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Responsabilità del custode: i limiti del risarcimento

Un custode di animali sottoposti a sequestro giudiziario era stato condannato a risarcire l’intero valore di una mandria, nonostante ne avesse ricevuta in custodia solo una parte. La Corte di Cassazione ha accolto il suo ricorso, chiarendo che la responsabilità del custode per la perdita dei beni non deriva dall’art. 2051 c.c. (danni causati dalla cosa), ma da un’obbligazione di conservazione “ex lege”. Di conseguenza, il suo obbligo risarcitorio è limitato unicamente al valore dei beni che gli erano stati effettivamente e specificamente affidati.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Responsabilità del custode giudiziario: la Cassazione traccia i confini

La questione della responsabilità del custode giudiziario è un tema complesso, che intreccia profili di diritto civile e processuale. Quando un bene viene sequestrato, chi è responsabile se questo viene danneggiato o, peggio, scompare? E fino a che punto si estende tale responsabilità, specialmente quando più soggetti si succedono nell’incarico? Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale, distinguendo nettamente la responsabilità per la perdita del bene da quella per i danni causati dal bene stesso.

Il caso: una richiesta di risarcimento per beni sequestrati e perduti

La vicenda trae origine dalla richiesta di risarcimento avanzata dalla proprietaria di una mandria di animali, sottoposta a sequestro giudiziario e successivamente dissequestrata. Al momento della restituzione, gran parte degli animali risultava mancante. La proprietaria citava in giudizio diverse persone che si erano succedute nell’incarico di custodi, oltre al Ministero della Giustizia, chiedendo una condanna in solido per il danno subito.

Uno dei custodi convenuti si difendeva sostenendo di aver ricevuto in custodia solo una minima parte degli animali (diciassette capi) e che, pertanto, non poteva essere ritenuto responsabile per la perdita dell’intera mandria. Nonostante ciò, sia il Tribunale che la Corte d’Appello lo condannavano a risarcire l’intero danno, quantificato in oltre 76.000 euro, in solido con gli altri responsabili, sulla base di un’errata applicazione dell’articolo 2051 del codice civile.

La controversia sulla natura della responsabilità del custode

Il punto cruciale del dibattito legale verteva sulla corretta qualificazione della responsabilità del custode. La Corte d’Appello aveva inquadrato il caso nell’ambito della responsabilità extracontrattuale prevista dall’art. 2051 c.c., che disciplina i “danni cagionati da cose in custodia”. Secondo questa interpretazione, il custode, essendo entrato nel “dinamismo causale” che ha portato al danno, sarebbe responsabile a meno di non fornire la prova del caso fortuito, una prova che nel caso di specie non era stata data.

Il custode, nel suo ricorso per cassazione, ha contestato fermamente tale impostazione. Egli ha sostenuto che la sua responsabilità non potesse eccedere il valore dei beni che gli erano stati effettivamente affidati. La sua obbligazione, derivante da un incarico di natura pubblicistica, era quella di restituire ciò che aveva ricevuto, non di rispondere per beni mai entrati nella sua sfera di controllo.

Le motivazioni della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, smontando l’impianto argomentativo della sentenza d’appello. I giudici di legittimità hanno chiarito che l’art. 2051 c.c. è una norma destinata a regolare i danni causati dalle cose (ad esempio, un animale in custodia che danneggia la proprietà di un terzo), non i danni alle cose stesse (come la loro perdita o il loro deterioramento).

La responsabilità del custode giudiziario per la mancata restituzione dei beni non ha natura extracontrattuale, ma deriva dall’inadempimento di un’obbligazione specifica che nasce direttamente dalla legge (ex lege). Tale obbligo di conservazione e restituzione trova il suo fondamento nell’art. 259 del codice di procedura penale e la sua disciplina nell’art. 1177 del codice civile. Si tratta, quindi, di una responsabilità per inadempimento di un’obbligazione, non di una responsabilità da fatto illecito.

Le conclusioni e il principio affermato

In virtù di questa corretta qualificazione giuridica, l’entità del risarcimento dovuto dal custode inadempiente non può che essere correlata all’oggetto specifico della sua obbligazione. Se al custode sono stati affidati solo alcuni dei beni sequestrati, la sua responsabilità per la loro perdita non può estendersi all’intero compendio pignorato.

La Corte ha quindi cassato la sentenza impugnata, enunciando il seguente principio di diritto: “in caso di perdita dei (o danni ai) beni oggetto di sequestro giudiziario, il custode degli stessi non risponde a norma dell’art. 2051 cod. civ., bensì per inadempimento di un’obbligazione «ex lege» di conservazione in vista della loro futura restituzione, relativa ai soli beni concretamente e specificamente a lui affidati“. Questa decisione riafferma un principio di proporzionalità e di nesso causale, garantendo che la responsabilità di un soggetto sia commisurata all’effettivo ambito dei suoi doveri e del suo controllo sui beni.

Il custode giudiziario risponde per la perdita dei beni secondo l’articolo 2051 del codice civile?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’art. 2051 c.c. si applica ai danni causati dalle cose in custodia a terzi, non ai danni subiti dalle cose stesse, come la loro perdita.

Qual è la natura giuridica dell’obbligo del custode giudiziario?
L’obbligo del custode è un’obbligazione che nasce direttamente dalla legge (ex lege) e consiste nel conservare i beni in vista della loro futura restituzione. La sua responsabilità per la perdita deriva quindi dall’inadempimento di questa specifica obbligazione.

Se a un custode viene affidata solo una parte dei beni sequestrati, è responsabile per la perdita totale?
No. La sua responsabilità e il conseguente obbligo di risarcimento sono limitati esclusivamente al valore dei beni che gli sono stati concretamente e specificamente affidati e che sono andati perduti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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