SENTENZA CORTE DI APPELLO DI ROMA N. 4872 2025 – N. R.G. 00004090 2019 DEPOSITO MINUTA 28 08 2025 PUBBLICAZIONE 28 08 2025
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D ‘ APPELLO DI ROMA
SEZ. V CIVILE
composta da:
dott.ssa NOME COGNOME Presidente
dott.ssa NOME COGNOME Consigliere
dott.ssa NOME COGNOME Consigliere rel.
riunita in camera di consiglio,
nella causa civile di secondo grado iscritta al n. r.g. 4090/2019, vertente
tra
difesa dall’avv. NOME COGNOME
– APPELLANTE –
E
ifesa dall’avv. NOME COGNOME
– APPELLATA –
E
vv.
difeso da se medesimo e dall’avv. NOME COGNOME
– APPELLATO –
OGGETTO: risarcimento danni.
OGGETTO: risarcimento danni.
CONCLUSIONI: come in atti.
FATTO E DIRITTO
Con atto di citazione ritualmente notificato, ha convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Roma , deducendo di essere proprietaria di un appartamento in Roma INDIRIZZO piano INDIRIZZO interno INDIRIZZO; che il convenuto eseguiva lavori di ristrutturazione del di lui appartamento sottostante il proprio; che in conseguenza della esecuzione non a regola d’arte di detti lavori,
nell’appartamento di essa attrice si sarebbero verificati avvallamenti nella pavimentazione che avrebbero comportato lesioni passanti nelle quattro tramezzature collaboranti e precisamente nel divisorio tra prima e seconda stanza a sinistra e tra seconda e terza stanza stesso lato, oltre che sulla parete di accesso al corridoio, con conseguente abbassamento della porta e, da ultimo, delle incrinature in alcuni punti sulle maioliche nel bagno e in cucina, oltre che un abbassamento nella terza stanza a sinistra, che avrebbe causato lo scollamento dal soffitto di una libreria a muro, nonché fessure sulla pavimentazione; che tali danni troverebbero riscontro nella perizia di parte redatta dall’Ing. che ha quantificato l’importo necessario per la riparazione degli stessi in € 26.505,00. Ha dedotto ancora l’attrice che tali interventi di ristrutturazione avrebbero comportato una alterazione dei carichi dell’intero fabbricato e che, per eventi non prevedibili ma nemmeno da escludere, vi sarebbe la necessità di interventi atti a prevenire una accelerazione nel deperimento delle opere. Sulla base di tali deduzioni, l’attrice ha chiesto al tribunale di:
Accertare la piena ed esclusiva responsabilità dell’Avv in ordine al verificarsi delle lesioni nell’appartamento di proprietà dell’attrice e conseguentemente condannare l’avv. a risarcire i danni subiti dalla Signora nel proprio appartamento nella misura di € 26.000,00 o in quella maggiore o minore che verrà ritenuta tale in corso di causa;
Ordinare all’avv. di ripristinare la distribuzione dei carichi originari nel fabbricato o, in subordine, il rifacimento almeno di una struttura portante che funga da pilastro in corrispondenza del muro rompi tratta.
Con vittoria si spese competenze ed onorari di lite oltre accessori di legge Iva e CAP.’
Si costituiva in giudizio il convenuto, contestando la fondatezza delle domande nei propri confronti spiegate dalla eccependo in via pregiudiziale la improcedibilità della domanda per il mancato preventivo esperimento del procedimento di negoziazione assistita e formulando richiesta di chiamata in causa della per essere da questa manlevato e tenuto indenne in ipotesi di soccombenza; ha chiesto di essere autorizzato a chiamare in causa le ditte esecutrici dei lavori e dei progetti; ha riferito circostanze e sviluppo cronologico dei lavori, dalla programmazione all’esecuzione; ha dedotto la congruità e completezza degli incombenti amministrativi; ha osservato che i lavori sono stati eseguiti in conformità alla normativa di riferimento e al progetto strutturale ed architettonico depositati e che sono state usate le più opportune cautele e la perfetta regola d’arte, con controlli sui materiali e un approfondito collaudo finale; ha inoltre dedotto: – che non vi è nesso causal e tra i danni lamentati dall’attrice e i lavori di ristrutturazione eseguiti nell’appartamento di lui convenuto, bensì i primi derivano da lavori eseguiti nel corso del tempo nell’appartamento dell’attrice e da difetto di manutenzione dello stesso, ciò che rileva anche ai sensi dell’art. 1227 c.c.; – che semmai la responsabilità investe le imprese appaltatrici e gli altri soggetti incaricati della progettazione e della direzione dei lavori; – che, in ogni caso, la pretesa risarcitoria è sproporzionata ed ingiustificata; che la domanda relativa al monitoraggio e all’ordine di ripristino è
inammissibile e infondata sia come richiesta di risarcimento in forma specifica sia come denuncia di danno temuto. Ha chiesto quindi, il convenuto, pur dopo aver contestato il difetto di allegazione e la genericità della causa petendi, il rigetto della domanda e comunque nella denegata ipotesi di accoglimento, anche parziale, della domanda di parte attrice ove riconosciuta la di lui responsabilità, di condannare la in persona del legale rappresentante pro tempore, e gli altri chiamati, ciascuno per il proprio titolo in via alternativa e / o solidale a tenerlo indenne e a manlevarlo da ogni conseguenza negativa derivante dall’accoglimento totale o parziale delle domande attoree.
In ogni caso, con vittoria di spese ed onorari oltre IVA e CA.
Si è costituita in giudizio la terza chiamata, associandosi nel merito alle difese del convenuto e comunque confermando la copertura assicurativa in favore del convenuto medesimo.
Non è stata autorizzata la chiamata in causa degli ulteriori soggetti terzi diversi dalla compagnia di assicurazione (per le ragioni di cui al verbale dell’udienza del 29/9/2017); in accoglimento della eccezione di improcedibilità della domanda il giudice disponeva esperirsi la prevista negoziazione assistita ed è stato fissato un termine per gli incombenti della negoziazione assistita.
Nel corso della detta procedura, cui non partecipava ancorchè ritualmente invitata, il convenuto offriva di riparare a sue spese e con ditta di sua fiducia le crepe lamentate nelle prime due stanze dalla attrice e di ripristinare l’infisso di accesso al corridoio. Offerta che veniva rifiutata dalla attrice che avanzava, invece, richiesta di pagamento di una somma sostanzialmente pari al petitum.
Espletata in corso di causa CTU, il giudice di prime cure ha così disposto:
‘rigetta la domanda di accertamento di responsabilità e risarcitoria della parte attrice e dichiara cessata la materia del contendere sulla restante domanda’,
e ha condannato la parte attrice al pagamento delle spese del giudizio.
Il tribunale, in particolare, ha ritenuto che la domanda sarebbe stata fondata dall’attrice esclusivamente sulla responsabilità ex art. 2043 c.c. ,che tuttavia non poteva ascriversi al proprietario, sibbene all’appaltatore, non essendo stati dedotti profili di colpa del committente nella scelta del progettista e appaltatore (culpa in eligendo).
Ha poi ritenuto non dedotta la responsabilità del proprietario ex art. 2051 c.c., e che comunque la domanda, pur volendola ritenere implicita, sarebbe stata infondata in quanto l’errore progettuale causa dei danni costituirebbe un caso fortuito, escludendo quindi il nesso causale tra il bene in custodia e il danno cagionato, non avendo il committente, privo delle necessarie competenze, alcuna possibilità di controllo sui lavori.
Ha infine ritenuto rinunciata la domanda relativa alla verifica delle condizioni statiche dell’edificio e al ripristino della distribuzione dei carichi originari del fabbricato, non riproposta in sede di precisazione delle conclusioni, dopo
un’articolata motivazione sul concetto di rinuncia alla domanda, concludendo che ‘se ne deve desumere che possono essere oggetto di rinuncia del difensore oltre che i semplici capi o le semplici articolazioni specificative di una domanda, anche quei profili della richiesta attorea ritenendo che non abbiano una portata estensiva sostanziale dell’azione, riguardando la tutela di una medesimo posizione soggettiva ed essendo espressione di un medesimo interesse ad agire’.
Avverso detta sentenza, ha proposto appello l’attrcice soccombente, deducendone la erroneità per i motivi di seguito indicati e chiedendone la riforma, così concludendo:
‘ Piaccia all’Ecc.ma Corte adita, disattesa ogni contraria istanza, in accoglimento dell’appello proposta ed in riforma della sentenza del Tribunale di Roma Giudice Monocratico dott. NOME COGNOME n.9840/2019 del 10 maggio 2019, accogliere la domanda avanzata dalla Signora nei confronti dell’avv. e per l’effetto condannare il convenuto a corrispondere i danni patiti per come quantificati nella consulenza di parte depositata agli atti e così nella misura di Euro 25.000,00 od in quella diversa misura che verrà ritenuta di giustizia, oltre interessi a far data dalla domanda. Vinte le spese e funzioni di lite del doppio grado di giudizio ivi comprese le spese della CTU e con condanna alla ripetizione delle somme corrisposte alle parti convenute in esecuzione della sentenza qui impugnata’.
La parte appellata si è costituito, deducendo la inammissibilità dell’appello ex artt. 342 e 348 bis c.p.c., la infondatezza dei motivi di appello nel merito.
Si è costituita anche la società assicuratrice, deducendo la infondatezza dei motivi di appello e chiedendone il rigetto.
All’esito del deposito delle note scritte sostitutive dell’udienza di precisazione delle conclusioni, la causa è stata assegnata in decisione.
L’appello è infondato.
Con il primo motivo , si deduce una errata individuazione della causa petendi , rilevando l’appellante che il diritto risarcitorio in favore dell’odierno appellante ‘ rimane lo stesso indipendentemente dalla fattispecie legale prescelta e sempre unica è la domanda risarcitoria. Di conseguenza il Tribunale ha errato laddove ha ritenuto che la causa petendi è da individuare esclusivamente nell’art. 2043 c.c., con susseguente impossibilità di accertare una responsabilità da custodia in capo alla parte convenuta ‘, richiamando giurisprudenza di legittimità sul punto.
Rileva quindi che ‘ il committente in ogni caso risponde pertanto ex art.2051 c.c., dei danni nei confronti dei terzi, derivanti dalla cosa oggetto dell’appalto, salva l’ipotesi che l’evento si sia verificato esclusivamente a causa del fatto dell’appaltatore inteso come fatto del terzo che egli non poteva prevedere o impedire (in tal senso vedi
anche Cass. 27554/2017), ciò anche in coerenza con i valori di solidarietà di cui agli art.2 e 41 della Costituzione, secondo le coordinate generali dell’interpretazione costituzionalmente orientata del sistema della responsabilità civile’.
Il motivo è infondato, in quanto l’appellante non considera che il primo giudice, oltre a ritenere (in diritto) non proposta la domanda ex art. 2051 c.c., con ulteriore e autonoma motivazione ha rilevato che la domanda nel merito è comunque infondata, in quanto la responsabilità esclusiva del progettista e dell’appaltatore, avallata dalla CTU, vale ad escludere il nesso di causalità tra la custodia del bene e la responsabilità del proprietario e il danno, che è causato esclusivamente dalla condotta altrui, così configurandosi un caso fortuito escludente la responsabilità del proprietario.
Il tribunale infatti ha rilevato ‘ Va peraltro osservato, ad abundantiam, che che, pur a ritenere in ipotesi implicitamente incluso il riferimento alla responsabilità da custodia nella deduzione dei danni quale effetto di lavori che hanno apportato modifiche all’immobile di parte convenuta, non sarebbe comunque ravvisabile una responsabilità del convenuto. Invero, stando agli accertamenti peritali, come visto, i danni riconducibili ai lavori sono stati dovuti ad un errore tecnico di progettazione, e dunque ad un profilo di imperizia che, afferendo ha competenze tecniche specialistiche proprie del professionista, sfugge ai margini di prevedibilità ed evitabilità del committente provvisto di analoghe competenze; tanto è vero che, proprio in quanto tale, egli si è dovuto rivolgere a professionisti per l’elaborazione dei progetti e ad imprenditori di settore per l’esecuzione dei lavori, e da parte attrice non è stata dedotta una carenza di qualificazione professionale e/o imprenditoriale dei primi e/o dei secondi. ‘.
E La stessa giurisprudenza citata dall’appellante conduce invero a tale conclusione: (Cass. 23442/2018 : ‘ In caso di danni subiti da terzi nel corso dell’esecuzione di un appalto, bisogna distinguere tra i danni derivanti dalla attività dell’appaltatore e i danni derivanti dalla cosa oggetto dell’appalto; per i primi si applica l’art. 2043 c.c. e ne risponde di regola esclusivamente l’appaltatore (in quanto la sua autonomia impedisce di applicare l’art. 2049 c.c. al committente), salvo il caso in cui il danneggiato provi la una concreta ingerenza del committente nell’attività stessa e/o la violazione di specifici obblighi di vigilanza e controllo; per i secondi (e cioè per i danni direttamente derivanti dalla cosa oggetto dell’appalto, anche se determinati dalle modifiche e dagli interventi su di essa posti in essere dall’appaltatore) risponde (anche) il committente ai sensi dell’art. 2051 c.c., in quanto l’appalto e l’autonomia dell’appaltatore non escludono la permanenza della qualità di custode della cosa da parte del committente; in tale ultimo caso, il committente, per essere esonerato dalla sua responsabilità nei confronti del terzo danneggiato, non può limitarsi a provare la stipulazione dell’appalto, ma deve fornire la prova liberatoria richiesta dall’art. 2051 c.c., e quindi dimostrare che il danno si è verificato esclusivamente a causa del fatto dell’appaltatore, quale fatto del terzo che egli non poteva prevedere e/o impedire (e fatto salvo il suo diritto di agire eventualmente in manleva contro l’appaltatore)’.
Nel caso in esame, sull’art. 2051 c.c., il primo giudice ha appunto ritenuto provata tale circostanza (la prova liberatoria), che in questa sede resta confermata, tenuto conto di quanto segue, sul secondo, connesso, motivo di impugnazione.
Con il secondo motivo, l’appellante deduce che’ il tribunale è incorso in errore laddove ha ritenuto che non sussista alcuna responsabilità in capo alla parte convenuta, avendo egli affidato lo svolgimento dei lavori ad un’impresa appaltatrice, regolando i rapporti con apposito contratto, autorizzando il subappalto e conferendo ad alcuni qualificati professionisti la progettazione architettonica e strutturale. E’ noto infatti che il committente è comunque responsabile, ex art.2043 c.c., per culpa in eligendo, laddove si sia avvalso di impresa palesemente inadeguata a svolgere l’attività affidata. Orbene, nel caso di specie, il Tribunale ha completamente omesso di valutare che nel caso concreto il committente aveva autorizzato il sub appalto delle opere murarie, originariamente affidate alle alla ditta individuale (vedi punto 7 della comparsa di costituzione della convenuta) e soprattutto che né dell’appaltatore e men che meno del subappalto, vi era alcuna evidenza sulla loro idoneità tecnico-professionale intesa come disponibilità di capitali, organizzazione, mezzi ed esperienze documentate di aver effettuato lavori strutturali similari e capacità tecniche necessari all’esecuzione delle opere da realizzare. Costituisce infatti specifico obbligo del committente per non incorrere nella culpa in eligendo il verificare l’esistenza dei necessari requisiti in capo a colui che effettivamente andrà ad effettuare i lavori e laddove ciò non risulta comprovato, il committente incorre in responsabilità. Nel caso di specie è pacifico che i lavori murari sono stati eseguiti da una ditta individuale di cui non vi è alcun elemento che possa certificare la conoscenza tecnica e neppure il possesso dei requisiti tecnico professionali ‘.
Anche sotto tale profilo, il motivo di appello non appare idoneo ad inficiare la motivazione della sentenza impugnata, che ha rilevato come nell’atto di citazione non fosse stata dedotta in alcun modo la addebitabilità al committente di ‘culpa in eligendo’.
Per altro verso, come rilevato dal primo giudice, ‘il convenuto ha dedotto e dimostrato, senza peraltro incontrare contestazioni da controparte, di aver affidato lo svolgimento dei lavori ad un’impresa appaltatrice, regolando i rapporti con apposito contratto, autorizzando il subappalto e conferendo a diversi qualificati professionisti i lavori di progettazione e direzione dei lavori e coordinamento della sicurezza’.
Si rileva anche che la sentenza appare conforme ai principi statuiti dalla giurisprudenza di legittimità, per cui ( Sez. 3, Sentenza n. 11371 del 16/05/2006 ) ‘ L’autonomia dell’appaltatore il quale esplica la sua attività nell’esecuzione dell’opera assunta con propria organizzazione apprestandone i mezzi, nonché curandone le modalità ed obbligandosi verso il committente a prestargli il risultato della sua opera, comporta che, di regola, l’appaltatore deve ritenersi unico responsabile dei danni derivati a terzi dall’esecuzione dell’opera’. (Cfr. anche Cass.
Sez. 3, Sentenza n. 7356 del 26/03/2009 , e Cass. S ez. 2, Sentenza n. 1234 del 25/01/2016 : ‘ L’autonomia dell’appaltatore comporta che, di regola, egli deve ritenersi unico responsabile dei danni derivati a terzi dall’esecuzione dell’opera, potendo configurarsi una corresponsabilità del committente soltanto in caso di specifica violazione di regole di cautela nascenti ex art. 2043 c.c., ovvero nell’ipotesi di riferibilità dell’evento al committente stesso per “culpa in eligendo” per essere stata affidata l’opera ad un’impresa assolutamente inidonea ovvero quando l’appaltatore, in base a patti contrattuali, sia stato un semplice esecutore degli ordini del committente, agendo quale “nudus minister” dello stesso.’).
Non risultando quindi provata né , come detto, tempestivamente dedotta nell’atto di citazione sotto tale profilo la responsabilità (anche) del committente, l’appello risulta infondato e deve essere respinto.
Resta assorbito il motivo di appello sul quantum.
Le spese posson essere compensate tra la parti, atteso che all’esito della CTU i danni risultano essere stati confermati, e tale circostanza che dato luogo alla causa costituisce motivo idoneo alla compensazione delle spese.
P.Q.M.
La Corte, definitivamente pronunciando, così provvede:
rigetta l’appello, compensa le spese del grado.
Dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento da parte dell’appellante dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’atto di appello, a norma dell’art. 13 co. 1 quater DPR n. 115 del 30.5.2002.
Roma, 30 luglio 2025
La Cons. est. La Presidente dott.ssa NOME COGNOME dott.ssa NOME COGNOME