Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 25120 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 25120 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28096/2022 R.G. proposto da:
NOME COGNOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
NOME, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato NOME AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende controricorrente e ricorrente incidentale-
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente al ricorso ed al ricorso incidentale- avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO SALERNO n. 1201/2022 depositata il 20/09/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/06/2024 dal consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
NOME COGNOME convenne in giudizio innanzi al Tribunale di Salerno NOME COGNOME chiedendo la condanna al risarcimento del danno nella misura di Euro 148.536,18 perché, nella qualità di curatore, aveva dato parere favorevole all’ammissione, al passivo del fallimento dell’attrice, della domanda tardiva presentata da RAGIONE_SOCIALE, senza eccepire la prescrizione e decadenza. Il convenuto propose domanda riconvenzionale di risarcimento per il danno all’immagine e chiamò in causa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. Il Tribunale adito accolse la domanda attorea e rigettò la domanda di manleva. Osservò, per quanto qui rileva, che l’ammissione del credito al passivo era illegittima «non tanto per una ipotesi di estinzione per prescrizione di natura decennale ex art. 2946 c.c. , avuto riguardo alla notifica della cartella entro il decennio, ma perché non risultano in atti le iscrizioni a ruolo da eseguire a pena di decadenza entro i termini previsti dal vigente art. 17 del d.P.R. 602/73». Aggiunse che non era operativa la
garanzia assicurativa perché, a fronte della clausola che, pur estendendo la copertura a fatti avvenuti nel triennio antecedente l’efficacia dell’assicurazione, prevedeva la copertura solo per i sinistri denunciati nel periodo di vigenza del rapporto, la richiesta all’assicuratore era pervenuta oltre il termine di efficacia della polizza. Avverso detta sentenza propose appello l’COGNOME. Con sentenza di data 20 settembre 2022 la Corte d’appello di Salerno, in parziale accoglimento dell’appello, rigettò sia la domanda che quella riconvenzionale di condanna della COGNOME al risarcimento del danno, compensando per metà le spese del doppio grado con condanna della COGNOME alla rifusione del residuo, e condannando l’COGNOME al rimborso delle spese in favore di RAGIONE_SOCIALE
Premise la corte territoriale, per quanto qui rileva, che la negligenza contestata al curatore consisteva nel non avere eccepito decadenza dell ‘Amministrazione dal potere di riscossione dei crediti per essere iscritti a ruolo oltre i termini previsti art. 17 d.P.R. n. 602/73, risultando invece, estranei, alla domanda originaria riguardanti la prescrizione dei crediti erariali, che la sentenza di primo grado aveva, comunque, escluso sulla base della giurisprudenza facente applicazione della prescrizione ordinaria decennale e non quella quinquennale ex art. 2948, n. 4, c.c. Osservò quindi che nella di risposta di primo grado convenuto aveva rappresentato che, per tali crediti erariali, il precedente curatore aveva proposto ricorso alla commissione tributaria provinciale Salerno avverso l’avviso di accertamento e che, con sentenza n. 243 del 2000, il ricorso era stato rigettato. Precisò che, pur non essendo stata prodotta la sentenza del giudice tributario, non risultava che l’attrice specificamente contestato la circostanza che si era trattato imposte accertate ufficio con l’avviso notificato al curatore e che su tale accertamento era intercorso tributario definito con la sentenza 243/2000 (il fascicolo primo grado, aveva
prodotto forma telematica, conteneva solo la terza memoria ex art. 183, 6, nella non vi era rilievo rispetto vicenda tributaria allegata dal
Aggiunse quindi quanto segue: «da questi elementi incontestati si desume trattandosi imposte liquidate in base accertamenti dell’ufficio di imposte liquidate contribuente), termine di decadenza previsto dall’art. 17 del Dpr n. 602/ 73 a decorrere , in base al terzo comma dell’articolo, momento in cui l’accertamento è divenuto definitivo. A seguito del contenzioso proposto precedente curatore ordine legittimità dell’avviso di accertamento, il titolo sulla cui è stata tributario, con la conseguenza non sarebbe maturata decadenza. fondato il motivo di critica la negligenza del curatore relativa al contezioso tributario, risultando
risarcitoria l’addebito, secondo grado, scorporo interessi moratori fallimentari». poste dell’appellante, il quale chiamato in causa in arbitraria, stante l’inoperatività polizza claims made.
che ragione della vicenda grado e non contestati che non si profilava alcun dovere professionale del curatore di eccepire la decadenza ed opporsi all’ammissione tardiva passivo dei dato il termine decadenza non era decorso . estraneo alla domanda Osservò infine che il rimborso delle spese processuali sostenute da RAGIONE_SOCIALE nel secondo grado di giudizio doveva essere terzo
Ha proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME sulla base di cinque motivi e resistono con distinti controricorsi NOME COGNOME, che ha proposto altresì ricorso incidentale sulla base di due motivi, e RAGIONE_SOCIALE, che resiste anche al ricorso incidentale
proposto da NOME COGNOME. E’ stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis.1 cod. proc. civ.. E’ stata presentata memoria.
Considerato che:
muovendo dal ricorso principale, con il primo motivo si denuncia violazione dell’art. 345 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che nell’atto introduttivo del giudizio la negligenza del curatore era stata contestata in relazione sia alla decadenza che alla prescrizione. Aggiunge che il curatore avrebbe dovuto escludere gli interessi moratori maturati a partire dalla dichiarazione di fallimento.
Il motivo è inammissibile. Il Tribunale ha reputato illegittima l’ammissione del credito al passivo fallimentare non per la prescrizione, ma per la decadenza. La COGNOME ha omesso di proporre appello incidentale condizionato avente ad oggetto la negligenza derivante dalla mancata eccepita prescrizione, per cui sulla questione si è formato il giudicato interno. Circa gli interessi successivi alla dichiarazione di fallimento, la corte territoriale ha affermato che risulta «estraneo alla domanda risarcitoria l’addebito, secondo grado, scorporo interessi moratori fallimentari». Tale ratio decidendi non è stata impugnata, da cui il difetto decisività della censura.
Con il secondo motivo si denuncia violazione dell’art. 2946 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che il giudice di appello ha erroneamente escluso la ricorrenza della prescrizione, in base alla non opponibilità al fallimento della notifica della cartella esattoriale alla fallita, e che il curatore avrebbe dovuto eccepire la prescrizione.
Il motivo è inammissibile alla luce dell’esistenza del giudicato interno sulla questione della prescrizione, come rilevato a proposito del precedente motivo.
Con il terzo motivo si denuncia violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che la regola della non contestazione non opera per i fatti ignoti alla parte destinataria della allegazione e che nel caso di specie, oltre a non esservi stata la produzione della sentenza della Commissione tributaria, nel fascicolo fallimentare nessuno ha rinvenuto tale sentenza, e peraltro lo stesso curatore non ne aveva contezza, avendo poi proposto domanda di revocazione, non accolta, dell’ammissione al passivo. Aggiunge che sia l’istanza al giudice delegato del precedente curatore di autorizzazione al conferimento di un incarico di consulenza fiscale, che l’istanza di liquidazione del compenso del professionista incaricato di redigere il ricorso innanzi al giudice tributario, non sono idonei a provare l’esistenza del contenzioso tributario. Conclude nel senso che, esclusa l’esistenza del contenzioso tributario, non può trovare applicazione il terzo comma dell’art. 17 del d.P.R. 602/73.
Il motivo è inammissibile. Va subito esclusa la decisività della censura relativa all’istanza del precedente curatore al giudice delegato ed all’istanza di liquidazione di compenso, avendo la corte territoriale risolto la controversia sul punto dell’esiste nza della controversia tributaria sulla base della regola della non contestazione.
La corte territoriale ha, in applicazione della detta regola, sottratto al thema probandum la circostanza che il credito ammesso al passivo avesse ad oggetto imposte accertate ufficio con l’avviso notificato al curatore e che su tale accertamento fosse intercorso tributario definito con la sentenza 243/2000 . E’ pur vero, come afferma la ricorrente, che l’onere di contestazione, la cui inosservanza rende il fatto pacifico e non bisognoso di prova, sussiste soltanto per i fatti noti alla parte, non anche per quelli ad essa ignoti (da ultimo Cass. n. 12064 del 2023). Che il fatto sia noto o ignoto alla parte costituisce tuttavia anch’esso un fatto che, quale presupposto di
applicazione della regola della non contestazione, comporta l’accertamento del giudice del merito. Trattasi di circostanza che, quale presupposto fattuale di un effetto giuridico, ricade anch’essa nel giudizio di fatto riservato al giudice del merito.
In sede di legittimità la parte può denunciare o la falsa applicazione della regola della non contestazione, al cospetto dell’accertamento da parte del giudice del merito che il fatto era ignoto alla parte, o il vizio motivazionale, quale omesso esame di un fatto dal quale desumere che la circostanza allegata era ignota alla parte destinataria dell’allegazione, per cui non poteva su essa ricadere l’onere della contestazione.
La censura in esame, anche sulla base del richiamo in rubrica all’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., può essere riqualificata, ai fini del profilo appena evidenziato, anche come denuncia di vizio motivazionale, oltre che come violazione della regola della non contestazione. I fatti, il cui esame sarebbe stato omesso dal giudice, ai fini dell’accertamento dell’ignoranza della circostanza oggetto di allegazione (la controversia tributaria conclusasi con la sentenza di rigetto), sarebbero l’assenza dell a sentenza del giudice tributario nel fascicolo del fallimento e la non conoscenza di tale sentenza da parte dello stesso curatore, posto che la circostanza della mancata produzione nel processo della sentenza tributaria è un mero fatto processuale non ric adente nell’orbita dell’art. 360 n. 5 c.p.c..
Riguardo alla circostanza dell’assenza nel fascicolo fallimentare della sentenza in questione si omette di indicare, ai sensi dell’art. 366 comma 1 n. 6 c.p.c., quando e come tale fatto avrebbe fatto ingresso nel processo di merito, in modo da poter essere esaminato dalla corte territoriale. Circa l’ignoranza da parte del curatore, per un verso trattasi di una presunzione semplice e non di un fatto, perché si tratterebbe di un giudizio ricavabile dalla circostanza che costui avrebbe proposto l’istanza di revocazione dell’ammissione del credito
al passivo, per l’altro non si comprende la decisività di tale valutazione, assumendo per ipotesi tale fatto ricavato per via di presunzione quale base di un’ulteriore presunzione (e superando, per pura ipotesi, l’ostacolo del divieto di praesumptio de praesumpto ), allo scopo di escludere la conoscenza da parte del soggetto fallito di un evento, quale l’avviso di accertamento tributario, ricadente nella sua stessa sfera giuridica (anche considerando la notifica dell’avviso non al fallito ma al precedente curatore). L’ignoranza da parte del suc cessivo curatore non comporta di per sé quella da parte del fallito, in relazione ad un fatto verificatosi nel regime della precedente curatela.
Venendo così meno i presupposti di ammissibilità del vizio motivazionale, la denuncia della violazione della regola della non contestazione resta mera contrapposizione dell’ignoranza del fatto allegato da parte della destinataria dell’allegazione, che è ce nsura ricadente nell’alveo del giudizio di fatto.
Con il quarto motivo si denuncia violazione degli artt. 1322, 1341, 1932 e 1917 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che il giudice di appello ha erroneamente ritenuto valida la clausola claims made .
Il motivo è inammissibile. La ricorrente è estranea al rapporto processuale intercorrente fra il convenuto e l’assicuratore terzo chiamato. Con riferimento alla statuizione relativa a tale rapporto processuale è dunque carente, proprio perché estranea al rapporto, di legittimazione processuale attiva.
Con il quinto motivo si denuncia violazione degli artt. 2697 cod. civ., 342 e 115 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente, in relazione al rilievo secondo cui il fascicolo primo grado, forma telematica, avrebbe contenuto solo la terza memoria ex art. 183,
6, mancante di contestazioni rispetto vicenda tributaria allegata dal , che il giudice di appello non può
tenere conto dei documenti contenuti nel fascicolo di parte per come trasmesso dal cancelliere del primo giudice con il fascicolo d’ufficio e che è onere dell’appellante produrre i documenti prodotti in primo grado. Aggiunge che nel fascicolo digitale è presente anche la seconda memoria ai sensi dell’art. 183 comma 6.
Il motivo è inammissibile. La ricorrente denuncia la violazione di una norma processuale, ma omette di precisare le ragioni di pregiudizio derivanti da tale violazione, quale quella che la seconda memoria conterrebbe una specifica contestazione della allegazione della controparte. La denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione; ne consegue che è inammissibile l’impugnazione con la quale si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito (Cass. n. 26419 del 2020).
Passando al ricorso incidentale, con il primo motivo si denuncia omesso esame di fatto controverso e decisivo, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente in via incidentale che la corte territoriale ha affermato l’inoperatività polizza claims made , ponendo le spese relativa alla chiamata in garanzia in capo al chiamante, senza alcuna motivazione.
Con il secondo motivo si denuncia violazione degli artt. 1322, 1341, 1932 e 1917 cod. civ., ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ.. Osserva la parte ricorrente che la polizza di garanzia della responsabilità professionale non può dirsi inoperativa, in ragione della previsione in essa della clausola claims made , essendo tale clausola nulla, perché con essa si rende eccessivamente difficile l’esercizio del
diritto dell’assicurato , quale concreta possibilità per l’assicurato di evitare la decadenza attraverso la propria condotta, possibilità che è del tutto esclusa od anche assai ridotta se l’assicurato stesso può fare la denuncia di sinistro solo in dipendenza della condotta del terzo, sul quale non può influire (Cass. n. 8894 del 2020).
Come affermato dal medesimo controricorrente in via incidentale, la sentenza è stata notificata, ai fini della decorrenza del termine breve, il giorno 22 settembre 2022. Il ricorso incidentale, notificato in data 27 dicembre 2022, è dunque tardivo. All’ina mmissibilità del ricorso principale consegue la perdita di efficacia di quello incidentale tardivo.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
Poiché il ricorso principale viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi dell’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, che ha aggiunto il comma 1 – quater all’art. 13 del testo unico di cui al d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, della sussistenza dei presupposti processuali dell’obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso principale e la perdita di efficacia del ricorso incidentale.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore di NOME COGNOME, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore di RAGIONE_SOCIALE, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.800,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente principale , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il giorno 28 giugno 2024