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Responsabilità del custode: chi paga i danni?

Un proprietario subisce danni a causa di lavori di ripristino su una strada comunale, eseguiti però da un ente diverso dal Comune. La Corte di Cassazione chiarisce i limiti della responsabilità del custode (il Comune), stabilendo che questa non si estende ai danni causati direttamente dalle modalità di esecuzione dei lavori da parte di un appaltatore terzo. La sentenza viene annullata con rinvio per una nuova valutazione del caso.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Responsabilità del Custode: Chi Paga per i Danni Causati da Lavori Appaltati?

La questione della responsabilità del custode, disciplinata dall’art. 2051 del codice civile, è un tema centrale nel diritto civile, specialmente quando si tratta di danni a proprietà private derivanti da beni pubblici. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un’importante precisazione sui limiti di tale responsabilità, distinguendo nettamente tra i danni causati dalla “cosa” in sé e quelli derivanti dalle modalità di esecuzione di lavori appaltati a terzi.

I Fatti di Causa

La vicenda ha origine dalla richiesta di risarcimento avanzata dal proprietario di un fondo che aveva subito danni in seguito a lavori di ripristino di un muro di contenimento di una strada comunale. Inizialmente, i danni derivanti dal crollo del muro erano stati risarciti dall’assicurazione del Comune. Tuttavia, i successivi lavori di ricostruzione, appaltati e diretti non dal Comune ma dalla Regione, avevano causato ulteriori pregiudizi: l’occupazione permanente di una porzione del terreno, la creazione di una servitù di fatto per lo scolo delle acque e, soprattutto, un peggioramento delle condizioni di stabilità del suolo.

Il proprietario citava in giudizio sia il Comune, in qualità di proprietario e custode della strada, sia la Regione, come committente dei lavori. Mentre il Tribunale aveva parzialmente accolto la domanda, la Corte d’Appello aveva rigettato le istanze, ritenendo che i lavori, pur imperiti, avessero eliminato il rischio di futuri dissesti, rendendo non necessarie ulteriori opere di consolidamento richieste dal proprietario.

La Decisione della Cassazione e la responsabilità del custode

La Corte di Cassazione, investita della questione, ha ribaltato la decisione di secondo grado accogliendo sia il ricorso del proprietario che quello del Comune, seppur per ragioni diverse, e delineando due principi fondamentali.

L’Errata Applicazione della Responsabilità del Custode

Il punto cruciale della decisione riguarda la posizione del Comune. La Cassazione ha stabilito che la Corte d’Appello ha errato nell’affermare la responsabilità del custode (il Comune) ai sensi dell’art. 2051 c.c..

Il danno lamentato dal proprietario non derivava dalla strada in sé (la “cosa” in custodia), ma dalle specifiche modalità con cui l’impresa appaltatrice, incaricata dalla Regione, aveva eseguito i lavori di ripristino. In altre parole, la causa del danno non era la cosa custodita, ma l’attività umana svolta su di essa. Il Comune, non essendo il committente dei lavori, non aveva alcun potere di controllo o ingerenza sull’esecuzione delle opere. Pertanto, viene a mancare il nesso causale tra la cosa e il danno, presupposto indispensabile per l’applicazione dell’art. 2051 c.c.

La Corte enuncia un chiaro principio di diritto: il danno arrecato dall’appaltatore a terzi, derivante esclusivamente dalle modalità con cui ha scelto di eseguire i lavori, non è un danno arrecato “dalla” cosa e non legittima l’applicazione della responsabilità oggettiva del custode.

L’Omesso Esame del Danno Pregresso

Accogliendo il ricorso del proprietario, la Cassazione ha inoltre censurato la sentenza d’appello per un altro vizio logico. I giudici di secondo grado avevano negato il risarcimento per le opere di consolidamento sulla base del fatto che i lavori della Regione avevano eliminato il rischio di futuri dissesti.

Tuttavia, la Corte Suprema ha evidenziato che i giudici di merito hanno omesso di considerare un fatto decisivo: il danno già verificatosi alle “condizioni geomorfologiche del fondo” a causa dei lavori. L’aver scongiurato un pericolo futuro non sana né cancella un pregiudizio già concretizzatosi. La Corte d’Appello dovrà quindi riesaminare il caso per accertare se le condizioni del terreno, peggiorate a causa dei lavori, costituiscano di per sé un danno risarcibile, a prescindere dai rischi futuri.

Le Motivazioni della Corte

Le motivazioni della Cassazione si fondano su una rigorosa interpretazione del nesso causale nell’ambito della responsabilità del custode. La responsabilità ex art. 2051 c.c. si basa sul potere di fatto che il custode ha sulla cosa, il quale gli impone un dovere di controllo per evitare che essa arrechi danni a terzi. Quando il danno è il risultato diretto e esclusivo della condotta di un terzo (l’appaltatore), la cosa regredisce a mera “occasione” dell’evento, e il nesso causale con il potere di custodia si interrompe. La responsabilità va quindi ricercata in capo a chi ha eseguito o commissionato i lavori in modo negligente. Per quanto riguarda il danno subito dal proprietario, la motivazione è altrettanto lineare: il risarcimento del danno ha la funzione di ristorare una perdita patrimoniale già subita. L’eliminazione di un rischio futuro è un fatto distinto che non può annullare il diritto a essere compensati per un pregiudizio attuale e concreto, la cui esistenza deve essere accertata nel merito.

Conclusioni

Questa ordinanza fornisce un’importante guida per distinguere i confini della responsabilità del custode. Per enti pubblici e proprietari, il messaggio è chiaro: la responsabilità per i danni causati da una cosa in custodia non si estende automaticamente ai danni provocati dall’esecuzione di lavori su quella stessa cosa da parte di un soggetto terzo. È necessario un accertamento puntuale per verificare se la causa del danno sia la cosa stessa o l’imperita attività umana. La sentenza è stata cassata con rinvio alla Corte d’Appello di Napoli, che dovrà ora attenersi a questi principi per decidere nuovamente la controversia.

Il proprietario di una strada (custode) è sempre responsabile per i danni che si verificano su di essa?
No. La sua responsabilità è esclusa se il danno non è causato dalla “cosa” in sé, ma è la conseguenza diretta ed esclusiva delle modalità con cui un appaltatore, incaricato da un altro ente, esegue dei lavori su di essa. In tal caso, il nesso causale con la cosa in custodia si interrompe.

Se dei lavori eliminano il rischio di danni futuri, il danneggiato perde il diritto al risarcimento per i danni già subiti?
No. Secondo la Corte, l’eliminazione di un pericolo futuro non cancella il danno che si è già verificato. Il giudice deve valutare autonomamente se il pregiudizio passato (ad esempio, il peggioramento delle condizioni di stabilità di un terreno) costituisca una perdita risarcibile, indipendentemente dalla prevenzione di danni futuri.

Cosa distingue il danno “dalla cosa” dal danno causato “dai lavori sulla cosa”?
Il danno “dalla cosa” deriva da un suo difetto intrinseco o da una sua caratteristica che la rende pericolosa (es. un muro che crolla per fatiscenza). Il danno “dai lavori sulla cosa” deriva invece dalla condotta negligente o imperita dell’esecutore di tali lavori (es. l’uso di materiali sbagliati o tecniche costruttive che danneggiano le proprietà vicine). La sentenza chiarisce che solo il primo caso ricade nella responsabilità del custode ex art. 2051 c.c.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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