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Responsabilità del committente: quando risponde dei danni

Una proprietaria cita in giudizio il vicino del piano di sotto per danni strutturali derivanti da lavori di ristrutturazione. La Corte d’Appello conferma il rigetto della domanda, chiarendo i limiti della responsabilità del committente. Se il danno è causato esclusivamente da un errore tecnico dell’appaltatore, questo si configura come caso fortuito, esonerando il proprietario che si era affidato a professionisti qualificati.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

Responsabilità del Committente per Danni in Appalto: La Sentenza della Corte d’Appello

Quando si commissionano lavori di ristrutturazione nel proprio immobile, sorge spontanea una domanda: chi risponde se questi lavori causano danni ai vicini? La questione della responsabilità del committente è un tema complesso, che bilancia il diritto del proprietario a migliorare il proprio bene e la tutela dei terzi. Una recente sentenza della Corte d’Appello di Roma offre chiarimenti cruciali, delineando i confini entro cui il proprietario può essere ritenuto esente da colpe.

I Fatti di Causa: Danni da Ristrutturazione e Richiesta di Risarcimento

Il caso ha origine dalla domanda di una proprietaria di un appartamento che lamentava di aver subito ingenti danni a seguito dei lavori di ristrutturazione eseguiti nell’unità immobiliare sottostante. I danni consistevano in avvallamenti della pavimentazione, lesioni alle tramezzature, abbassamento di una porta e incrinature varie. La proprietaria, supportata da una perizia di parte che quantificava il danno in oltre 26.000 euro, citava in giudizio il vicino committente dei lavori, chiedendo non solo il risarcimento ma anche un intervento di ripristino della distribuzione dei carichi strutturali dell’edificio.

Il convenuto si difendeva sostenendo di aver affidato i lavori a imprese e professionisti qualificati e che ogni intervento era stato eseguito a regola d’arte e nel rispetto delle normative. A suo avviso, la responsabilità per eventuali danni non poteva ricadere su di lui, ma semmai sulle imprese esecutrici, chiedendo di essere da queste manlevato.

La Decisione in Primo Grado: Rigetto della Domanda

Il Tribunale, in prima istanza, aveva respinto la domanda della danneggiata. I giudici avevano ritenuto che la richiesta si fondasse sull’art. 2043 c.c. (risarcimento per fatto illecito), ma che la responsabilità non fosse ascrivibile al proprietario-committente. Questo perché l’appaltatore agisce in autonomia e, per addebitare una colpa al committente, la parte danneggiata avrebbe dovuto provare una sua negligenza specifica, come la culpa in eligendo (colpa nella scelta di un’impresa inadeguata), cosa che non era avvenuta. Inoltre, il Tribunale aveva escluso anche una responsabilità ai sensi dell’art. 2051 c.c. (danno da cose in custodia), interpretando l’errore progettuale dell’appaltatore come un ‘caso fortuito’ idoneo a interrompere il nesso causale tra l’immobile (la ‘cosa’) e il danno.

L’Appello e i Limiti della Responsabilità del Committente

La proprietaria danneggiata ha impugnato la decisione, basando l’appello su due motivi principali:
1. Errata individuazione della causa petendi: Secondo l’appellante, il Tribunale aveva erroneamente limitato la sua analisi all’art. 2043 c.c., senza considerare adeguatamente la responsabilità del committente quale custode dell’immobile ai sensi dell’art. 2051 c.c.
2. Omessa valutazione della culpa in eligendo: L’appellante sosteneva che il committente aveva autorizzato un subappalto a una ditta individuale priva di adeguate qualifiche tecniche, incorrendo così in una palese colpa nella scelta degli esecutori.

Le Motivazioni della Corte d’Appello

La Corte d’Appello ha respinto l’appello, confermando la sentenza di primo grado con argomentazioni precise.

Sulla Responsabilità da Custodia (Art. 2051 c.c.)

I giudici d’appello hanno chiarito che, sebbene il primo giudice avesse esaminato la posizione del convenuto anche sotto il profilo dell’art. 2051 c.c., la sua conclusione era corretta. La giurisprudenza consolidata stabilisce che il committente, pur rimanendo custode del proprio immobile, può essere esonerato da responsabilità se prova il ‘caso fortuito’. In questo contesto, il fatto del terzo – ovvero l’errore tecnico di progettazione commesso dall’appaltatore o dal professionista incaricato – assume le caratteristiche del caso fortuito. Poiché l’errore afferiva a competenze tecniche specialistiche che il committente non possiede e non può controllare, esso risultava imprevedibile e inevitabile, interrompendo così il nesso di causalità e liberando il proprietario da ogni responsabilità.

Sulla Colpa nella Scelta (Culpa in Eligendo)

Anche il secondo motivo d’appello è stato ritenuto infondato. La Corte ha rilevato un vizio procedurale decisivo: la questione della culpa in eligendo non era mai stata sollevata nell’atto di citazione originale. Si trattava, quindi, di una domanda nuova, inammissibile in appello. Ad ogni modo, la Corte ha aggiunto che il convenuto aveva comunque dimostrato di aver affidato i lavori a un’impresa appaltatrice e a professionisti qualificati, senza che la controparte avesse mai contestato tale circostanza nel corso del primo grado di giudizio.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale in materia di appalti e danni a terzi: la responsabilità del committente non è assoluta. Di regola, l’appaltatore è l’unico responsabile dei danni derivanti dalla sua attività, data la sua autonomia organizzativa. Il committente risponde solo in ipotesi specifiche, come una concreta ingerenza nei lavori o, appunto, una provata culpa in eligendo. Se, come in questo caso, il danno deriva esclusivamente da un errore tecnico specialistico dell’appaltatore, tale evento si qualifica come ‘fatto del terzo’ con valore di caso fortuito, sufficiente a escludere la responsabilità oggettiva del proprietario quale custode del bene.

Il proprietario di un immobile è sempre responsabile per i danni causati dai lavori di ristrutturazione da lui commissionati?
No, non sempre. La sentenza chiarisce che il committente può essere esonerato da responsabilità se dimostra che il danno è stato causato esclusivamente dal fatto del terzo (in questo caso, l’errore tecnico e progettuale dell’appaltatore), il quale costituisce un ‘caso fortuito’ che egli non poteva prevedere né impedire.

Cosa si intende per ‘culpa in eligendo’ e perché non è stata riconosciuta in questo caso?
Per ‘culpa in eligendo’ si intende la colpa del committente nella scelta di un’impresa o di professionisti palesemente inadeguati. In questo caso, la Corte ha ritenuto che tale profilo di responsabilità non potesse essere esaminato perché non era stato specificamente dedotto dalla parte danneggiata nel suo atto di citazione iniziale, e quindi non faceva parte dell’oggetto del processo.

L’errore tecnico del progettista o dell’appaltatore può escludere la responsabilità del committente ai sensi dell’art. 2051 c.c.?
Sì. Secondo la Corte, un errore tecnico di progettazione, che afferisce a competenze specialistiche che il committente non possiede, sfugge ai suoi margini di prevedibilità e controllo. Tale errore si configura come un caso fortuito che interrompe il nesso di causalità tra la cosa in custodia (l’immobile) e il danno, liberando il committente dalla responsabilità oggettiva prevista dall’art. 2051 c.c.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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