Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 4276 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 4276 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/02/2024
O R D I N A N Z A
sul ricorso n. 8069/21 proposto da:
-) COGNOME NOME , domiciliata ex lege presso all ‘ indirizzo PEC del proprio difensore, difesa dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
-) RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliato ex lege all’indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dall’AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIONOME COGNOME;
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma 20 ottobre 2020 n. 5108; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 10 gennaio 2024 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
Nel 2009 NOME COGNOME convenne dinanzi al Tribunale di Roma l ‘ RAGIONE_SOCIALE, esponendo di avere riportato lesioni personali allorché, nell ‘ azionare il pedale di apertura di un cassonetto per la raccolta dei rifiuti, a causa del suo malfunzionamento cadde in terra riportando una frattura vertebrale.
Chiese, pertanto, la condanna della convenuta al risarcimento del danno.
RAGIONE_SOCIALE ‘ RAGIONE_SOCIALE si costituì contestando la pretesa attorea.
Con sentenza n. 10298 del 2014 il Tribunale di Roma accolse la domanda.
Oggetto: responsabilità del custode ex art. 2051 c.c.
La sentenza fu appellata dalla parte soccombente.
Con sentenza 20 ottobre 2020 n. 5108 la Corte d ‘ appello di Roma accolse il gravame e rigettò la domanda di NOME COGNOME, condannandola alle spese di lite.
A fondamento della propria decisione la Corte d ‘ appello ritenne non esservi prova sufficiente del malfunzionamento del pedale del cassonetto e, di conseguenza, del nesso di causa tra quest ‘ ultimo e il danno patito dall ‘ attrice. Precisò che i due testi interrogati dal Tribunale erano stati imprecisi ed inattendibili e che, comunque, le circostanze da essi riferite erano inidonee a dimostrare l ‘ esistenza del nesso causale.
La sentenza d ‘ appello è stata impugnata per Cassazione da NOME COGNOME con ricorso fondato su cinque motivi.
La RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
Ambo le parti hanno depositato memoria.
Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell ‘ articolo 2051 c.c.. Formula una tesi così riassumibile:
-) l ‘ RAGIONE_SOCIALE è proprietaria, e quindi custode, del cassonetto che provocò il danno;
-) ai fini dell ‘ accoglimento della domanda attorea era pertanto sufficiente dimostrare l ‘ utilizzo del cassonetto e non anche il suo malfunzionamento;
-) la Corte d ‘ appello, invece, pretendendo dall ‘ attrice la dimostrazione del malfunzionamento del cassonetto, aveva aggravato l ‘ onere probatorio rispetto a quanto stabilito dall ‘ articolo 2051 c.c..
1.1. Il motivo è inammissibile, prima ancora che infondato.
È innanzitutto inammissibile per estraneità alla ratio decidendi sottesa dalla sentenza impugnata.
Quest ‘ ultima, infatti, non ha affatto affermato quel che la ricorrente pretende di farle dire: e cioè che vi era prova che la caduta fu provocata dal cassonetto, ma non vi era prova che questo fosse guasto.
La Corte d ‘ appello ha affermato invece una cosa ben diversa e, cioè, non esservi prova che il danno fu causato ‘ dalla cosa ‘ , piuttosto che ‘ da una perdita di equilibrio o comunque da fatto e colpa della stessa danneggiata ‘ .
1.2. Il motivo, lo si rileva ad abundantiam, sarebbe comunque infondato, giacché colui il quale si afferma danneggiato dalla cosa altrui ha l ‘ onere di provare il nesso di causa tra la cosa e il danno, nesso che la Corte d ‘ appello ha ritenuto indimostrato.
Col secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli articoli 1227 e 2697 c.c..
Deduce che sarebbe stato onere dell ‘ RAGIONE_SOCIALE provare il concorso colposo della vittima nella causazione del danno.
2.1. Il motivo è inammissibile anche in questo caso per estraneità alla ratio decidendi .
La Corte d ‘ appello, infatti, non ha affatto affermato che il danno fu causato da colpa della vittima, ma ha rigettato la domanda per una diversa ragione e, cioè, il difetto di sufficiente prova d ‘ un valido nesso di causa fra la cosa e il danno.
Col terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione degli articoli 115, 116 e 244 c.p.c., per avere la Corte d ‘ appello attribuito valore di ‘ piena prova ‘ ad una deposizione de relato , resa da persona indicata dall ‘ ente convenuto.
3.2. Il motivo è manifestamente inammissibile: sia perché censura la valutazione delle prove; sia perché nel complesso della motivazione la deposizione del testimone NOME non ha avuto alcun peso decisivo.
Come già detto, infatti, la domanda è stata rigettata per mancanza di prova del nesso di causa e non perché la Corte d ‘ appello abbia ritenuto
positivamente dimostrata l ‘ assenza di quel nesso sulla base della deposizione NOME.
Col quarto motivo la ricorrente, prospettando anche in questo caso la violazione degli articoli 115, 116 e 244 c.p.c., formula una tesi così riassumibile:
-) la Corte di appello ha rigettato la domanda sul presupposto della inattendibilità dei testimoni intimati dall ‘ attrice;
-) questi testimoni sono stati ritenuti inattendibili sul presupposto che quanto da essi dichiarato contrastava con la deposizione del teste COGNOME;
-) la deposizione del teste COGNOME era tuttavia inutilizzabile, in quanto de relato e ‘ priva di ogni valore probatorio ‘ ;
-) ergo , la Corte d ‘ appello non avrebbe potuto ritenere inattendibili i testimoni indicati dall ‘ attrice.
4.1. Il motivo è manifestamente inammissibile, perché investe il giudizio di attendibilità dei testimoni e la valutazione delle prove, riservato al giudice di merito ed incensurabile in questa sede.
Col quinto motivo la ricorrente prospetta la violazione degli articoli 115, 116, 132 e 257 c.p.c..
Nell ‘ illustrazione del motivo sono contenute, a ben vedere, due censure. Con una prima censura (p. 18) la ricorrente sostiene che la Corte d ‘ appello non avrebbe esaurientemente indicato le ragioni del giudizio di inattendibilità dei testimoni intimati dall ‘ attrice.
Con una seconda censura la ricorrente – richiamando due precedenti di questa Corte: Cass. 17981/20 (erroneamente indicata come Cass. ‘17081’) e Cass. 18896/15 – sostiene che la Corte d ‘ appello non avrebbe potuto ritenere le deposizioni testimoniali ‘inattendibili perché lacunose’, senza prima riconvocare i testimoni per porre loro eventuali domande a chiarimento, ex art. 257 c.p.c.. Invoca al riguardo il principio per cui deve ritenersi apparente, e quindi nulla, la motivazione con la quale una deposizione sia reputata incompleta su fatti non richiesti al testimone e non capitolati, senza che su
quei fatti sia stata rivolta alcuna domanda a chiarimento al testimone, né questi sia stato riconvocato.
5.1. La prima censura è inammissibile perché prospetta un vizio di ‘insufficienza’ della motivazione, non più consentito dal novellato art. 360 c.p.c..
5.2. Anche la seconda censura è inammissibile.
La ricorrente è nel vero allorché, richiamando la giurisprudenza di questa Corte, deduce che il giudice non potrebbe ritenere ‘generica’ una deposizione, sol perché il testimone non abbia riferito circostanze a lui non richieste e non incluse nei capitoli di prova.
Non esattamente questo, però, è il caso che oggi ci occupa.
La Corte d ‘ appello, infatti, nel valutare la prova testimoniale, ha ritenuto:
in primo luogo, che i due testimoni intimati dall ‘ attrice non fossero attendibili (pp. 3, ultimo capoverso, e 4, primo capoverso, della sentenza impugnata);
in secondo luogo, che ‘ dalle due deposizioni non si trae la dimostrazione (…) del malfunzionamento del pedale di apertura del cassonetto’ .
Anche ad ammettere, pertanto, che l ‘ affermazione sub (a) possa effettivamente contrastare coi princìpi invocati dalla ricorrente, resterebbe il fatto che la motivazione sub (b) sarebbe di per sé idonea a sorreggere la motivazione di rigetto (sotto il profilo della carenza di prova di un nesso tra la cosa custodita ed il sinistro): ed è insindacabile in questa sede.
Lo stabilire, infatti, se da quanto riferito dal testimone possa o non possa trarsi la prova di un certo fatto è una valutazione che la legge riserva al giudice di merito e che esula dal perimetro del giudizio di legittimità.
Resta allora impregiudicata, siccome irrilevante ai fini della decisione odierna in dipendenza del carattere decisivo dell’altra argomentazione, la questione delle modalità -e degli eventuali incombenti processuali -di riconsiderazione del testimoniale assunto in un precedente grado in un processo civile.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza, ai sensi dell’art. 385, comma 1, c.p.c., e sono liquidate nel dispositivo.
P.q.m.
(-) dichiara inammissibile il ricorso;
(-) condanna NOME COGNOME alla rifusione in favore di RAGIONE_SOCIALE delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di euro 5.700, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55;
(-) ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della