Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 14431 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 14431 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 23/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4741/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME, elettivamente domiciliati in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliato ex lege in ROMAINDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonchè
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO NAPOLI n. 3800/2020 depositata il 09/11/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 29/04/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Ritenuto
1.- I coniugi NOME COGNOME e NOME sono stati convinti da tale NOME COGNOME a costituire una società che svolgesse il servizio di cura dei calcoli renali, per il cui espletamento era necessario acquistare un macchinario detto Litotritore. Il COGNOME promise loro di ottenere un prezzo di favore sull’acquisto, millantando le sue aderenze adesso la società produttrice, che era la RAGIONE_SOCIALE, d’ora in poi RAGIONE_SOCIALE.
E’ stata dunque costituita tra i due coniugi ed il COGNOME una società chiamata RAGIONE_SOCIALE, che ha acquistato i predetti macchinari presso la filiale italiana della società produttrice.
I due coniugi, tuttavia, hanno scoperto, poco dopo, di aver pagato quei macchinari non già meno di quanto ufficialmente costassero, come aveva promesso il COGNOME, bensì addirittura di più ed hanno scoperto altresì che, in realtà, quei macchinari non funzionavano adeguatamente e dunque non consentivano di
effettuare il servizio sanitario per il quale la società era stata costituita.
Ciò ha indotto i due coniugi a sporgere querela nei confronti sia del COGNOME che di NOME COGNOME, agente della RAGIONE_SOCIALE, che di NOME COGNOME, legale rappresentante della medesima. Il relativo processo penale si è concluso con una sentenza di condanna per truffa aggravata nei confronti di tali imputati.
1.2.- Nel contempo, sono state iniziate due cause civili: la prima davanti al tribunale di Napoli, instaurata dalla società RAGIONE_SOCIALE (d’ora in poi RAGIONE_SOCIALE) che aveva acquistato il macchinario dalla RAGIONE_SOCIALE versando l’intero importo e concedendolo poi alla società RAGIONE_SOCIALE. La società RAGIONE_SOCIALE infatti aveva ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e dei due coniugi, in quanto costoro, sul presupposto che il macchinario non funzionava adeguatamente, avevano interrotto il pagamento dei canoni. Il giudizio di opposizione si è concluso con una sentenza con cui, in appello, è stata accertata la risoluzione per inadempimento dei contratti di leasing a causa del mancato pagamento del canone da parte di RAGIONE_SOCIALE e con il rigetto della domanda di BN di pagamento dei canoni residui per via di un giudicato interno formatosi per mancata impugnazione su quel punto della decisione di primo grado (sentenza n. 4072/ 2014).
1.3.E’ stata poi intrapresa, come si è detto, una ulteriore causa civile, questa volta da parte della società RAGIONE_SOCIALE e dei coniugi COGNOME, nei confronti della società BN, che, come si è detto, aveva finanziato l’acquisto del macchinario, oltre che nei confronti della società che il macchinario aveva venduto, cioè la RAGIONE_SOCIALE.
Questa causa, iniziata davanti al tribunale di Catanzaro, per effetto di una eccezione di incompetenza, è stata poi riassunta davanti al tribunale di Napoli, che ha ritenuto sussistere un giudicato esterno sulla questione della risoluzione per inadempimento del contratto e
sulla inesistenza dell’obbligo della società BN di restituzione dell’anticipo ai coniugi COGNOME.
Oltre a ciò, il tribunale di Napoli ha ritenuto che la società RAGIONE_SOCIALE non potesse venire chiamata a rispondere della condotta del suo agente e del suo rappresentante italiani in quanto costoro avevano agito senza impegnare la società e dunque per fini personali, ed aveva ritenuto che alcuna prova della responsabilità della società potesse peraltro ricavarsi dal processo penale nel quale quei due erano stati condannati.
Questa decisione è stata confermata dalla Corte d’appello di Napoli con sentenza che qui viene impugnata da RAGIONE_SOCIALE da NOME COGNOME e da NOME COGNOME, con quattro motivi di ricorso illustrati da memoria.
A questa impugnazione resiste la RAGIONE_SOCIALE, che subentra alla RAGIONE_SOCIALE, che a sua volta è subentrata alla RAGIONE_SOCIALE, la quale aveva incorporato in sé RAGIONE_SOCIALE. Resiste altresì la RAGIONE_SOCIALE, con controricorso e memoria.
Considerato
2.1.- La decisione impugnata ha dunque accertato che la società venditrice RAGIONE_SOCIALE non può rispondere della condotta dei suoi agenti rappresentanti, non essendovi alcuna prova che costoro abbiano agito spendendo il nome di quella, né la prova che la RAGIONE_SOCIALE sapesse delle condotte illecite dei suoi rappresentanti, da cui peraltro non ha tratto alcun vantaggio, essendo state le somme pagate in eccesso incassate dal COGNOME, l’unico a trarre profitto diretto da questa truffa, che sarebbe stata solamente agevolata dai rappresentanti della società al fine di poter lucrare le relative provvigioni.
Quanto alla restituzione delle somme, i giudici di appello confermano l’accertamento di primo grado secondo cui i coniugi COGNOME non hanno mai corrisposto il prezzo del macchinario, che è stato invece pagato dalla società RAGIONE_SOCIALE, ciò risultando peraltro dal precedente giudizio con accertamento ormai passato in giudicato.
2.2.- Con il primo motivo di ricorso si prospetta illegittimità costituzionale degli articoli 62 e seguenti della legge numero 98 del 2013.
La norma, come è noto, prevede la partecipazione ai collegi giudicanti di giudici onorari ai quali può essere affidata la redazione della motivazione.
La questione della legittimità costituzionale di tale norma è stata già risolta dalla Corte costituzionale con decisione n. 41 del 2021, a seguito della quale questa Corte ha precisato che <> (Cass. 32065/ 2021).
2.3.-Con il secondo motivo si prospetta violazione degli articoli 2049, 1218, 2056 del codice civile.
La censura riguarda quella parte della sentenza impugnata che, del macchinario per il fatto dei suoi agenti e rappresentanti legali.
come si è detto, ha escluso la responsabilità della società venditrice Sostengono i ricorrenti che la Corte d’appello, nel giungere a questa conclusione, non ha tenuto in alcun conto il significato proprio dell’articolo 2049 del codice civile e della relativa responsabilità del committente per fatto degli ausiliari: responsabilità che non presuppone che questi ultimi abbiano agito per conto del primo, quanto piuttosto che la condotta degli ausiliari o dei preposti abbia trovato occasione nel rapporto di preposizione, non essendo necessario che quel rapporto di preposizione abbia costituito la causa sufficiente del danno.
Sostengono dunque i ricorrenti che la soluzione negativa assunta dalla Corte di merito non ha tenuto conto di questo significato della norma e non ha dunque tenuto conto del fatto che la condotta degli agenti era inevitabilmente posta in essere nell’ambito del rapporto di preposizione, e dunque in occasione dello svolgimento delle funzioni di rappresentanza del venditore.
Il motivo è inammissibile.
Esso postula che la responsabilità della società venga riconosciuta sulla base del rapporto di occasionalità, che, secondo i ricorrenti sarebbe stato trascurato dai giudici di merito, intenti come erano a ricercare invece un rapporto di causa ed effetto.
Il motivo è inammissibile poiché pretende una diversa valutazione dei fatti: i giudici di merito hanno in realtà negato anche il rapporto di occasionalità tra la condotta degli agenti e la società medesima, nel momento in cui hanno ritenuto che i due hanno agito in collusione con il soggetto responsabile della truffa, e dunque in violazione delle regole di condotta loro imposte, caso nel quale il rapporto di occasionalità è interrotto (Cass. 1786/ 2022): vale a dire che la circostanza se il rapporto di preposizione abbia costituito o meno occasione del danno a terzi è oggetto di un accertamento
in fatto che il giudice di merito ha già compiuto motivandolo adeguatamente ed escludendolo.
2.4.- Il terzo motivo prospetta violazione degli articoli 2709 e ss. c.c..
Attiene alla questione del rimborso della somma che i ricorrenti ritengono di avere versato a COGNOME, il produttore del bene, quale corrispettivo del macchinario, restituzione invocata proprio a seguito dell’annullamento del contratto.
La domanda è stata rigettata con l’argomento che non vi era prova che il versamento fosse effettivamente avvenuto, ossia che il macchinario fosse stato pagato dai ricorrenti direttamente, in quanto il titolo di pagamento non è mai stato posto all’incasso.
Sostengono i ricorrenti che tale conclusione è dovuta alla circostanza di non avere adeguatamente valutato i documenti di causa, e soprattutto la fattura rilasciata dal venditore.
Il motivo è infondato.
Per una parte si tratta di censura inammissibile, nella misura in cui essa lamenta omesso esame di un fatto, ma la decisione di secondo grado è conforme a quella di secondo grado, e non è allegato che sia stata esaminata da quest’ultima sotto un profilo fattuale diverso (art. 348 ter c.p.c.). Comunque risulta aggredito non l’omesso esame di un fatto, ma il diverso (e non condiviso, evidentemente) esame di prove documentali: attiene, cioè, alla valutazione della prova.
Per la parte relativa alla violazione di diritto la censura è infondata, in quanto la fattura non può costituire una confessione. La giurisprudenza ha attribuito efficacia confessoria non alla fattura, ma eventualmente alla scrittura che richiami la fattura (Cass. n. 32935/2018).
2.5.- Il quarto motivo prospetta violazione dell’articolo 2909 c.c.
E’ speculare a quello precedente, poiché è relativo alla domanda di restituzione dei 270 milioni di lire non più da parte del produttore
del bene (COGNOME) ma da parte della finanziaria (all’epoca RAGIONE_SOCIALE).
Su tale domanda il giudice di merito ha ritenuto esistente un giudicato esterno (sentenza n. 4072/ 2014 della Corte di Appello di Napoli).
I ricorrenti contestano questo assunto poiché sostengono che il giudicato si è formato su una questione di rito (l’avere il giudice di primo grado deciso ultra petita ) e non sul merito del diritto alla restituzione della somma.
Il motivo è inammissibile.
La decisione precedente ha ritenuto che la somma era stata versata (sia pure apparentemente come hanno ritenuto poi i giudici di merito di questo procedimento) a COGNOME e non a BN RAGIONE_SOCIALE, con la conseguenza che quest’ultima non doveva restituire alcunché.
Il passo di questa decisione è riportato nel controricorso di COGNOME, ex RAGIONE_SOCIALE, ossia del finanziatore, a pagine 7-8.
Per meglio dire: il giudice di primo grado di questo procedimento ha rilevato un giudicato esterno, ossia ha osservato che sull’obbligo di BN RAGIONE_SOCIALE di restituire la somma si era espresso già negativamente un giudice del procedimento precedente, in maniera definitiva, dicendo che alcuna somma era stata versata a BN RAGIONE_SOCIALE che dovesse da quest’ultima essere restituita.
Questa statuizione è stata impugnata e la corte di secondo grado, la cui decisione è oggetto di questo motivo di ricorso, ha confermato l’esistenza del giudicato.
Ciò detto, i ricorrenti non allegano, e si tratta di giudicato esterno, alcunché che possa dimostrare che non vi è stata pronuncia sull’obbligo di RAGIONE_SOCIALE di restituire i soldi, ciò a fronte della statuizione dei giudici di merito nel senso che invece quella pronuncia c’è stata ed è stata si segno negativo e che è ormai passata in giudicato.
Inoltre, dopo avere detto che ‘il Tribunale ha ritenuto sussistere il giudicato’ si fa poi comunque, proprio in relazione a BN RAGIONE_SOCIALE, un’autonoma valutazione di correttezza e condivisibilità delle pronunce richiamata, che esclude che la decisione possa essere basata sul giudicato, e sempre nello stesso contesto, sempre in relazione a BN RAGIONE_SOCIALE, si parla espressamente di autonoma valutazione da parte del giudice civile. Sotto quest’aspetto la censura è inammissibile per estraneità alla ratio decidendi, la quale riposa, in definitiva, non su un giudicato, ma su un accertamento di merito.
Il ricorso va pertanto rigettato, le spese seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna i ricorrenti in solido al pagamento delle spese di lite nella misura di euro 3000, oltre 200,00 euro per esborsi, a favore di COGNOME, e euro 3600, oltre 200,00 per esborsi a favore di COGNOME, ed oltre spese generali, per ciascuna parte controricorrente.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13 .
Così deciso in Roma, il 29/04/2024.