, Cass. 24/01/2024, n. 2376, e Cass. 22764/2024);
-le suesposte considerazioni dimostrano l ‘ inconferenza delle doglianze di parte ricorrente, siccome, al fondo, rivolte ad accentuare i profili soggettivi di colpa della società convenuta, cioè a dire a colorare in termini di negligenza il contegno dalla stessa serbato: tali circostanze, tuttavia, per quanto detto non sono pertinenti allo scopo dell ‘ affermazione di responsabilità ai sensi dell ‘ art. 2051 c.c.;
-con il secondo motivo i ricorrenti denunciano ai sensi dell ‘ art. 360, comma 1, n.3, c.p.c. la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c., nella parte in cui la Corte ha giudicato talmente grave la condotta della vittima -per malore o per colpa -da ritenerla quale unica causa del sinistro, tale che l ‘ evento non sarebbe stato evitato neppure nel caso in cui ANAS avesse collocato in posizione corretta tutti i segnali regolamentari prescritti; in altre parole, i ricorrenti sostengono che la Corte territoriale ha erroneamente affermato l ‘ interruzione del nesso eziologico per effetto della condotta della vittima, considerata talmente grave da poter essere ritenuta unica causa del sinistro;
-il motivo è inammissibile;
-secondo il fermo convincimento di questa Corte, in ipotesi di responsabilità da cose in custodia, sul nesso causale tra res custodita ed evento
dannoso può incidere il fatto del danneggiato, in forza della regola di determinazione del danno risarcibile contenuta nell ‘ art. 1227, comma 1, c.c., la quale impone di escludere il risarcimento in relazione alla porzione di evento dannoso causalmente ascrivibile alla condotta del danneggiato;
-requisito legale della rilevanza causale del fatto del danneggiato è la colpa, intesa come oggettiva inosservanza del comportamento di normale cautela correlato alla situazione di rischio percepibile con l ‘ ordinaria diligenza;
-in forza del richiamato art. 1227, comma 1, c.c., la condotta del danneggiato si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull ‘ evento dannoso e deve essere valutata pure tenendo conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà sancito dall ‘ art. 2 Cost.;
-ciò significa che quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l ‘ adozione, da parte dello stesso danneggiato, delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l ‘ efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento superi il nesso eziologico astrattamente individuabile tra fatto ed evento dannoso (così Cass. 20/07/2023, n. 21675);
-pertanto, la responsabilità ex art. 2051 c.c. ha sì natura oggettiva -in quanto si fonda unicamente sulla dimostrazione del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, non già su una presunzione di colpa del custode -ma può essere esclusa o dalla prova del caso fortuito (che appartiene alla categoria dei fatti giuridici), senza intermediazione di alcun elemento soggettivo, oppure dalla dimostrazione della rilevanza causale, esclusiva o concorrente, alla produzione del danno delle condotte del danneggiato o di un terzo (rientranti nella categoria dei fatti umani), caratterizzate, rispettivamente, la prima dalla colpa ex art. 1227 c.c. (bastando la colpa del leso:
Cass., ord. 20/07/2023, n. 21675, Rv. 668745-01; Cass. 24/01/2024, n. 2376; Cass., ord. 27/07/2024, n. 21065) o, indefettibilmente, la seconda dalle oggettive imprevedibilità e non prevenibilità rispetto all ‘ evento pregiudizievole;
-secondo gli insegnamenti di questa Corte, l ‘ apprezzamento della condotta del danneggiato, ai fini del concorso di colpa, si concretizza in un giudizio di fatto, in quanto tale sottratto al controllo di legittimità, ove scevro da quei soli vizi logici o giuridici ancora rilevanti ai fini dell ‘ art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.;
-rientra, dunque, nell ‘ insindacabile giudizio del giudice del merito la valutazione del grado di inosservanza del modello di comportamento diligente (ovvero la gravità della colpa) e dell ‘ entità delle conseguenze ascrivibili al contegno del danneggiato, quest ‘ ultimo potendo quindi configurarsi come apporto causale concorrente (cosicché vi sarà una percentuale di danno comunque ascrivibile al fatto della cosa, e perciò imputabile al custode di essa) oppure come causa assorbente del danno, in guisa da escluderne del tutto la derivazione dalla cosa;
-nel caso de quo , il giudizio di assorbente causazione del fatto da parte del danneggiato operato dalla Corte d ‘ appello appare improntato al parametro oggettivo delle conseguenze ed alla rilevanza univoca, nel sinistro, della trasgressione alle regole di condotta del conducente; con il conferire dirimente valenza ai rilievi del consulente tecnico di ufficio e alle dichiarazioni acquisite nel corso del processo, «rese ai verbalizzanti nell ‘ imminenza dei fatti da COGNOME (…) il quale, sulla sua vettura, seguiva immediatamente la Fiesta della vittima», il giudice d ‘ appello ha individuato, quale titolo di responsabilità del conducente del veicolo, l ‘ anomalo procedere del COGNOME dovuto ad un ‘ imprevedibile e anomala perdita di controllo del mezzo, causata da malore o sopore, che priva di ogni rilevanza causale la lamentata insufficienza della segnaletica stradale;
-si tratta di un percorso argomentativo coerente e logico, immune da anomalie motivazionali invalidanti, che esprime una valutazione sull ‘ andamento fattuale dell ‘ occorso, non sindacabile da questa Corte;
-con il terzo motivo viene denunciata, ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., la nullità della sentenza in relazione agli artt. 24 e 111 Cost., 132, comma 2, n. 4, e 156 c.p.c. per motivazione inesistente o illogica, «non potendosi rinvenire -secondo la tesi dei ricorrenti -una vera e logica motivazione in ordine alla valutazione della condotta del conducente quale fattore causalmente assorbente le pacifiche omissioni di Anas»;
-la censura è manifestamente infondata;
-come già esposto, la sentenza impugnata reca in maniera chiara ed univoca l ‘ espressione di un convincimento manifestato tramite la valorizzazione delle circostanze fattuali (le condizioni di buona visibilità della strada e di traffico normale, la condotta di guida con velocità superiore a quella consentita, l ‘ ampiezza della carreggiata, l ‘ alterazione delle condizione psicofisiche del conducente provate dalla presenza di concentrazioni ematiche terapeutiche di un farmaco ipnoinducente, ecc.) che costituiscono il presupposto degli apprezzamenti di carattere inferenziale («Sussistono dunque elementi obiettivi per concludere che il sinistro sia avvenuto per l ‘ anomalo procedere del COGNOME dovuto ad una imprevedibile e anomala perdita di controllo del mezzo causata da malore o sopore, che priva di ogni rilevanza causale la lamentata insufficienza della segnaletica stradale. Ma se anche così non fosse (… e) il COGNOME fosse stato in condizioni fisiche ottimali, e, nel pieno controllo dell ‘ auto, si fosse consapevolmente spostato sulla sinistra per effettuare il sorpasso dell ‘ autobus che lo precedeva, la sua condotta risulterebbe connotata da una colpa talmente grave da dimostrarsi imprevedibile, e ugualmente tale da interrompere il nesso causale»);
-in conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile;
-consegue alla decisione la condanna dei ricorrenti, in solido tra loro, alla rifusione, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di
legittimità, le quali sono liquidate, secondo i parametri normativi, nella misura indicata nel dispositivo;
-va dato atto, poi, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti ed al competente ufficio di merito, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , d.P.R. n. 115 del 2002, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13;
p. q. m.
la Corte
dichiara inammissibile il ricorso;
condanna i ricorrenti, in solido tra loro, a rifondere alla controricorrente le spese di questo giudizio, liquidate in Euro 4.000 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre ad accessori di legge;
ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti ed al competente ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, qualora dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile,