Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 9990 Anno 2025
ORDINANZA
Sui ricorsi riuniti iscritti ai NN. 8585/2021 R.G. e 16488/2022, proposti da:
NOME COGNOME elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentato e difeso dal l’avv. NOME COGNOME come da procure in calce ai ricorsi, domicilio digitale come in atti
– ricorrente –
entrambi, contro
NOME COGNOME (anche quale erede di COGNOME NOME) e oggi NOMECOGNOME quale coerede di entrambi, COGNOME, COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , COGNOME, COGNOME, RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, NOME COGNOME, rappresentati e difesi dal l’avv. NOME COGNOME come da procure allegate ai controricorsi, domicilio digitale come in atti
– controricorrenti e ricorrenti incidentali –
nonché, il primo, anche contro
RAGIONE_SOCIALE, Rappresentanza Generale per l’Italia, in persona del procuratore speciale NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio de ll’ avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME come da procura in calce al controricorso, domicilio digitale come in atti
– controricorrente –
e contro
COMUNE DI PATERNO’ RAGIONE_SOCIALE
– intimati –
e contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende come da procura in calce al controricorso, domicilio digitale come in atti – controricorrente –
e contro
COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende come da procura in calce al controricorso, domicilio digitale come in atti
– controricorrente –
e contro
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende come da procura in calce al controricorso, domicilio digitale come in atti
– controricorrente – avverso, rispettivamente, la sentenza del la Corte d’appello di Catania recante il n. 119/2021 e pubblicata in data 14.1.2021, nonché la sentenza della Corte d’appello di Catania recante il n. 590/2022 e pubblicata in data 24.3.2022; udita la relazione della causa svolta nella adunanza camerale del 12.2.2025 dal Consigliere relatore dr. NOME COGNOME
N. 8585/21 + 16488/22 R.G.
FATTI DI CAUSA
Durante l’esecuzione dei lavori di sistemazione e ammodernamento della fognatura del Comune di Paternò, affidati all’Impresa RAGIONE_SOCIALE di NOME COGNOME, e precisamente nella notte tra i 24 e il 25 settembre 2007, nel cantiere di INDIRIZZO divampò un incendio, che attinse alcune abitazioni vicine, provocando gravi danni. I proprietari delle abitazioni danneggiate di cui in epigrafe (di seguito, per brevità, ‘i danneggiati’) agirono quindi in giudizio contro il titolare dell’impresa, nonché contro il direttore dei lavori e i responsabili della sicurezza, rispettivamente NOME COGNOME nonché NOME COGNOME e NOME COGNOME; i primi due chiamarono in garanzia la propria assicuratrice Zurich Insurance Public Limited RAGIONE_SOCIALE. Il COGNOME, a sua volta, chiamò in garanzia il Comune di Paternò, quale ente appaltante, nonché la Fondiaria-SAI s.p.aRAGIONE_SOCIALE (ora, UnipolSai Assicurazioni s.p.a.), quale propria assicuratrice. Il Tribunale di Catania, istruita la causa, con sentenza n. 5624/2016, rigettò le domande attoree, giacché l’incendio era ascrivibile a caso fortuito. Con se ntenza parziale e non definitiva del 14.1.2021, la Corte d’appello di Catania, in parziale riforma della prima decisione, confermò il rigetto della domanda attorea nei confronti degli altri convenuti, ma l’accolse nei confronti del titolare dell’impresa esecutrice dei lavori, condannandolo al risarcimento dei danni patrimoniali subiti dagli attori e regolando le spese tra i danneggiati-appellanti principali e NOME COGNOME NOME COGNOME e COGNOME NOME COGNOME, nonché tra gli stessi e il Comune di Paternò e la Zurich RAGIONE_SOCIALE ed infine compensandole nei rapporti tra il COGNOME e la propria Compagnia, UnipolSai Assicurazioni. Ritenne
la Corte che l’intervento di un terzo (ossia di un piromane, pure identificato, che aveva appiccato l’incendio) non potesse considerarsi, come invece ritenuto dal primo giudice, come unico fattore causale produttivo dell’evento dannoso, poiché risultava pr ovato che, nella notte dell’incendio, il COGNOME aveva lasciato due tubi di notevoli dimensioni al di fuori della zona di cantiere recintata, così facilitando il fatto del terzo. Osservò la Corte che il COGNOME, in altri termini, non aveva dato prova che il fatto del terzo avesse escluso il nesso eziologico tra cosa e danno, poiché la presenza di materiale combustibile al di fuori della zona recintata non consentiva di affermare l’esclusiva efficienza causale del fatto del terzo. La Corte etnea , poi, osservò che il titolare dell’impresa non aveva riproposto la domanda di manleva nei confronti della propria Compagnia assicuratrice e che, comunque, ‘ai sensi dell’art. 1971 c.c.’ ( rectius , dell’art. 1917 c.c.) , l’obbligo di garanzia era da escludersi perché il danno era derivato da un atto doloso.
Con ordinanza in pari data, la Corte etnea pure dispose la rimessione della causa sul ruolo, disponendo CTU al fine di quantificare i danni subiti dai proprietari delle abitazioni. All’esito, la Corte d’appello di Catania , con sentenza definitiva del 24.3.2022, accolse l’appello principale e rigettò l’incidentale proposto dal COGNOME, condannandolo al risarcimento del danno nei confronti degli attori, nei seguenti termini: a) € 25.458,82 in favore di NOME COGNOME e NOME COGNOME; b) € 4.920,00 in favore di NOME COGNOME; c) € 29.460,00 in favore di NOME COGNOME nonché NOME e NOME COGNOME; d) € 2.704,19 in favore di NOME COGNOME n.q.; e) € 1.799,00 in favore di NOME COGNOME; f) 7.643,46 in favore di NOME COGNOME; g) € 300,00 in favore di NOME COGNOME; h) € 5.474,00 in favore di NOME COGNOME; il tutto, oltre accessori
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e regolando le spese del giudizio – nei soli rapporti tra il COGNOME e gli stessi danneggiati – secondo soccombenza.
Avverso ciascuna di dette successive sentenze ha proposto distinti ricorsi NOME COGNOME
Il primo (iscritto al N. 8585/2021 R.G.) concerne la sentenza parziale e non definitiva, sulla scorta di tre motivi, cui hanno resistito con controricorso i danneggiati, che hanno pure proposto ricorso incidentale, affidato ad un unico motivo, nonché – con autonomi controricorsi – NOME COGNOME NOME COGNOME NOME Benedetto COGNOME e la RAGIONE_SOCIALE. Il Comune di Paternò è rimasto intimato. Hanno depositato memoria tutte le parti costituite, ad eccezione dei ricorrenti incidentali.
Il secondo ricorso (iscritto al N. 16488/2022 R.G.) è relativo alla sentenza definitiva, sulla scorta di un unico motivo, cui hanno resistito con controricorso i danneggiati, soli evocati in giudizio dal ricorrente.
Fissata per entrambi i ricorsi l’adunanza camerale del 8.5.2024, con distinte ordinanze interlocutorie (rispettivamente recanti i nn. 24228 e 24230/24), è stato disposto il rinvio a nuovo ruolo, onde consentirne la trattazione congiunta, come da istanza del ricorrente , ma nel rispetto del termine dilatorio di cui all’art. 380bis 1 c.p.c. Fissata l’odierna adunanza camerale, il COGNOME Maria ha depositato, per entrambi i ricorsi, ulteriore distinta memoria; anche la RAGIONE_SOCIALE ha depositato ulteriore memoria.
Il Collegio ha riservato il deposito della motivazione entro sessanta giorni.
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RAGIONI DELLA DECISIONE
Va, preliminarmente, disposta la riunione dei ricorsi avverso la sentenza non definitiva in punto di an debeatur e quella definitiva in punto di quantum , trattandosi di sentenze che, integrandosi reciprocamente, definiscono un unico e unitario giudizio (Cass. n. 9192/2017; Cass. n. 9377/2001): e, precisamente, il ricorso iscritto a ruolo successivamente va riunito all’altro.
RICORSO N. 8585/2021 R.G. RICORSO PRINCIPALE
1.1 Con il primo motivo si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 c.c. , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per aver la Corte etnea ritenuto che l’intervento del terzo piromane , che appiccò l’incendio al materiale di cantiere, con successiva propagazione agli immobili degli originari attori, non possa considerarsi quale unico fattore causale del danno, posto che i tubi incendiati si trovavano all’esterno del cantiere recintato, il che ha senz’altro facilitato l’operato del terzo (a tal punto, nient’affatto imprevedibile ed inevitabile) , contribuendo alla verificazione dell’evento dannoso . Osserva il ricorrente che la responsabilità del custode resta esclusa allorché tra la res e l’evento di danno si inserisca un fattore esterno ed autonomo, integrante il caso fortuito, come nella specie, peraltro del tutto eccezionale ed imprevedibile, posto che un qualsiasi soggetto che ‘ vada in giro per le strade di un grosso centro quale è Paternò in cerca di roba da incendiare, assurge ad ipotesi più unica che rara ‘ . Si contesta, poi, la decisione nella parte in cui sono stati assolti da responsabilità i direttori dei lavori del cantiere, posto che la sua messa in sicurezza – nella denegata ipotesi di ritenuta insussistenza del caso fortuito –
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rientrava nell’ambito delle mansioni di quelli, sicché gli stessi non potevano che essere responsabili al riguardo.
1.2 Con il secondo motivo, sostanzialmente in via subordinata, si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2055 c.c. , in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per non avere la Corte d’ a ppello ritenuto l’impresa e i direttori dei lavori legati da un vincolo di interdipendenza e, quindi, per non averne sancito la responsabilità solidale con esso ricorrente.
1.3 Con il terzo motivo, infine, si lamenta la violazione e falsa applicazione dell’art. 1917 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per aver la Corte etnea ritenuto che detta disposizione valga a escludere la copertura assicurativa nel caso di fatto doloso del terzo. Si osserva, infatti, che la norma nel negare l’indennizzabilità dei danni derivanti da fatti dolosi, da parte dell’assicuratore, si riferisce al fatto doloso del contraente, dell’assicurato o del beneficiario. Nel caso in esame, invece, il fatto doloso è del terzo piromane, peraltro identificato e sottoposto a procedimento penale, sicché detta disposizione non poteva essere applicata.
RICORSO INCIDENTALE
1.4 Con l’unico motivo, i danneggiati lamentano la violazione dell’art. 91 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., per essere stati erroneamente condannati al rimborso delle spese di lite in favore del Comune di Paternò, nonostante questo fosse stato chiamato in causa dall’impresa convenuta, poi ritenuta soccombente nei confronti di essi ricorrenti incidentali, già appellanti.
RICORSO N. 16488/2022 R.G.
1.5 Con l’unico motivo , il COGNOME NOME censura la sentenza definitiva per violazione e falsa applicazione dell’art. 92 c.p.c., in relazione all’art. 360, per non aver la Corte d’appello disposto la compensazione integrale o parziale delle spese di lite tra esso ricorrente e i danneggiati, benché le domande attoree fossero state accolte solo in parte minima e dunque fosse configurabile soccombenza reciproca.
2.1 Preliminarmente, va disattesa l’eccezione sollevata dai danneggiati circa l’inammissibilità del ricorso N. 8585/2021 R.G., perché proposto contro sentenza non definitiva in grado d’appello, posto che l’art. 360, comma 3, c.p.c., prevede senz’altro una simile facoltà, allorché essa definisca in parte – come nella specie – il giudizio: proprio con riferimento al rapporto processuale tra il Di Maria ed essi danneggiati, con la sentenza n. 119/2021 si è infatti affermata la responsabilità del primo ex art. 2051 c.c., disponendo il prosieguo del giudizio ai fini della quantificazione del danno , sicché l’eccezione costituisce un fuor d’opera .
3.1 Ciò posto, il primo motivo del ricorso principale (N. 8585/2021 R.G.) è fondato.
Invero, è noto che la responsabilità del danneggiato ex art. 2051 c.c. è di natura oggettiva: in epoca recente, il Massimo Consesso (Cass., Sez. Un., n. 20943/2022) ha infatti definitivamente chiarito, con argomenti del tutto condivisibili, che ‘ La responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo, e non presunto, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno,
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mentre sul custode grava l’onere della prova liberatoria del caso fortuito, rappresentato da un fatto naturale o del danneggiato o di un terzo, connotato da imprevedibilità ed inevitabilità, dal punto di vista oggettivo e della regolarità o adeguatezza causale, senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode ‘ .
Pertanto, una volta appurata la sussistenza del nesso di causalità tra la res custodita (il materiale di cantiere ) e l’evento incendiario per cui è processo (questione rimessa al prudente apprezzamento del giudice del merito e sostanzialmente pacifica tra le parti), il custode può andare esente dalla responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. solo alle seguenti condizioni (per tutte, si veda la recente Cass. n. 8346/2024, anche per richiami; ma da ultimo v. anche Cass. n. 1404/2025):
la responsabilità del custode è esclusa dalla prova del ‘caso fortuito’;
il caso fortuito può consistere in un fatto naturale, in una condotta d ‘ un terzo estraneo tanto al custode quanto al danneggiato, oppure in un comportamento della vittima;
se il caso fortuito è consistito in un fatto naturale o del terzo, esso in tanto esclude la responsabilità del custode, in quanto sia oggettivamente (e cioè per qualunque persona, e non solo per il custode) imprevedibile ed inevitabile;
se il caso fortuito è consistito nella condotta della vittima, al fine di stabilire se esso escluda in tutto od in parte la responsabilità del custode debbono applicarsi i seguenti criteri:
d ‘ ) valutare in che misura il danneggiato avrebbe potuto prevedere ed evitare il danno;
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d ” ) valutare se il danneggiato ha rispettato il ‘generale dovere di ragionevole cautela’;
d ”’ ) escludere del tutto la responsabilità del custode, se la condotta del danneggiato ha costituito una evenienza ‘ irragionevole o inaccettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale ‘;
d ”” ) considerare irrilevante, ai fini del giudizio che precede, la circostanza che la condotta della vittima fosse astrattamente prevedibile.
3.2 Ora, rapportando quanto indicato sub c) al caso in esame, ne discende che il fatto del terzo piromane può rilevare, ai fini dell’esclusione della responsabilità del Di Maria, solo se oggettivamente imprevedibile ed inevitabile. Occorre cioè considerare se – in un dato contesto spazio-temporale, in quel di Paternò lasciare incustoditi e al di fuori dell’area di cantiere recintata alcuni tubi di plastica (materiale di per sé infiammabile, ma senza una particolare ed oggettiva normale attitudine alla sua combustione, se non per causa esterna) implichi necessariamente il dover prevedere che qualcuno, passando per quei luoghi, possa appiccarvi il fuoco; ciò, per di più, scrutinando l’ipotesi col crisma della inevitabilità.
Ritiene la Corte che la conclusione della Corte etnea – che risolve nella sostanza la questione ritenendo che la collocazione dei tubi all’esterno dell’area recintata del cantiere abbia (meramente) facilitato l’azione dolosa del terzo , da ciò facendone derivare la sua efficienza causale (unitamente all’azione dolosa del piromane) – non possa essere condivisa, perché la verifica del caso fortuito, con riguardo al fatto del terzo, non passa dalla mera circostanza che il fatto dannoso sia stato meramente ed oggettivamente agevolato dal custode.
La Corte territoriale avrebbe infatti dovuto valutare se – in quel determinato contesto spazio-temporale -il lasciare per strada materiale plastico o genericamente infiammabile, in assenza di peculiari ulteriori situazioni fattuali agevolatrici (quali, a mero titolo di esempio, la compresenza o la vicinanza di taniche di carburante, et similia , nota al proprietario/custode di quel materiale; in tal senso va letto il principio, richiamato dalla Corte etnea ed affermato da Cass. n. 25422/2017, circa la concorrente rilevanza di tutte le cause che hanno determinato la diffusività e la propagazione del fuoco), comporti o meno, per lo stesso custode e secondo criteri di regolarità causale oggettivata, la prevedibilità del fatto che taluno possa appiccarvi fuoco.
È evidente che tanto, però, avrebbe dovuto aver luogo tenendo nella debita considerazione la circostanza per cui una simile evenienza costituisce normalmente un evento (non certo impossibile, ma) raro ed eccezionale, o comunque statisticamente infrequente, posto che si discute pur sempre di un fatto avvenuto in una popolosa cittadina della Repubblica Italiana, in cui è normale attendersi che chiunque possa legittimamente confidare nel senso minimo di civiltà e di responsabilità altrui. In altre parole, è di norma nient’affatto prevedibile che qualsiasi materiale plastico di cantiere genericamente infiammabile, lasciato sulla pubblica via, sia destinato naturaliter ad essere incendiato da un terzo.
Sotto altro profilo, poi, la Corte catanese ha del tutto omesso di verificare se la collocazione dei tubi di plastica in questione al di fuori dell’area di cantiere abbia reso l’incendio inevitabile, ossia di valutare se il loro ricovero al l’interno dell’area stessa avrebbe certamente consentito di evitare l’ azione dolosa: anche sotto
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questo profilo, quindi, illegittimamente ancorando la propria conclusione alla mera, di per sé sola irrilevante, circostanza dell’abbandono all’aperto di quello specifico materiale.
Così stando le cose, dunque, ritiene la Corte che l’art. 2051 c.c. sia stato falsamente applicato dal giudice d’appello .
4.1 Il secondo motivo è inammissibile per difetto di decisività.
Dall’esame degli atti legittimamente consultabili da questa Corte, infatti, non risulta che né il COGNOME NOME, né gli altri convenuti, abbiano agitato nel presente giudizio la questione della corresponsabilità dei convenuti in solido, in ordine al loro rapporto interno. Ne discende che la questione della responsabilità risarcitoria ex art. 2055 c.c. è del tutto irrilevante, nell’economia della decisione (v., di recente e per tutte, Cass. n. 7910/2024 ed ivi richiami).
5.1 Il terzo motivo è inammissibile per difetto di specificità.
Premesso che la decisione della Corte etnea si basa su di un principio di diritto evidentemente erroneo , posto che l’art. 1917 c.c. esclude l’indennizzabilità dei danni che discendono da fatti dolosi dell’assicurato e non certo da fatti dolosi del terzo (qualora il contratto di assicurazione tanto preveda), occorre rilevare che il giudice d’appello ha anche evidenziato che la domanda di manleva nei confronti del proprio assicuratore (UnipolSai s.p.a.) non era stata reiterata dal Di Maria ex art. 346 c.p.c.: ebbene, tale ultima statuizione non è stata minimamente impugnata dal COGNOME , donde l’intervenuto giudicato interno sul punto e, conseguentemente, l’inammissibilità di ogni ulteriore relativa doglianza .
6.1 L ‘unico motivo del ricorso incidentale avverso la sentenza non definitiva concernente il regolamento delle spese nel rapporto tra i danneggiati e il Comune
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di Paternò, chiamato in causa dal COGNOME – è inammissibile per difetto di specificità.
Invero, la Corte etnea, regolando le spese suddette, ha espressamente statuito secondo soccombenza (v. sentenza impugnata, p. 10), sul presupposto, dunque, che i danneggianti odierni ricorrenti incidentali avessero esteso la domanda risarcitoria nei confronti dell’ente locale, come conferma l’ulteriore passaggio della sentenza ove, nell’esposizione del fatto (p. 4), si dà atto della proposizione della domanda stessa nei confronti di tutti i terzi chiamati.
Risulta quindi evidente che, laddove la Corte territoriale ha rilevato (p. 8) che la responsabilità dell’evento ‘ non essere estesa ‘, tra l’altro, al Comune di Paternò, tanto ha fatto sul presupposto che le domande attoree fossero state senz’altro dirette anche nei confronti dell’ente stesso a seguito della sua chiamata in causa e ciò, evidentemente, sulla base dell’interpretazione degli atti processuali relativi.
Non possono, quindi, qui dolersi i danneggiati del preteso error iuris derivante, a loro dire, dalla mancata considerazione che l’ente era stato chiamato in causa dagli originari convenuti e specialmente dal COGNOME – perché la Corte ha seguito uno specifico percorso motivazionale, ritenendo la soccombenza di essi danneggiati rispetto all’ente stesso ; gli stessi danneggiati, però, non hanno specificamente impugnato tale statuizione, non hanno cioè negato il presupposto della loro condanna alla rifusione delle spese di lite in favore del Comune secondo la regola dettata dall’art. 91 c.p.c., donde l’inammissibilità del mezzo perché aspecifico.
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Se poi la doglianza dovesse leggersi come intesa a negare la stessa estensione della domanda da parte loro nei confronti del Comune, invece ritenuta dalla Corte d’appello, è evidente che si sarebbe al cospetto di un errore revocatorio, denunciabile ex art. 395 n. 4 c.p.c. e non già col ricorso per cassazione.
7.1 Il ricorso resta infine assorbito, giacché è venuta meno la pronuncia che ne è oggetto, visto che la cassazione in parte qua della sentenza n. 119/2021 ne determina automaticamente la caducazione per l’effetto espansivo esterno ex art. 336, comma 2, c.p.c.
8.1 In definitiva, quanto al giudizio iscritto al N. 8585/221 R.G., è fondato il primo motivo, mentre sono inammissibili il secondo e il terzo motivo del ricorso principale, nonché il ricorso incidentale; quanto al giudizio iscritto al N. 16488/2022 R.G., il ricorso è assorbito.
La sentenza della Corte d’appello di Catania n. 119/2021 del 14.1.2021 è dunque cassata in relazione, con rinvio alla stessa Corte d’appello, in diversa composizione, che si atterrà ai superiori principi e provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
In relazione alla data di proposizione del ricorso incidentale (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
La Corte, pronunciando sui ricorsi riuniti N. 8585/21 R.G. e N. 16488/22 R.G., accoglie il primo motivo del ricorso principale e dichiara inammissibili i restanti, nonché il ricorso incidentale; dichiara assorbito il ricorso N. 16488/22 R.G.; cassa in relazione la sentenza della Corte d’appello di Catania n. 119/2021 del
N. 8585/21 + 16488/22 R.G.
14.1.2021, con rinvio alla Corte d’appello di Catania, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti incidentali ed al competente ufficio di merito, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile, in data