Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 35020 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 35020 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 30/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30426/2020 R.G. proposto da :
COGNOME, RAGIONE_SOCIALE, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME
-controricorrenti- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO CAMPOBASSO n. 214/2020 depositata il 01/09/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/12/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.Il ricorso riguarda la sentenza con cui la Corte d’Appello di Campobasso ha parzialmente riformato la decisione con cui il Tribunale di Isernia -accogliendo la domanda proposta da NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME – ha dichiarato NOME COGNOME, NOME COGNOME e l’Associazione RAGIONE_SOCIALE responsabili dei danni arrecati all’immobile di proprietà degli attori (odierni resistenti) concesso prima in comodato all’associazione (dal 1 luglio 2016 al 31 dicembre 2016) e poi locato ai fratelli COGNOME (dal 1 gennaio 2017 al 30 giugno 2017), e ha condannato i convenuti in solido a risarcire i danni liquidati in euro 39.955,78.
2.La Corte d’Appello ha, anzitutto, respinto il motivo d’appello potenzialmente assorbente relativo al difetto di legittimazione attiva degli appellati per difetto di titolarità attiva del rapporto sostanziale azionato in giudizio, convenendo con il giudice di prime cure sul fatto che, non trattandosi di un giudizio petitorio ma di una pretesa risarcitoria fondata su titoli contrattuali (il comodato e la successiva locazione), era sufficiente l’allegazione e prova della qualità di comodanti e locatari in capo agli appellati, documentata e non oggetto di discussione: invero, poiché, per giurisprudenza costante, chiunque abbia la disponibilità di fatto del bene in base ad un titolo lecito lo può concedere in locazione o comodato, il comodante e il locatore hanno titolo per far valere nei confronti del comodatario e del conduttore la responsabilità contrattuale per la trasformazione o il deterioramento della cosa che non siano dovute all’uso ordinario.
2.1- Quanto al primo e al secondo motivo di gravame, con cui gli appellanti censuravano la decisione di primo grado nella parte in cui era stata ritenuta la responsabilità solidale tra i RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE sia per il danno emergente che per il lucro
cessante -premesso che si era formato un giudicato sulla sussistenza ed entità dei danni emergenti, ha ritenuto:
inammissibile il motivo quanto al lucro cessante perché gli appellanti non avevano sottoposto a critica la valutazione sul punto effettuata dal Tribunale che aveva ritenuto il danno accertato in via presuntiva, stimando in quattro mesi la durata dei necessari lavori di rispristino in base alla natura ed entità dei medesimi – come indicata dal CTU – e lo aveva
liquidato con riguardo al canone locativo mensile;
fondato, invece, il motivo concernente la ritenuta responsabilità solidale di comodataria e conduttori, non nel senso auspicato dagli appellanti di ritenere tutti esenti da ogni responsabilità, bensì nel senso che doveva affermarsi la responsabilità dei soli locatari; ciò in quanto: (i) la CTU esperita in sede di A.T.P. Aveva motivatamente stabilito che l’insorgenza dei danni era riconducibile all’arco temporale comprendente il secondo semestre dell’anno 2016 (durata del comodato) e il primo semestre dell’anno 2017 (durata della locazione), poiché, prima dell’inizio del comodato nel luglio 2016, il riscontro della piena agibilità e idoneità dei locali era evincibile da una certificazione di agibilità e idoneità dei locali rilasciata dall’ARAGIONE_SOCIALEL Regione Molise alla luce di un sopralluogo; (ii) diversamente, tuttavia, da quanto ritenuto da primo giudice -che perciò aveva stabilito la responsabilità solidale -era possibile determinare il momento di insorgenza dei danni in detto arco temporale, poiché il contratto locativo, sottoscritto tra le parti immediatamente dopo il periodo di comodato da parte dell’Associazione, non conteneva la descrizione dello stato del bene preso in locazione, per cui trovava applicazione l’indirizzo di legittimità consolidato per cui « il conduttore, al termine della locazione, è tenuto a restituire l’immobile nel medesimo stato in cui l’ha ricevuto, sicché in assenza di una descrizione dello stato del bene al momento della stipula del
contratto, si presume che lo abbia ricevuto in buono stato e nelle medesime condizioni deve restituirlo, salvo il deterioramento o il consumo risultante dall’uso della cosa in conformità del contratto, dovendo rispondere di ogni danno ulteriore che la cosa presenti all’atto della riconsegna» (Cass. n.19835/2014; Cass. n.2619/2014).
2.2- Conseguentemente la Corte di merito, « in accoglimento dell’appello limitatamente alla posizione della ex comodataria RAGIONE_SOCIALE », ha statuito che « la responsabilità per i danni subiti dai locatori come accertati dal primo giudice grava in via esclusiva sui conduttori NOME COGNOME e NOME COGNOME, a carico dei quali vanno poste anche le spese del presente secondo grado di giudizio »; osservava, poi, che « la peculiarità della vicenda, contraddistinta dalla unitarietà delle difese e dell’impugnazione, proposte dall’Associazione RAGIONE_SOCIALE e dagli altri appellanti rimasti soccombenti, induce a ravvisare seri motivi per dichiarare compensate le spese del doppio grado del giudizio tra la stessa associazione e gli attuali appellati ».
Contro la sentenza hanno proposto ricorso l’Associazione RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME affidandolo a sette motivi di cassazione. NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME hanno resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Va preliminarmente respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di valida e tempestiva procura conferita su supporto cartaceo, copiata per immagine su supporto informatico e trasmessa in via telematica unitamente alla notifica via pec del ricorso per Cassazione, in quanto mancante dell’asseverazione di conformità all’originale prevista dall’articolo 83 comma 3 c.p.c. e dall’articolo 10 D.P.R. numero 123/2001, in quanto – come stabilito dalle Sezioni Unite di questa Corte – « Nel giudizio in cassazione, la
mancanza dell’attestazione di conformità della procura alle liti notificata unitamente al ricorso a mezzo PEC ai sensi dell’art. 3-bis della l. n. 53 del 1994 non comporta l’inammissibilità per nullità della notificazione, venendo in rilievo, nell’attuale contesto di costituzione mediante deposito di fascicolo cartaceo, una mera irregolarità sanata dal tempestivo deposito del ricorso e della procura in originale analogico, corredati dall’attestazione mancante» (Cass. SEz. Un. n. 29175/2020).
2.- Il primo motivo del ricorso -rubricato « violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1 c. 346 L.311/04 (Legge finanziaria del 2005) e/o dell’articolo 1418 c.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 e/o 360 n. 4 c.p.c. per mancata registrazione del contratto di comodato stipulato dalle odierni resistenti con l’associazione RAGIONE_SOCIALE per il periodo 1 luglio 2016- 31/12/2016 e del contratto di locazione stipulato dagli odierni resistenti con RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE per il periodo 1 gennaio 2017- 30 giugno 2017. Improcedibilità e/o inammissibilità della domanda risarcitoria» deduce la nullità dei predetti contratti, in quanto asseritamente non registrati, rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado il procedimento, donde l’inefficacia degli stessi quale fonte delle obbligazioni fatte valere nel presente giudizio dai resistenti e, quindi, della responsabilità risarcitoria individuata – in ragione di tali titoli- a carico del comodatario e del locatario, dal giudice d’appello.
2.1- Il motivo è inammissibile in quanto la questione della validità dei contratti per mancata registrazione degli stessi non risulta in alcun modo sottoposta ai giudici di merito; tanto che nella sentenza d’appello si legge, a proposito della eccepita carenza di legittimazione attiva degli appellati, che « il primo giudice ha ritenuto l’eccezione infondata non trattandosi di un giudizio petitorio ed essendo sufficiente la prova della qualità di comandanti e locatori in capo ai ricorrenti documentata e non oggetto di discussione»; sicché, in mancanza di specifica indicazione da parte
dei ricorrenti, non è dato comprendere se il punto fosse stato oggetto di appello e se dunque sul punto (ovvero, sulla validità dei contratti) si sia formato un giudicato interno, il quale costituisce condizione preclusiva al rilievo officioso, anche da parte di questa Corte, di tale eccezione. Può, peraltro, aggiungersi che il rilievo officioso presuppone che la parte interessata abbia tempestivamente allegato, nel corso del giudizio di merito, le circostanze fattuali tali da consentire la rilevazione medesima (v. da ultimo Cass. n. 16102/2024), poiché anche la rilevazione d’ufficio della nullità per violazione di norme imperative ha come condizione che i relativi presupposti di fatto, sebbene non dedotti sotto forma di eccezione della parte interessata, siano stati acquisiti al giudizio di merito nel rispetto delle preclusioni assertive e istruttorie (v. ex aliis Cass. n. 4867/2024, Cass. n. 34053/2023), dal momento che il principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte a proposito della rilevabilità d’ufficio delle nullità contrattuali (sentenza 26242/2014, i cui princìpi sono stati peraltro successivamente ribaditi, tra le altre, da Cass. n. 19251/2018, Cass. n. 26495/ 2019, Cass. n. 20170/2022 e Cass. n. 28377/2022) deve essere applicato tenendo presenti le regole generali del processo civile, onde evitare che l’esercizio di un potere officioso consenta alle parti di aggirare i limiti processuali scanditi dal maturare delle preclusioni assertive ed istruttorie.
In altre parole la rilevazione officiosa della nullità è circoscritta alla sola valutazione in iure dei fatti già allegati e provati (cfr., anche nelle rispettive motivazioni, Cass. n. 20713/ 2023 e Cass. nn. 2607, 5038, 5478, 10712 e 19401 del 2024), e nella specie non risulta in alcun modo -né viene dedotto- che la questione della mancata «timbratura» e quindi «registrazione» dei contratti fosse stata comunque allegata.
3.- Il secondo motivo denuncia « violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. e/o dell’art. 2697 c.c. in relazione all’art. 360
comma 1 n. 3 e/o n. 4 c.p.c. per aver la sentenza impugnata riconosciuto la legittimazione attiva degli originari ricorrenti senza la prova della loro titolarità dominicale dei cespiti oggetto di causa, malgrado l’affermazione di esserne i proprietari contenuta nel ricorso ex articolo 447 bis CPC depositato innanzi al Tribunale di Isernia» .
I ricorrenti reputano, in sintesi, che la Corte territoriale sia incorsa in un vizio di ultrapetizione per aver attribuito rilievo – ai fini della sussistenza della legittimazione attiva degli odierni resistenti – alla concessione in comodato, e poi in locazione, del bene detenuto, senza considerare che i medesimi avevano impostato la loro azione giudiziale quali proprietari del cespite immobiliare oggetto dei danneggiamenti e che, quindi, di detta qualità avrebbero dovuto fornire specifica dimostrazione. In altre parole i ricorrenti affermano che il giudice di secondo grado avrebbe dovuto attenersi alla prospettazione degli originari ricorrenti e quindi vagliare se, in ragione di detta prospettazione, essi avessero provato l’affermata titolarità dell’immobile.
3.1 -Il motivo è infondato. I ricorrenti infatti si dolgono di un vizio di ultrapetizione in violazione dell’art. 112 c.p.c. deducendo un’errata interpretazione della domanda.
In proposito va, anzitutto, rammentato che se l’interpretazione e la qualificazione della domanda – ovvero del petitum e della causa petendi – competono al giudice di merito sulla base dei fatti allegati a fondamento della stessa, resta sindacabile in cassazione – in via diretta, e non per il mero tramite della motivazione al riguardo fornita dal giudice del merito – ove ridondi in un vizio di nullità processuale (v. Cass. Sez. 3 n. 11103/2020; nello stesso senso Cass. Sez. 1 n. 35222/2023 ove è richiamato l’insegnamento delle Sezioni Unite a proposito del confine del sindacato di legittimità dinanzi alla deduzione del vizio processuale : ‘quando col ricorso per cassazione venga denunciato un vizio che comporti la
nullità del procedimento o della sentenza impugnata, sostanziandosi nel compimento di un’attività deviante rispetto ad un modello legale rigorosamente prescritto dal legislatore, (..) il giudice di legittimità non deve limitare la propria cognizione all’esame della sufficienza e logicità della motivazione con cui il giudice di merito ha vagliato la questione, ma è investito del potere di esaminare direttamente gli atti e i documenti sui quali il ricorso si fonda, purché la censura sia stata proposta dal ricorrente in conformità alle regole fissate al riguardo dal codice di rito (ed oggi quindi, in particolare, in conformità alle prescrizioni dettate dagli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ.)’ (Cass. Sez. U n. 8077 -12) »
Ciò precisato, la censura risulta infondata, poiché dall’atto introduttivo del giudizio (prodotto quale allegato 2 al ricorso, e sub e) nel fascicolo di primo grado prodotto dal resistente) si evince che i resistenti si sono affermati proprietari del bene oggetto della pretesa risarcitoria nell’esposizione dei fatti, ma hanno posto a fondamento del diritto ad essere risarciti del danno emergente e del lucro cessante in tesi subito i contratti di comodato e locazione del bene stesso agli attuali ricorrenti: a pag. 5 dell’atto predetto si legge: «1. dalle allegazioni in fatto accompagnate dalla relativa documentazione e dell’accertamento tecnico del CTU, emerge in maniera chiara la responsabilità degli odierni convenuti i quali, ognuno in relazione al proprio titolo, risultano inadempienti nei confronti dei ricorrenti rispetto le obbligazioni su di essi gravanti (… )»; e nelle conclusioni a pag. 9 : « accertare e dichiarare gli inadempimenti degli odierni resistenti e la responsabilità contrattuale di questi in merito ai danni cagionati all’immobile sito nel Comune di Pozzilli alla INDIRIZZO e per l’effetto condannare in via solidale tra loro ovvero in ragione delle singole responsabilità (…)».
4.- Il terzo motivo denuncia « violazione e/o falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. e/o 116 c.p.c. In relazione all’articolo 360 primo comma n. 3 e/o n. 4 c.p.c e/o omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti nei giudizi di merito rappresentato dall’accertamento tecnico preventivo svoltosi innanzi al Tribunale di Isernia prima della proposizione del ricorso, in relazione all’articolo 360 primo comma n. 5 c.p.c.». In sintesi, i ricorrenti con tale motivo si dolgono del fatto che la Corte di merito sia pervenuta alla conclusione di addebitare tutti i danni ai fratelli COGNOME obliterando l’esito dell’A.T.P., pur richiamato, ovvero prescindendo da un elemento fattuale obiettivo in ragione del quale avrebbe potuto addebitare ai locatari unicamente l’importo dei danni del secondo semestre individuato nel predetto A.T.P. e corrispondente alla durata della locazione.
In altre parole, la Corte d’appello avrebbe erroneamente omesso di valorizzare i due periodi di formazione dei danni pervenendo a conseguenze smentite da uno specifico atto processuale che pure aveva richiamato e ciò valorizzando il fatto della mancata descrizione nel contratto di locazione dello stato del bene locato e traendone le relative conseguenze in diritto, con un ragionamento erroneo, superato da risultanze probatorie di segno opposto.
4.1 Il motivo, che si articola in realtà in due parti, è chiaramente inammissibile: da un lato, poiche’ mediante l’infondata deduzione di un vizio di omesso esame di un fatto decisivo (che, invero, la Corte ha esaminato e vagliato nell’ambio del proprio ragionamento decisorio di merito sulle risultanze probatorie) mira, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti e delle prove non ammissibile in questa sede di legittimità (ex multis, Cass. n. 10029/2021 ; Cass. n. 4172/2021; Cass. n. 8444/2020; Cass. n. 6519/2019) dove rimane preclusa qualsiasi censura volta a criticare il «convincimento» che il giudice di merito si è formato, in esito all’esame del materiale
probatorio (Cass. n. 11176/2017; Cass. n. 20802/2011; Cass. n. 42/2009); dall’altro, perchè invoca la violazione dell’art. 115 e 116 c.p.c. non per denunciare, nel primo caso, che il giudice, in contraddizione espressa o implicita con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove non introdotte dalle parti, (per tutte Cass., Sez. Un., 30 settembre 2020, n. 20867), e, nel secondo caso, che il giudice, nel valutare una prova o, comunque, una risultanza probatoria non le abbia attribuito il valore che il legislatore le attribuisce o quello di una differente risultanza probatoria, ma, evidentemente, per rimettere in discussione il governo del materiale probatorio operato dal giudice di merito (per tutte Cass., Sez. Un., 30 settembre 2020, n. 20867).
Infine la censura è inammissibile anche per la mancata impugnazione dell’accertamento implicito di giudicato interno circa i danni emergenti contenuto nella sentenza gravata, nonché della ritenuta inammissibilità dell’appello, da intendersi ai sensi dell’art. 342 c.p.c., per mancanza di critica della sentenza del Tribunale circa il lucro cessante.
5.Il quarto motivo denuncia la « violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 e/o n. 4 c.p.c. per aver la Corte Territoriale sancito la responsabilità esclusiva di RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE nella produzione dei danni oggetto di controversia in assenza di una corrispondente domanda giudiziale». Sostengono i ricorrenti che la sentenza impugnata sarebbe viziata per ultra petizione per aver statuito la responsabilità esclusiva dei locatari in difetto di specifica domanda, violando il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato poiché la domanda degli appellati era diretta solo ad escludere la ricorrenza della solidarietà passiva e non includeva anche l’accertamento della responsabilità esclusiva della comodataria o dei locatari; d’altra parte, gli odierni resistenti, chiedendo solo la conferma della sentenza di primo grado,
dovevano ritenersi aver rinunciato alle domande svolte nella costituzione nel giudizio volte alla declaratoria della responsabilità della comodataria e dei locatori nella produzione del danno «in ragione delle singole responsabilità accertate».
5.-1 Il motivo è infondato in quanto la pronuncia della Corte -che afferma, « in accoglimento dell’appello limitatamente alla posizione della ex comodataria RAGIONE_SOCIALE la responsabilità per i danni subiti dai locatori come accertati dal primo giudice grava in via esclusiva sui conduttori NOME COGNOME e NOME COGNOME»è una pronuncia di accoglimento parziale dell’appello che viene accolto quanto alla comodataria e non quanto ai conduttori.
6.Il quinto motivo denuncia la « violazione e/o falsa applicazione dell’art.2697 c.c. in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 e/o n. 4 c.p.c. per avere la sentenza impugnata confermato la sentenza di primo grado nella parte in cui ha illegittimamente determinato in quattro mesi la durata dei lavori per il ripristino dello status quo ante dell’immobile oggetto di causa». Secondo i ricorrenti la Corte d’appello avrebbe assunto un ruolo indebitamente supplettivo dell’onere probatorio degli attori circa la durata possibile dei lavori di ripristino, contestata dai ricorrenti nell’appello della conforme decisione del primo giudice, incorrendo nella violazione dell’articolo 2697 c.c. per avere accolto le istanze di parte avversa senza che questa avesse offerto alcun elemento tecnico che potesse agevolare il giudice nella valutazione.
6.1 Il motivo è inammissibile poiché a fronte del fatto chela Corte di merito ha ritenuto, a sua volta, inammissibile il medesimo motivo d’appello relativamente alla sentenza di primo grado poiché non aveva sottoposto a critica la valutazione sul punto effettuata dal Tribunale con accertamento presuntivo alla luce delle risultanze della CTU su natura ed entità dei lavori necessari, i ricorrenti si sono limitati ad invocare impropriamente la violazione dell’art.
2967, in violazione peraltro del principio secondo cui la violazione di detta norma si configura soltanto nell’ipotesi che il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una parte diversa da quella che ne è gravata secondo le regole dettate da quella norma, non anche quando, a seguito di una incongrua valutazione delle acquisizioni istruttorie, il giudice abbia errato nel ritenere che la parte onerata abbia assolto tale onere (come è in effetti nella specie, ove vi è soltanto un apprezzamento sull’esito della prova, sindacabile in sede di legittimità solo per il vizio di cui all’art. 360 n. 5 c.p.c. (Cass. n. 13395/2018; Cass. n. 15107/2013; Cass. n. 19064/2006; Cass. n. 2155/2000; Cass. n. 11949/2003), senza censurare la decisione di inammissibilità predetta e, quindi, ignorando la reale ratio decidendi .
7.- Il sesto motivo denuncia « violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 c.p.c. e/o dell’art, 92 c.p.c. in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 e/o n. 4 c.p.c. per avere la sentenza impugnata compensato le spese tra l’appellante RAGIONE_SOCIALE e gli odierni resistenti nonostante l’esito vittorioso del gravame per l’Associazione e in assenza di gravi eccezionali ragioni giustificative della risposta compensazione delle spese processuali di lite ».
7.1Sul punto la Corte d’appello ha così statuito: la peculiarità della vicenda, contraddistinta dalla unitarietà delle difese e dell’impugnazione, proposte dall’Associazione RAGIONE_SOCIALE e dagli altri appellanti rimasti soccombenti, induce a ravvisare seri motivi per dichiarare compensate le spese del doppio grado del giudizio tra la stessa associazione e gli attuali appellati ». La Corte ha valorizzato quindi per derogare al principio della soccombenza, la peculiare circostanza che l’Associazione comodataria e i locatari – pur avendo logicamente un interesse distinto e non convergente avendo occupato l’immobile in tempi diversi avessero resistito alla domanda risarcitoria e poi reagito alla sentenza di condanna con una difesa unitaria.
7.2- Il motivo è fondato.
In linea generale, deve ribadirsi come il potere del giudice di compensare le spese di lite presenta natura discrezionale, sicché il sindacato di questa Corte, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa (tra le tante v. Cass. n. 10685/2019), « per cui vi esula, rientrando nel potere discrezionale del giudice di merito, la valutazione dell’opportunità di compensarle in tutto o in parte, sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca che in quella di concorso di altri giusti motivi » (tra le altre, Cass. n. 24502/2017; nello stesso senso anche Cass. n. 19613/2017), e ciò « in ragione della ‘elasticità’ costituzionalmente necessaria che caratterizza il potere giudiziale di compensazione delle spese di lite, non essendo indefettibilmente coessenziale alla tutela giurisdizionale la ripetizione di dette spese» in favore della parte vittoriosa ‘ (così Cass. n. 21400/2021 che richiama Corte cost., sent. 21 maggio 2014, n. 157).
Nondimeno, resta « censurabile in sede di legittimità la coerenza e la razionalità (non della scelta di compensare le spese, ma) della motivazione con cui il giudice di merito abbia sorretto la compensazione », risultando suscettibile di cassazione la « motivazione palesemente illogica, inconsistente o manifestamente erronea » (così, in motivazione, Cass. n. 17816/2019).
Il che è ciò che si verificato nel caso di specie, per le ragioni di seguito illustrate.
Al riguardo, deve preliminarmente rilevarsi che -essendo stato il presente giudizio instaurato, in primo grado, in data 29.8.2018 -trova applicazione ratione temporis il testo dell’art. 92 c.p.c. come modificato dall’art. 13, comma 2, del decreto -legge 12 settembre 2014, n. 132, convertito dalla legge 10 novembre 2014, n. 162,
nonché «integrato» in forza della sentenza «additiva» della Corte costituzionale 19 aprile 2018, n. 77.
La compensazione delle spese -oltre che per soccombenza reciproca -è, dunque, prevista solo « nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti» ovvero in presenza (grazie, appunto, all’intervento della Corte delle leggi) di «analoghe» gravi ed eccezionali ragioni.
Secondo quanto già affermato da questa Corte, tali «altre» gravi ed eccezionali ragioni sono da ravvisare « nelle ipotesi di sopravvenienze relative a tali questioni » (cioè, quelle trattate in giudizio) « di assoluta incertezza che presentino la stessa, o maggiore, gravità ed eccezionalità delle situazioni tipiche espressamente previste dall’art. 92, comma 2, cod. proc. civ .» (cfr. Cass. n. 4696/2019; in senso conforme Cass. n. 3977/2020).
A tali ipotesi non è riconducibile l’«unitarietà delle difese e dell’impugnazione» in mancanza di maggiori specificazioni sulla « peculiarietà della vicenda» che valgano a suffragare la indicata «serietà» del dei motivi.
8.- Il settimo motivo denuncia « violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 e/o 24 Cost. e/o dell’art. 91 c.p.c. e/o dell’art, 92 c.p.c. in relazione all’art. 360 primo comma n. 3 e/o n. 4 c.p.c. per avere la sentenza impugnata condannato NOME COGNOME e NOME COGNOME a corrispondere agli appellati le spese e competenze di lite del giudizio d’appello nonostante vi fosse tra le parti soccombenza reciproca; e/o per avere il giudice di secondo grado compensato le spese soltanto tra l’Associazione RAGIONE_SOCIALE e gli appellati e non anche tra NOME COGNOME e NOME COGNOME e gli appellati malgrado il criterio della «unitarietà delle difese applicato in sentenza».
8.1- Il motivo inammissibile perché, come detto poco sopra, la decisone sulle spese è una decisione discrezionale del giudice di merito, sicché il sindacato di questa Corte è limitato ad accertare
che non risulti violato il principio secondo il quale le stesse non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa, e nella specie ciò certo non è, essendo risultati i locatari fratelli Fascia del tutto soccombenti, non potendo rilevare – come preteso -il fatto che la Corte d’appello abbia respinto in via preliminare la dedotta inammissibilità del gravame e, tanto meno, il fatto ce abbia assunto una diversa decisione per la RAGIONE_SOCIALE risultata vittoriosa, peraltro, con motivi che, come detto, ne determinano la cassazione.
Il ricorso va, dunque, accolto limitatamente al sesto motivo essendo inammissibili o infondati gli altri, e la sentenza impugnata va cassata, senza disporre alcun rinvio, potendo questa Corte decidere la causa nel merito, non occorrendo ulteriori accertamenti di fatto, ma dovendo solo liquidarsi le spese dei due gradi di giudizio di merito in favore dell’RAGIONE_SOCIALE, come da dispositivo.
Le spese del presente giudizio seguono anch’essa la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo in applicazione del d.m. 13 agosto 2022, n. 14. Quanto all’Associazione RAGIONE_SOCIALE -e, per essa, al difensore che ne ha chiesto la distrazione – che vede accolto un solo motivo sui sette proposti, la condanna dei soccombenti va limitata nella misura del 30% delle spese come liquidate per l’intero nel dispositivo, spese che restano per il resto compensate tra le parti. Quanto ai ricorrenti NOME e NOME Fascia, totalmente soccombenti, le spese, liquidate come da dispositivo, vanno poste interamente a loro carico in favore dei controricorrenti NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME. Sussistono i presupposti processuali per il raddoppio del contributo unificato se dovuto a carico dei ricorrenti soccombenti NOME e NOME COGNOME .
P.Q.M.
La Corte accoglie il sesto motivo e respinge per il resto di ricorso; cassa per l’effetto la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, condanna NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, in solido tra loro a rifondere alla ricorrente RAGIONE_SOCIALE, le spese di lite che liquida:
-per il primo grado di giudizio, in € 4.600,00 per compensi oltre a spese forfettarie nella misura del 15% sul compenso, IVA e CPA come per legge;
-per il giudizio di appello, in € 4.500,00, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% sul compenso, IVA e CPA come per legge.
Quanto al presente giudizio di legittimità:
condanna NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, in solido tra loro a rifondere alla ricorrente RAGIONE_SOCIALE, il 30% delle spese di lite, compensate per il resto, che liquida per l’intero in euro 4 000,00 per compensi, più € 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% ed accessori di legge; spese che vanno distratte in favore del difensore Avv. NOME COGNOME che ne ha fatto richiesta;
condanna i ricorrenti NOME COGNOME e NOME COGNOME in solido fra loro al pagamento delle spese di lite in favore dei controricorrenti NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME liquidate nell’importo di euro 3000,00 più euro 200,00 per esborsi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15% sul compenso ed agli accessori come per legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dalla I. 24 dicembre 2012, n. 228, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dei ricorrenti NOME COGNOME e NOME COGNOME dell’ulteriore importo a
titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1- bis.
Cosí deciso in Roma, nella camera di consiglio della 1° Sezione