Sentenza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 18620 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 3 Num. 18620 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/07/2025
RESPONSABILITA’ EXTRACONTRATTUALE
SENTENZA
sui ricorsi riuniti iscritti al n. 9556 e al n. 11058 del R.G. dell ‘ anno 2021 proposti da
RAGIONE_SOCIALE (GIÀ RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall ‘ Avv. NOME COGNOME
– ricorrente principale –
e da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall ‘ Avv. NOME COGNOME
ricorrente successivo e controricorrente al ricorso principalecontro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall ‘ Avv. NOME COGNOME
– controricorrente al ricorso principale e ricorrente incidentalenonché contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall ‘ Avv. NOME COGNOME, dall’Avv. NOME COGNOME e dall ‘ Avv. NOME COGNOME
– controricorrente ai due ricorsi e ricorrente incidentalenonché contro
COGNOME rappresentato e difeso dall ‘ Avv. NOME COGNOME
– controricorrente ai due ricorsi –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE COGNOME
– intimati – avverso la sentenza n. 400/2021 della CORTE DI APPELLO DI FIRENZE, depositata il giorno 16 febbraio 2021;
udita la relazione svolta alla pubblica udienza tenuta il giorno 12 febbraio 2025 dal Consigliere COGNOME
uditi i rappresentanti della Procura Generale, Sostituto Procuratore NOME COGNOME e Sostituto Procuratore NOME COGNOME che hanno chiesto il rigetto di tutti i ricorsi;
udito l’Avv. NOME COGNOME per delega dell’Avv. NOME COGNOME per la ricorrente principale RAGIONE_SOCIALE
udito l’Avv. NOME COGNOME per la controricorrente e ricorrente incidentale RAGIONE_SOCIALE
udito l’Avv. NOME COGNOME per la parte controricorrente NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
Il giorno 27 gennaio 2003 un incendio di vaste proporzioni interessò un capannone ubicato in Scandicci, INDIRIZZO adibito a deposito e stoccaggio merci.
L ‘ immobile era di proprietà della RAGIONE_SOCIALE (società di cartolarizzazione di immobili pubblici) per acquisto fattone (nel novembre 2002) dall ‘ I.N.P.D.A.P..
Quest ‘ ultimo ente, prima dell ‘ alienazione, aveva: (i) con contratto del 31 gennaio 2002, affidato la gestione dell ‘ immobile alla RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE; (ii) in precedenza, concesso in locazione l ‘ immobile alla RAGIONE_SOCIALE, la quale, poi, aveva stipulato un affitto di azienda con la società RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che, a sua volta, aveva, con contratto di prestazione di servizi, concesso in uso una porzione dell ‘ immobile alla RAGIONE_SOCIALE (in appresso, per brevità: CFS), esercente attività di deposito di merci.
L ‘ incendio divampò in occasione di lavori di riparazione del tetto del capannone, la cui esecuzione era stata commissionata dalla RAGIONE_SOCIALE all ‘impresa individuale NOME COGNOME: operai di questa, nell ‘ adoperare la fiamma ossidrica onde impermeabilizzare il tetto, diedero fuoco ad un lucernaio in plexiglas, che, liquefacendosi e cadendo nel vano sottostante, provocò l ‘ incendio della parte interna dell ‘ immobile e dei materiali in esso stoccati.
Nell ‘ anno 2004, NOME COGNOME domandò giudizialmente la condanna della CFS al risarcimento dei danni per la perdita di merce, da lui affidata con contratto di deposito alla società convenuta, stivata nell ‘ immobile di cui sopra ed andata distrutta nell ‘ incendio.
2.1. Nel costituirsi con contestazione della propria responsabilità, la CFS, assumendo che i beni distrutti erano allocati in uno spazio dalla stessa concesso in uso – in forza di contratto di prestazione di servizi alla società cooperativa RAGIONE_SOCIALE formulò istanza di chiamata in causa di quest ‘ ultima.
2.2. Ritualmente evocata in lite, la società cooperativa RAGIONE_SOCIALE chiese, a sua volta, la chiamata in causa della RAGIONE_SOCIALE e dell ‘impresa individuale NOME COGNOME, ascrivendo a detti soggetti la responsabilità, a vario titolo, per l ‘ occorso.
2.3. Esteso in detti termini il contraddittorio, manifestò resistenza alla domanda NOME COGNOME quale titolare dell’impresa individuale .
2.4. Oltre ad invocare il rigetto delle domande nei suoi confronti proposte, la RAGIONE_SOCIALE instò per la chiamata in causa, a fini di manleva, della Fondiaria Sai RAGIONE_SOCIALE.p.ARAGIONE_SOCIALE (in seguito divenuta, per mutamento di denominazione sociale, RAGIONE_SOCIALE, nonché delle coassicuratrici RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE (società anch’esse tutte poi confluite, per effetto di vicende di fusione e di incorporazione, nella medesima UnipolSai RAGIONE_SOCIALE, per far valere la garanzia nascente dalla polizza a primo rischio per la responsabilità civile (per un massimale di cinque miliardi di lire) e dalla polizza incendio fabbricati stipulate con la prima di dette compagnie; chiese, inoltre, la chiamata in causa, sempre a scopo di manleva, della RAGIONE_SOCIALE ( lite pendente, divenuta RAGIONE_SOCIALE ed infine RAGIONE_SOCIALE), in virtù della polizza a secondo rischio (per un massimale di euro 12.911.422,48) di quanto già assicurato con la Fondiaria Sai S.p.A..
2.5. Autorizzata ed espletata tale ulteriore chiamata, le società assicuratrici si costituirono, contestando, tra l ‘ altro, la responsabilità della garantita nel sinistro e l ‘ operatività di alcune polizze.
All ‘ esito del giudizio di prime cure, l ‘ adito Tribunale di Firenze, accertato l ‘ inadempimento di CFS al contratto di deposito e ravvisata la responsabilità extracontrattuale di Romeo Gestioni SRAGIONE_SOCIALEp.RAGIONE_SOCIALE e di NOME COGNOME in relazione all ‘ incendio:
(i) condannò RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME, in solido tra loro, al pagamento in favore della parte attrice della somma di euro 128.108,50, oltre interessi, a titolo di risarcimento del danno;
(ii) condannò la società cooperativa RAGIONE_SOCIALE a rimborsare la CFS le somme dovute alla parte attrice;
(iii) condannò Fondiaria Sai S.p.ARAGIONE_SOCIALE, in uno alle compagnie coassicuratrici e nelle rispettive quote contrattualmente previste, ad indennizzare la Romeo Gestioni S.p.A. di quanto quest ‘ ultima era tenuta a pagare alla parte attrice;
(iv) dichiarò inammissibili o rigettò le altre domande formulate e, in specie, la domanda di manleva della RAGIONE_SOCIALE nei confronti della RAGIONE_SOCIALE.
La decisione in epigrafe indicata ha dichiarato inammissibili gli appelli proposti (in via principale) dalla RAGIONE_SOCIALE e (in via incidentale) dalla Romeo Gestioni S.p.A.RAGIONE_SOCIALE ha, invece, rigettato l ‘ appello successivamente proposto (e poi riunito al primo) dalla società cooperativa RAGIONE_SOCIALE e l ‘ appello incidentale in relazione a questo formulato dalla UnipolSai S.p.A..
Avverso detta pronuncia ha proposto ricorso per cassazione (iscritto al n. 9556 del R.G. dell ‘ anno 2021, notificato a far tempo dal 6 aprile 2021) la RAGIONE_SOCIALE affidandosi a quattro motivi.
Hanno resistito, con separati controricorsi, dispiegando altresì ricorsi incidentali articolati ciascuno in due motivi, la Romeo Gestioni S.p.A. e la UnipolSai Assicurazioni S.p.A..
Al ricorso principale ha resistito la RAGIONE_SOCIALE società cooperativa.
Al ricorso principale e al ricorso incidentale della RAGIONE_SOCIALE ha resistito, con controricorso, NOME COGNOME
Avverso la medesima sentenza in epigrafe indicata, ha proposto altro ricorso per cassazione (iscritto al n. 11058 del R.G. dell ‘ anno 2021, notificato a far tempo dal 14 aprile 2021) la RAGIONE_SOCIALE sulla base di quattro motivi.
A detta impugnazione hanno resistito, con distinti controricorsi, la RAGIONE_SOCIALE ed NOME COGNOME
Il P.G. ha depositato conclusioni scritte con le quali ha chiesto il rigetto di tutti i ricorsi.
Hanno depositato memorie illustrative: la RAGIONE_SOCIALE società cooperativa in entrambi i ricorsi; nel primo ricorso, altresì UnipolSai Assicurazioni S.p.A.; nel secondo ricorso, altresì Romeo Gestioni S.p.A. ed NOME COGNOME.
Alla odierna udienza pubblica, disposta la riunione dei ricorsi ai sensi dell ‘ art. 335 cod. proc. civ., la causa è stata infine discussa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, va rilevata la nullità della procura alle liti conferita nel giudizio iscritto al R.G. n. 9556 dell’anno 2021 dalla Romeo Gestioni S.p.A. a ll’avv. NOME COGNOME che ha dichiarato di costituirsi in sostituzione del precedente difensore, avv. NOME COGNOME.
Essa risulta infatti allegata alla « comparsa di costituzione di nuovo difensore », ed autenticata dal medesimo difensore avv. COGNOME che in tal modo evidentemente ha inteso avvalersi della facoltà accordatagli dall’art. 83, terzo comma, del codice di rito.
Tuttavia, la possibilità di conferire la procura speciale su atti diversi dal ricorso o dal controricorso con scrittura privata autenticata dal difensore è stata introdotta dalla legge 18 giugno 2009, n. 69 e si applica solo ai giudizi introdotti in primo grado dopo l’entrata in vigore di tale legge (ossia il 4 luglio 2009). Nei procedimenti già pendenti a tale data, invece, se la procura non viene rilasciata in calce o a margine del ricorso o del controricorso, si deve provvedere al suo conferimento mediante atto pubblico o scrittura privata autenticata ex art. 83, secondo comma, cod. proc. civ., come ripetutamente affermato da questa Corte ( ex multis , cfr. Cass. 19/04/2022, n. 12434; Cass. 09/08/2018, n. 20692; Cass. 09/02/2015, n. 2460).
Nel caso di specie il giudizio è iniziato in primo grado nel 2004: di conseguenza, la procura conferita dalla RAGIONE_SOCIALE all’avv. COGNOME non poteva essere legittimamente autenticata da quest’ultimo e, in difetto di valida autenticazione, va dichiara ta nulla.
Non avendo la Romeo RAGIONE_SOCIALE nominato altri difensori, giusta la previsione dell’art. 85 cod. proc. civ., resta senza effetto la rinuncia al mandato depositata nel giudizio R.G. 9556/2021 dall’avv. NOME COGNOME ad ogni buon conto, rimane impregiudicato l’effetto della procura notarile versata agli atti del ricorso iscritto al n. R.G. n. 11058 dell’anno 2021 in favore degli avvocati COGNOME e COGNOME.
Il ricorso della RAGIONE_SOCIALE è articolato in quattro motivi.
2.1. Il primo lamenta « omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione fra le parti ex art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ.; con riguardo all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., violazione e/o falsa applicazione dell’art. 100 cod . proc. civ. e degli artt. 1362 e 1363 cod. civ. ».
Assume, in sintesi, che sussisteva interesse della ricorrente e della RAGIONE_SOCIALE all’accertamento della clausola contrattuale regolante la garanzia per danni conseguenti ad incendio a cose in consegna o custodia e recante fissazione di un sottolimite di massimale di euro 516.456,90 per sinistro ed anno assicurativo.
Errata sarebbe, per conseguenza, la pronuncia impugnata nella parte in cui, per respingere gli appelli sul punto, ha escluso siffatto interesse, poiché la domanda del danneggiato era di valore inferiore al massimale a primo rischio.
2 .2. Il secondo, riferito a violazione dell’art. 100 cod. proc. civ., censura lo stesso capo di sentenza, deducendo che l’assicuratore a secondo rischio « ha sempre interesse a far affermare l’assenza di obbligazioni a carico dell’assicurato, a prescindere dall’ammontare di una singola esposizione per il semplice motivo che tutte le condanne per il medesimo sinistro si sommano sino ad arrivare all’esauriment o del massimale a primo rischio, portando così all’operatività della garanzia a secondo rischio ».
2.3. Con il terzo, per violazione e falsa applicazione degli artt. 1655 e 2051 cod. civ., la ricorrente sostiene che, poiché il danno era stato
cagionato da dipendente della ditta COGNOME doveva farsi applicazione delle norme sulla responsabilità dell’appaltatore, escludendo pertanto la responsabilità per custodia della RAGIONE_SOCIALE
2 .4. Con il quarto, per violazione e falsa applicazione dell’art. 2051 cod. civ., si prospetta la sussistenza dell’esimente della responsabilità per custodia costituita dal caso fortuito, nella specie integrato dal fatto di un terzo, cioè dalla condotta « anomala e scriteriata » del dipendente della ditta COGNOME, avente efficacia causale del tutto autonoma, non prevedibile né evitabile dalla RAGIONE_SOCIALE
Anche il ricorso (successivo) della società cooperativa RAGIONE_SOCIALE è affidato a quattro motivi.
3.1. Il primo denuncia « motivazione apparente; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132, secondo comma, num. 4, cod. proc. civ., dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ., dell’art. 1226 cod. civ. e dell’art. 115 cod. proc. civ.; in relazione all’art. 360, primo comma, numm . 3 e 4, cod. proc. civ. ».
Si critica l’utilizzo del criterio equitativo nella quantificazione dei danni riconosciuti ad NOME COGNOME.
Sull’argomento, ad avviso di parte ricorrente, la Corte di merito « fornisce due motivazioni tra esse inconciliabili: perché, da un lato, valuta come incerta la quantificazione operata dal sig. COGNOME, per quanto concerne la qualità, la quantità ed il valore della merce depositata, con conseguente ricorso alla valutazione equitativa; dall’altro lato, valuta come corretta e certa la quantificazione del danno operata dal sig. COGNOME perché la fa coincidere proprio con la valutazione equitativa, anche in ragione della non specifica contestazione».
3.2. Il secondo è rubricato « violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2652 cod. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ.. Omesso esame circa un fatto decisivo in relazione all’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ. » .
La società ricorrente lamenta, in specie, l’omessa considerazione della circostanza di esclusione della propria responsabilità costituita dal contratto di affitto di azienda stipulata dalla stessa con la concedente RAGIONE_SOCIALE; in forza di tale negozio ed in virtù dell’art. 2562 cod. civ., la affittuaria, pur avendone la detenzione, non poteva modificare la destinazione dei beni e degli impianti ricevuti, dovendo limitarsi a compiere ordinarie riparazioni ed interventi di conservazione.
3.3. Il terzo deduce « violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1780 e dell’art. 1768 cod. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ.; omesso esame circa un fatto decisivo ai fini della valutazione della sussistenza della prova liberatoria della responsabilità ex art. 1780 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 5, cod. proc. civ. » .
Ad avviso dell’impugnante, la Corte locale « non ha congruamente motivato la non applicazione al caso di specie della liberatoria per La Formica ex art. 1780 cod. civ. e l’imputabilità ex art. 1768 cod. civ. a La Formica della causa della mancata restituzione al sig. COGNOME delle cose perdute ». Sostiene, al riguardo, che ai fini della prova liberatoria, « rilevano il principio di inevitabilità e l’adeguatezza della condotta del custode, per cui la perdita della cosa non può essere imputata al depositario quando (essa perdita) sia avvenuta a causa della introduzione, da parte di terzi, di fuoco all’interno d el deposito, con modalità difficilmente prevenibili ».
3.4. Il quarto rileva « nullità della sentenza e del procedimento per violazione del contraddittorio; violazione e/o falsa applicazione degli artt. 194 e 198 cod. proc. civ.; in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ. » .
Si duole del fatto che la Corte d’appello abbia basato l’affermazione di responsabilità della ricorrente « esclusivamente su due circostanze che, tratte (dalla Corte) dalla c.t.u. disposta in primo grado, erano state acquisite (dal c.t.u.), a sua volta, da un’altra relazione tecnica, in seno
ad un diverso procedimento di accertamento tecnico preventivo al quale né il c.t.u. né la società RAGIONE_SOCIALE avevano mai preso parte: l’eccessiva quantità di merce presente nel capannone e l’eccessiva altezza degli scaffali ».
Il ricorso in via incidentale della UnipolSai RAGIONE_SOCIALE si compone di due motivi.
4.1. Il primo deduce « violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115-116 cod. proc. civ. e degli 1655 e 2051 cod. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ.. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione sui punti decisivi della controversia in relazione all’art. 360 , primo comma, num. 5, cod. proc. civ.» .
Argomenta l’erroneità della corresponsabilità ascritta alla RAGIONE_SOCIALE per l’evento sotto un duplice profilo: (i) in primo luogo, con il contratto d’appalto dei lavori di manutenzione, le responsabilità per danni a terzi si erano trasferite in capo alla ditta COGNOME, la quale aveva agito in piena autonomia, senza alcuna ingerenza dell’appaltante alla quale non poteva nemmeno contestarsi una culpa in eligendo o in vigilando ; (ii) in secondo luogo, la custodia di fatto del capannone era della società cooperativa RAGIONE_SOCIALE, tenuta a rispondere di perdite derivanti da difetto di manutenzione dell’impianto antiincendio e, in ogni caso, responsabile per aver depositato enormi quantità di merci altamente infiammabili, allocate sino ad altezza di sette metri.
4.2. Il secondo denuncia « violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115-116 cod. proc. civ., art. 1891 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3 , cod. proc. civ. quanto all’invocata carenza di legittimazione attiva di Romeo Gestioni S.p.A. ad azionare la polizza globale fabbricati sez. II n.404009517/05 contratta nell’interesse di RAGIONE_SOCIALE ai fini di una propria manleva » .
Rileva che la polizza globale concerne, alla sezione prima, « i danni materiali e diretti subiti ai beni assicurati di INPDAP-SCIP », per cui le azioni esercitabili dalla Romeo Gestioni S.p.A. « avrebbero dovuto
riguardare esclusivamente quanto necessario per far ottenere all’assicurato (RAGIONE_SOCIALE) l’indennizzo ad esso ente spettante a termini di polizza »; evidenzia, tuttavia, che nella fattispecie non si verte in tema di danni diretti subiti da RAGIONE_SOCIALE ma di danni subiti da terzi, sicché la Romeo Gestioni S.p.A. era carente di legittimazione attiva ad evocare in lite gli assicuratori ai fini di una sua manleva.
5. Il ricorso in via incidentale di RAGIONE_SOCIALE infine, pone due motivi.
5.1. Il primo è rubricato « violazione e/o falsa applicazione di legge ex art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ. , in relazione all’art. 1372, secondo comma, cod. civ. e all’art. 2051 cod. civ. ai fini dell’accertamento della corresponsabilità della RAGIONE_SOCIALE sulla base della sua asserita qualità di custode dell’immobile in cui si è verificato l’incendio ».
Ad avviso della ricorrente, la Corte territoriale ha erroneamente fondato la responsabilità della RAGIONE_SOCIALE sulla natura di custode del magazzino, desunta dalla stipulazione di contratto di appalto per la gestione del patrimonio immobiliare del l’INPDAP.
Affermata la non estensibilità degli effetti di tale contratto nei confronti dei terzi, l’impugnante evidenzia di non aver mai acquisito « il possesso e/o la detenzione materiale, né la disponibilità giuridica » del cespite e di non essere titolare « di alcun potere di controllo e di intervento su di esso e sull’attività di depositaria che veniva svolta al suo interno da RAGIONE_SOCIALE » .
5.2. Il secondo prospetta, con riguardo all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., l’inosservanza di due norme di diritto: (i) dell’art. 2049 cod. civ., per avere la Corte di merito ritenuto sussistente la responsabilità della RAGIONE_SOCIALE ris petto all’operato della ditta COGNOME « pur in assenza di un obbligo, a suo carico, di informare la predetta impresa » sui rischi connessi all’esecuzione dell’intervento; (ii) dell’art. 1655 cod. civ., in considerazione della assenza di ingerenze
della RAGIONE_SOCIALE sulla ditta appaltatrice, operante in piena autonomia, oltremodo perché la normativa di settore imponeva a quest’ultima di adoperare particolari cautele per la manutenzione del tetto da praticarsi mercé l’utilizzo di fiamme libere.
Carattere logicamente preliminare riveste lo scrutinio del primo motivo di impugnazione della RAGIONE_SOCIALE
La doglianza è inammissibile per estraneità alla ratio decidendi .
Non è dubbio, invero, che nel contesto di una trama argomentativa diffusa e articolata, la decisione gravata abbia riconosciuto alla RAGIONE_SOCIALE la qualità (oltreché di consegnataria, anche) di custode del capannone industriale teatro dell’incendio: in forza del contratto di appalto stipulato con l’INPDAP – argomenta la Corte fiorentina spettava a RAGIONE_SOCIALE « il mantenimento della funzionalità degli immobili » e la « custodia degli immobili ».
Ciò posto, appare tuttavia dirimente osservare come il giudice territoriale non abbia ascritto alla RAGIONE_SOCIALE una responsabilità in virtù della signoria sulla cosa, della relazione di fatto intercorrente con la res produttiva del danno, cioè a dire secondo il meccanismo presuntivo di responsabilità che informa l’istituto disciplinato d all’art. 2051 cod. civ..
Inequivoco, sul punto, è il seguente passaggio, fulcro centrale della motivazione della sentenza impugnata: « la società responsabile della gestione e della manutenzione del fabbricato, RAGIONE_SOCIALE, pur conoscendo la struttura del fabbricato, i materiali di cui era composta la copertura e pur sapendo che il capannone era colmo all’inverosimile di beni detenuti in deposito dalla RAGIONE_SOCIALE, ma soprattutto, avendo già accertato, con i propri tecnici, che l’impianto antincendio del fabbricato non era funzionante e, comunque, era inadeguato a garantire un pronto intervento in caso di principio d’incendio -circostanza quest’ultima presumibilmente sconosciuta alla COGNOME -commissionava alla ditta COGNOME una lavorazione
intrinsecamente pericolosa, in considerazione dello stato dei luoghi come descritto, senza preavvisarla dell’inefficienza dell’impianto antincendio, senza predisporre alcun accorgimento e senza verificare che la stessa ditta si fosse attrezzata con la strumentazione necessaria a garantire l’esecuzione di un lavoro in totale sicurezza » (pag. 20).
A dissipare eventuali dubbi, si puntualizza, poco più innanzi (pag. 21), che la RAGIONE_SOCIALE non doveva commissionare interventi di manutenzione, comportanti verosimilmente l’uso di fiamme libere, senza aver verificato il corretto funzionamento dell’impianto antincendio e prima di aver concordato con INPDAP l’adeguamento dello stesso, o, quantomen o, doveva commissionare i lavori di manutenzione, richiedendo e controllando che il lavoro fosse eseguito in condizioni di massima sicurezza senza l’utilizzo di fiamme, in assenza di un impianto antincendio funzionante » .
Per poi concludere con l’affermazione della responsabilità della RAGIONE_SOCIALE « per aver commissionato lavori comportanti attività pericolose in un capannone privo dei necessari sistemi di sicurezza, con particolare riferimento al sistema antincendio ».
Emerge allora, con cristallina chiarezza, come la responsabilità della RAGIONE_SOCIALE per i danni subiti da NOME COGNOME sia stata dalla Corte territoriale ricondotta nell’alveo della generale fattispecie di responsabilità aquiliana prevista dall’art. 2043 cod. civ., cioè a dire sia stata intesa non già – si ripete – come mero e presuntivo precipitato della situazione di custodia sull’immobile, bensì come conseguenza di una condotta, riscontrata in concreto, doppiamente inosservante del basilare precetto del neminem laedere.
Più specificamente, i contegni serbati dalla RAGIONE_SOCIALE qualificati come colposi sono stati ravvisati: (i) nell’aver commissionato l’esecuzione dell’intervento riparativo, assai verosimilmente implicante l’utilizzo di fiamme libere (come tale, quindi, idoneo a determinare lo
sprigionarsi di un incendio) nella consapevolezza dell’inefficienza dell’impianto antincendio (e senza prima aver adeguato lo stesso) , della struttura del fabbricato e dei materiali componenti la copertura;
(ii) nell’aver commissionato l’esecuzione di siffatto intervento integrante, per le descritte condizioni dello stato dei luoghi, lavorazione pericolosa – senza aver richiesto e prescritto che le opere fossero eseguite senza l’ impiego di strumenti a fiamma libera.
A fondamento del giudizio di condanna emesso a carico della RAGIONE_SOCIALE vi è, dunque, la valutazione sull’esistenza di una colpa in concreto (aver disposto lo svolgimento di un’attività pericolosa che si aveva il potere o il dovere di inibire): e a tale apprezzamento non reca critica precisa, puntuale, specifica la (pur estesa) doglianza sviluppata dalla ricorrente, tutta incentrata sulla non operatività nella vicenda dell’ipotesi di responsabilità regolata dall’art. 2051 cod. civ..
Il motivo è, pertanto, inammissibile.
Individuata negli illustrati termini la ragione giustificativa della responsabilità extracontrattuale e della condanna al ristoro risarcitorio inflitta alla Romeo Gestioni S.p.A., eccentriche e non pertinenti rispetto ad essa si profilano le questioni poste dai vari impugnanti a suffragio di alcuni motivi di gravame, concernenti – pur con differenti sfumature argomentative – la supposta trasgressione degli artt. 2049 e 1655 cod. civ. nonché, più in senso ampio, le situazioni soggettive nascenti dal contratto di appalto intercorso tra la Romeo e la ditta COGNOME, ovvero diritti ed obblighi di committente ed appaltatore, dovere di vigilanza del primo, ingerenza di questi nel modus di esecuzione dell’opera e pienezza di autonomia operativa del secondo.
Pertanto – e più specificamente – vanno dichiarati inammissibili per difetto di decisività: il secondo motivo di ricorso incidentale della Romeo Gestioni S.p.A. (sopra, sub § 5.2.); il terzo motivo del ricorso principale della RAGIONE_SOCIALE (sopra, sub § 2.3.); il primo motivo del ricorso incidentale UnipolSai RAGIONE_SOCIALE.p.A. (sopra, sub § 4.1.).
8. Del pari priva di rilevanza, onde escludere la responsabilità per come acclarata della Romeo Gestioni S.p.A., risulta l’indagine (sollecitata con il quarto motivo del ricorso della RAGIONE_SOCIALE, sopra sub § 2.4.) sulla qualificabilità alla stregua di caso fortuito per fatto del terzo (ovvero sulla ricorrenza, nella specie, della esimente di responsabilità del custode ex art. 2051 cod. civ.) del comportamento (pretesamente « scriteriato ») tenuto nell’occasione dalla ditta RAGIONE_SOCIALE
Siffatto motivo merita quindi la sanzione della inammissibilità.
E ciò senza rilevare che: (i) in via generale, la imprevedibilità e la non prevenibilità del fatto del terzo rispetto all’evento pregiudizievole (attributi che qualificano tale fatto come caso fortuito) costituiscono l’oggetto di un apprezzamento riservato al giudice di merito, non sindacabile (se non per vizi motivazionali) in sede di legittimità (cfr. Cass. 09/07/2023 n. 26142); (ii) nello specifico, la colpa ascritta alla RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE è integrata dall’omissione di plurime cautele, tutte però finalizzate proprio a prevenire condotte incaute, quali quelle imputate all’operato dell’impresa COGNOME.
9. Anche il primo motivo del ricorso RAGIONE_SOCIALE è inammissibile. Esso (riassunto sopra, sub § 2.1.) replica, in buona sostanza, il secondo motivo dell’appello dispiegato dalla compagnia assicuratrice ma dichiarato inammissibile nella qui impugnata sentenza per una duplice, concorrente ed autonoma, ragione: per difetto di interesse all’impugnazione (per essere la RAGIONE_SOCIALE totalmente vittoriosa sul punto in prime cure) ed altresì ( rectius innanzitutto, ponendo le rationes nel corretto ordine logico) per « indeterminatezza dei motivi addotti ai sensi dell’art. 342 cod. proc. civ. ».
Orbene, la doglianza in questa sede articolata dalla RAGIONE_SOCIALE (con esposizione del fatto processuale comunque frammentaria ed inadeguata, in specie in ordine al tenore della clausola contrattuale invocata, con dubbia osservanza del requisito di cui all’art. 366, primo comma, num. 3, cod. proc. civ.) investe unicamente il primo profilo,
disinteressandosi del tutto della seconda motivazione, ex se idonea e sufficiente a sorreggere la declaratoria di inammissibilità.
Basti allora rammentare, per dare conto dell’enunciato esito del motivo in vaglio, che, qualora la sentenza sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, l’omessa impugnazione di una di esse rende inammissibile, per difetto di interesse, la censura relativa alle altre, la quale, essendo divenuta definitiva l’autonoma motivazione non impugnata, non potrebbe produrre in nessun caso l’annullamento della sentenza (principio di diritto affermato ai sensi dell’art. 360bis , num. 1, cod. proc. civ. da Cass. 03/11/2011, n. 22753, ribadito, ex aliis , da Cass. 21/06/2017, n. 15350; Cass. 27/07/2017, n. 18641; Cass. 18/04/2019, n. 10815; Cass. 14/08/2020, n. 17182; Cass. 05/02/2024, n. 3224).
Il definitivo accertamento della responsabilità della RAGIONE_SOCIALE per l’occorso, conseguente alla reiezione delle doglianze al riguardo sollevate ed in precedenza esaminate, assorbe il vaglio del secondo motivo (sopra, sub § 2.2.) della RAGIONE_SOCIALE
Eguale sorte di inammissibilità va riservata al secondo motivo del ricorso incidentale di UnipolSai Assicurazioni S.p.A.RAGIONE_SOCIALE siccome formulato in maniera non conforme alle prescrizioni di contenuto-forma stabilite dall’art. 366, primo comma, numm. 3 e 6, del codice di rito.
L’argomentazione svolta dall’impugnante è strutturata intorno a lle previsioni di una polizza globale fabbricato, in thesi tali da escludere la legittimazione alla domanda di manleva della Romeo Gestioni S.p.A..
Il rispetto dell’art. 366 cod. proc. civ. imponeva al ricorrente di rappresentare nell’atto di adizione di questa Corte (unica sedes a tal fine considerabile, non rilevando invece la memoria illustrativa, avente, quale scopo tipico, la puntualizzazione degli argomenti già sviluppati) il regolamento di interessi operato con tale polizza (o, meglio, il tenore delle clausole contrattuali all’uopo rilevanti), riproducendone – sia pure
per stralci essenziali, ma in maniera comunque adeguata a consentirne una sufficiente cognizione – il contenuto.
Sotto quest’aspetto, il ricorso de quo è gravemente manchevole: oltre alla mancata trascrizione dell’art. 40 delle condizioni generali di assicurazione, il richiamo al documento assicurativo è compiuto in modo frammentario se non addirittura confuso, sovrapponendo, con difficile intellegibilità, riferimenti alle due sezioni di cui si postula essere composta la polizza intercorsa tra la ricorrente e la Romeo.
D’altro canto, quale ulteriore fattore di inammissibilità del motivo, circa la menzionata polizza assicurativa parte impugnante non assolve l’onere, a suo carico gravante, della c.d. localizzazione, cioè a dire non offre alcuna indicazione circa la loro collocazione nel fascicolo di ufficio e, soprattutto, circa la loro produzione o acquisizione nel giudizio di legittimità (cfr. Cass. Sez. U., 18/03/2022, n. 8950; Cass. Sez. U., 27/12/2019, n. 34469).
Soltanto per completezza di esposizione, non può sottacersi come impropria e non pertinente rispetto al contenuto del motivo sia la evocazione delle disposizioni asseritamente inosservate.
Per monolitico indirizzo ermeneutico di questa Corte, abilita la proposizione dell’impugnazione di legittimità la violazione:
-) dell’art. 115 cod. proc. civ. qualora il giudice, in espressa o implicita contraddizione con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove inesistenti o mai acquisite in giudizio oppure non introdotte dalle parti ma disposte di propria iniziativa fuori dai poteri istruttori officiosi riconosciutigli (tra le tantissime, v. Cass. 26/04/2022, n. 12971; Cass. 01/03/2022, n. 6774; Cass., Sez. U, 30/09/2020, n. 20867; Cass. 23/10/2018, n. 26769);
-) dell’art. 116 cod. proc. civ., invece, allorquando si deduca che il giudice di merito abbia disatteso il principio del libero apprezzamento delle prove in assenza di una deroga normativamente prevista ovvero, all’opposto, abbia valutato secondo prudente apprezzamento una
prova o una risultanza probatoria soggetta a diverso regime (Cass., Sez. U, 30/09/2020, n. 20867, cui adde Cass. 31/08/2020, n. 18092; Cass. 18/03/2019, n. 7618; e già Cass. 10/06/2016, n. 11892).
Fattispecie palesemente inconferenti rispetto alla doglianza de qua.
Devesi da ultimo scrutinare il ricorso della società cooperativa RAGIONE_SOCIALE, il quale va complessivamente rigettato.
12.1. Il primo motivo (brevemente sintetizzato sopra, sub § 3.1.) è infondato, non ravvisandosi né la anomalia motivazionale né la violazione delle norme di diritto oggetto di denuncia.
L’utilizzo del criterio equitativo ai fini della liquidazione del danno, per legge subordinato alla condizione della sua acclarata sussistenza e della impossibilità di provarne la precisa entità (ovvero, come si legge nella sentenza gravata, « a fronte di un danno certo nella sua esistenza, ma incerto nel suo ammontare »), non esclude, ma anzi richiede (o comunque di certo consente) l’ancoraggio a ben individuati parametri, idonei a consentirne una quantificazione non arbitraria.
Più precisamente, nel procedere all’apprezzamento equitativo, il giudice, per rendere la liquidazione quanto più possibile corrispondente alla reale entità del pregiudizio, può tener conto di tutto il compendio istruttorio raccolto in giudizio, anche su iniziativa officiosa: e, in questo contesto, può senz’altro basarsi, sottoponendoli a vaglio di idoneità, su elementi di prova offerti dallo stesso danneggiato, sul quale, in ultima analisi, grava l’onere ex art. 2697 cod. civ. di orientare il giudice, con sufficiente approssimazione, alla stima dell’entità del danno.
Tanto precisato, nella specie la Corte fiorentina ha fondato il suo convincimento – esprimendolo con una motivazione coerente, logica ed adeguata, di sicuro immune dai vizi rilevanti e deducibili in sede di legittimità – su documenti prodotti dal danneggiato (segnatamente, sull’« elenco dettagliato di tutta la merce depositata, comprensivo dei prezzi di ciascun prezzo »): di tale elenco ha apprezzato l’intrinseca attitudine dimostrativa (evidenziata dalla sua analiticità), corroborata
dalla mancanza di specifica contestazione (in ambedue i gradi del giudizio) delle controparti (non contestazione sui prezzi indicati) e dalla deposizione confermativa resa da una testimone escussa.
Argomentazione, dunque, sotto ogni profilo conforme a diritto, non validamente attinta dalla generica censura della ricorrente.
12.2. Il secondo motivo (sopra, sub § 3.2.) è invece inammissibile, dacché non si confronta con la ratio decidendi della sentenza gravata.
In quest’ultima, invero, la responsabilità della qui ricorrente è stata dichiaratamente affermata ex recepto , ovvero quale depositaria delle merci, tenuta in tale veste – e con la diligenza del buon padre di famiglia, a mente dell’art. 1768 cod. civ. -all’adozione dei mezzi idonei a preservare l’integrità dei beni custoditi.
Così, infatti, statuisce la Corte fiorentina: « la responsabilità della cooperativa risiede soprattutto nella circostanza di aver depositato nel magazzino troppa merce, concausa delle vastissime proporzioni assunte dall’incendio, giacché l’eccessiva altezza degli scaffali (secondo il c.t.u. i 3/7 della merce erano in eccesso) inibiva il funzionamento dell’impianto antincendio cd. splinker, il quale era entrato in funzione soltanto manualmente e che comunque non avrebbe potuto assolvere adeguatamente la funzione per la quale era stato progettato (isolamento della zona incendiata a mezzo del cd. ombrello di acqua) per l’eccessiva altezza delle scaffalature su cui era posizionata la merce in deposito. Tali circostanze, addebitabili interamente al soggetto (o sog getti) che aveva in uso l’immobile, hanno rappresentato altrettanti fattori causali che hanno contribuito alla verificazione dell’incendio, di vasta portata e dimensioni ».
Nessuna responsabilità risulta ascritta alla ricorrente in forza del contratto di affitto di azienda da essa stipulato con la SITA Firenze: sicché non conferenti si appalesano le deduzioni in ordine alla corretta interpretazione ed applicazione delle disposizioni di legge e delle
clausole pattizie (peraltro, in spregio al principio di autosufficienza, nemmeno riportate in ricorso) regolanti detto affitto di azienda.
A ciò, comunque, aggiungasi – ma soltanto per completezza – il rilievo della manifesta infondatezza dell’assunto sostenuto, in ragione della inopponibilità al terzo danneggiato di (eventuali) convenzioni negoziali disciplinanti un riparto di responsabilità tra i contraenti, in virtù del principio di relatività dei contratti (art. 1379 cod. civ.).
12.3. Il terzo motivo (sopra, sub § 3.3.) è infondato.
Il titolo di responsabilità individuato dal giudice territoriale a carico della società cooperativa, nel precedente paragrafo illustrato, concerne l’inosservanza di un obbligo tipicamente relativo al depositario, ovvero, più specificamente, aver attrezzato il locale adibito a conservazione dei beni in maniera inadeguata a fronteggiare l’evenienza di un incendio: si tratta, dunque, di inadempimento del rapporto ex contractu corrente con il depositante la merce, poi danneggiato, NOME COGNOME.
Del tutto impropria e non invocabile risulta, pertanto, la fattispecie esoneratrice di responsabilità contemplata dall’art. 1780 cod. civ..
12.4. Il quarto motivo (sopra, sub §.3.4.) è inammissibile.
La censura prospetta, in buona sostanza, la nullità dell’elaborato peritale officioso depositato nel primo grado del giudizio poiché basato, quanto all’accertamento di due circostanze (la quantità di merce stivata e l’altezza degli scaffali), su documento estraneo alla controversia (la relazione del procedimento di accertamento tecnico preventivo), ad avviso del ricorrente acquisito contra legem .
Si versa allora, secondo il canone discretivo elaborato in funzione nomofilattica da questa Corte (Cass., Sez. U, 01/02/2022, n. 3086) in una (astratta) ipotesi di nullità relativa, governata dalla regola posta dall’art. 157, secondo comma, cod. proc. civ. : sicché detto vizio doveva costituire oggetto di una tempestiva eccezione della parte interessata, da sollevare con la prima difesa o istanza successiva al deposito dell’elaborato, doveva essere ribadito all’atto della precisazione delle
conclusioni di tale giudizio e doveva, infine, essere dedotto come motivo di appello; ed impregiudicata la verifica di un concreto pregiudizio quale conseguenza della lamentata nullità.
Del compimento delle attività processuali testé descritte la parte qui ricorrente non ha tuttavia riferito o dato conto, sicché le doglianze su lla correttezza dell’accertamento compiuto dal c.t.u. non sono sic et simpliciter rivolgibili a questa Corte: ed anzi, non riscontrandosi traccia nella sentenza gravata (pur analiticamente riportante i motivi del gravame interposto dalla società cooperativa), la questione si profila come nuova, ovvero formulata per la prima volta in sede di legittimità, il che concreta ulteriore causa di inammissibilità del motivo (cfr. Cass. 31/01/2024, n. 2887; Cass. 17/11/2022, n. 33925; Cass. 30/01/2020, n. 2193; Cass. 13/08/2018, n. 20712; Cass. 06/06/2018, n. 14477).
Ancora una volta soltanto per dovere di nomofilachia, si evidenzia l’infondatezza della tesi dell’impugnante, per essere pienamente legittima l’acquisizione, ad opera del consulente tecnico di ufficio, di atti di un altro giudizio, purché sottoposti al contraddittorio tra le parti, messe in condizione di esaminare i documenti e controdedurre (Cass. 01/06/2022, n. 17916): circostanza, quest’ultima, pacifica nel caso.
In conclusione e per riepilogare: sono dichiarati inammissibili i ricorsi di RAGIONE_SOCIALE, UnipolSai Assicurazioni S.p.A. e Romeo Gestioni S.p.A., mentre è rigettato il ricorso della società cooperativa RAGIONE_SOCIALE
La reciproca soccombenza giustifica l’integrale compensazione delle spese del presente grado nei rapporti tra le parti ricorrenti.
In ossequio al principio di cui all’art. 91 cod. proc. civ., la RAGIONE_SOCIALE, la RAGIONE_SOCIALE e la società cooperativa RAGIONE_SOCIALE vanno condannate, in solido tra loro (stante l’evidente interesse comune), alla refusione delle spese del giudizio di legittimità in favore di NOME COGNOME, vittoriosamente resistente nei confronti di ciascuna di esse.
15. Attesi gli esiti di tutti i ricorsi, va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito da parte di ciascun ricorrente ai sensi dell’art. 13, co . 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 – di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso di pertinenza, ove dovuto, a norma del co. 1bis dello stesso art. 13.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso di RAGIONE_SOCIALE Dichiara inammissibile il ricorso di Romeo Gestioni S.p.A.. Dichiara inammissibile il ricorso di UnipolSai Assicurazioni S.p.A..
Rigetta il ricorso di società cooperativa RAGIONE_SOCIALE
Dichiara interamente compensate le spese del presente giudizio di legittimità tra tutte le parti ricorrenti.
Condanna le parti ricorrenti RAGIONE_SOCIALE e società cooperativa RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in solido tra loro, in favore di parte controricorrente, NOME COGNOME, delle spese del presente giudizio, che liquida in complessivi euro 8.000 per compensi, oltre alle spese forfetarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori, fiscali e previdenziali, di legge.
A i sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento al competente ufficio di merito da parte di ciascuna parte ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso di pertinenza , a norma dell’art. 13, comma 1bis .
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Terza Sezione