Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 28201 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3   Num. 28201  Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4185/2022 R.G. proposto da :
COGNOME  NOME,  rappresentata  e  difesa  dall ‘ avvocato COGNOME  NOME  (CODICE_FISCALE),  con  domiciliazione telematica come per legge
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME  NOME  (CODICE_FISCALE)  e  COGNOME (CODICE_FISCALE),  con  domiciliazione  telematica  come  per legge
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE
– intimata –
avverso  la  SENTENZA  della  CORTE  d ‘ APPELLO  di  NAPOLI  n. 2352/2021 depositata il 22/06/2021;
udita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 16/10/2025, dal Consigliere relatore NOME COGNOME;
ritenuto che:
NOME COGNOME convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, l ‘ RAGIONE_SOCIALE, in seguito: RAGIONE_SOCIALE, affermando  che,  mentre  discendeva  dal  piano  del  condominio,  in RAGIONE_SOCIALE, nel quale era situato l ‘ appartamento della madre, presso la  quale si  era  recata  in  visita,  era  caduta  a  causa  di  uno  scalino scheggiato e aveva riportato lesioni; e chiese la condanna dello RAGIONE_SOCIALE al risarcimento dei danni da queste derivatile;
lo RAGIONE_SOCIALE si costituì in causa e chiese l ‘ autorizzazione alla chiamata in  giudizio,  al  fine  di  esserne  manlevato,  della  propria  compagnia assicuratrice e, comunque, concluse per l ‘ infondatezza della domanda, chiedendone il rigetto;
la RAGIONE_SOCIALE si costituì e contestò la domanda e l ‘ obbligo di manleva;
il Tribunale, esperita l ‘ istruttoria, con audizione di un testimone e l ‘ espletamento di consulenza medico-legale in persona dell’attrice , rigettò la domanda;
la soccombente propose appello e lo RAGIONE_SOCIALE resistette all ‘ impugnazione,  come  pure,  con separato atto difensivo, la RAGIONE_SOCIALE, che, nelle more del giudizio, aveva incorporato la RAGIONE_SOCIALE;
la Corte  d ‘ appello di Napoli, con sentenza n. 2352 del 22/06/2021, ha rigettato l ‘ impugnazione;
avverso la sentenza della Corte territoriale propone ricorso per cassazione NOME COGNOME, con atto affidato a due motivi;
risponde con controricorso lo RAGIONE_SOCIALE, ora in liquidazione;
la RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata;
il ricorso è stato trattato nell ‘ adunanza camerale del 16/10/2025, alla quale il Collegio lo ha preso in decisione e ha riservato il deposito dell ‘ ordinanza nel termine di sessanta giorni;
considerato che:
il  primo motivo di ricorso è proposto per nullità della sentenza per errore processuale in tema di valutazione della prova testimoniale, ai sensi dell ‘ art.  116 c.p.c.,  in  relazione  all ‘ art.  360, primo comma, n. 4 c.p.c.;
il  secondo motivo è per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia e violazione e errata applicazione degli artt. 2051, 1227 c.c. in relazione all ‘ art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c.;
il primo motivo, a parte l ‘ impropria formulazione, in quanto contesta nella sostanza un vizio di motivazione inesistente e quindi avrebbe dovuto assumere a oggetto di censura l ‘ applicazione da parte del giudice di merito dell ‘ art. 132, comma secondo, n. 2 c.p.c., è, comunque, inammissibile, in quanto esso è una impropria e malcelata richiesta di riesame dell ‘ istruttoria testimoniale, nel senso di far dire al teste quel che non ha affermato, ossia che la COGNOME era caduta a causa di una scheggiatura e, in ogni caso, di un difetto dello scalino e, comunque, di trarre dalle parole del teste conseguenze favorevoli all ‘attrice, odierna ricorrente ;
il motivo riporta testualmente le dichiarazioni rese dal teste NOME COGNOME, al fine di contestare, inammissibilmente, la loro valutazione da parte dei giudici di merito;
il motivo, inoltre, è inammissibile, perché consiste in una censura non spendibile in sede di legittimità, in quanto volto a incidere sul libero  apprezzamento  del  giudice  in  ordine  alla  valutazione  della prova;
è, invero, risalente affermazione di questa Corte (Cass. n. 1521 del 8/6/1963 Rv. 262263 – 01 , confermata dall’univoca successiva
giurisprudenza) che non è censurabile in sede di legittimità l ‘ interpretazione delle deposizioni testimoniali effettuata dal giudice di merito in modo non conforme a quello sostenuto dalla parte, ciò esulando completamente dall ‘ ambito dei motivi del ricorso per cassazione indicati nell ‘ art. 360, primo comma, c.p.c., né può essere proposto alla Corte il riesame delle testimonianze, ciò esulando assolutamente dai compiti istituzionali di essa, fermo il limite che la motivazione non sia manchevole per omesso esame di fatti decisivi (Cass. n. 734 del 17/04/1962 Rv. 251161 – 01);
a conclusione del discorso sul primo motivo è, infine, da ribadire che (Cass. n. 25166 del 08/10/2019 Rv. 655384 – 01), nell ‘ ambito del giudizio di legittimità, l ‘ errore di percezione, in relazione all ‘ art. 115 c.p.c., cadendo sulla ricognizione del contenuto oggettivo della prova, non può ravvisarsi laddove la statuizione di esistenza o meno della circostanza controversa presupponga un giudizio di attendibilità, sufficienza e congruenza delle testimonianze, che si colloca interamente nell ‘ ambito della valutazione delle prove, estranea al giudizio di legittimità;
il secondo motivo è anch ‘ esso inammissibile, per autonome e indipendenti ragioni: sia perché posto in relazione a parametro non più esistente nella detta formulazione della motivazione omessa, insufficiente e contraddittoria, poiché il n. 5 dell ‘ art. 360 codice di rito civile prevede il vizio di omesso esame di un fatto inteso quale fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (così, tra molte, Cass. n. 17005 del 20/06/2024 Rv. 671706 – 01; Cass. n. n. 27415 del 29/10/2018 Rv. 651028 – 01); sia perché il motivo si infrange su decisione c.d. doppia conforme dei giudici di merito in ordine al detto fatto e, quindi, la censura in ordine alla ricostruzione del fatto non è utilmente riproponibile, ai sensi dell ‘ art. 348 ter , commi terzo e
quarto, c.p.c.; sia, infine, in quanto il motivo si risolve in un ‘ evidente, ma inconferente, sommatoria di richiami di dottrina e di giurisprudenza,  senza  che  però  siano  riportati  gli  estremi  delle pronunce, di legittimità e di merito, sull ‘ interpretazione dell ‘ art. 2051 c.c., per oltre dieci pagine, con adeguato aggancio alla motivazione della sentenza impugnata;
deve, invero, ribadirsi (da ultimo: Cass. n. 9059 del 06/04/2025 Rv. 674606 – 01; Cass. n. 1341 del 12/01/2024 Rv. 669796 – 01) che il motivo d ‘ impugnazione è costituito dall ‘ enunciazione delle ragioni per le quali la decisione è erronea e si traduce in una critica della decisione impugnata, non potendosi, a tal fine, prescindere dalle motivazioni poste a base del provvedimento stesso, la mancata considerazione delle quali comporta la nullità del motivo per inidoneità al raggiungimento dello scopo e tale nullità si risolve in un ‘ non motivo ‘ del ricorso per cassazione ed è conseguentemente sanzionata con l ‘ inammissibilità, ai sensi dell ‘ art. 366, n. 4, c.p.c.;
in ogni caso, ove il motivo potesse mai dirsi scrutinabile nel merito, si dovrebbe opportunamente richiamare la giurisprudenza di questa Corte, che, con ordinanza 01/02/2018, n. 2482 (e, nello stesso senso, con ordinanze nn. 2479 e 2480 del 2018), ha avuto modo di precisare quanto segue: «in tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull ‘ evento dannoso, in applicazione – anche ufficiosa – dell ‘ art. 1227, comma 1, c.c., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall ‘ art. 2 Cost., sicché, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l ‘ adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi
l ‘ efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo  causale  del  danno,  fino  a  rendere  possibile  che  detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso,  quando  sia  da  escludere  che  lo  stesso  comportamento costituisca  un ‘ evenienza  ragionevole  o  accettabile  secondo  un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l ‘ esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro»;
tale principio di diritto -successivamente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 27724/2018; n. 20312/2019; n. 38089/2021; n. 35429/2022; nn. 14228 e 21675/2023), anche a Sezioni Unite (Cass. n. 20943/2022) – è stato poi ancor più di recente riaffermato, statuendosi (Cass. n. 11152/23) che la responsabilità ex art. 2051 c.c. ha natura oggettiva – in quanto si fonda unicamente sulla dimostrazione del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, non già su una presunzione di colpa del custode – e può essere esclusa o dalla prova del caso fortuito (che appartiene alla categoria dei fatti giuridici), senza intermediazione di alcun elemento soggettivo, oppure dalla dimostrazione della rilevanza causale, esclusiva o concorrente, alla produzione del danno delle condotte del danneggiato o di un terzo (rientranti nella categoria dei fatti umani), caratterizzate, rispettivamente, la prima dalla colpa ex art. 1227 c.c. (bastando la colpa del leso: Cass., ord. 20/07/2023, n. 21675; Cass. 24/01/2024, n. 2376; Cass., ord. 27/07/2024, n. 21065) o, indefettibilmente, la seconda dalle oggettive imprevedibilità e non prevenibilità rispetto all ‘ evento pregiudizievole;
a tanto deve aggiungersi che la valutazione del giudice del merito sulla rilevanza causale esclusiva della condotta del leso costituisce un tipico apprezzamento di fatto, come tale incensurabile in sede di legittimità, ove scevro – come nella specie – da quei soli vizi logici o giuridici ancora rilevanti ai fini del n. 5 dell ‘ art. 360 cod. proc. civ. (tra cui l ‘ apparenza della motivazione per manifesta fallacia o falsità
delle premesse od intrinseca incongruità o inconciliabile contraddittorietà degli argomenti: Cass. 16502 del 5/07/2017 Rv. 644818 – 01);
il  ricorso,  in  conclusione,  stante  l ‘ inammissibilità  di  entrambi  i motivi, è dichiarato inammissibile;
le spese di lite nei confronti dello RAGIONE_SOCIALE in liquidazione seguono la soccombenza della ricorrente e, tenuto conto dell ‘ attività processuale espletata, in relazione al valore della controversia, sono liquidate come da dispositivo;
nulla per le spese nei confronti della l ‘ RAGIONE_SOCIALE per essere la compagnia assicuratrice rimasta intimata;
la  decisione  di  inammissibilità  del  ricorso  comporta  che  deve attestarsi, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, la sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, se dovuto;
infine, per la natura della causa petendi ,  va di ufficio disposta l’omissione, in caso di diffusione del presente provvedimento, delle generalità  e  degli  altri  dati  identificativi  della  ricorrente,  ai  sensi dell’art. 52 d.lgs. 196 del 2003;
p. q. m.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite, che liquida in  euro  1.500,00,  oltre  euro  200,00  per  esborsi,  oltre  rimborso forfetario al 15%, oltre CA e IVA per legge;
ai sensi dell ‘ art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13;
dispone  che,  ai  sensi  dell’art.  52  d.lgs.  196  del  2003,  in  caso  di diffusione  del  presente  provvedimento siano omessi generalità ed altri dati identificativi della ricorrente.
Così  deciso  in  Roma,  nella  camera  di  consiglio  della  Corte  di cassazione, sezione III civile, in data 16/10/2025.
Il Presidente NOME COGNOME