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Responsabilità da cose in custodia e fatto ignoto

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 7789/2024, ha stabilito un principio fondamentale in materia di responsabilità da cose in custodia (art. 2051 c.c.). Nel caso di un lavoratore ferito dal crollo di un cancello, la Corte ha confermato che il proprietario/custode del bene è responsabile anche se la causa esatta del cedimento rimane ignota. Il ‘fatto ignoto’ non costituisce ‘caso fortuito’ e non è sufficiente a esonerare il custode, sul quale grava l’onere di provare un evento esterno, imprevedibile e inevitabile che abbia interrotto il nesso causale.

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Pubblicato il 8 novembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Responsabilità da Cose in Custodia: Il Custode Risponde Anche se la Causa del Danno è Ignota

L’articolo 2051 del Codice Civile rappresenta una norma cruciale per chiunque abbia la disponibilità di beni, da un immobile a un macchinario. La recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 7789/2024 offre un’importante lezione sulla responsabilità da cose in custodia, specificando che il proprietario o gestore di un bene è tenuto a risarcire i danni da esso causati anche quando l’origine esatta del problema resta un mistero. Analizziamo questo caso emblematico.

I Fatti: Un Infortunio sul Lavoro e la Catena delle Responsabilità

Un lavoratore, dipendente di una ditta di manutenzione, subiva un grave infortunio a causa del cedimento improvviso di un pesante cancello in acciaio. L’incidente avveniva all’interno di un capannone di proprietà di una società terza. L’Ente Previdenziale, dopo aver erogato le prestazioni di legge al lavoratore infortunato, agiva in surroga contro la società proprietaria del capannone per ottenere il rimborso delle somme versate.

Da qui si innescava una complessa catena di chiamate in causa. La società proprietaria, ritenendosi non responsabile, citava in giudizio la ditta che aveva installato il cancello, chiedendo di essere tenuta indenne (in manleva). A sua volta, la ditta installatrice coinvolgeva il fornitore delle cerniere in ghisa che avevano ceduto, il quale a sua volta chiamava in causa il produttore originario, creando un complesso contenzioso che risaliva l’intera filiera produttiva e commerciale.

Il Percorso Giudiziario e la questione della responsabilità da cose in custodia

Il Tribunale di primo grado rigettava la domanda dell’Ente Previdenziale, qualificando l’evento come “caso fortuito”. La motivazione si basava sull’impossibilità di determinare con certezza la causa del cedimento delle cerniere, un “fatto ignoto” che, secondo il giudice, escludeva la colpa del custode.

Di parere opposto la Corte d’Appello, che ribaltava la decisione. I giudici di secondo grado riconoscevano la responsabilità da cose in custodia in capo alla società proprietaria del capannone. Di conseguenza, la condannavano a rimborsare l’Ente e, accogliendo la domanda di manleva, condannavano la società installatrice a risarcire a sua volta la proprietaria. Contro questa decisione, sia la società installatrice (ricorso principale) sia quella proprietaria (ricorso incidentale) si rivolgevano alla Corte di Cassazione.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato entrambi i ricorsi, confermando la decisione d’appello e fornendo chiarimenti decisivi sulla portata dell’art. 2051 c.c.

La Natura Oggettiva della Responsabilità del Custode

Il punto centrale della decisione è la natura oggettiva della responsabilità da cose in custodia. Questa non si fonda sulla colpa del custode, ma sul semplice nesso di causalità tra la cosa e il danno. Per essere ritenuto responsabile, è sufficiente dimostrare che il danno è stato provocato dal bene che si ha in custodia. Il custode non può difendersi provando di aver agito con diligenza, ma solo dimostrando l’esistenza del “caso fortuito”.

Il “Fatto Ignoto” non Equivale a “Caso Fortuito”

La Corte ha chiarito in modo inequivocabile che l’impossibilità di accertare la causa specifica del danno (il “fatto ignoto”) non integra il caso fortuito. Il caso fortuito deve essere un fattore esterno, con i caratteri dell’autonomia, eccezionalità, imprevedibilità e inevitabilità (come il fatto di un terzo o la colpa esclusiva del danneggiato). L’incertezza sulla causa remota del danno, quando è certo che il danno deriva dalla cosa, non spezza il nesso causale e la responsabilità rimane a carico del custode. Era onere della società proprietaria provare che il crollo fosse stato causato da un evento esterno con tali caratteristiche, prova che non è stata fornita.

La Corretta Gestione delle Domande di Manleva in Appello

La Corte ha anche respinto le doglianze procedurali della società installatrice. Quest’ultima sosteneva che la sua responsabilità non potesse essere riesaminata in appello, non essendo stata oggetto di un’impugnazione specifica. La Cassazione ha spiegato che la domanda di manleva era stata correttamente “assorbita” in primo grado, poiché la domanda principale era stata rigettata. Una volta che la Corte d’Appello ha riformato la sentenza e affermato la responsabilità della proprietaria, ha legittimamente riesaminato la domanda di manleva, che era stata ritualmente riproposta.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

L’ordinanza consolida un orientamento rigoroso in tema di responsabilità da cose in custodia. Le implicazioni pratiche per proprietari, gestori e amministratori di beni sono significative:

1. Onere della prova: Il custode ha un onere probatorio molto gravoso. Non basta non sapere cosa sia successo; bisogna provare positivamente l’esistenza di un fattore esterno che ha causato il danno.
2. Irrilevanza della diligenza: La responsabilità prescinde dalla colpa. Anche il custode più diligente può essere chiamato a rispondere se non riesce a provare il caso fortuito.
3. Controllo e manutenzione: La decisione sottolinea l’importanza di un controllo effettivo e di una manutenzione costante dei beni in custodia, poiché il custode risponde del loro stato e dei rischi che possono generare, anche se installati o realizzati da terzi.

Il proprietario di un bene è responsabile per i danni che questo provoca anche se la causa esatta dell’incidente rimane sconosciuta?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la responsabilità da cose in custodia (art. 2051 c.c.) ha natura oggettiva. Se è provato che il danno deriva dalla cosa, il custode è responsabile. L’incertezza sulla causa specifica del difetto (il ‘fatto ignoto’) non è sufficiente a esonerarlo dalla responsabilità.

Cosa deve provare il custode di un bene per essere esonerato dalla responsabilità per danni?
Per essere esonerato, il custode non deve provare di essere stato diligente, ma deve dimostrare l’esistenza di un ‘caso fortuito’. Si tratta di un evento esterno alla sua sfera di controllo, che sia imprevedibile, inevitabile e tale da interrompere da solo il nesso di causalità tra la cosa e il danno (es. il fatto esclusivo di un terzo o la condotta colposa della vittima).

Se una domanda di manleva viene ‘assorbita’ in primo grado, è necessario un appello specifico per discuterla nel secondo grado di giudizio?
No. La Corte ha chiarito che se la domanda principale viene respinta in primo grado, la domanda di manleva (subordinata all’accoglimento della prima) viene assorbita. Se la Corte d’Appello riforma la decisione e accoglie la domanda principale, deve esaminare la domanda di manleva che sia stata semplicemente riproposta dalla parte interessata, senza necessità di un appello incidentale specifico su quel punto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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