Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 5648 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 5648 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 03/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1612/2022 R.G. proposto da:
NOME COGNOME NOME COGNOME, NOME COGNOME NOME COGNOME gli ultimi tre in proprio e quali eredi di NOME COGNOME rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME e domiciliati presso il domicilio digitale del medesimo
pec:
pec:
-ricorrenti-
contro
PROVINCIA DI FOGGIA, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso il domicilio digitale del medesimo
pec:
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di BARI n. 1061/2021 depositata il 7/06/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/11/2024 dalla Consigliera NOME COGNOME.
Rilevato che:
NOME COGNOME, NOME COGNOME, COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOME NOME, questi ultimi tre in proprio e quali eredi di NOME COGNOME, convennero in giudizio la Provincia di Foggia per sentir accertare che la responsabilità del sinistro occorso alla loro congiunta NOME COGNOME deceduta con il figlioletto NOME COGNOME, in data 13/9/2009 in Agro di Manfredonia, a seguito della perdita di controllo del mezzo dalla medesima condotto, dell’uscita di strada e della caduta fatale in un canale di bonifica dove i due erano deceduti per annegamento, fosse da ascriversi alla Provincia, proprietaria della S.P. n. 141 per non avere la stessa installato delle barriere di protezione della carreggiata stradale. Allegarono altresì che il tratto di strada de quo era privo della segnaletica relativa al pericolo connesso alla vicinanza del corso d’acqua sicché l’omessa segnalazione si poneva in rapporto causale con la creazione di una situazione di pericolo, il sinistro e l’evento morte.
La Provincia di Foggia, nel costituirsi in giudizio, contestò la domanda, in particolare dedusse la presenza della segnaletica indicante il limite dei 50 km/h, il pericolo per strada deformata e banchina pericolosa, nonché per strada sdrucciolevole ed affermò che il sinistro fosse imputabile esclusivamente alla Villalba per non aver rispettato i limiti di velocità e per non aver tenuto una velocità conforme allo stato dei luoghi.
Il Tribunale di Foggia, istruita la causa con acquisizione del rapporto della Polizia Stradale, esame testi e redazione di CTU ricostruttiva del sinistro, rigettò le domande, condannando gli attori alle spese. Ritenne che, qualificata la domanda ai sensi dell’art. 2051 c.c. per essere la Provincia proprietaria della strada pubblica in cui era avvenuto il sinistro e dunque custode della medesima, il fatto
del terzo – nel caso di specie la sconsiderata condotta di guida della danneggiataavesse interrotto il nesso causale tra il rapporto di custodia ed il danno, integrando il fortuito e conseguentemente escludendo qualsivoglia responsabilità dell’Ente.
Se la conducente avesse usato l’ordinaria diligenza, avrebbe potuto prevedere ed evitare la situazione di pericolo con l’adozione delle normali cautele, tenuto conto della buona visibilità dei luoghi, dello stato ottimale della strada e della evidente assenza di barriere di contenimento, assenza che avrebbe dovuto indurre ad una condotta particolarmente prudente per evitare il rischio di uscire fuori strada.
A seguito di appello dei congiunti della Villalba, volto a sentir accertare, in primis, l’omessa considerazione del fatto che la morte non era dipesa dall’incidente in sé ma dall’annegamento, dovuto alla mancata apposizione di barriere laterali in quel tratto obbligatorie e, in secondo luogo, a riformare la sentenza di primo grado anche in relazione all’accertata esistenza del fortuito, la Corte d’Appello di Bari, con sentenza n. 1061, pubblicata in data 7/6/2021, ha rigettato il gravame, ritenendo, per quanto ancora di interesse, che non vi erano i presupposti richiesti dalla normativa di settore (di cui traccia l’evoluzione dal D.M. n. 223/1992 fino al D.M. 21 giugno 2004 n. 2367) per l’apposizione di barriere di contenimento e che, ove pure vi fosse stata la presenza di un guard rail , essa neppure avrebbe potuto evitare le conseguenze nefaste del sinistro, imputabile soltanto alla elevatissima velocità tenuta dalla Villalba. Inoltre la corte del gravame ha considerato che, in base agli artt. 141 e 146 del C.d.S. e dell’art. 342 reg. c.s., la conducente avrebbe dovuto adeguare la velocità del mezzo alle condizioni della strada, tenendo una condotta prudenziale e che, avendo omesso tali precauzioni, ad essa sola fosse da imputarsi la responsabilità del sinistro.
Avverso la sentenza i Marchano-Villalba propongono ricorso per cassazione sulla base di tre motivi.
Resiste la Provincia di Foggia con controricorso.
Vi è memoria dei ricorrenti.
Considerato che:
va preliminarmente rilevato che l’avviso di fissazione dell’odierna adunanza camerale alla Provincia è stato ritualmente eseguito dalla Cancellaria presso di sé, dopo che il tentativo di comunicazione presso il suo difensore non era andato in porto secondo la risposta del gestore: si veda Cass. n. 25426 del 2012;
con il primo motivo – deducente: 1. Violazione di legge ex art. 360 c. 1 n. 3 in relazione al DM 223/1991 art. 3, DM 5 novembre 2001 art. 1, DM 22 aprile 2004 art 1, al DM 21 giugno 2004 n. 2367 artt. 2 e 3 ed art. 13 e 14 CDS per avere, la Corte di Appello, ritenuto che non sussisteva in capo all’Ente convenuto l’obbligo di predisporre le barriere di protezione laterale della strada SP141 nel tratto in cui si è verificato il sinistro i ricorrenti lamentano che la corte territoriale non ha rispettato le norme indicate in epigrafe, le quali avrebbero imposto l’apposizione di barriere di protezione. Impugnano, in particolare, il capo di sentenza che ha ritenuto necessarie, ai fini dell’apposizione delle barriere, due condizioni e cioè un dislivello pari o superiore ad 1 mt tra il colmo dell’argine della strada ed il piano campagna ed una pendenza della scarpata superiore ai 2/3. L’errore della corte territoriale sarebbe consistito nel ritenere che le due condizioni dovessero essere entrambe presenti per rendere obbligatoria l’apposizione di barriere laterali, mentre la norma prevedeva l’apposizione di barriere in presenza anche di una soltanto delle predette condizioni o la ricorrenza di combinazione tra le due e di contemporanea presenza di ostacoli fissi e laterali, non posti ad una distanza di sicurezza.
Con il secondo motivo di ricorso – deducente: Violazione di legge ex art. 360 c. 1 n. 3 in relazione all’art. 2051 e 2043 c.c. in quanto la Corte di Appello ha ritenuto sussistente, nel caso di specie, il caso fortuito da ricondurre alla condotta negligente della conducente del veicolo coinvolto nel sinistro ed agli artt. 141, 146 Cds e 342 RE Cds per aver ritenuto l’eccessiva velocità e l’imprudenza della Villalba unica ed esclusiva causa determinante dell’incidente -i ricorrenti lamentano che la sentenza, nell’incentrare l’esclusiva responsabilità del sinistro in capo alla danneggiata, ha violato gli artt. 2051 c.c. e 2043 c.c. perché non ha considerato che la Provincia, non avendo apposto tempestivamente il nuovo segnale di velocità massima di 40 km/h, pur essendo
stata la decisione deliberata dai competenti organi, ha trasgredito ai propri obblighi di custodia imposti dalle indicate disposizioni.
Secondo i ricorrenti la sentenza dovrebbe essere cassata per aver scrutinato soltanto la condotta della danneggiata, che peraltro aveva tenuto una velocità di 90 km/h, senza interrogarsi sugli obblighi del custode.
I due motivi, che vanno trattati congiuntamente per ragioni di connessione, sono entrambi inammissibili.
Essi concernono la questione dell’installazione delle barriere.
Senonché, la sentenza, come emerge dalle ultime otto righe della pag. 4 e dalle prime quattordici della successiva, dopo avere enunciato la ratio sulla esclusione dell’obbligo di installare le barriere, ne ha enunciata un’altra autonoma, che ha escluso la responsabilità della Provincia anche se le barriere fossero state presenti. Questa motivazione non è in alcun modo censurata. E ciò nemmeno quando si argomenta – fra l’altro senza indicare, come imponeva l’art. 366 n. 6 c.p.c., dove sarebbe localizzabile in questa sede – in ordine alla c.t.u. di primo grado.
Occorre dare continuità al consolidato principio di diritto secondo cui ‘Quando la sentenza assoggettata ad impugnazione sia fondata su diverse “rationes decidendi” , ciascuna idonea a giustificarne autonomamente la statuizione, la circostanza che tale impugnazione non sia rivolta contro una di esse determina l’inammissibilità del gravame per l’esistenza del giudicato sulla “ratio decidendi” non censurata, piuttosto che per carenza di interesse’ (Cass., 3, n. 13880 del 6/7/2020;; Cass., 3, n. 4678 del 14/2/2022, Cass., 3, n. 13880 del 6/7/2020, Cass., 3 n. 15399 del 13/6/2018, tra le più recenti Cass. 3, n. 5102 del 26/2/2024 secondo cui ‘Qualora la decisione di merito si fondi su di una pluralità di ragioni, tra loro distinte e autonome, singolarmente idonee a sorreggerla sul piano logico e giuridico, la ritenuta infondatezza delle censure mosse ad una delle rationes decidendi rende inammissibili, per sopravvenuto difetto di interesse, le censure relative alle altre ragioni esplicitamente fatte oggetto di doglianza, in quanto queste ultime non potrebbero comunque condurre, stante l’intervenuta definitività delle altre, alla cassazione della decisione stessa’).
Con il terzo motivo si deduce ‘Violazione di legge in relazione all’art. 360 c. 1 n. 5 cpc per avere, la Corte di Appello, totalmente omesso di decidere su un fatto decisivo che è stato oggetto di discussione tra le parti e posto alla sua cognizione con i motivi di appello ovverosia quello relativo alla mancata predisposizione ed apposizione della segnaletica la quale prescriveva ed imponeva un limite di velocità di 40 kmh proprio nel tratto di strada in cui si è verificato l’incidente in esecuzione dell’ordinanza n. 33 del 8 Agosto 2009 e le risultanze della CTU.’.
Il terzo motivo è inammissibile, perché omette di indicare se e dove la questione dell’esistenza dell’ordinanza e di quanto era stato disposto in ottemperanza alla stessa venne prospettata al giudice di appello, che nella sentenza tace del tutto su detta questione. A pag. 22 del ricorso, del resto, si allude del tutto genericamente alla prospettazione <> e ciò non soddisfa quanto richiesto dall’art. 366 n. 6 c.p.c.
Con il quarto motivo si deduce ‘Violazione di legge ex art. 360 c.1 n. 3 in relazione all’art. 92 cpc e DM 2014 per aver condannato gli attori alle spese’. Il quarto motivo è un ‘non motivo’. Auspica la caducazione della statuizione sulle spese come conseguenza dell’eventuale accoglimento di alcuno degli altri motivi, ma tale conseguenza si sarebbe verificata ai sensi del primo comma dell’art. 336 c.p.c., naturalmente per il caso di accoglimento di alcuno dei motivi e cassazione della sentenza.
Conclusivamente il ricorso va dichiarato inammissibile. I ricorrenti vanno condannati alle spese del giudizio di cassazione liquidate come in dispositivo. Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di una somma a titolo di contributo unificato pari a quella versata per il ricorso, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna i ricorrenti al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di cassazione che liquida in € 3000 (oltre € 200 per esborsi), più accessori e spese generali al 15 %.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello versato per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione Civile del 26