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Responsabilità da cose in custodia: quando è inammissibile

Una donna cade a causa di un gradino scheggiato e cita in giudizio l’ente proprietario dell’immobile. Dopo due sentenze sfavorevoli, ricorre in Cassazione. La Suprema Corte dichiara il ricorso inammissibile, ribadendo che non è sua competenza riesaminare le prove o i fatti già accertati dai giudici di merito. L’analisi si concentra sui limiti del ricorso per cassazione in materia di responsabilità da cose in custodia e sulla condotta del danneggiato.

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Pubblicato il 28 ottobre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Responsabilità da Cose in Custodia: Limiti del Ricorso in Cassazione

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito principi fondamentali in materia di responsabilità da cose in custodia e sui limiti del giudizio di legittimità. Il caso analizzato riguarda una richiesta di risarcimento per una caduta su uno scalino, ma la decisione offre spunti cruciali sul ruolo della Suprema Corte e sulle corrette modalità di impugnazione di una sentenza.

I Fatti del Caso: Una Caduta e la Richiesta di Risarcimento

Una signora conveniva in giudizio un Istituto Case Popolari, proprietario di un condominio. La donna sosteneva di essere caduta mentre scendeva le scale del palazzo, dove si era recata a trovare la madre, a causa di un gradino scheggiato. A seguito della caduta, aveva riportato lesioni e chiedeva quindi il risarcimento dei danni subiti.

L’Istituto si costituiva in giudizio, negando la propria responsabilità e chiamando in causa la propria compagnia assicuratrice per essere tenuta indenne da eventuali condanne.

Il Percorso Giudiziario nei Gradi di Merito

Il Tribunale di primo grado, dopo aver ascoltato un testimone e disposto una consulenza medico-legale, rigettava la domanda della danneggiata. La donna decideva quindi di proporre appello.

Anche la Corte d’Appello, tuttavia, confermava la decisione del primo giudice, respingendo l’impugnazione. La Corte territoriale, di fatto, condivideva la ricostruzione dei fatti e le valutazioni giuridiche già espresse in precedenza.

L’Analisi della Cassazione e la Responsabilità da Cose in Custodia

Contro la sentenza d’appello, la donna proponeva ricorso per cassazione, basandolo su due motivi principali:
1. Un presunto errore processuale nella valutazione della testimonianza.
2. Un vizio di motivazione e una violazione di legge riguardo alla responsabilità da cose in custodia (art. 2051 c.c.) e al concorso di colpa del danneggiato (art. 1227 c.c.).

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile per entrambi i motivi, fornendo importanti chiarimenti procedurali.

Il Primo Motivo di Ricorso: La Valutazione della Prova Testimoniale

La Corte ha stabilito che il primo motivo era inammissibile perché, pur essendo formulato come un errore di procedura, mirava in realtà a ottenere un nuovo esame delle prove, in particolare della deposizione testimoniale. La Cassazione ha ricordato che il suo compito non è quello di riesaminare i fatti o di sostituire la propria valutazione delle prove a quella dei giudici di merito. L’interpretazione delle testimonianze è un’attività riservata esclusivamente al giudice di primo e secondo grado, e non può essere oggetto di censura in sede di legittimità, se non per vizi logici radicali che qui non erano stati correttamente dedotti.

Il Secondo Motivo: La Condotta del Danneggiato e l’Art. 2051 c.c.

Anche il secondo motivo è stato giudicato inammissibile per diverse ragioni. In primo luogo, era basato su una formulazione del vizio di motivazione non più in vigore. In secondo luogo, si scontrava con il principio della “doppia conforme”: poiché la Corte d’Appello aveva confermato la ricostruzione dei fatti del Tribunale, non era possibile, secondo l’art. 348 ter c.p.c., censurare nuovamente l’accertamento fattuale in Cassazione.

La Corte ha colto l’occasione per ribadire che, in tema di responsabilità da cose in custodia, la condotta del danneggiato assume un ruolo centrale. Quanto più un pericolo è prevedibile e superabile con l’uso della normale prudenza, tanto più la condotta imprudente della vittima può essere considerata la causa esclusiva dell’evento, interrompendo il nesso causale con la cosa e liberando il custode da ogni responsabilità.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi presentati non rispettavano i rigidi requisiti formali e sostanziali previsti dalla legge. I ricorrenti non possono chiedere alla Suprema Corte una terza valutazione dei fatti di causa o una diversa interpretazione delle prove raccolte. Il ricorso per cassazione deve limitarsi a denunciare vizi specifici della sentenza impugnata, come la violazione di norme di diritto o vizi procedurali gravi, e non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito della controversia. L’errata formulazione dei motivi, che celava una richiesta di riesame dei fatti dietro apparenti censure di diritto, ha quindi portato inevitabilmente alla dichiarazione di inammissibilità.

Le Conclusioni

Questa ordinanza è un monito sull’importanza di redigere correttamente i ricorsi per cassazione. La responsabilità da cose in custodia è un tema complesso dove la condotta del danneggiato è spesso decisiva. Tuttavia, per far valere le proprie ragioni in sede di legittimità, è indispensabile formulare censure che attengano a questioni di diritto e non a una mera rivalutazione dei fatti, attività preclusa alla Suprema Corte. La decisione conferma la soccombenza della ricorrente, che è stata condannata al pagamento delle spese legali.

Perché il ricorso alla Corte di Cassazione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i motivi presentati non erano conformi alla legge. In sostanza, la ricorrente chiedeva alla Cassazione di riesaminare le prove e i fatti (come la testimonianza), un’attività che spetta esclusivamente ai giudici di primo e secondo grado e non alla Corte di legittimità.

Qual è il ruolo della condotta del danneggiato nella responsabilità da cose in custodia (art. 2051 c.c.)?
La condotta del danneggiato è cruciale. Se il pericolo causato dalla cosa (in questo caso, il gradino scheggiato) è prevedibile e può essere evitato usando la normale prudenza, il comportamento imprudente della vittima può essere considerato la causa esclusiva del danno. Questo interrompe il nesso causale e libera il custode da ogni responsabilità.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di valutare diversamente una testimonianza?
No, non è possibile. L’interpretazione e la valutazione delle deposizioni testimoniali sono un compito esclusivo dei giudici di merito (Tribunale e Corte d’Appello). La Corte di Cassazione non può riesaminare le testimonianze per giungere a una conclusione diversa, a meno che non si denunci un vizio logico o procedurale radicale nella motivazione della sentenza impugnata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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