SENTENZA CORTE DI APPELLO DI BARI N. 1211 2025 – N. R.G. 00001573 2024 DEPOSITO MINUTA 05 08 2025 PUBBLICAZIONE 05 08 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO CORTE D’APPELLO DI BARI
Terza Sezione Civile
2) Dr. NOME COGNOME Consigliere
La Corte di appello di Bari, Terza Sezione Civile, composta dai seguenti Magistrati:
1) Dr. NOME COGNOME Presidente
Dr. NOME COGNOME Consigliere relatore
Ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile in grado di appello, iscritta al n. R.G. 1573/2024, avverso la sentenza n.897/2024 pubblicata il 20.5.2024 dal Tribunale di Trani
tra
, elettivamente domiciliata in Trinitapoli presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende come da procura speciale allegata all’atto di citazione di primo grado
Appellante
e
, in persona del rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME come da procura speciale a margine della comparsa di risposta di primo grado
Appellato
CONCLUSIONI: le parti hanno precisato le rispettive conclusioni come da scritti difensivi depositati telematicamente nel termine fissato ai sensi dell’art.352 co.1 cpc.
Ragioni in fatto e in diritto della decisione
Con la sentenza appellata il Tribunale di Trani ha rigettato la domanda di volta a sentire condannare il pagare in suo favore ex art.2051 c.c. o in subordine ex art.2043 c.c. complessivi € 46.218,00 (oltre accessori e spese di giudizio) a titolo di risarcimento dei danni, patrimoniali e non, da lei subìti alle ore 8,20 circa del 12.4.21 allorchè, mentre percorreva in l marciapiedi antistante la scuola INDIRIZZO, era inciampata in una pietra miliare ivi presente e non visibile a causa della presenza di numerosi genitori che accompagnavano i figli a scuola, così riportando una frattura alla caviglia per il cui trattamento si era dovuta sottoporre ad intervento chirurgico.
A fondamento della decisione di rigetto il giudice adìto ha osservato che, come eccepito dall’ente convenuto, la pietra miliare in discorso, collocata da anni in quel luogo e tinteggiata di giallo per maggiore riconoscibilità, era nell’occasione perfettamente visibile e quindi evitabile, tanto più che la sua presenza era ben nota alla donna, la quale ogni mattina accompagnava a scuola la figlia e quindi – vista la folla – avrebbe dovuto e potuto transitare in altra zona del marciapiede per non correre il rischio di inciampare nella pietra nascosta dalla gente; donde la conclusione che era stata la condotta disattenta tenuta dall’attrice – in violazione del generale dovere di autoresponsabilità gravante sugli utenti della strada – a cagionare in via esclusiva l’evento dannoso, recidendo il nesso eziologico tra quest’ultimo e la cosa custodita dall’ente comunale.
Avverso tale sentenza ha proposto appello la per chiedere, sulla base di due motivi di gravame, riformarsi la decisione di prime cure nel senso dell’accoglimento della domanda di risarcimento, con vittoria delle spese dei due gradi di giudizio.
In particolare con il primo motivo di impugnazione l’appellante, nell’operare ampi richiami alla giurisprudenza di legittimità in materia, lamenta che il primo giudice abbia errato sia nel ritenere provata in base alle emergenze istruttorie una condotta colposa della sia nel fare comunque discendere automaticamente da tale condotta il rigetto totale della pretesa risarcitoria, laddove la disattenzione del danneggiato può non integrare il caso fortuito ma soltanto un concorso di colpa rilevante ai fini del quantum di risarcimento, spettando peraltro al custode della cosa dimostrare che la condotta della vittima abbia invece inciso sul piano dell’ an , in quanto connotata da caratteristiche tali da recidere il nesso causale tra cosa ed evento dannoso.
Tali doglianze non sono suscettibili di accoglimento.
Ed invero la sentenza appellata non si è discostata dai principi giurisprudenziali operanti in materia (invocati a proprio favore da entrambe le parti in lite) ma al contrario, facendo puntuale applicazione di tali principi, e sulla base di un corretto scrutinio delle emergenze istruttorie, è pervenuta alla condivisibile conclusione che, nell’occasione, la on soltanto era stata effettivamente disattenta, ma aveva anche agito con un grado di avventatezza tale da far assurgere la sua condotta a fattore causale esclusivo dell’evento, relegando la cosa in custodia a mera occasione dello stesso.
A tal fine, il primo giudice ha correttamente valorizzato sia il fatto che l’evento si era verificato in pieno giorno e aveva riguardato una pietra miliare non occultata da ostacoli visivi fissi e addirittura pitturata di giallo per maggiore visibilità, ma anche e soprattutto la circostanza – la cui rilevanza nel percorso motivazionale viene completamente ignorata dall’appellante – che la donna conosceva perfettamente lo stato dei luoghi in quanto, come riferito dalla sua amica in sede testimoniale, vi si recava ogni giorno per accompagnare la figlia a scuola.
Tale ultima circostanza spiega la valutazione giudiziale di irrilevanza della presenza, in quel momento, di una folla di genitori, posto che la conoscendo perfettamente la condizione dei luoghi, era comunque nella condizione di rammentare la presenza di un siffatto ostacolo.
Anzi la sentenza appellata – anche qui con argomentazione non toccata dalle censure dell’appellante ravvisa proprio nella moltitudine di persone un elemento di conferma dell’elevata sbadataggine della posto che la presenza di folla, in un luogo dove la donna ben sapeva essere presente un ostacolo contundente, avrebbe dovuto indurla a seguire un percorso alternativo, tra i tanti possibili, in modo da non correre il rischio di non avvistare per tempo la pietra miliare a lei nota o, in alternativa, a procedere lungo la direttrice della pietra ma con cautele tali da prevenire l’inciampo.
Neppure si comprende poi quale rilievo possano avere, al fine di sovvertire la linearità del percorso argomentativo sopra richiamato e condiviso, le circostanze, riferite dalla teste ed invocate nell’atto di appello, che le due donne nell’occasione stavano procedendo in fila indiana, e che a seguito dell’inciampo la si era aggrappata alla schiena dell’altra per poi cadere al suolo, nè d’altra parte l’appellante spiega per quale ragione, e sotto quali profili, tali modalità dell’accadimento avrebbero inciso sulla causalità dell’accaduto.
Pure infondato è il secondo motivo di impugnazione con cui l’appellante chiede, in via subordinata, che la pretesa risarcitoria sia accolta previo inquadramento nel paradigma generale di responsabilità aquiliana di cui all’art.2043 c.c..
E’ già decisivo, al fine di pervenire a tale conclusione negativa, il rilievo che l’appellante, pur invocando la nuova qualificazione giuridica, si limita a riproporre una doglianza, fondata sull’inevitabilità dell’insidia da parte dell’utente della strada, riferibile all’ipotesi speciale di responsabilità di cui all’art.2015, senza fare
invece cenno alcuno alla ricorrenza degli elementi costitutivi dell’illecito ex art.2043 c.c. e, in particolare, alla configurabilità di una condotta della p.a., attiva od omissiva, connotata da dolo o colpa.
Per completezza argomentativa, comunque, giova osservare che gli elementi sin qui esaminati sotto l’angolo visuale della responsabilità da cose in custodia portano pure ad escludere la sussistenza di una condotta colposa della p.a. rilevante ai sensi dell’art.2043 c.c., e ciò tenuto conto che, come osservato anche dal primo giudice, l’amministrazione comunale aveva diligentemente posto in essere accorgimenti funzionali a facilitare l’avvistamento di una pietra miliare comunque già di per sé visibile, in particolare pitturando di giallo la cosa in modo da aumentarne la visibilità.
Alla luce di quanto sopra esposto, l’appello in esame va dunque rigettato, con conferma della decisione assunta in primo grado.
In base al criterio della soccombenza, la a condannata a rifondere al convenuto le spese del presente grado di giudizio, liquidate nella misura di cui in dispositivo.
Si dà infine atto che ricorrono ex art.13 co.1 quater TUSG, i presupposti per il versamento, da parte dell’appellante, dell’ulteriore contributo unificato di cui all’art.13 bis del medesimo testo unico.
P.Q.M.
La Corte di Appello di Bari, Terza Sezione Civile, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da avverso la sentenza n.897/2024 emessa dal Tribunale di Trani il 20.5.2024, disattesa o assorbita ogni altra istanza, deduzione, ed eccezione, così provvede:
rigetta l’appello;
condanna l’appellante a rifondere al n persona del Sindaco p.t., le spese del presente grado di giudizio, che liquida in € 3.500,00, oltre R.S.G. del 15%, C.P.A. e I.V.A. come per legge;
dichiara che, per effetto dell’odierna decisione, sussistono i presupposti di cui all’art. 13 co. 1- quater D.P.R. 115/2002, per il versamento, da parte dell’appellante, dell’ulteriore contributo unificato di cui all’art. 13 comma 1 bis del medesimo decreto.
Così deciso in Bari, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione Civile della Corte, il 23.7.2025
Il Consigliere relatore
Il Presidente
Dott. NOME COGNOME
Dott. NOME COGNOME