Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 8026 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 8026 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CONDELLO NOME COGNOME
Data pubblicazione: 25/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, giusta procura in calce al ricorso, dagli AVV_NOTAIO.ti NOME COGNOME (p.e.c. EMAIL), NOME COGNOME e NOME COGNOME NOME, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’AVV_NOTAIO, in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente – contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso, giusta procura in calce al controricorso, dall’AVV_NOTAIO, domicilio digitale EMAIL
-controricorrente –
e nei confronti di
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, rappresentati e difesi, giusta procura in calce al controricorso, dagli AVV_NOTAIOti NOME COGNOME (p.e.c. EMAIL), NOME COGNOME (p.e.c. EMAIL), ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo, in Roma, INDIRIZZO
-controricorrenti –
nonché nei confronti di
COGNOME NOME, COGNOME NOME, nella qualità di erede di NOME COGNOME, COGNOME NOME, nella qualità di erede di NOME COGNOME
-intimati – avverso la sentenza della Corte d’ appello di Ancona n. 1871/2018, pubblicata in data 3 settembre 2018 e notificata in data 18 ottobre 2018;
lette le conclusioni scritte depositate dal AVV_NOTAIO, AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 1° febbraio 2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
NOME COGNOME, NOME, NOME e NOME COGNOME, rispettivamente coniuge e figli di NOME COGNOME, convenivano in
giudizio NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali soci della RAGIONE_SOCIALE, il primo anche in proprio, chiedendone la condanna al risarcimento del danno non patrimoniale derivante dalla morte del congiunto verificatasi in data 19 aprile 2003 mentre era alla guida del velivolo ultraleggero Yuma – progettato dal COGNOME (il quale in sede penale aveva patteggiato la pena) e fabbricato e commercializzato dalla società convenuta -che era precipitato in mare a causa della rottura del montante dell’ala sinistra .
NOME COGNOME deduceva che la responsabilità era da addebitare alla RAGIONE_SOCIALE, società costruttrice del velivolo, nonché alla condotta colposa di guida del COGNOME, che aveva effettuato una manovra repentina di picchiata non consentita e comunque per non aver indossato occhiali e casco regolamentari, e chiedeva di essere autorizzato a chiamare in causa la società costruttrice; NOME COGNOME e NOME COGNOME eccepivano, invece, di non poter rispondere se non nei limiti di quanto era residuato dalla liquidazione della cessata RAGIONE_SOCIALE
La società chiamata in causa replicava di avere svolto il ruolo di mero esecutore delle istruzioni impartite dalla RAGIONE_SOCIALE, fornitrice anche dei materiali.
Il Tribunale di Ancona accoglieva la domanda principale, condannando NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME al risarcimento dei danni in favore degli eredi del defunto NOME COGNOME; condannava altresì la RAGIONE_SOCIALE a manlevare COGNOME NOME nella misura del 50 per cento di quanto da questi dovuto agli attori.
La sentenza è stata impugnata dalla RAGIONE_SOCIALE dinanzi alla Corte d’appello di Ancona che l’ha confermata.
Dando atto che la documentazione depositata in appello dalla RAGIONE_SOCIALE era stata tardivamente prodotta, i giudici di secondo grado
hanno qualificato il rapporto intercorso tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE come contratto di appalto, escludendo, sulla base degli elementi emersi dalla istruttoria, che la seconda avesse assunto la direzione e sorveglianza del lavori e che la prima avesse assunto il ruolo di nudus minister ed avallando la decisione di primo grado che aveva affermato che la responsabilità della RAGIONE_SOCIALE nei confronti dei danneggiati, come pure l’azione di rivalsa svolta dal COGNOME, sia in proprio sia in qualità di socio della RAGIONE_SOCIALE, nei confronti della RAGIONE_SOCIALE poggiasse sull’art. 2043 cod. civ. e non sul rapporto contrattuale fra le due società.
Con riguardo alle cause che avevano determinato il sinistro, la Corte territoriale ha richiamato le consulenze espletate in sede penale ed in sede civile, osservando che la RAGIONE_SOCIALE, essendo operatore professionale, era responsabile per non essersi resa conto della ‹‹ incongruità dei materiali e delle modalità di realizzazione del montante alare ›› o quanto meno per non avere segnalato il pericolo di maggiore corrosione del materiale utilizzato e, comunque, per non essersi rifiutata di eseguire il lavoro progettato dalla committente.
Avverso la suddetta decisione RAGIONE_SOCIALE, già RAGIONE_SOCIALE, propone ricorso per cassazione, affidato a tre motivi.
NOME COGNOME, NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME resistono con controricorso.
NOME COGNOME resiste con autonomo controricorso.
NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, questi ultimi due nella qualità di eredi di NOME COGNOME, non hanno svolto attività difensiva in questa sede.
La trattazione è stata fissata in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis .1. cod. proc civ.
La ricorrente ed i controricorrenti NOME COGNOME, NOME, NOME, NOME e NOME COGNOME hanno depositato memoria
illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente deduce , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5 c.p.c., ‹‹violazione e/o falsa applicazione di legge ed omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in relazione agli artt. 1655, 1665, 1667, 1668 e 2043 c.c.; in relazione alla dedotta responsabilità della RAGIONE_SOCIALE nel sinistro in oggetto per i vizi dell’opera; in relazione alla accettazione dell’opera stessa; in relazione alla riconoscibilità dei vizi da parte del committente; in relazione alla decadenza dalla denunzia dei vizi dell’opera nei contratti di appalto; in relazione alla prescrizione della azione di garanzia in materia di vizi dell’opera nei contratti di appalto›› .
Censura la decisione gravata per avere la corte territoriale fatto discendere la responsabilità, nella produzione del sinistro, sia nei confronti degli eredi di NOME COGNOME sia nei confronti del COGNOME quanto all’azione di manleva, dall’art. 2043 cod. civ.; in particolare, lamenta che i giudici di merito, pur qualificando il rapporto intrattenuto con la RAGIONE_SOCIALE come contratto di appalto, hanno comunque ritenuto sussistente una responsabilità extracontrattuale, omettendo di valutare ‹‹ le eccezioni di accettazione dell’opera e di decadenza della garanzia formulate ai sensi dell’art. 1667 e 1668 c.c. che regolano, appunto, il regime delle difformità e dei vizi dell’opera oggetto di un contratto di appalto e la prescrizione della relativa azione di garanzia, seppure spiegate ›› .
Con il secondo motivo la ricorrente prospetta, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5 c.p.c., la ‹‹ violazione e/o falsa applicazione di legge in relazione agli artt. 1655, 1665, 1667, 1668 e 1176 cod. civ.; in relazione alla dedotta responsabilità della RAGIONE_SOCIALE nel sinistro in oggetto per i vizi dell’opera; in relazione al ruolo
di nudus minister della RAGIONE_SOCIALE ed il relativo esonero da responsabilità ›› e contesta la decisione impugnata là dove ha ritenuto non provato il suo ruolo di nudus minister .
Evidenzia, al riguardo, che risultava provato che: a) la RAGIONE_SOCIALE aveva fornito un campione di aereo ultraleggero da tenere a modello ed i materiali con i quali erano stati realizzati i particolari sciolti costituenti lo Yuma; b) la RAGIONE_SOCIALE aveva fornito anche i progetti ed i disegni dei singoli particolari aeronautici, elaborati dal socio, COGNOME, che aveva indicato lo spessore e le dimensioni dei singoli particolari; c) gli stessi soci della RAGIONE_SOCIALE, COGNOME e COGNOME, avevano impartito direttive e richieste di modifica in corso d’op era sulla scorta delle esperienze di volo dei primi velivoli che erano stati assemblati dalla RAGIONE_SOCIALE e dalla stessa poi posti i commercio. Ribadisce, pertanto, che le risultanze istruttorie avevano fatto emergere che non aveva goduto di una minima autonomia e discrezionalità nell’esecuzione delle opere commissionate dalla RAGIONE_SOCIALE, ma aveva piuttosto agito quale mero esecutore di ordini impartiti dalla committente, cosicché doveva andare esente da responsabilità.
2.1. I motivi, strettamente connessi, possono essere congiuntamente esaminati e sono infondati.
2.2. Con tali doglianze si prospetta, in realtà, un’unica censura che concerne una pretesa erronea interpretazione, da parte dei giudici di merito, della domanda con cui il COGNOME, convenuto in primo grado dagli eredi di NOME COGNOME, ha chiamato in giudizio l’odierna ricorrente.
Sul punto, occorre premettere che il giudice di merito ha fondato la sua decisione sulla considerazione che, nel caso di specie, la responsabilità per i danni derivanti dal sinistro agli originari attori è stata prospettata unicamente sotto il profilo aquiliano e che allo
stesso modo, come rilevato dal giudice di primo grado, ‹‹l’azione di rivalsa svolta dal convenuto COGNOME, sia in proprio sia quale socio della committente RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, è stata fondata in entrambi i casi sull’art. 2043 cod. civ. e non sul r apporto contrattuale fra le due società (appalto)›› (pag. 17 della motivazione della sentenza qui impugnata); prescindendo da ogni rapporto contrattuale intercorrente tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, ha poi ritenuto una situazione di corresponsabilità solidale ex art. 2055 cod. civ. per i danni causati dal fatto illecito, ascrivibile sia alla RAGIONE_SOCIALE ed al COGNOME, che avevano curato la fase progettuale del velivolo, sia alla RAGIONE_SOCIALE per non avere mosso rilievi al progetto e per non avere rilevato l’inadeguatezza dei materiali utilizzati nella fase di realizzazione del montante alare e, quindi, per non avere adottato gli accorgimenti necessari ad evitare di mettere in circolazione un prodotto difettoso e, come tale, pericoloso.
2.3. Posto ciò, il Collegio non può esimersi dal rilevare che l’interpretazione della domanda è attività riservata al giudice di merito, in quanto si risolve in un tipico accertamento di fatto, ed è pertanto censurabile in sede di legittimità solo sotto il profilo dell’esistenza e logicità della motivazione, la quale si sottrae, dunque, ad ogni critica qualora sia sorretta da argomentazioni congrue e giuridicamente corrette (Cass., sez. 3, 10/10/2003, n. 15188, in motivazione; Cass., sez. L, 09/09/2008, n. 22893).
Non avendo l’odierna ricorrente neppure dedotto che il giudice abbia pronunciato su una domanda diversa da quella proposta dall’originario convenuto, in violazione del principio di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, né tanto meno riportato in ricorso, per la parte rilevante, uno stralcio della comparsa di costituzione depositata in primo grado dal convenuto COGNOME onde consentire a questa Corte di verificare il contenuto della domanda di rivalsa e la
portata sostanziale della pretesa fatta valere, con ciò violando l’art. 366, primo comma, n. 6, cod. proc. civ., deve ritenersi che l’atto di chiamata, proposto dal COGNOME, non potesse che essere inteso come chiamata del terzo responsabile, dovendosi attribuire rilevanza alla volontà del chiamante, che era quella di attribuire alla RAGIONE_SOCIALE la responsabilità dei difetti di costruzione del velivolo e dei conseguenti danni arrecati agli originari attori (Cass., sez. 3, 07/10/2011, n. 20610; Cass., sez. 1, 08/03/2018, n. 5580).
Tanto porta a ritenere che la responsabilità dedotta in giudizio, non trovando la sua fonte in un titolo contrattuale tra il convenuto e la terza chiamata in causa, del tutto correttamente è stata ricondotta dalla Corte d’appello nel perimetro della responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 cod. civ.
Perdono, pertanto, rilevanza e sono del tutto inconferenti le deduzioni difensive svolte dall’odierna ricorrente con le censure in esame, che fanno leva sulla esistenza di un rapporto contrattuale di appalto e sono finalizzate a far valere una presunta decadenza dalla garanzia per i vizi dell’opera, una asserita prescrizione dell’azione contrattuale, nonché una presunta accettazione dell’opera.
Piuttosto, non ricorrendo, per le ragioni sopra esposte, le condizioni per l’applicazione delle norme invocate dalla ricorrente (artt. 1655, 1665, 1667, 1668), la decisione qui impugnata, in linea con la giurisprudenza di questa Corte, ha fatto applicazione dell’art. 2043 cod. civ., ponendo a carico di chi ha agito in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni l’onere di provare tutti gli elementi richiesti da tale disposizione, compresa la colpa del costruttore (Cass., sez. 2, 26/09/2023, n. 27385; Cass., sez. U, 03/02/2014, n. 2284), non potendo operare il regime speciale di presunzione di responsabilità del costruttore.
Con il terzo motivo la ricorrente denunzia, in relazione all’art.
360, primo comma, n. 3 e n. 5 c.p.c., ‹‹ violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1176 e 2043 c.c. in re lazione alla dedotta responsabilità della RAGIONE_SOCIALE nel sinistro in oggetto, in relazione alla riconoscibilità dei vizi da parte del committente ed omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in riferimento alla mancata valutazione della certificazione RAGIONE_SOCIALE››.
Muovendo dalla considerazione che, secondo la decisione della Corte d’appello, la sua responsabilità deriverebbe da una condotta omissiva, consistita nel non avere mosso alla RAGIONE_SOCIALE rilievi in ordine alla qualità dei materiali utilizzati ed all’erronea progettazione del montante alare, assume che detta responsabilità non sarebbe stata provata, nel corso del giudizio di merito, da chi la invocava a sostegno delle sue domande.
Precisa, sul punto, che l’utilizzo dell’acciaio al cromo molibdeno, in luogo dell’alluminio, come emerso dalla istruttoria, costituiva scelta inusuale, ma non erronea, e che il montante alare che aveva ceduto non si era rotto nella saldatura, ma in un punto in prossimità della saldatura; soggiunge che non aveva le competenze per rendersi conto che il fattore di carico dei materiali forniti per la realizzazione dell’opera fosse inferiore di quello previsto dal progetto fornito dalla RAGIONE_SOCIALE, né tanto meno aveva la capacità di muovere rilievi ad un progetto altrui, non avendo mai progettato un velivolo, come risultava dalla documentazione prodotta che la Corte d’appello aveva omesso di valutare.
Rimarca, pure, che i giudici di appello neppure avevano preso in esame la certificazione RAGIONE_SOCIALE, dalla quale emergeva che ‹‹nel registro della RAGIONE_SOCIALE non risulta(va) identificato nessun apparecchio costruito dalla ditta RAGIONE_SOCIALE ›› .
3.1. La censura è inammissibile, in quanto sotto l’apparente
deduzione di violazione di vizi di legge, la ricorrente tende a sollecitare un riesame del merito della controversia, precluso in sede di legittimità.
3.2. La Corte territoriale non ha preso in considerazione ai fini della decisione il certificato dell’RAGIONE_SOCIALE, perché tardivamente prodotto in secondo grado senza che la parte giustificasse di essersi trovata nell’impossibilità di depositarlo, per causa ad essa non imputabile, nella precedente fase del giudizio, così facendo buon governo dell’art. 345 cod. proc. civ., nel testo ratione temporis applicabile.
I giudici di secondo grado hanno, poi, svolto, con accertamento di fatto non sindacabile in questa sede, considerazioni congrue e logiche in merito all’assolvimento dell’onere della prova da parte dei danneggiati e, in particolare, sia in ordine alla condotta tenuta dalla RAGIONE_SOCIALE ed al contributo causale da essa apportato nella determinazione dell’evento lesivo, sia in ordine all’elemento soggettivo della colpa, che è stato individuato nel fatto che la società, quale imprenditrice specializzata nel settore dell’aeronautica, aveva omesso di svolgere rilievi circa la qualità dei materiali forniti e poi utilizzati per la costruzione del velivolo e circa l’erronea progettazione del montante alare.
In particolare, il Tribunale e poi la Corte d’appello, in esito all’espletamento delle consulenze tecniche d’ufficio ed alla valutazione delle altre risultanze istruttorie, hanno ritenuto raggiunta la prova dei difetti nella progettazione e nella costruzione dell’ala, mancante di sfogo per l’umidità, addivenendo al convincimento che il sinistro era stato conseguenza della corrosione determinatasi all’interno dei montanti alari del velivolo, in prossimità della saldatura del montante alare alla staffa di fissaggio alla parte bassa della fusoliera, rilevando che si era formata una condensa causata dal fatto che nel montante
non era stato previsto un foro idoneo allo scarico della stessa e che il materiale utilizzato per la staffa, acciaio inox, e per il montante, acciaio al cromo-molibdeno, non erano adeguati.
Su queste basi, con motivazione argomentata e priva di vizi logici, hanno ritenuto sussistenti tutti i presupposti per la declaratoria di responsabilità ex art. 2043 cod. civ. sia a carico della RAGIONE_SOCIALE sia a carico della RAGIONE_SOCIALE; la ricorrente critica tali conclusioni, adducendo che la Corte territoriale avrebbe omesso di valutare in modo adeguato le prove acquisite e che difetterebbe la prova della colpa del danneggiante, rimarcando al riguardo che, operando nella produzione di lamierati (pezzi tagliati sulla scorta di disegni e materiali forniti da terzi), non aveva le competenze tecniche specifiche per la progettazione e la costruzione di velivoli e non avrebbe di conseguenza potuto muover rilievi ai progetti ed ai materiali forniti.
Trattasi, tuttavia, di doglianze che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione e falsa applicazione di legge e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, degradano in realtà verso l’inammissibile richiesta a questa Corte di una rivalutazione dei fatti storici da cui è originata l’azione e sulla base dei quali si è pervenuti all’affermazione di responsabilità (Cass., sez. U, 27/12/2019, n. 34476).
3.3. Neppure può trovare ingresso, nel regime di sindacato minimale ex art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., novellato, il vizio come dedotto dalla ricorrente.
La giurisprudenza di questa Corte è infatti ormai consolidata (Cass, sez. U, 07/04/2014, n. 8053 e n. 8054; Cass., sez. U, 18/04/2018, n. 9558; Cass., sez. U, 31/12/2018, n. 33679) nell’affermare che: il novellato testo della disposizione in esame ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico che concerne l’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza
risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti, oltre ad avere carattere decisivo; l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie; neppure il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito dà luogo ad un vizio rilevante ai sensi della predetta norma; nel giudizio di legittimità è denunciabile solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, in quanto attiene all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali: tale anomalia si esaurisce nella mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico, nella motivazione apparente, nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili e nella motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione.
Il ricorso deve, per le ragioni esposte, essere rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 9.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, pari ad euro 200,00, ed agli accessori di legge, in favore del COGNOME. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 10.000,00 per compensi,
oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, pari ad euro 200,00, ed agli accessori di legge, in favore dei controricorrenti COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione