Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16881 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 16881 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29284/2021 R.G. proposto da :
COMUNE DI COGNOME, in persona del sindaco in carica, domiciliato per legge in ROMA, alla INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE, domiciliato digitalmente per legge
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME domiciliate per legge in ROMA alla INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentate e difese dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, domiciliato digitalmente per legge
– controricorrenti –
Avverso la SENTENZA della CORTE d’APPELLO di MESSINA n. 404/2021 depositata il 21/09/2021.
Udita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 15/04/2025, dal Consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Georgeta NOME COGNOME la sera del 21/06/2004 mentre conduceva, sulla INDIRIZZO del Comune di Tripi, l’autovettura di proprietà di NOME COGNOME, precipitò in una scarpata, posta al termine del tratto di strada antecedente una svolta che doveva essere necessariamente imboccata, a distanza di poche decine di metri dalla casa , sita nell’abitato del detto Comune, dove ella abitava con la detta NOME COGNOME e subì lesioni personali, e pure l’auto subì gravi danni.
COGNOME COGNOME e la COGNOME convennero, quindi, in giudizio, dinanzi al Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, il Comune di Tripi chiedendone la condanna ai sensi dell’art. 2051 c.c, assumendo la mancanza di adeguata segnalazione della scarpata e di barriere protettive.
Il Comune si costituì in giudizio e resistette alla domanda affermando che la scarpata era segnalata con adeguati cartelli e la strada era sbarrata con paletti verticali e a croce di Sant’Andrea e dedusse, inoltre, che la condotta di guida della Costa era stata del tutto inadeguata allo stato dei luoghi, alla stessa ben noti.
Il Tribunale, esperite le prove testimoniali e una consulenza medico legale di ufficio, attribuì un concorso nella causazione dell’evento alla condotta di guida della Costa, quantificandolo nella percentuale del trenta per cento, e , all’esito del giudizio, accolse la domanda condannando il Comune al pagamento di oltre settanta seimila euro (€ 76.315,40).
Il Comune di Tripi propose appello.
La Costa resistette all’impugnazione.
NOME COGNOME rimase contumace.
La Corte d’appello di Messina, con la sentenza n. 404 del 2021, ha rigettato il gravame.
Avverso la sentenza della Corte territoriale propone ricorso per cassazione il Comune di Tripi, con tre motivi, dei quali il terzo in via subordinata rispetto al secondo.
Resiste NOME COGNOME
Il ricorso è stato chiamato all’adunanza camerale del 15/04/2025, per la quale entrambe le parti hanno depositato memoria e il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I motivi di ricorso sono i seguenti.
I motivo: violazione e (o) falsa applicazione degli articoli 132, primo comma, n. 4 c.p.c. e 111 Cost. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c.; nullità della sentenza per motivazione apparente, per avere la Corte d’appello omesso di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento e (o) per averli indicati senza una loro approfondita disamina logica o giuridica e (o) in quanto ha richiamato principi generali e fattispecie astratte senza ricondurre il ragionamento all’esame della fattispecie concreta oggetto di controversia.
II motivo: violazione e (o) falsa applicazione degli articoli 115 e 116 c.p.c., 2051 e 1227 c.c., secondo comma, c.c. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. ; travisamento delle risultanze processuali. La Corte d’appello ha travisato le risultanze processuali e (o) ha acquisito, e non valutato, un’informazione probatoria decisiva ai fini della controversia e (o) ha omesso di applicare i principi enucleati dalla giurisprudenza di legittimità in tema di interruzione del nesso di causalità ex art. 2051 c.c. e (o) dell’art. 1227 c.c., secondo comma, c.p.c., alla luce della condotta abnorme posta in essere dalla danneggiata idonea ad elidere il nesso eziologico tra cosa e danno.
III motivo: (in via subordinata rispetto al precedente) violazione e (o) falsa applicazione dell’art. 1227, primo comma, c.c. in relazione
all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. per avere i giudici di merito contenuto la corresponsabilità della danneggiata nella misura irrisoria del trenta per cento.
Il primo motivo è inammissibile. La sentenza della Corte territoriale reca motivazione adeguata, anche mediante il richiamo, espresso, alla sentenza di primo grado, secondo la tecnica della condivisione ragionata (per la cui ammissibilità si veda Cass. n. 15483 del 11/06/2008 Rv. 603367 -01 e, a contrario , ossia per il caso in cui la motivazione per relationem non è stata ritenuta adeguata Cass. n. 16057 del 18/06/2018 Rv. 649281 – 01) ed esplicita il proprio ragionamento decisorio in modo intellegibile e comunque ampiamente superiore al cd minimo costituzionale. Dalla piana lettura delle pagine nelle quali si dipanano le censure proposte con il primo motivo si rileva agevolmente che non è dedotta, dalla difesa del Comune, una nullità della motivazione, nel senso ancora ammissibile alla stregua della giurisprudenza nomofilattica, di motivazione inferiore al minimo costituzionale (Cass. n. 7090 del 03/03/2022 Rv. 664120 -01 in continuità con Sez. U n. 8053 del 7/04/2014 Rv. 629830) ma le censure attengono alla ricostruzione dei fatti e alla valutazione degli stessi per come operata dalla Corte d’appello. Le censure di cui al primo motivo non prospettano errori di diritto e non contengono neppure una critica ragionata alla sentenza d’appello ma si limitano a prospettare una diversa ricostruzione e valutazione dei fatti di causa.
Il secondo motivo è, al pari del primo, inammissibile, per carenza di adeguata riproduzione dell’atto di appello del Comune, o, quantomeno, delle parti di esso dalle quali si possa desumere che vi era stata adeguata e conferente censura in ordine alla valutazione delle prove operata dal primo giudice.
Segnatamente la difesa del Comune riporta, nel ricorso per cassazione, parti delle dichiarazioni testimoniali di alcuni testimoni (COGNOME, vigile urbano e COGNOME), ma non indica, se non
genericamente, dove e quando dette testimonianze, così come risultanti dai verbali di causa, erano state poste a base della decisione da parte del Tribunale e in che modo detta valutazione era stata censurata in appello.
Il secondo motivo reca, al pari del primo, una mera critica alla ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, ma non prospetta errori di violazione di norme di diritto o di sussunzione, bensì una mera contrapposizione al ragionamento decisorio. È opportuno ribadire che (Cass. n. 27847 del 12/10/2021 Rv. 662803 – 01) il principio del libero convincimento, posto a fondamento degli artt. 115 e 116 c.p.c., opera interamente sul piano dell’apprezzamento di merito, insindacabile in sede di legittimità, sicché la denuncia della violazione delle predette regole da parte del giudice di merito non configura un vizio di violazione o falsa applicazione di norme processuali, sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 360, comma primo, n. 4, c.p.c., bensì un errore di fatto che va censurato nei limiti consentiti dall’art. 360, comma primo, n. 5, c.p.c.
Ciò comporta che il sindacato di questa Corte deve, quindi, necessariamente arrestarsi, non essendo stata posta un’idonea censura in diritto.
Le censure relative al travisamento della prova non attingono adeguatamente la motivazione della Corte territoriale, risolvendosi in una richiesta di un diverso apprezzamento delle circostanze sulla cui base i giudici di merito hanno ritenuto di potere riconoscere l’evento di danno (in tema di travisamento della prova si veda da ultimo, con riferimento alla necessità dell’impugnazione per revocazione, Sez. U n. 5792 del 5/03/2024 Rv. 670391 – 01).
In conclusione, può soltanto rilevarsi come quel che il motivo, in ultima istanza, chiede, è una rivalutazione del fatto, ossia dell ‘ apporto causale della condotta di guida della Costa alla produzione dell’evento lesivo , sul quale i giudici di merito hanno già motivatamente ed adeguatamente espresso il loro convincimento,
ritenendo la condotta di guida della Costa rilevante, ai fini della realizzazione dell’evento, nella misura del trenta per cento.
Analoga preclusione da inammissibilità concerne il terzo motivo del ricorso del Comune di Tripi, poiché quel che con esso viene chiesto è un diverso apprezzamento, richiamando la previsione dell’art. 1227, primo comma, c.c., del comportamento della danneggiata, senza che sia prospettata alcuna utile censura in punto di diritto, posto che la valutazione in ordine alla condotta concorrente di NOME COGNOME è stata compiuta dai giudici di merito (in ossequio alla pacifica natura di eccezione in senso ampio: Cass. n. 27258 del 21/10/2024 Rv. 672543 -01) rilevabile anche d’ufficio , compatibilmente con gli oneri di allegazione e impugnazione (Cass. n. 4770 del 15/02/2023 Rv. 666764 – 01) e le censure poste dall’ente pubblico territoriale mirano unicamente a ottenere una revisione, in senso peggiorativo per la danneggiata, della percentuale di concorso che è stata stimata nella sopraddetta misura dai giudici di merito con adeguato apprezzamento delle circostanze del caso, in applicazione della giurisprudenza di questa Corte (si veda, per una fattispecie concreta in gran parte analoga a quella in esame, perché concernente la caduta di un’auto in una scarpata, e per l’irrilevanza di una serie causale alternativa Cass. n. 30921 del 22/12/2017 Rv. 647354 – 01).
In definitiva, il ricorso reca censure inammissibili.
Il ricorso è, pertanto, dichiarato inammissibile.
Le spese di lite seguono la soccombenza del Comune e, valutata l’attività processuale espletata, in relazione al valore della controversia, sono liquidate come da dispositivo.
La decisione di inammissibilità del ricorso comporta che deve attestarsi, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente e in favore del competente Ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Condanna il Comune ricorrente al pagamento, in favore delle controricorrenti, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente e in favore del compente Ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di