SENTENZA TRIBUNALE DI TORINO N. 5198 2025 – N. R.G. 00003706 2023 DEPOSITO MINUTA 28 11 2025 PUBBLICAZIONE 28 11 2025
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO IL TRIBUNALE DI TORINO SEZIONE IV CIVILE
in persona del Giudice Unico AVV_NOTAIO NOME COGNOME ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
nella causa civile n. 3706/2023 R.G. promossa da:
,
C.F.
C.F.
C.F.
,
,
C.F.
C.F.
,
C.F.
,
C.F.
,
tutti elettivamente domiciliati in
C.F.
INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio professionale degli AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO, che li rappresentano e difendono, congiuntamente e disgiuntamente, giusta procura versata in atti;
ATTORI
Contro
P.IVA , in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede legale in MilanoINDIRIZZO, indirizzo pec P.
CONVENUTA CONTUMACE
OGGETTO:
risarcimento danno da reato
CONCLUSIONI:
Per gli attori:
Piaccia all’Ill.mo Tribunale adito;
Respinta ogni contraria istanza, eccezione e deduzione;
Previe le declaratorie del caso;
IN VIA ISTRUTTORIA
Previa acquisizione integrale del fascicolo del procedimento penale innanzi al Tribunale di Torino R.G. n 3397/16.;
-Previa l’ammissione degli incombenti istruttori per documenti, testi ed interpello, qui formulati e che venissero ulteriormente articolati dalla parte attrice nel rispetto dei termini di legge, senza che ciò costituisca e/o comporti inversione alcuna dell’onere probatorio, con la sola espunzione dei termini che l’AVV_NOTAIO.mo Giudice dovesse ritenere valutativi, negativi e/o non demandabili ai testimoni, preservando per il resto la struttura del capo di prova;
Previo – solo in caso di specifica contestazione avversaria supportata da idonea documentazione probatoria – licenziamento di CTU medico-legale, tesa ad accertare, il nesso di causa e l’entità del danno fisico, quale conseguenza dei fatti oggetto di causa, più specificamente del danno biologico – funzionale, sia permanente che temporaneo, dell’incidenza del medesimo sulle attività ordinarie e su quelle ludiche, sportive e relazionali del vivere quotidiano svolte prima degli eventi per cui è causa nonché tesa all’accertamento ed alla valutazione della congruità delle spese mediche e di assistenza specialistica e generica;
NEL MERITO
Accertare e dichiarare la civile responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale quanto meno solidale dell’allora ora in persona del legale rappresentante pro tempore, per i fatti descritti in narrativa e per i danni tutti patiti dagli odierni attori;
Condannarla conseguentemente al risarcimento di tutti danni, patrimoniali e non patrimoniali, anche futuri, subiti dagli odierni attori come descritti dettagliatamente in narrativa, nella misura accertanda in corso di causa, stante la valutazione equitativa di tali voci di danno, con la rivalutazione e gli interessi anche compensativi dal fatto al soddisfo detratto quanto già percepito dal ricorrente;
Condannare inoltre la convenuta alla rifusione di tutte le spese di lite, oltre onorari e competenze di giudizio, oltre 15% spese generali, IVA e CPA, esposti, oltre il costo della tassa di registro ed oltre spese, diritti ed onorari successivi occorrendi, con sentenza
provvisoriamente esecutiva ex lege, da distrarsi in favore direttamente dei procuratori antistatari ex art. 93.
MOTIVI IN FATTO E IN DIRITTO
Con atto di citazione ritualmente notificato in data 17.02.2023 i NOMEri , NOME e e la NOMEra hanno convenuto in giudizio la società chiedendone la condanna al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali loro occorsi.
In particolare, gli attori hanno rappresentato:
I. che in data 16.10.2013 il NOME , socio lavoratore della RAGIONE_SOCIALE, nell’eseguire la propria prestazione di lavoro presso il magazzino di proprietà della RAGIONE_SOCIALE oggi sito in INDIRIZZO, mentre transitava sul passaggio pedonale che conduceva all’area ristoro, è stato investito e trascinato per circa due metri da un mezzo operatore – muletto- proveniente dalla opposta direzione;
II. che, a causa dell’occorso, il NOME ha riportato lesioni talmente gravi
all’arto sinistro, rimasto incastrato sotto il veicolo, da comportarne l’amputazione; III. che il procedimento penale a carico del NOME , amministratore unico della e del Sig. , procuratore speciale con delega alla sicurezza sul lavoro della RAGIONE_SOCIALE si è concluso con la sentenza n. 2821/17 che ha condannato gli imputati per aver violato le disposizioni di cui gli artt. 64 comma I lett. a), 18 comma I lett. f) e 26 D.lgs. 81/08, avendo il giudice ritenuto che il sinistro si fosse verificato a causa dell’inadeguatezza dello spazio destinato al passaggio pedonale, che veniva costantemente invaso dal transito di veicoli di movimentazione merci che si ritrovavano ad avere il loro spazio di manovra limitato dalla costante presenza di materiale e da un’anta di un cancello lasciata sempre aperta ;
IV. che con detto provvedimento il giudice ha posto a carico solidale dei condannati il pagamento della somma di € 250.000,00, al netto di quanto già percepito dall’RAGIONE_SOCIALE, in favore del NOME , € 50.000,00 in favore della moglie,
NOME
ed € 25.000 ciascuno per i figli, NOMEri
V. che nelle more del giudizio di appello – al cui esito, con sentenza n. 2283/19, è stata confermata la decisione del giudice di primo grado con riferimento alla responsabilità degli imputati per i reati loro ascritti ed agli importi liquidati a titolo di provvisionale – la compagnia assicuratrice dell’odierna convenuta ha corrisposto gli importi di cui al punto precedente.
Gli attori hanno dunque concluso chiedendo, nel merito e in via principale, previo accertamento della responsabilità contrattuale e/o extracontrattuale della per l’occorso, la condanna della società convenuta al pagamento dei danni patrimoniali e non patrimoniali, anche futuri, da loro patiti oltre rivalutazione e interessi, anche compensativi e moratori, dal fatto al soddisfo, detratto quanto già da loro percepito a titolo di provvisionale.
In corso di causa, dichiarata la contumacia della convenuta , regolarmente evocata e on costituita, assegnati i termini ex art. 183, comma VI, c.p.c., sono stati escussi i testi intimati su capitoli di prova ammessi; con ordinanza del 16.10.2024 il giudice, rilevato che il giudizio civile è destinato a subire gli effetti e le conseguenze del giudicato penale e di dover dunque fare riferimento, in punto quantificazione del danno, alla sentenza definitiva di condanna n. 2821/17 del Tribunale penale di Torino, ha ritenuto di non licenziare CTU medico-legale; precisate le conclusioni con note scritte sostitutive della trattazione orale, con ordinanza del 15.07.25, la causa è stata trattenuta in decisione, previa assegnazione dei termini per memorie conclusive e di replica.
*
1. Sulla qualificazione giuridica della fattispecie e sull’onere della prova
I NOMEri , e hanno invocato la responsabilità ex art. 2049 c.c. della quale datore di lavoro di , condannato in via definitiva per le lesioni provocate al NOME , in quanto procuratore speciale con delega alla sicurezza sul lavoro della RAGIONE_SOCIALE
Risulta dalla documentazione versata in atti che la ha subito diverse vicende societarie che ne hanno modificato la denominazione sino ad assumere in data 23.08.22 quella di (cfr. pag. 24 doc. 8). Co
Inoltre, la e la hanno il medesimo C.F. e P.IVA ed il medesimo numero REA NUMERO_DOCUMENTOP_IVA (cfr. visure camerali doc. 7 e 8). P.
Non v’è quindi dubbio in merito al fatto che sussista la legittimazione passiva in capo alla società convenuta, succeduta nella titolarità del rapporto di lavoro precedentemente in essere tra il NOME e la
In giurisprudenza è tradizionalmente riconosciuta la natura oggettiva della responsabilità ex art. 2049 (ex plurimis Cass. civ., Sez. III, 20/06/2001, n. 8381 secondo cui ‘La responsabilità extracontrattuale di cui all’art. 2049 c.c., essendo fondata sul presupposto della sussistenza di un rapporto di subordinazione tra l’autore dell’illecito e il proprio datore di lavoro e sul collegamento dell’illecito stesso con le mansioni svolte dal dipendente, prescinde del tutto da una “culpa in eligendo” o “in vigilando” del datore di lavoro ed è quindi insensibile all’eventuale dimostrazione dell’assenza di colpa, con la conseguenza che l’accertamento della non colpevolezza del datore di lavoro compiuto dal giudice penale non vale ad escluderla ‘).
Essa postula l’esistenza di un nesso di “occasionalità necessaria” tra l’illecito e il rapporto di lavoro che vincola i due soggetti, nel senso che le mansioni affidate al dipendente abbiano reso possibile o comunque agevolato il comportamento produttivo del danno al terzo (Cass. Sez. L, Sentenza n. 7403 del 25/03/2013, conf. Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 20924 del 15/10/2015, Cass. Sez. 3 – , Sentenza n. 22058 del 22/09/2017 e da ultimo, Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 20141 del 18/07/2025).
La responsabilità del datore di lavoro non discende dall’esecuzione delle specifiche mansioni da parte del dipendente, purché la realizzazione o anche solo l’agevolazione della condotta dannosa non consista in un’attività del tutto estranea al rapporto di lavoro (ex plurimis Cass. civ., Sez. III, 20/06/2001, n. 8381 secondo cui, ‘ Non sussiste responsabilità del datore di lavoro per i danni causati da un proprio dipendente, qualora
la condotta lesiva sia stata realizzata al di fuori dell’espletamento delle mansioni lavorative ‘),
La preposizione è ravvisabile essenzialmente nel lavoro subordinato, tuttavia la giurisprudenza tende ad ampliare l’ambito di applicazione dell’art. 2049 c.c., ricomprendendo anche rapporti che non implicano una stretta subordinazione del dipendente al committente ed una abitualità di mansioni; occorre, quindi, un atto di volontà del committente per cui il preposto agisca su richiesta e per conto del committente, mentre non sussiste un rapporto di preposizione quando manca tale atto di volontà ed il soggetto agisca di propria iniziativa.
Sotto il profilo dell’onere probatorio, i l preponente non può fornire una prova liberatoria in senso tecnico: può solo dimostrare che non sussistono i presupposti per applicare la norma, come l’insussistenza del rapporto di preposizione, o del nesso causale, o di occasionalità necessaria tra le incombenze affidate e la consumazione dell’illecito.
Il danneggiato deve, invece, dimostrare che si è verificato un illecito fonte di danno; che sussiste un rapporto di dipendenza e di vigilanza tra committente e commesso; che l’evento ed il fatto del preposto sono in rapporto di causalità o, quantomeno, di occasionalità necessaria con l’esercizio delle mansioni per le quali era stato adibito, con la precisazione che la prova del rapporto di dipendenza e di vigilanza è in re ipsa, nel caso di lavoro dipendente.
2. Sull’efficacia d el giudicato penale nel presente giudizio
La responsabilità dei NOMEri , quale amministratore unico della
(datore di lavoro del NOME ), e del Sig. , in qualità di procuratore speciale con delega alla sicurezza sul lavoro della RAGIONE_SOCIALE (società proprietaria del magazzino ove il NOME stava prestando la propria attività lavorativa, nonché committente l’attività di movimentazione interna del magazzino svolta dalla RAGIONE_SOCIALE), è stata accertata in sede penale, con sentenza n. 2821 depositata in data 05.06.2017 dal Tribunale di Torino (doc. 1), confermata dalla sentenza 2283/2019 della Corte d’Appello di Torino (che ha ridotto
esclusivamente la pena comminata) (doc. 2) e divenuta irrevocabile, in seguito al rigetto del ricorso da parte del giudice di legittimità (cfr. sentenza n° 7931/2021, doc. 3).
Va preliminarmente rilevato che, con riferimento alla questione inerente la possibilità di desumere dal giudicato penale effetti preclusivi per l’accertamento in sede civile, soccorre la giurisprudenza di legittimità che, sul punto, ha precisato che ‘ una volta divenuto irrevocabile il capo della sentenza penale relativo all’accertamento di responsabilità per il danno, rimane precluso al Giudice civile, adito successivamente ai fini della liquidazione del “quantum”, procedere ad una nuova valutazione nell’ an della responsabilità civile, potendo invece tale Giudice accertare, senza alcun ulteriore vincolo, se il fatto (potenzialmente) dannoso attribuito alla responsabilità dell’imputato abbia determinato o meno, in base alla verifica del nesso di derivazione causale previsto dall’art. 1223 c.c. le conseguenze pregiudizievoli allegate dai danneggiati ‘ (cfr. Cass. n. 5660/18), ed ha inoltre chiarito che ‘ per «fatto» accertato dal giudice penale deve intendersi il nucleo oggettivo del reato nella sua materialità fenomenica costituita dall’accadimento oggettivo, accertato dal giudice penale, configurato dalla condotta, evento e nesso di causalità materiale tra l’una e l’altro (fatto principale) e le circostanze di tempo, luogo e modi di svolgimento di esso ‘, e con ‘ con esclusione della colpevolezza, il cui esame è autonomamente demandato al giudice civile. Detta sentenza non è, tuttavia, vincolante con riferimento alle valutazioni e qualificazioni giuridiche attinenti agli effetti civili della pronuncia, quali sono quelle che riguardano l’individuazione delle conseguenze dannose che possono dare luogo a fattispecie di danno risarcibili ‘ (cfr. Cass. n. 14648/2011, Cass. 20786/2018).
E’ stato inoltre chiarito che il giudicato penale di condanna ‘ non preclude al giudice civile un autonomo accertamento, con pienezza di cognizione, del concorrente apporto causale alla produzione del danno da parte di terzi rimasti estranei al processo penale ‘ (Cass. 2426/2024, conf. Cass. 17682/20).
Oggetto della controversia in esame è, pertanto, l’accertamento dell’esistenza e dell’entità delle conseguenze pregiudizievoli derivate dal fatto di reato ascritto, in particolare, al NOME quale dipendente della società convenuta, consistito nella violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e nel mancato
rispetto di disposizioni specifiche in tema di sicurezza del D.lgs. 81/2008, come definitivamente accertato in sede penale, nonché del nesso di derivazione casuale tra questo e i danni materiali e non patrimoniali lamentati dalle parti danneggiate.
Va altresì osservato che l ‘accertamento penale divenuto irrevocabile, di cui alle sentenze in atti, non faccia stato nei confronti di quei soggetti che non sono stati parti in quel giudizio, qual è appunto la
Sotto l’aspetto soggettivo gli effetti del giudicato penale sono limitati al danneggiato costituitosi parte civile nel procedimento penale ed a quanti nel medesimo abbiano assunto la qualità di parte (cfr . Cass. n. 15408/04): ‘ Condizione per l’estensione del giudicato penale nel giudizio civile o amministrativo è cioè il fatto che non soltanto l’imputato ma anche il responsabile civile e la parte civile abbiano partecipato al processo penale (v. Cass., 9/5/2006, n. 10665; Cass., n. 1218 del 2005; Cass., n. 11998 del 2005; n. 2975 del 2005; Cass., 27/8/2001, n. 11272; n. 10277 del 1998), pur non potendosene trarre il corollario che la parte costituitasi parte civile in sede penale non possa agire – autonomamente – per il risarcimento dei danni in sede civile contro terzi che non abbiano partecipato al giudizio penale, e che ritenga corresponsabili dell’evento, nel qual caso il giudice civile potrà e dovrà procedere ad una nuova ed autonoma valutazione degli elementi di fatto già valutati dal giudice penale (cfr., con riferimento all’art. 651 c.p.p., Cass., 10/8/2004, n. 15408; Cass., 6/11/2001, n. 13692) ‘ (cfr . Cass. n. 20325/06 e Cass. n. 12115/16).
Peraltro è stato chiarito che ‘ il giudice civile, investito della domanda di risarcimento del danno da reato, ben può utilizzare, senza peraltro averne l’obbligo, come fonte del proprio convincimento le prove raccolte in un giudizio penale definito con sentenza passata in giudicato e fondare la propria decisione su elementi e circostanze già acquisiti con le garanzie di legge in quella sede, essendo in tal caso peraltro tenuto a procedere alla relativa valutazione con pienezza di cognizione al fine di accertare i fatti materiali all’esito del proprio vaglio critico ‘ (Cass. 12164/2021 conf. Cass. 16893/19 e Cass. 15112/13); il giudice civile può dunque utilizzare le prove assunte nel processo penale, delle quali la sentenza ivi pronunciata costituisce documentazione, ai fini dell’autonomo accertamento degli ulteriori elementi costitutivi dell’illecito civile, sui quali egli è
chiamato ad indagare, con particolare riferimento al nesso causale, al danno risarcibile e all’elemento soggettivo civilistico (Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 12901 del 10/05/2024)
3. Sulla responsabilità d ex art. 2049 c.c
Facendo applicazione dei suesposti principi al caso in esame, dalla documentazione versata in atti, ivi comprese le sentenze penali di condanna emesse dal tribunale e dalla Corte d’Appello d i Torino, sopra richiamate (doc. 1 e 2), utilizzabili tra le fonti di convincimento del giudice in quanto prove atipiche, nonché dalla relazione medico legale del dr. (doc. 4) ed in mancanza di elementi che consentano di addivenire ad una ricostruzione alternativa dell’occorso, considerata altresì la contumacia della parte convenuta, all’esito del giudizio può certamente ritenersi provato nella sua storicità, il sinistro occorso al NOME , come narrato in atti.
In base alle testimonianze assunte in giudizio, il giudice penale ha infatti accertato che il NOME , socio lavoratore della cooperativa , distaccato a prestare la propria opera presso il magazzino di porprietà della RAGIONE_SOCIALE mentre stava transitando sul percorso pedonale che portava all’area ristoro, veniva colpito alla gamba sinistra e trascinato per circa due metri da un muletto che proveniva dalla direzione opposta.
Come evincibile anche dalla perizia medico legale di parte dr. (doc. 4), in seguito all’infortunio l’attore subiva una grave ferita con lesione muscolare, frattura scomposta del terzo distale di tibia, frattura scomposta al terzo distale di perone, frattura pluriframmentaria della mete-epifisi prossimale di tibia con affondamento dell’emipiatto tibiale e frattura COGNOME perone; in esito al trauma, oltre all’iniziale amputazione della gamba, il NOME contraeva l’osteomielite.
Il giudice penale ha accertato che il sinistro era stato provocato dal muletto che aveva completamente invaso la corsia pedonale; ciò era stato determinato dalla presenza di ingombri che impedivano la completa apertura del cancello attraverso il quale transitavano i mezzi, situazione che li obbligata a spostarsi dalla corsia loro dedicata invadendo quella pedonale, chiarendo come si trattasse di condizione che, lungi dall’essere occasionale, perdurava da oltre un anno.
Il rischio, ha concluso il Tribunale nella sentenza 2821/2017, ‘ era quindi ben noto all’interno del magazzino ed era chiaro ai responsabili stessi che, lasciando il cancello semichiuso, gli automezzi avrebbero invaso la corsia pedonale e che il lavoro si svolgeva spesso in fretta e senza il rispetto delle più elementari regole sulla sicurezza … si lasciava l’obbligo di aprire il cancello e, in generale, il rispetto delle regole, al buon senso individuale’ (cfr. pag. 5).
Quanto poi alla posizione del NOME il giudice penale ha rilevato che nei locali attigui al magazzino in cui si è verificato il sinistro si trovassero anche gli uffici della che pertanto l’imputato avesse conoscenza dello stato dei luoghi e fosse stato comunque informato delle problematiche inerenti la presenza di merci fuori posto che creavano problematiche di sicurezza, ma che avesse dimostrato ‘ superficialità già nel controllare il magazzino o quantomeno nel richiedere informazioni dai responsabili dello stesso’ e non avesse ‘dato seguito alle segnalazioni comunque pervenute’ omettendo inoltre di attivarsi per ‘ reprimere le violazioni, se non con generici richiami il cui ottemperamento non è stato in alcun modo verificato’ ; egli, secondo il giudice penale avrebbe di fatto accettato ‘ de facto una situazione di palese e pericolosa irregolarità ormai consolidata e della quale era stato informato’ in quanto ‘ la situazione che ha dato causa all’infortunio, infatti, non era occasionale né eccezionale, ma come emerso, rappresentava ormai una prassi’ (cfr. pag. 7/8).
Il NOME che, come delegato responsabile della sicurezza e prevenzione degli infortuni, h a tenuto un contegno contrario ai doveri posti, in via generale dall’art. 2087 c.c. e dalla disciplina specifica di settore (ex d.lgs. 81/2008), ha pertanto concorso a cagionare il danno occorso al NOME , posto che, laddove non fossero state omesse le necessarie cautele, l’evento, anche secondo il criterio della preponderanza dell’evidenza, non si sarebbe verificato, ben potendosi ritenere che i mezzi di lavoro avrebbero avuto a disposizione un’area loro dedicata e libera da ingombri ove transitare, senza trovarsi invece, come accaduto nel caso di specie, ad invadere la zona destinata all’esclusivo passaggio pedonale.
Non sono stati ravvisati nell’ambito dell’accertamento penale richiamato, né sono altrimenti desumibili dalla documentazione prodotta o dalla narrativa in atti, elementi
che possano far ritenere un eventuale concorso colposo del danneggiato nella causazione del sinistro, potendosi pertanto certamente escludere qualsiasi operatività, nel caso di specie, de ll’art. 1227 c.c.
Ora, la sentenza penale di condanna ha chiarito l’esistenza, in capo agli imputati, della qualifica di datori del lavoro del NOME al momento dell’occorso ed in particolare, per ciò che rileva in questa sede, con riferimento al NOME , avendo egli ricevuto la procura per la gestione della sicurezza dalla RAGIONE_SOCIALE oggi proprietaria dell’immobile sito in TrofarelloINDIRIZZO e committente l’attività di movimentazione interna del magazzino svolta ad opera della RAGIONE_SOCIALE, società cooperativa appaltatrice, cui era socio lavoratore il NOME .
, risulta dalla visura camerale della
quale procuratore speciale alla sicurezza, con atto conferito il 2.10.2011 (doc. 7).
Può, dunque, ritenersi provato che il NOME operasse all’epoca alle dipendenze della società, oggi divenuta e che l’illecito sia stato commesso nell’ambito di un’attività gestoria delegata (tutela della sicurezza e prevenzione degli infortuni sul lavoro) e non sia frutto di un’iniziativa propria del dipendente o realizzata al di fuori dell’espletamento delle mansioni lavorative allo stesso attribuite.
Risulta quindi provata la sussistenza del nesso di “occasionalità necessaria” tra l’illecito penale e il rapporto di lavoro che vincola i due soggetti, nel senso che le mansioni affidate al dipendente (NOME abbiano reso possibile o comunque agevolato il comportamento produttivo del danno al terzo (NOME ).
E ‘ stato affermato in giurisprudenza che il fatto illecito commesso dal dipendente di persona giuridica implica la responsabilità civile della stessa, non quella personale degli amministratori e di coloro che hanno il potere di gestione dell’ente, anche se questi hanno conferito l’incarico (Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4069 del 24/09/1977).
Inoltre, una volta accertata la responsabilità penale dell’amministratore nell’ambito dell’attività gestoria, la società risponde delle conseguenze civilistiche dell’illecito, ivi compreso il risarcimento del danno non patrimoniale (Cass. Sez. 1,
Sentenza n. 12951 del 05/12/1992, conf. Sez. 3, Sentenza n. 1135 del 10/02/1999, conf. Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 29260 del 28/12/2011, che ha ritenuto che, del danno conseguente al reato commesso dal legale rappresentante di una società in accomandita semplice, nello svolgimento dell’attività sociale, debbano rispondere civilmente anche la società ed i soci illimitatamente responsabili e conf. Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 10445 del 15/04/2019).
Ricorrono conclusivamente nel caso di specie, i presupposti per ritenere la civile responsabilità della società convenuta, ai sensi dell’art. 2049 c.c. per i danni occorsi al NOME ed ai suoi familiari, in conseguenza del sinistro per cui è causa.
4.
Sulla quantificazione del danno patito d
ha chiesto liquidarsi in proprio favore il danno differenziale, dato dalla differenza tra l’importo complessivo quantificato dal giudice penale in sentenza (n. 2821/17, doc. 1) pari a € 542.688,85 a titolo di danno non patrimoniale, quale lesione all’integrità psico fisica del soggetto, permanente e temporanea, con aumento per la personalizzazione, e l’importo dell’indennizzo erogato dall’RAGIONE_SOCIALE a titolo di danno non patrimoniale, per € 110.974,02 e l’ulteriore importo già riconosciuto a titolo di provvisionale pari a € 250.000,00, così limitando la pretesa alla somma residua di € 181.714,83, oltre rivalutazione e interessi (cfr. atto di citazione pagg. 6 e ss).
Ora, preme rilevare come, l’accertamento del quantum del danno operato dal giudice penale sia passato in giudicato e produca dunque effetti vincolanti nel presente giudizio in quanto il NOME , così come i suoi familiari, altri odierni attori, si sono costituiti parti civili in quel giudizio (v. Cass., 9/5/2006, n. 10665; Cass., n. 1218 del 2005; Cass., n. 11998 del 2005; n. 2975 del 2005; Cass., 27/8/2001, n. 11272; n. 10277 del 1998).
N onostante la quantificazione dell’ammontare complessivo del danno, in detto processo, il Tribunale si era limitato a liquidare una provvisionale in favore del NOME , pari a € 250.000,00, ritenendo che i danni patrimoniali non fossero liquidabili in via definitiva ‘ perché le condizioni di salute del non sono stabilizzate con certezza e perché non vi è stato opportuno contraddittorio tecnico circa
il grado di invalidità permanente de , al quale potrebbe doversi verosimilmente riconoscere un danno biologico da invalidità permane superiore al 56%, così come valutato dal consulente della parte civile, con conseguente aumento dell’ammontare a questi dovuto a titolo di danno biologico permanente e di relativa personalizzazione’ (pag. 17).
Nel presente giudizio, tuttavia, parte attrice non ha prodotto nuova perizia atta, in particolare, ad attestare l’eventuale sopraggiunto peggioramento dei postumi permanenti subiti dal NOME ed anzi, a ben vedere, ha richiamato la quantificazione complessiva del danno operata dal giudice penale che era partito, per la determinazione, proprio dalla percentuale del 56% (di poco inferiore a quella indicata nella relazione del dr. del 2016, doc. 4), di tal ché è a tale importo che deve farsi riferimento anche in questo giudizio, confermandosi la non necessità od opportunità di disporre CTU medico legale, come già rilevato con l’ordinanza in data 16.10.2024 che, pertanto, si richiama.
Come sopra già indicato, il giudice penale ha quantificato il danno non patrimoniale complessivamente subito dal NOME in € 542.688,85, di cui € 492.688,85 quale danno biologico permanente con personalizzazione e € 50.000,00 quale danno biologico temporaneo con personalizzazione.
Dall’importo così stabilito, deve dunque sottrarsi, per il principio della compensatio lucri cum damno , la somma di € 110.974,01, quale ammontare dell’indennizzo erogato dall’RAGIONE_SOCIALE a titolo di danno non patrimoniale (operandosi la sottrazione per poste omogenee e non identiche, non essendo versata in atti dalla parte attrice documentazione atta a dettagliare le singole poste se destinate a ristorare, all’interno della complessiva voce di danno non patrimoniale, il danno biologico permanente o quello temporaneo, cfr. Cass. 25327/16 e Cass. 30293/23) nonché l’ulteriore somma di € 250.000,00 attribuita dal giudice penale a titolo di provvisionale e già erogata in favore dell’attore, così ottenendosi l’importo del danno non patrimoniale differenziale pari a € 181.714,83.
Sulla somma così ottenuta deve essere calcolata la rivalutazione monetaria a far data dal sinistro (16.10.2013) e fino all’attualità: sviluppando il calcolo con gli strumenti
a disposizione dell’ufficio la somma oggi ottenuta ammonta a complessivi € 220.601,80, oltre interessi legali dalla pronuncia al saldo.
Non si ritiene invece di riconoscere alcun incremento a titolo di interessi compensativi.
Invero, n ell’obbligazione risarcitoria da fatto illecito (che costituisce tipico debito di valore) è possibile che la mera rivalutazione monetaria dell’importo liquidato in relazione all’epoca dell’illecito, ovvero la diretta liquidazione in valori monetari attuali, non valgano a reintegrare pienamente il creditore, il quale va posto nella stessa condizione economica nella quale si sarebbe trovato se il pagamento fosse stato tempestivo.
In tal caso, è onere del creditore provare, anche in base a criteri presuntivi, che la somma rivalutata (o liquidata in moneta attuale) sia inferiore a quella di cui avrebbe disposto, alla stessa data della sentenza, se il pagamento della somma originariamente dovuta fosse stato tempestivo.
Tale effetto dipende prevalentemente, dal rapporto tra remuneratività media del denaro e tasso di svalutazione nel periodo in considerazione, essendo ovvio che in tutti i casi in cui il primo sia inferiore al secondo, un danno da ritardo non è normalmente configurabile. Ne consegue, per un verso, che gli interessi cosiddetti compensativi costituiscono una mera modalità liquidatoria del danno da ritardo nei debiti di valore; per altro verso che non sia configurabile alcun automatismo nel riconoscimento degli stessi (cfr . Cass. Sez. 3, Sentenza n. 6351 del 10/03/2025).
Va altresì richiamata la sentenza Cass. Sez. 3, n. 4938 del 16/02/2023 laddove si afferma che nei debiti di valore derivanti da fatto illecito, gli interessi compensativi, pur costituendo una mera modalità liquidatoria del danno causato dal ritardato pagamento dell’equivalente monetario attuale della somma dovuta all’epoca dell’evento lesivo, per essere riconosciuti dal giudice di merito, debbono essere espressamente richiesti dagli aventi diritto mediante l’allegazione e la prova, anche presuntiva, della insufficienza della rivalutazione ai fini del ristoro del danno da ritardo.
In sostanza, il danno da ritardo che con quella modalità liquidatoria si indennizza non necessariamente esiste, perché esso può essere comunque già ricompreso nella somma liquidata in termini monetari attuali.
Nel caso di specie, nessuna specifica allegazione e prova sul punto è stata formulata dalla parte attrice.
Peraltro, risulta altresì insufficiente il richiamo alla redditività media del danaro nel periodo considerazione, ove tale dato non sia anche rapportato e posto in comparazione con quello rappresentato dal tasso applicato per la rivalutazione della somma.
Infine, con riferimento alla richiesta di riconoscimento degli interessi moratori, si ritiene di aderire all’orientamento per cui l’art. 1284, IV co. c.c. trova applicazione in relazione alle sole obbligazioni di fonte contrattuale (cfr. le decisioni Cass. 28409/2018; n. 8289/2019, recentemente Cass. 19063/2023) tenuto conto, in sintesi del dato testuale ( ‘se le parti non ne hanno determinato la misura…’ ), il quale presuppone un accordo sulla misura degli interessi, tipicamente concernente le obbligazioni contrattuali.
Inoltre, diversamente opinando, la norma sarebbe un’inutile duplicazione dell’art. 1224 II co. C.c. in tema di mora nelle obbligazioni pecuniarie laddove si prevede che si applica il tasso legale salva diversa previsione delle parti, posto peraltro che la funzione deflattiva e sanzionatoria della previsione appare compatibile con le sole obbligazioni contrattuali, in quanto diretta a colpire l’inadempienza, rispetto ad un obbligo liberamente e pattiziamente assunto, piuttosto che a reintegrare il danneggiato di un pregiudizio subito.
Sulla quantificazione dei danni patiti dai congiunti
I familiari del NOME
–
NOME
,
moglie
e
, figli
–
hanno dedotto aver, a loro
volta, patito un danno riflesso da lesione del rapporto parentale, in considerazione dello stravolgimento della vita familiare e della quotidianità legata alla necessità di prestare assistenza continua al proprio congiunto, in particolare per i primi due anni successivi conseguenti al sinistro, oltre a dover contribuire materialmente ed economicamente ai bisogni del nucleo, rimasta improvvisamente priva dell ‘ unica fonte di reddito disponibile.
Nella sentenza già menzionata, (n. 2821/2017, doc. 1), il giudice penale ha quantificato le provvisionali in favore della NOMEra e dei figli del , e , nella somma di € 50.000,00 in favore della prima ed € 25.000,00 ciascuno in favore dei secondi.
In questa sede, dunque, gli attori agiscono per il danno differenziale, instando, quanto alla NOMEra per il riconoscimento dell’ulteriore somma di € 70.000,00 (come per complessivi € 120.000,00), la NOMEra per il riconoscimento dell’ulteriore somma di € 50.00,00 (così per complessivi € 75.000,00) ed il NOME per il riconoscimento dell’ulteriore somma di € 69.000 di cui € 19.000,00 a titolo di danno patrimoniale (così per complessivi € 94.000,00) (cfr. atto di citazione pagg. 11 e ss).
Nel corso del giudizio sono stati escussi i testi ammessi sulle circostanze capitolate da parte attrice, i quali hanno sostanzialmente confermato la sussistenza degli elementi già valorizzati dal giudice penale nell’attribuzione del risarcimento quantomeno in una somma a titolo di provvisionale.
Quanto alla NOMEra la COGNOME (moglie dell’attore ) ha confermato come la stessa, unitamente alla figlia , all’epoca ancora convivente con i genitori, si trovasse al capezzale del marito fintanto che è rimasto ricoverato e come lo avesse seguito nei ricoveri successivi effettuati in cliniche riabilitative anche fuori regione; ha riferito come ella si fosse occupata anche dell’anziana suocera madre del NOME -a causa del decadimento delle sue condizioni di salute anche dovute all’infortunio che aveva colpito il figlio; ha confermato che la NOMEra assumesse terapia farmacologica per ‘stare più tranquilla’ .
Quanto alla NOMEra , tanto la COGNOME quanto il COGNOME (all’epoca fidanzato dell’attrice e compagno di università) hanno riferito che ella all’epoca vivesse ancora a casa dei genitori, si fosse occupata personalmente e direttamente di prestare l’assistenza quotidiana al padre nei primi anni successivi al sinistro, di averlo accompagnato nei vari ricoveri e di come detta situazione fortemente stressogena si fosse riverberata sulle sue condizioni di salute (esprimendosi con un’importante perdita di peso); entrambi i testi hanno confermato come avesse rifiutato un’offerta di lavoro che aveva ricevuto proprio in prossimità della discussione della tesi di laurea, in ragione della necessità di non allontanarsi da casa per coadiuvare i genitori.
Quanto, infine al NOME , la COGNOME ha confermato come egli avesse concorso anche economicamente, nel primo periodo, al sostentamento della famiglia del padre, rimasto improvvisamente privo di entrate a causa del sinistro (essendo la NOMEra casalinga), di aver sostenuto in proprio esborsi per l’acquisto dell’autovettura lasciata nella disponibilità del padre e di aver sacrificato il tempo libero dedicato alla propria famiglia per accompagnare i genitori alle visite e nei ricoveri.
Venendo quindi alla liquidazione del danno riflesso patito dai congiunti, la quale non può che avvenire in via equitativa, si reputa opportuno fare riferimento ai criteri orientativi offerti sul punto dalle tabelle di Roma (ultima ed. 2023) con la precisazione che il valore punto viene determinato considerando per tutti i congiunti, una quota pari a danno morale soggettivo (€ 3.474) e per la sola moglie convivente (posto che entrambi i figli non convivono stabilmente più nel nucleo familiare di origine) una quota pari al danno da alterazione delle relazioni di vita in considerazione del riconoscimento dell’assistenza aggiuntiva a carico del danneggiante (€ 2.450).
Il danno riflesso viene quindi liquidato nei termini che seguono:
A favore della moglie
Rapporto parentale: coniuge 20 pt Età della vittima (59 anni): pt 5 Età del congiunto (59 anni): pt 4 Valore punto: € 3.474+2.45 0 = € 5.924,00 Percentuale IP: 56% Totale: 29pt x 5.924 x 56%= Euro 96.205,76 A favore della figlia Rapporto parentale: figlia 15 pt Età della vittima (59 anni): 5 pt Età del congiunto (23 anni): 7 pt Valore punto: € 3.474 Percentuale IP: 56% Totale: 27pt t x 3.474 x 56%= 52.526,88 ,
A favore del figlio
Rapporto parentale: figlio 15 pt
Età della vittima (59 anni): 5 pt
Età del congiunto (39 anni): 6 pt
Valore punto: € 3.474,00
Percentuale IP: 56%
Totale: 26pt x 3.474 x 56%= 50.581,44
Non si ritiene invece di riconoscere in favore del NOME anche l’ulteriore importo richiesto a titolo di danno patrimoniale p a ri ad € 19.000,00 quale costo sostenuto in proprio per l’acquisto dell’autovettura poi lasciata nella disponibilità del padre, difettando la prova documentale del suo effettivo esborso, non potendosi poi neppure escludere che detto importo sia stato medio tempore restituito dal NOME o diversamente recuperato attraverso il rimborso da parte dell’RAGIONE_SOCIALE.
Dagli importi come sopra determinati vanno poi detratte le somme già percepite dagli attori a titolo di provvisionali, ottenendo dunque gli importi finali, arr., pari a € 46.206,00 per la NOMEra , € 27.527,00 per la signora ed € 25.581,00 per il NOME .
Le somme come sopra determinate devono intendersi liquidate all’attualità e sulle stesse, dunque, decorrono solo gli interessi legali nella misura legale dalla pronuncia al saldo.
6. Sulle spese di lite
Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono poste a carico di parte convenuta contumace.
Alla relativa liquidazione si provvede sulla base dei parametri di cui al D.M. n. 55/14, come modificati dal DM n. 147/22, per essersi l’attività defensionale esaurita dopo la sua entrata in vigore, tenuto conto del valore della causa, secondo il criterio del decisum (scaglione da € 260.000 a € 520.000) , delle spese documentate (C.U., marca da bollo), delle questioni trattate oltre che dell’attività svolta e così applicandosi i valori medi proporzionalmente ridotti, tenuto anche conto della limitata istruttoria, e con distrazione in favore degli AVV_NOTAIOti AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO, dichiaratisi antistatari.
P.Q.M.
il Tribunale di Torino in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa:
Dichiara tenuta e condanna al risarcimento del danno patito dagli attori e così liquidato:
in favore del NOME per la somma di € 220.601,80, oltre interessi legali dalla pronuncia al saldo
in favore della NOMEra per la somma di € 46.206,00 oltre interessi legali dalla pronuncia al saldo;
in favore della NOMEra per la somma di € 27.527,00 oltre interessi legali dalla pronuncia al saldo;
in favore del NOME per la somma di € 25.581,00 oltre interessi legali dalla pronuncia al saldo;
condanna
a rimborsare
,
e
le spese di lite, che liquida in
complessivi € 18.000,00, oltre € 1.241,00 per esborsi, oltre spese generali al 15%, IVA e CPA come per legge, da distrarsi in favore dei difensori AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO dichiaratisi antistatari.
Così deciso in Torino, il 28/11/2025
Il Giudice (AVV_NOTAIO NOME COGNOME)
Visto l’art. 52 comma 2 del D. LGS. 196/2003;
il Giudice dispone che sia apposto a cura della cancelleria il divieto di indicazione delle generalità degli interessati e degli altri loro dati identificativi, in caso di riproduzione della presente sentenza nelle ipotesi di cui al citato articolo di legge, a tutela dei diritti o della dignità degli interessati.
Il Giudice AVV_NOTAIO NOME COGNOME