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Responsabilità da custodia: condotta vittima e nesso

Un allevatore perdeva parte del suo gregge a causa dell’esondazione di un fiume, citando in giudizio l’Ente Provinciale per omessa manutenzione. La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di condanna, ritenendo che i giudici di merito non avessero adeguatamente valutato la condotta imprudente dell’allevatore. L’ordinanza chiarisce che, nella valutazione della responsabilità da custodia, il comportamento della vittima può integrare un “caso fortuito” idoneo a interrompere il nesso causale e a escludere il diritto al risarcimento, richiedendo un’analisi concreta e non astratta dei fatti.

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Pubblicato il 2 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Responsabilità da Custodia: Quando la Condotta del Danneggiato Annulla il Risarcimento

La responsabilità da custodia, disciplinata dall’articolo 2051 del Codice Civile, stabilisce che chi ha in custodia una cosa è responsabile dei danni da essa cagionati, salvo che provi il caso fortuito. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale: la condotta imprudente del danneggiato può integrare quel ‘caso fortuito’ capace di escludere totalmente il diritto al risarcimento. Il caso in esame riguarda un allevatore che ha perso numerosi capi di bestiame a seguito dell’esondazione di un fiume, ma la cui richiesta di risarcimento è stata messa in discussione proprio a causa del suo comportamento.

I Fatti: la Perdita del Gregge e la Richiesta di Risarcimento

Un allevatore subiva la perdita di 135 ovini a causa dell’esondazione di un fiume che attraversava i terreni da lui condotti. L’uomo citava in giudizio l’Ente Provinciale, ritenendolo responsabile per aver omesso gli interventi di manutenzione e pulizia dell’alveo del fiume, quali la rimozione di detriti, tronchi e arbusti. A suo avviso, tale negligenza aveva causato l’inondazione e la conseguente morte del bestiame, quantificando il danno in oltre 50.000 euro.
L’Ente Provinciale si difendeva eccependo, tra le altre cose, l’assenza di prove e, soprattutto, il comportamento dello stesso allevatore. Sosteneva, infatti, che parte del terreno si trovasse in un’area golenale, una zona naturalmente destinata a ricevere le acque in caso di piena e dove il pascolo era vietato.

Il Percorso Giudiziario e l’analisi della Responsabilità da Custodia

Nei primi due gradi di giudizio, i tribunali davano ragione all’allevatore, condannando la Provincia al risarcimento. I giudici avevano ritenuto provato il nesso causale tra la cosa in custodia (il fiume non manutenuto) e il danno (la perdita degli animali). Secondo le corti di merito, l’Ente non era riuscito a fornire la prova liberatoria del caso fortuito. La Corte d’appello, in particolare, aveva considerato ‘normale’ il comportamento di un pastore che porta al pascolo il gregge anche in condizioni meteorologiche avverse per garantirne il nutrimento.

L’Appello in Cassazione e la Condotta della Vittima

L’Ente Provinciale ha impugnato la decisione dinanzi alla Corte di Cassazione, lamentando una valutazione superficiale e un errore di diritto. I motivi principali del ricorso si basavano sul fatto che i giudici di merito avessero:
1. Ignorato le prove documentali (come il Piano di Assetto Idrogeologico) che dimostravano la collocazione del terreno in un’area golenale a rischio alluvione, con divieto di pascolo.
2. Omesso di valutare la testimonianza secondo cui l’allevatore aveva condotto parte del gregge ad attraversare il fiume in piena.
3. Applicato l’art. 2051 c.c. in modo astratto, senza verificare concretamente se la condotta imprudente, negligente e imperita dell’allevatore potesse configurare un caso fortuito idoneo a interrompere il nesso causale.

le motivazioni

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso dell’Ente, cassando la sentenza d’appello. Secondo i giudici di legittimità, la valutazione operata dalla Corte territoriale è stata ‘approssimativa e superficiale’. La motivazione della sentenza impugnata non permetteva di comprendere l’iter logico-giuridico seguito per accertare i fatti, specialmente per quanto riguarda il comportamento dell’allevatore.
La Suprema Corte ha sottolineato che, per escludere la responsabilità da custodia, non basta una generica prevedibilità del comportamento della vittima. Occorre invece una valutazione concreta per stabilire se tale comportamento abbia costituito un’evenienza ‘irragionevole o inaccettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale’.
Nel caso specifico, la Corte d’appello non ha adeguatamente approfondito elementi cruciali:
* La circostanza, non contestata dall’allevatore, che il pascolo avvenisse in una golena, dove l’utilizzo era vietato da una norma specifica (art. 96, r.d. 523/1904).
* Lo specifico comportamento tenuto dall’allevatore in relazione allo stato dei luoghi e alle avverse condizioni meteorologiche.
* La contraddittorietà delle prove testimoniali rispetto al numero esatto di capi deceduti.

Questa mancata indagine concreta ha portato a un’applicazione errata dell’art. 2051 c.c., configurando un error iuris. I giudici di merito si sono limitati a un giudizio astratto sulla ‘normalità’ del pascolo in condizioni avverse, senza calare l’analisi nella fattispecie concreta, caratterizzata da un divieto normativo e da un rischio idrogeologico noto.

le conclusioni

La Corte di Cassazione ha rinviato la causa alla Corte d’appello in diversa composizione per un nuovo esame. Quest’ultima dovrà attenersi ai principi espressi, procedendo a una valutazione rigorosa e concreta del comportamento dell’allevatore. Dovrà accertare se la sua condotta, alla luce delle circostanze specifiche (pascolo in area golenale vietata, condizioni meteo, piena del fiume), abbia avuto un’efficienza causale tale da interrompere il nesso con la presunta omessa manutenzione da parte dell’Ente.
Questa ordinanza ribadisce che la responsabilità del custode, sebbene di natura oggettiva, non è assoluta. Il giudice ha il dovere di scrutare attentamente la condotta del danneggiato, che può assurgere a fattore esclusivo del danno, liberando completamente il custode da ogni obbligo risarcitorio.

Cos’è la responsabilità da custodia secondo l’art. 2051 c.c.?
È una forma di responsabilità oggettiva per cui il soggetto che ha la disponibilità di una cosa (il custode) è responsabile dei danni che questa provoca, a meno che non dimostri l’esistenza di un ‘caso fortuito’, ovvero un evento imprevedibile e inevitabile che ha causato il danno.

Il comportamento del danneggiato può escludere la responsabilità del custode?
Sì. Secondo l’ordinanza, la condotta della vittima può costituire un caso fortuito che interrompe il nesso di causalità tra la cosa e il danno. Se il comportamento del danneggiato è imprudente, negligente o imperito a tal punto da essere considerato una causa ‘irragionevole o inaccettabile’, può escludere del tutto la responsabilità del custode.

Perché la Corte di Cassazione ha annullato la precedente sentenza di condanna?
La sentenza è stata annullata perché la Corte d’appello ha condotto un’analisi ‘approssimativa e superficiale’, non valutando in modo concreto e approfondito la condotta dell’allevatore. In particolare, non ha considerato adeguatamente il fatto che il pascolo avvenisse in un’area golenale vietata e a rischio alluvione, limitandosi a un giudizio astratto sulla ‘normalità’ del pascolo in condizioni climatiche avverse. Questo ha costituito un errore nell’applicazione della legge (error iuris).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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