Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 16720 Anno 2025
ORDINANZA
sul ricorso N. 6059/2023 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE quale mandataria di RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE, in persona del procuratore speciale NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende come da procura allegata al ricorso, domicilio digitale come in atti
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del procuratore speciale NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende come da procura allegata al controricorso, domicilio digitale come in atti
-controricorrente –
RAGIONE_SOCIALE
-intimata –
avverso la sentenza n. 13140/2022 del Tribunale di Roma, depositata il 9.9.2022;
udita la relazione della causa svolta nella adunanza camerale del 10.3.2025 dal Consigliere relatore dr. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione del 18.1.2018, RAGIONE_SOCIALE quale mandataria con rappresentanza di RAGIONE_SOCIALE (già RAGIONE_SOCIALE) convenne dinanzi al Giudice di pace di Roma RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE per ottenerne la condanna al risarcimento del danno patito, pari ad € 2.689,76 , in occasione del sinistro occorso in data 17 luglio 2014, allorquando la prima società convenuta, nell’eseguire dei lavori di scavo in Roma, INDIRIZZO, commissionati dalla RAGIONE_SOCIALE aveva danneggiato un cavo interrato di mt. 3 x 100, all’epoca di proprietà di Acea Distribuzione s.p.a. In particolare, parte attrice aveva invocato, oltre alla responsabilità della RAGIONE_SOCIALEr.RAGIONE_SOCIALE, titolare del cantiere e materiale autrice del danno, anche quella di RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE in qualità di committente dei lavori, ai sensi dell’art. 2049 c.c., stante la sua conclamata culpa in eligendo . Costituitesi le convenute, la RAGIONE_SOCIALE chiamò in causa la RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE, quale effettiva appaltatrice dei lavori, chiedendo di essere eventualmente dalla stessa manlevata da ogni conseguenza negativa derivante dal giudizio; la RAGIONE_SOCIALE, a sua volta, chiamò in causa la RAGIONE_SOCIALE, che si costituì negando di aver eseguito lavori di scavo in Roma alla INDIRIZZO e che il contratto di ‘nolo a freddo’ prodotto
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dalla RAGIONE_SOCIALE, peraltro non firmato, non aveva nessuna attinenza con il sinistro in questione. Istruita la causa, con sentenza n. 3/2020, il Giudice di pace condannò in solido RAGIONE_SOCIALE e Italgas Reti s.p.a. al pagamento d i € 2.689,76 in favore di Acea s.p.a. La predetta sentenza venne impugnata dalla Italgas Reti s.p.a. Nella resistenza della Acea s.p.a. n.q. e nella contumacia della RAGIONE_SOCIALE (le terze chiamate non risultano essere state evocate nel giudizio di secondo grado), il Tribunale di Roma, con sentenza n. 10373/22 del 9.9.2022, accolse l’appello e, in riforma della prima decisione, rigettò la domanda proposta da Acea s.p.a. nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, negando la sussistenza della responsabilità solidale anche in relazione alla pretesa culpa in eligendo . Osservò il giudice d’appello che non emergeva alcun concreto elemento di prova che consentisse di affermare un’ingerenza di RAGIONE_SOCIALE nei confronti della appaltatrice, né una colpa nell’in dividuazione della stessa, in quanto (in ipotesi) inidonea in astratto allo svolgimento dei lavori.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione Acea s.p.a. n.qRAGIONE_SOCIALE affidandosi ad un unico motivo, cui resiste con controricorso RAGIONE_SOCIALE.p.a.RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese. Le parti costituite hanno depositato memoria. Ai sensi dell’art. 380 -bis .1, comma 2, c.p.c., il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nei sessanta giorni successivi all’odierna adunanza camerale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 -Con l’unico motivo si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2049 c.c. in materia di responsabilità del committente per ‘ culpa in
eligendo ‘ in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c. , per aver escluso il giudice d’appello la responsabilità solidale della committente RAGIONE_SOCIALE (quale concessionaria di Roma Capitale del pubblico servizio di distribuzione del gas metano) con la appaltatrice RAGIONE_SOCIALE nella causazione dei danni subiti dalla ricorrente a seguito di attività di scavo su strada pubblica. Rileva la ricorrente che la responsabilità solidale della committente RAGIONE_SOCIALE per culpa in eligendo , contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale, è invece già di per sé sussistente per il solo fatto di avere individuato una ditta appaltatrice ed esecutrice dei lavori rivelatasi inidonea allo svolgimento degli stessi, non occorrendo affatto fornire la prova della ingerenza del committente, attraverso direttive vincolanti, né della concreta inidoneità della ditta stessa. Del resto, prosegue la ricorrente, la responsabilità ex art. 2049 c.c., nella forma della culpa in eligendo , può anche configurarsi quando il committente sceglie come appaltatore un soggetto non idoneo, ossia privo delle necessarie competenze tecniche richieste per l’esecuzione del contratto ; inoltre, benché l’appaltatore sia tenuto a rispondere dei danni provocati a terzi -in virtù dell’autonomia con cui egli svolge la sua attività -può tuttavia configurarsi in capo al committente una responsabilità oggettiva indiretta per la semplice presenza della relazione con l’incombenza, ovvero della scelta negligente dell’appaltat ore medesimo. Né rileva, ai fini del l’applicazione dell’art. 2049 c.c., il ruolo di nudus minister del committente a fronte della totale autonomia organizzativa ed esecutiva dell’appaltatore e nemmeno, al contrario, l’ingerenza del committente tale da far assumere all’appaltatore il ruolo di mero esecutore materiale, perché il criterio
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discretivo della responsabilità si rinviene nella presenza o meno del mero rapporto di preposizione.
2.1 -L’unico motivo è infondato.
È consolidato nella giurisprudenza di questa Corte il principio per cui ‘ Poiché l’appaltatore gode di autonomia organizzativa e gestionale, una responsabilità del committente per i danni causati a terzi durante l’esecuzione dell’opera è configurabile solo quando l’opera sia stata affidata a un’impresa manifestamente inidonea (cd. culpa in eligendo) ovvero quando la condotta causativa del danno sia stata imposta all’appaltatore dal committente stesso, attraverso rigide ed inderogabili direttive, costituendo l’accertamento della sussistenza di tali circostanze un’indagine di fatto riservata al giudice di merito, come tale incensurabile in sede di legittimità ove correttamente motivata ‘ (così, da ultimo, Cass. n. 36399/2023).
A detto principio si è attenuta la sentenza impugnata, rilevando la carenza probatoria imputabile all’odierna ricorrente , sui punti dirimenti (ossia, sulla questione delle eventuali direttive impartite all’appaltatore, nonché sui profili di colpa nella sua scelta e selezione, in capo alla RAGIONE_SOCIALE).
La ricorrente, al fine di superare il deficit probatorio su quest’ultimo profilo , propugna in questa sede la sussistenza della responsabilità del preponente a carico della controricorrente, tuttavia così incorrendo in un evidente equivoco: infatti, altro è la responsabilità ex art. 2049 c.c., di natura oggettiva, altro è quella per culpa in eligendo , da ascriversi alla norma generale di cui all’art. 2043 c.c. (v. Cass. n. 1234/2016; n. 7536/2009).
Pertanto, la tesi per cui la responsabilità del committente per culpa in eligendo sarebbe assistita da una presunzione relativa, superabile con la prova contraria a carico della committente, risulta evidentemente insostenibile. Ai fini della configurabilità della responsabilità solidale tra appaltatore e committente per culpa in eligendo a carico di quest’ultimo, infatti, ciò che viene in rilievo è la responsabilità aquiliana della stessa committente, con i conseguenti oneri probatori integralmente gravanti sul danneggiato , a norma dell’art. 2043 c.c . Nessun onere probatorio, dunque, può addossarsi al riguardo ad RAGIONE_SOCIALE, quanto alla scelta della ditta appaltatrice, giacché semmai l’assunto avrebbe dovuto essere supportato probatoriamente proprio dalla RAGIONE_SOCIALE, come correttamente ritenuto dal Tribunale, che ha concluso -con valutazione fattuale a ben vedere neppure specificamente censurata -che detta prova non era stata offerta dalla parte che vi era tenuta.
Quanto poi al profilo della decisione circa l’ assenza di prova di specifiche direttive impartite all’appaltatore (così eventualmente relegato al ruolo di nudus minister ), esso non è specificamente censurato e comunque -ove a tale deficit potesse supplirsi -esso non gioverebbe comunque alla ricorrente, perché nel caso occorrerebbe affermare la responsabilità esclusiva della committente, non anche quella solidale con l’appaltatore , su cui la ricorrente, invece, comunque insiste.
Infine, la motivazione risponde certamente al minimo costituzionale ex art. 111, comma 6, Cost., in quanto la valutazione circa l’idoneità della impresa appaltatrice non è stata affatto effettuata in astratto, ma sulla base del rilievo dell’omesso assolvimento dell’onere della prova da parte dell’odierna ricorrente .
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3.1 -In definitiva, il ricorso è rigettato. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza nei rapporti con la controricorrente. Nulla va disposto nei rapporti con l’intimata, che non ha svolto difese.
In relazione alla data di proposizione del ricorso (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n.115 (nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228).
P. Q. M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente, n.q., alla rifusione delle spese esborsi, oltre di lite , che liquida in € 1.8 00,00 per compensi, oltre € 200,00 per rimborso forfetario spese generali in misura del 15%, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente al competente ufficio di merito, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della