Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 12231 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 12231 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16685/2022 R.G. proposto da :
DE COGNOME NOME, domiciliato per legge in ROMA, alla INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, domiciliato digitalmente per legge
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE COGNOME, domiciliato per legge in ROMA, alla INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, domiciliato digitalmente per legge
– controricorrente –
Avverso la SENTENZA della CORTE d’APPELLO di LECCE n. 423/2022 depositata il 04/04/2022.
Udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 10/03/2025, dal Consigliere relatore NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME si recò, nelle prime ore del pomeriggio del 26/08/2013, insieme alla figlia NOMECOGNOME e ad altri amici, tra cui la sua compagna NOME COGNOME e il padre di questa, NOME, e a NOME COGNOME, amica della figlia, presso l’Agri Hotel Panzanari e ivi utilizzò lo scivolo per scivolare, appunto, nella piscina. Nel fare ciò riportò lesioni a causa dell’asserito improvviso aumento del flusso d’acqua immessa sullo scivolo, che provocò la perdita della sua posizione iniziale e comportò lo scontro con i bordi dello scivolo, con le dette conseguenti lesioni.
COGNOME convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Lecce l’RAGIONE_SOCIALE al fine di ottenerne la condanna al risarcimento dei danni.
L’RAGIONE_SOCIALE si costituì in giudizio e resistette alla domanda.
Il Tribunale, istruita la causa mediante escussione dei testi e consulenza medico legale di ufficio, condannò l’Hotel al risarcimento dei danni liquidati in oltre novemila euro (€ 9.976,00), oltre interessi.
L’RAGIONE_SOCIALE propose appello.
NOME COGNOME resistette all’impugnazione.
La Corte d’appello di Lecce, con sentenza n. 423 del 4/04/2022, ha accolto l’appello e rigettato la domanda proposta in primo grado.
Avverso la sentenza della Corte territoriale ricorre, con atto affidato a quattro motivi, NOME COGNOME.
L’RAGIONE_SOCIALE Panzanari risponde con controricorso.
Il Procuratore generale non ha presentato conclusioni.
Il ricorrente ha depositato memoria per l’adunanza camerale del 10/03/2025 alla quale il ricorso è stato trattenuto in decisione e
il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I motivi di ricorso sono i seguenti.
I) violazione e (o) falsa applicazione degli artt. 116 c.p.c., 1227, 2043 e 2051 c.c. e 2 della Costituzione, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. Il motivo, sulla base del richiamo a una pronuncia di legittimità, censura il ragionamento decisorio della Corte d’appello affermando che la stessa ha effettuato un’erronea ricostruzione della fattispecie concreta.
II) omessa valutazione di un fatto storico decisivo risultante dagli atti di causa, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5 c.p.c. Il motivo si incentra sulla mancata corretta individuazione della posizione di un testimone, poiché la stessa Corte d’appello riconosce che alcuni testi non avevano una completa visione della posizione di partenza del COGNOME e quindi di sua figlia, che gli stava alle spalle.
III) nullità della sentenza in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c. per violazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4 c.p.c. Il motivo contesta la mancanza della motivazione sulla ricostruzione in fatto della dinamica dell’evento.
IV) violazione e (o) falsa applicazione degli artt. 116 c.p.c., 1227 e 2051 c.c., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. per errata ricostruzione in fatto dell’evento, come già prospettato nel primo motivo.
Il primo motivo e il quarto motivo del ricorso concernono entrambi gli artt. 1227 e 2051 c.c. e 116 c.p.c., il primo di essi fa riferimento anche all’art. 2043 c.c. ma i punti di contatto tra i due detti motivi ne consentono lo scrutinio congiunto, anche in considerazione dell’esclusione della riconducibilità dell’evento all’ambito della norma generale sull’illecito civile operata dai giudici di merito con statuizione non oggetto di impugnazione, cosicché il
campo delle censure è ristretto a quelle mosse con riferimento l’art. 2051 c.c.
Entrambi i detti motivi contestano l’apprezzamento complessivo del materiale probatorio e si appoggiano a una sentenza di questa Corte (si tratta della sentenza n. 16502 del 5/07/2017), e sostengono che alla stregua della detta pronuncia è consentito il controllo sul ragionamento probatorio del giudice di merito.
I due motivi sono inammissibili: essi si limitano a richiedere un diverso apprezzamento delle prove testimoniali, che sono state ritenute inattendibili, con motivazione ampia, logica e coerente, dalla Corte territoriale. Il richiamo alla singola pronuncia indicata di questa Corte è del tutto fuorviante poiché detta sentenza, ove letta per intero, si limita a ribadire affermazioni costanti nella giurisprudenza della Corte di cassazione e riguarda un caso concreto nel quale non era in gioco la valutazione di attendibilità dei testi bensì dei documenti, posto che nella detta sentenza si tratta del giudizio inferenziale errato fatto dai giudici in ordine all’individuazione, su base documentale ( ossia dei referti medici) del giorno di inizio della decorrenza della prescrizione, ai sensi dell’art. 2935 c.c. In ogni caso la sentenza richiamata dalla difesa del COGNOME afferma quanto segue: nella nuova formulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., il sindacato di legittimità sulla motivazione è ridotto al “minimo costituzionale”, restando riservata al giudice del merito la valutazione dei fatti e l’apprezzamento delle risultanze istruttorie, ma la Corte di cassazione può verificare l’estrinseca correttezza del giudizio di fatto sotto il profilo della manifesta implausibilità del percorso che lega la verosimiglianza delle premesse alla probabilità delle conseguenze e, pertanto, può sindacare la manifesta fallacia o non verità delle premesse o l’intrinseca incongruità o contraddittorietà degli argomenti, onde ritenere inficiato il procedimento inferenziale ed il risultato cui esso è pervenuto, per escludere la corretta applicazione della norma
entro cui è stata sussunta la fattispecie. Come è agevole rilevare la sentenza corrisponde al limite del sindacato sulla motivazione tracciato sin dall’anno 2014 dalla giurisprudenza nomofilattica (Sez. U n. 8053 del 7/07/20014 e successivamente costantemente ribadito: Cass. n. 21257 del 08/10/2014 Rv. 632914-01; Cass. n. 27415 del 29/10/2018 Rv. 651028 -01).
Il secondo motivo riguarda l’omessa considerazione della posizione della teste NOME COGNOME che il ricorrente afferma essersi trovata con lui alla cima dello scivolo, prima che lui iniziasse la discesa.
Il motivo è inammissibile: la Corte d’appello ha ampiamente preso in esame la circostanza e semplicemente non ha ritenuto credibile che la teste, figlia del ricorrente, si trovasse in quella posizione, evidenziando le contraddizioni tra i vari testi addotti dallo stesso COGNOME. Il sindacato che viene chiesto, a mezzo della proposizione del detto motivo a questa Corte è un sindacato di merito sulla motivazione, ossia prospetta vizio di motivazione omessa, insufficiente contraddittoria, alla stregua della formulazione del n. 5 dell’art. 360 c.p.c. antecedente alle modifiche dell’anno 2012, mentre, viceversa, la Corte d’appello ha adeguatamente spiegato per quale ragione la figlia del COGNOME non poteva essere ritenuta credibile e la critica prospettata è meramente assertiva.
Il terzo motivo denuncia nullità della sentenza per motivazione apparente. Esso è inammissibile, in quanto la sentenza d’appello ha, come già scritto, motivazione logica e congruente e comunque notevolmente al di sopra del cd. minimo costituzionale (Cass. n. 23940 del 12/10/2017 Rv. 645828 – 01). La Corte territoriale ha escluso , in applicazione corretta dell’art. 2051 c.c., che le lesioni riportate dal de COGNOME possano essere ascritte a un malfunzionamento dello scivolo e le imputa alla sostanziale perdita dell’iniziale posizione avvenuta accidentalmente, ossia per causa
non imputabile alla struttura e quindi al custode, da parte del COGNOME, che non aveva preso le opportune cautele nell’utilizzazione dello scivolo, ponendo in essere in tal modo un comportamento anomalo, di per se’ idoneo a interrompere la sequenza causale ascritta alla struttura utilizzata ossia alla cosa, così come affermato dall’oramai stabile giurisprudenza di legittimità (si veda, in tema, Cass. n. 33129 del 18/12/2024 Rv. 673169 -01 per un’ipotesi di causa rimasta incognita e per un’ipotesi di mancata allegazione specifica del la riferibilità dell’event o alla cosa in custodia si veda Cass. n. 12760 del 09/05/2024 Rv. 670936 01).
Giova, peraltro, evidenziare che il giudice dell’appello territoriale ha, con un argomento decisorio che non è stato in alcun modo oggetto di impugnazione, affermato che non risultavano anomalie nel funzionamento della struttura, ossia un getto d’acqua anomalo e improvviso, nel corso della stessa giornata in cui era stata utilizzata dal COGNOME e tantomeno in altre occasioni dell’estate dell’anno 2013, precedenti a quella in oggetto.
Il ricorso, in conclusione, è dichiarato inammissibile.
Le spese di lite seguono la soccombenza del COGNOME e tenuto conto del valore della controversia e dell’attività processuale espletata sono liquidate in favore della controricorrente come da dispositivo.
La decisione di inammissibilità del ricorso comporta, infine, che deve darsi atto, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti e in favore del competente Ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente e in favore del competente Ufficio di merito , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Corte di