LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Responsabilità dei magistrati: quando l’errore è scusabile

Un cittadino ha citato in giudizio lo Stato per ottenere un risarcimento a causa di un’errata formulazione del capo d’imputazione da parte di un pubblico ministero, errore che ha portato all’assoluzione dell’imputato nel procedimento penale originario. La Corte di Cassazione ha rigettato la richiesta di risarcimento, stabilendo che la formulazione dell’imputazione è un’attività interpretativa protetta dalla clausola di salvaguardia. La Corte ha inoltre sottolineato che il mancato rilievo dell’errore da parte dell’avvocato del cittadino stesso durante il processo penale dimostra che non si trattava di una negligenza grave e inescusabile, escludendo così la responsabilità dei magistrati.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Responsabilità dei magistrati: l’errore nell’imputazione non è sempre risarcibile

L’ordinanza n. 1022/2024 della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui confini della responsabilità dei magistrati, un tema delicato che bilancia il diritto del cittadino alla giustizia e la necessità di garantire l’indipendenza della magistratura. La vicenda analizza il caso di un errore nella formulazione del capo d’imputazione e stabilisce quando questo possa, o meno, dar luogo a un risarcimento del danno da parte dello Stato.

La vicenda: da una querela a una richiesta di risarcimento

Tutto ha origine da un procedimento penale per minaccia e ingiuria, avviato a seguito della querela di un cittadino. In primo grado, il Giudice di Pace condanna l’imputato, riconoscendo anche un risarcimento alla parte lesa. Tuttavia, in appello, il Tribunale penale ribalta la decisione e assolve l’imputato. Il motivo? Il fatto contestato nel capo d’imputazione non risultava provato, in quanto vi era una palese discrepanza tra la condotta descritta nell’atto di accusa e quella effettivamente emersa durante il processo e riportata nella querela originale.

Di fronte a questo esito, il cittadino querelante decide di intentare una causa civile contro la Presidenza del Consiglio dei Ministri, chiedendo il risarcimento dei danni per la presunta responsabilità dei magistrati coinvolti (il Pubblico Ministero che formulò l’imputazione errata, i suoi sostituti e il Giudice di Pace che non ne rilevarono la difformità). Se il Tribunale civile in primo grado accoglie la domanda, la Corte d’Appello la respinge, portando la questione dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Corte e la responsabilità dei magistrati

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso del cittadino, ritenendo infondate le sue doglianze. L’analisi della Corte si concentra su due aspetti fondamentali della Legge n. 117/1988 sulla responsabilità civile dei magistrati: la natura dell’attività del Pubblico Ministero e l’importanza del comportamento processuale della stessa parte danneggiata.

L’attività del Pubblico Ministero come attività interpretativa

Il ricorrente sosteneva che l’errore del PM non fosse un’attività interpretativa, ma un mero errore materiale nel copiare la querela, configurando così una negligenza grave e inescusabile. La Cassazione, tuttavia, respinge questa visione. La formulazione del capo d’imputazione non è un atto meccanico, ma costituisce un’attività interpretativa e discrezionale. Il PM valuta gli elementi raccolti e li qualifica giuridicamente, traducendoli in un’accusa formale.

Questa attività, come quella del giudice che valuta i fatti e le prove, è protetta dalla cosiddetta “clausola di salvaguardia” (art. 2, comma 2, L. 117/1988), che esclude la responsabilità per l’interpretazione di norme o la valutazione di fatti. Tale clausola, precisa la Corte, è posta a presidio dell’indipendenza della funzione giudiziaria e non può essere interpretata in senso restrittivo.

L’importanza del comportamento processuale della parte lesa

Un elemento decisivo nella valutazione della Corte è stato il comportamento del difensore del cittadino durante il processo penale. In nessuna fase del giudizio, infatti, l’avvocato aveva sollevato l’evidente errore nella formulazione dell’imputazione o richiesto una modifica ai sensi del codice di procedura penale.

Secondo la Cassazione, questo silenzio è un “ulteriore elemento rivelatore dell’assenza di colpa grave”. Se l’errore fosse stato così palese e inescusabile come sostenuto nella causa civile, sarebbe stato onere della parte diligente farlo notare immediatamente. Il fatto che nessuno, inclusa la difesa della persona offesa, lo abbia fatto, denota che l’errore non era di una gravità tale da superare la soglia della normale attività interpretativa e sfociare nella negligenza inescusabile.

Le motivazioni della decisione

La Corte di Cassazione ha motivato il rigetto del ricorso affermando che non sussistevano i presupposti della colpa grave richiesti dalla legge sulla responsabilità dei magistrati. L’attività di formulazione del capo di imputazione rientra nell’ambito discrezionale e interpretativo del Pubblico Ministero, protetto dalla clausola di salvaguardia. La negligenza non può essere considerata “grave” o “inescusabile” se neanche la difesa della parte offesa, presente nel processo penale, ha mai evidenziato l’errore. Pertanto, l’attività dei magistrati coinvolti, pur avendo portato a un esito sfavorevole per il querelante, non ha superato i limiti della fisiologica attività giudiziaria e non può dar luogo a un obbligo risarcitorio da parte dello Stato.

Conclusioni: le implicazioni della sentenza

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la responsabilità civile dello Stato per atti giudiziari è un’ipotesi eccezionale, limitata ai soli casi di dolo o colpa grave. Un errore, per essere fonte di risarcimento, deve essere manifesto, palese e imperdonabile. La pronuncia sottolinea anche un importante onere di diligenza per le parti processuali: chi si ritiene danneggiato da un errore procedurale deve attivarsi tempestivamente all’interno dello stesso processo per chiederne la correzione. Il silenzio serbato in quella sede può precludere la possibilità di lamentare successivamente una negligenza inescusabile in un separato giudizio risarcitorio.

Quando un errore del PM nella formulazione del capo d’imputazione genera una responsabilità dello Stato?
Secondo la Corte, solo quando integra una ‘colpa grave’, ossia una negligenza palese e inescusabile. La semplice discrepanza tra la denuncia e l’atto d’accusa non è sufficiente, poiché la formulazione dell’imputazione è considerata un’attività interpretativa e discrezionale del magistrato.

L’attività di interpretazione della legge e di valutazione dei fatti da parte di un magistrato può essere fonte di risarcimento?
Di norma no. La Legge n. 117/1988 prevede una ‘clausola di salvaguardia’ che protegge queste attività dalla responsabilità civile, al fine di garantire l’indipendenza e l’autonomia della funzione giudiziaria.

Il comportamento della parte lesa nel processo penale può influire sul successivo giudizio per responsabilità dei magistrati?
Sì, in modo significativo. In questo caso, il fatto che l’avvocato della parte lesa non abbia mai sollevato l’errore durante il processo penale è stato considerato dalla Corte come un forte indizio che l’errore stesso non fosse così palese e grave da configurare una negligenza inescusabile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati