Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16888 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16888 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24294/2021 R.G. proposto da : NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE domiciliato digitalmente per legge
– ricorrente –
contro
UNIVERSITÀ DEGLI RAGIONE_SOCIALE DI PERUGIA, in persona del legale rappresentante in carica, elettivamente domiciliata in ROMA alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende, domiciliato digitalmente per legge
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di PERUGIA n. 391/2021 depositata il 25/06/2021.
Udita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 15/04/2025, dal Consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME il 21/05/2009 mente si accingeva a entrare nella mensa dell’Università di Perugia cadeva in terra a causa di una sbarra di metallo che era ubicata nei pressi dell’ingresso della sala mensa e riportava lesioni.
La COGNOME c onveniva in giudizio l’Università degli Studi dinanzi al Tribunale di Perugia.
L’Università si costituiva in giudizio e resisteva alla domanda.
Il Tribunale, ritenuta la causa documentale, rigettava la domanda.
La COGNOME proponeva appello e la Corte territoriale, nel contraddittorio con l’Università, con sentenza n. 391 del 25/06/2021 , confermava la sentenza di primo grado.
Avverso la sentenza della Corte d’appello di Perugia propone ricorso per cassazione, con quattro motivi, la Gentile.
Resiste l’Università degli Studi di Perugia con controricorso.
Il ricorso è stato chiamato all’adunanza camerale del 15/04/2025, per la quale la ricorrente ha presentato memoria e il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I motivi di ricorso sono i seguenti.
Nullità insanabile della sentenza ai sensi dell’art. 161, secondo comma, 2 c.p.c. per violazione dell’art. 132, c.p.c. e dell’art. 119, terzo comma, disp att. c.p.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c. La ricorrente chiede che sia dichiarata la nullità insanabile della sentenza impugnata, essendo la stessa sottoscritta dalla sola presidente del collegio, senza che tale sottoscrizione sia accompagnata dall’indicazione «estensore», né tale qualità risulta attribuita alla presidente nell’intestazione della sentenza medesima.
II. Violazione dell’art. 2729 c.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. La ricorrente contesta la violazione dell’art. 2729 c.c. nella parte in cui il giudice d’appello, dopo aver ricondotto la fattispecie al paradigma dell’art. 2051 c.c., ha escluso la responsabilità dell’Università per verificazione del caso fortuito integrato dalla condotta colposa della danneggiata, avendo accertato la visibilità della res , costituita da una rotaia metallica posta a terra per essere stato, tale giudizio di visibilità, reso all’esito di un ragionamento presuntivo fondato su elementi non significativi.
III. Violazione dell’art. 2051 c.c. in relazione all’art. 360 primo comma, n. 3 c.p.c., avendo il giudice d’appello escluso la responsabilità dell’Università sulla base del mero rilievo di una condotta colposa della danneggiata, alla quale ha attribuito valore di fortuito idoneo ad interrompere il nesso di causalità tra la res e il danno, senza valutare l’eventuale ricorrenza dei caratteri di imprevedibilità ed imprevedibilità della condotta della danneggiata.
IV. Nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 119, terzo comma, disp att. c.p.c. in riferimento all’art. 360, primo comma, 1 n. 4 c.p.c. Il motivo è proposto in subordine rispetto al mancato accoglimento dei precedenti e con esso si chiede che la sentenza sia comunque cassata con rinvio alla stessa Corte d’appello, in quanto nulla.
Il primo e il quarto motivo di ricorso possono essere congiuntamente scrutinati, in quanto entrambi incentrati sulla nullità della sentenza per essere stata questa sottoscritta dalla sola presidente, senza indicazione che la stessa fosse anche estensore.
I motivi sono, entrambi, inammissibili poiché carenti di idonea indicazione in ordine alla circostanza del non essere la presidente del collegio giudicante anche l’estensore del provvedimento. Invero , nella maggior parte dei precedenti giurisprudenziali rinvenibili sul punto, la circostanza del mancato cumulo delle due funzioni, ossia di quella di presidente e di quella di estensore, nella persona dell’unico
sottoscrittore era desunta da dati fattuali, riportati al verbale di causa, dal quale risultava che la funzione di relatore, e quindi poi di estensore, era stata assunta o comunque attribuita a un componente del collegio giudicante diverso dal presidente dello stesso (si vedano, in tema: Cass. n. 11739 del 30/03/2004 e Cass. n. 15746 del 13/12/2001) e tanto vale a escludere che nel caso all’esame si poss a affermare che la censura sia stata adeguatamente prospettata, poiché null’altro viene dedotto se non che accanto all’indicazione di presidente non è riportato anche quello di estensore senza null’altro aggiungere in ordine al fatto che dal verbale di causa risultava che la relazione della causa era stata affidata a un altro componente del collegio, destinato, quindi, ad assumere le funzioni di estensore.
L’art. 276 , comma quinto, c.p.c. prevede che la motivazione sia estesa dal relatore, salvo che il presidente non ritenga di estenderla personalmente o di affidarne la redazione ad altro componente del collegio. La giurisprudenza di questa Corte ha in plurime occasioni affermato che tutti i casi nei quali il presidente sia anche l’estensore (come accade quando egli stesso abbia proceduto all’istruzione ex art. 168 bis cod. proc. civ. ed abbia dunque effettuato la relazione come stabilito dall’art. 275, ultimo comma, cod. proc. civ., ovvero quando, pur non essendo stato il relatore, abbia tuttavia provveduto alla stesura della motivazione ex art. 276, ultimo comma, cod. proc. civ.), la sentenza non può che essere sottoscritta soltanto da lui (Cass. n. Cass. n. 2221 del 25/01/2023 Rv. 666695 – 01; Cass. 20597 del 22/10/2004 Rv. 577799 – 01). A tanto consegue che, nella specie, in mancanza di diversa e contrastante indicazione, la sentenza deve ritenersi essere stata sottoscritta dalla sola presidente per avere la stessa cumulato le relative attribuzioni di relatore e quindi di estensore. Giova, da ultimo, ribadire che la previsione, in ordine alla sottoscrizione della sentenza collegiale di cui all’art. 132, terzo comma, c.p.c. è stata ritenuta costituzionalmente legittima (Corte Costituzionale ordinanza n. 179 del 1990).
I motivi primo e quarto sono pertanto, disattesi.
Il secondo e il terzo motivo pongono censure relative al ragionamento probatorio per presunzioni, per avere la Corte d’appello desunto che sulla base delle circostanze di fatto l’inciampo nella rotaia era attribuibile unicamente alla disattenzione e comunque alla condotta della Gentile e che la detta condotta integrava il caso fortuito.
Il terzo motivo è inammissibile in quanto (Cass. n. 3541 del 13/02/2020 Rv. 657016 – 01) la censura non è adeguatamente proposta, poiché in questa sede di legittimità è possibile censurare la violazione degli artt. 2727 e 2729 c.c. solo allorché ricorra il cd. vizio di sussunzione, ovvero quando il giudice di merito, dopo avere qualificato come gravi, precisi e concordanti gli indizi raccolti, li ritenga, però, inidonei a fornire la prova presuntiva oppure qualora, pur avendoli considerati non gravi, non precisi e non concordanti, li reputi, tuttavia, sufficienti a dimostrare il fatto controverso.
Nella specie non ricorre alcuna delle due ipotesi, poiché il giudice dell’impugnazione di merito, in sostanziale consonanza con il Tribunale, ha ritenuto che non si fosse in presenza di un ostacolo di difficile individuazione, tenuto conto delle circostanze di tempo di luogo, posto che la caduta della Gentile era avvenuta intorno alle ore 13.30 e in piena luce e senza che vi fossero impedimenti alla vista della rotaia, cosicché era la condotta della danneggiata ad avere assunto rilevanza causale esclusiva.
Il terzo motivo è infondato potendo il fortuito, che esclude la responsabilità del custode ai sensi dell’art. 2051 c.c. , essere integrato anche dalla mera condotta del danneggiato, così come più volte affermato da questa Corte (Cass. n. 11152 del 27/04/2023 Rv. 667668 – 01) e a tanto deve aggiungersi che la valutazione del giudice del merito sulla rilevanza causale esclusiva della condotta del leso costituisce un tipico apprezzamento di fatto, come tale incensurabile in s ede di legittimità, ove scevro – come nella specie –
da quei soli vizi logici o giuridici ancora rilevanti ai fini del n. 5 dell’art. 360 , primo comma, cod. proc. civ. (tra cui l’apparenza della motivazione per manifesta fallacia o falsità delle premesse od intrinseca incongruità o inconciliabile contraddittorietà degli argomenti (così, tra molte, Cass. n. 9730 del 10/04/2024).
I motivi secondo e terzo sono, pertanto, anch’essi, entrambi inammissibili e infondati.
Il ricorso è, in conclusione, rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza della ricorrente e, valutata l’attività processuale espletata, in relazione al valore della controversia, sono liquidate come da dispositivo.
La decisione di rigetto del ricorso comporta che deve attestarsi, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente e in favore del competente Ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente e in favore del compente Ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di