Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 21371 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 21371 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29943/2022 R.G. proposto da
C.C. 31/3/2022
COGNOME , rappresentato e difeso dall ‘ avv. NOME COGNOMEc.f. CODICE_FISCALE, con domicilio digitale ex lege
– ricorrente –
contro
COMUNE DI COGNOME, rappresentato e difeso dall ‘ avv. NOME COGNOMEc.f. CODICE_FISCALE, con domicilio digitale ex lege
– controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’ appello di Lecce -Sezione distaccata di Taranto n. 153 del 2/5/2022;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 10/06/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
lette le memorie delle parti;
Ad. 10/6/2025 CC
R.G.N. 29943/2022
Inammissibilità
RILEVATO CHE
–NOME COGNOME convenne in giudizio, innanzi al Tribunale di Taranto, il Comune di Roccaforzata chiedendo che l’ente fosse condannato al risarcimento dei danni da lui patiti in conseguenza della sua caduta dalla moto, avvenuta a causa della presenza di un dosso rallentatore esistente su di una strada comunale, non segnalato, privo di manutenzione e più alto del dovuto;
-si costituì il Comune convenuto, contestando la ricostruzione dei fatti compiuta dall’attore e chiedendo il rigetto della domanda;
-espletata l’istruttoria con prova per interpello e per testi e svolgimento di una c.t.u., il Tribunale accolse la domanda ai sensi dell’art. 2051 cod. civ. e, riconosciuta l’integrale responsabilità del Comune nella determinazione del sinistro, lo condannò al risarcimento dei danni liquidati nella somma di Euro 138.962,00, oltre a rivalutazione e interessi, e con il carico delle spese di giudizio;
-la pronuncia fu impugnata dal Comune soccombente e la Corte d’appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, con la sentenza n. 341 del 26/7/2018, rigettò l’appello; secondo la Corte di merito, il danneggiato aveva dimostrato l’esistenza del danno, il ne sso di causalità e le condizioni di dissesto del bene demaniale, mentre il Comune non aveva provato l’esistenza del caso fortuito;
-decidendo sull’impugnazione proposta dal Comune, Cass. Sez. 6 -3, 21/9/2020, n. 19716, cassava la sentenza impugnata e rinviava alla Corte d’appello di Lecce, Sezione distaccata di Taranto, in diversa composizione: questa Corte rilevava «che la costante giurisprudenza di questa Corte sull’art. 2051 cit. insegna che il danneggiato deve comunque dimostrare l’esistenza del fatto dannoso, il nesso di causalità e il danno, rimanendo a carico del custode l’obbligo di dimostrazione del fortuito. … Nel caso in esame la Corte territoriale non ha fatto buon governo di tali principi. La motivazione della sentenza, infatti, consta di una prima parte nella quale vengono richiamati (parzialmente e in
modo incompleto) i principi enunciati da questa Corte in argomento, indicando quali fossero gli oneri probatori a carico delle rispettive parti. Dopo di che segue una brevissima motivazione, di poche righe, nella quale la Corte d’appello si limita ad osser vare, senza ulteriori spiegazioni, che il danneggiato avrebbe assolto l’onere della prova su di lui gravante, mentre il Comune non avrebbe dimostrato l’esistenza del caso fortuito, specificando solo che il medesimo sarebbe incorso in una grave omissione nella manutenzione del bene demaniale. Dopo di che si passa alla liquidazione del danno.»;
-il giudizio di rinvio si concludeva con la sentenza n. 153 del 2/5/2022 che, in riforma della decisione del primo giudice, rigettava la domanda di NOME COGNOME;
-in particolare, la Corte d’appello svolgeva un’analisi approfondita delle circostanze del sinistro e delle condizioni della strada, con particolare attenzione al dosso artificiale che, secondo l’attore, aveva determinato la sua caduta: nel valutare lo stato del dosso rallentatore, rilevava che lo stesso era stato installato in prossimità di un incrocio ed era segnalato da un cartello di pericolo posto a circa 90 metri di distanza, che l’altezza del dosso era di 5 cm. (altezza consentita dal C.d.S. solo su strade con limite di velocità pari o inferiore a 40 km/h, mentre la strada in questione aveva un limite di 50 km/h; ad ogni buon conto, secondo il giudice d’appello, se il motociclista effettivamente viaggiava a 40 km/h, come da sua dichiarazione, l’altezza del dosso non poteva essere considerata pericolosa, mentre, in caso di andatura a 50 km/h, l’altezza sarebbe stata comunque tollerabile e, in caso di velocità superiore, sarebbe stata configurabile una responsabilità esclusiva del conducente); il fatto ch e l’ultimo modulo del dosso, sul lato destro della carreggiata, a circa 60 cm dal marciapiede, fosse mancante non assumeva alcun rilievo, perché non era sulla normale traiettoria di marcia del veicolo del D’Onza; quanto alla visibilità, pur ravvisandosi un cono d’ombra in corrispondenza dell’elemento
mancante, l’illuminazione pubblica era comunque sufficiente a garantire la visibilità del dosso e della segnaletica, anche in orario notturno; in conclusione, la Corte escludeva un nesso causale tra le condizioni del dosso e la caduta del motociclista, atteso che, per la sua dinamica, l’incidente era più verosimilmente riconducibile a una condotta imprudente del conducente piuttosto che a un difetto della strada; non si ravvisavano, dunque, elementi sufficienti per attribuire al Comune di Roccaforzata una responsabilità ai sensi degli artt. 2043 e 2051 c.c.;
-avverso la predetta sentenza NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, affidato a due motivi;
-resisteva con controricorso il Comune di Roccaforzata;
-le parti depositavano memorie ex art. 380bis .1, comma 1, c.p.c.;
-all ‘ esito della camera di consiglio del 10/6/2025, il Collegio si riservava il deposito dell ‘ ordinanza nei successivi sessanta giorni, a norma dell ‘ art. 380bis .1, comma 2, c.p.c.;
CONSIDERATO CHE
-col primo motivo , formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c., si deduce «Violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2051 e 2967 c.c.; degli artt. 143 c.d.s. e 179, comma 5, del d.p.r. 495/92; nonché gli artt. 115 e 116 c.p.c., 360, comma 1, n. 3 e n. 5 c.p.c. per omesso esame circa fatti decisivi per il giudizio che sono stati oggetto di discussione tra le parti nei giudizi di merito», per avere la Corte d’appello ritenuto che il dosso fosse regolarmente instal lato e segnalato anche se lo stesso era alto 5 cm. (mentre la normativa consente tale altezza solo su strade con limite ≤ 40 km/h, mentre la strada in questione aveva un limite di 50 km/h) e mancava di un elemento terminale (con bulloni esposti), le strisce rifrangenti erano usurate, la visibilità notturna era compromessa da un cono d’ombra e
mancava il segnale di limite di velocità accanto al cartello di pericolo; il giudice di secondo grado avrebbe quindi travisato le risultanze della CTU e ignorato elementi probatori decisivi, come le fotografie e le dichiarazioni dei testimoni, che confermavano lo stato di degrado e pericolosità del dosso;
-il motivo è inammissibile;
-infatti, la censura -lungi dall’indicare quali argomenti della sentenza impugnata hanno fatto erronea applicazione delle norme asseritamente violate -richiama eterogenee disposizioni per contrastare la ricostruzione delle circostanze di fatto svolta dal giudice di merito e per sottoporre a questa Corte di legittimità un’inammissibile istanza di rivalutazione dell’apprezzamento compiuto dal giudice di merito;
-in altre parole, come si evince dalla sua stessa formulazione, il motivo non denuncia una violazione di legge, ma, inammissibilmente, mira a trasformare il giudizio di legittimità in un terzo grado di merito;
-si deve ribadire che «Il ricorrente per cassazione non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione.» (Cass. Sez. 5, 22/11/2023, n. 32505, Rv. 669412-01);
-p arimenti inammissibile è la denuncia formulata ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c.: «L’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc.
civ., riformulato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, introduce nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia). Ne consegue che, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, primo comma, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il ricorrente deve indicare il ‘fatto storico’, il cui esame sia stato omesso, il ‘dato’, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il ‘come’ e il ‘quando’ tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua ‘decisività’, fermo restando che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie.» (Cass. Sez. U., 7/04/2014, n. 8053, Rv. 629831-01);
-poi, alla luce delle statuizioni di Cass. Sez. U., 5/03/2024, n. 5792, nel caso de quo è del tutto inconfigurabile un travisamento della prova che possa essere fatto valere come vizio riconducibile all’art. 360, n. 4, o n. 5, c.p.c.;
-col secondo motivo , formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, nn. 3 e 5, c.p.c., si deduce «Violazione di legge; violazione e falsa applicazione degli artt. 2043, 2051 e 2967 cc; degli artt.143 c.d.s. e 179, comma 5, dpr 495/92, nonché degli artt.115 e 116 c.p.c. 360 comma 1 n. 3 e 5 cpc.»; ad avviso del ricorrente, la Corte ha erroneamente escluso il nesso causale tra la caduta e le condizioni del dosso, ritenendo improbabile che il motociclista avesse percorso la parte destra della carreggiata (dove manc ava l’elemento del dosso), mentre la legge impone proprio di circolare a destra, e ha poi omesso
di motivare adeguatamente su quale fosse la causa della caduta, limitandosi a escludere la responsabilità del Comune senza indicare un’alternativa plausibile; il giudice d’appello, poi, avrebbe invertito l’onere della prova, non considerando che, in base all’art. 2051 c.c., spetta al custode dimostrare il caso fortuito per liberarsi da responsabilità, onere probatorio non assolto dal controricorrente;
-anche questo motivo è inammissibile;
-conduce a tale conclusione – oltre alle argomentazioni già esposte in relazione alla prima censura e che si attagliano pure alla seconda il rilievo che il ricorrente non ha colto la ratio decidendi : il giudice di secondo grado non ha affatto invertito l’onere probatorio incombente su danneggiante e danneggiato nell’ipotesi ex art. 2051 c.c., ma, anzi, ha correttamente stabilito che spetta al danneggiato dimostrare il nesso causale tra la res custodita e l’evento lesivo, prova che è mancata nel caso di specie, atteso che -secondo l’apprezzamento in fatto compiuto dalla Corte di merito (e non sindacabile in questa sede ove congruamente motivato, come nella specie) -la caduta non è stata determinata dal dosso, bensì, più verosimilmente, dalla condotta imprudente del conducente;
-in conclusione, il ricorso va dichiarato inammissibile;
-consegue alla dichiarata inammissibilità la condanna del ricorrente a rifondere al controricorrente le spese del giudizio di legittimità, liquidate, secondo i parametri normativi, nella misura indicata nel dispositivo;
-va dato atto, infine, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente ed al competente ufficio di merito, ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , D.P.R. n. 115 del 2002, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, in misura pari a quello previsto per il ricorso, ove dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13;
p. q. m.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente a rifondere al controricorrente le spese di questo giudizio, liquidate in Euro 7.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre ad accessori di legge;
ai sensi dell ‘ art. 13, comma 1quater , del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente ed al competente ufficio di merito, dell ‘ ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso, qualora dovuto, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione