Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 10225 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 10225 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 17/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 278/2024 R.G. proposto da :
COGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, con domiciliazione digitale ex lege
-ricorrente- contro
COGNOME rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE, elettivamente domiciliato in Roma, alla INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. COGNOME con domiciliazione digitale ex lege
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO VENEZIA n. 1706/2023 depositata il 3/08/2023. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/02/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
Svolgimento del processo
Con ricorso notificato il 22/12/2023 NOME COGNOME impugna per cassazione la sentenza della Corte d’appello di Venezia sentenza n. 1706/2023, pubblicata mediante deposito in cancelleria in data 3.08.2023 e notificata il 23.10.2023 pronunciata nei confronti di NOME COGNOME in un giudizio avviato dal ricorrente per sentire affermare la responsabilità di quest’ultimo quale CTU nominato nel corso di un procedimento amministrativo. L’intimato ha notificato controricorso.
La causa, inizialmente avviata dal ricorrente COGNOME innanzi al Tribunale di Roma che rilevava l’incompetenza per territorio, veniva riassunta innanzi al Tribunale di Venezia. Nell’atto di citazione in riassunzione COGNOME NOME rilevava che il nuovo CTU nominato dal Consiglio di Stato (prof. arch. COGNOME nella causa amministrativa volta a impugnare un ordine demolitorio ingiunto dal Comune di Venezia era giunto a conclusioni opposte rispetto a quelle assunte dall’arch. COGNOME sostituito dal giudice in corso di causa, tanto che le proprie doglianze in merito all’espletata CTU erano state accolte con sentenza del 15.5.2019. Il Tribunale di Venezia rigettava la domanda di accertamento della responsabilità extracontrattale del CTU formulata dal COGNOME, dichiarando tardiva la domanda volta all’accertamento della responsabilità contrattuale ‘da contatto sociale’ e condannava l’attore alla rifusione in favore del convenuto delle spese di lite, nonché al pagamento di una ulteriore somma ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c.
Il Tribunale, in particolare, rilevava che il giudizio aveva ad oggetto una azione ex artt. 64 c.p.c. e 2043 c.c. e che solo nella memoria ex art. 183, VI comma, n. 1 c.p.c., depositata tardivamente, l’attore aveva dedotto anche la sussistenza di profili di ‘responsabilità da contatto sociale’, e dunque contrattuale, aggiungendo la richiesta di ulteriori danni rispetto a quelli già in precedenza domandati a titolo di responsabilità extracontrattuale. Riteneva comunque inammissibile per carenza di interesse la domanda di accertamento della responsabilità del CTU in pendenza della causa amministrativa presso il Consiglio di Stato e comunque infondata sotto ogni profilo, condannando l’attore ex art. 96, co. 3, c.p.c.
La Corte d’appello adita, in parziale riforma della sentenza, revocava la condanna per lite temeraria non sussistendone i presupposti e, per il resto, dopo avere rilevato la sussistenza di un interesse ad agire della parte appellante anche se il giudizio amministrativo non si era esaurito (in ciò anche riformando la sentenza del giudice di prime cure), confermava per il resto la sentenza di rigetto della sentenza di primo grado, ritenendola inammissibile quanto alla dedotta responsabilità da contatto sociale, e infondata quanto alla dedotta responsabilità extracontrattuale, non ravvisandone i presupposti al pari del giudice di primo grado.
Il ricorrente COGNOME affida il proprio ricorso a quattro motivi di doglianza
Motivi della decisione
Va preliminarmente rilevato che il ricorrente, pur danno atto della notifica della sentenza, non risulta avere depositato la relativa relata di notifica, non permettendo a questa Corte di verificare la tempestività del ricorso: pertanto il ricorso è improcedibile per mancato rispetto dell’art. 369 n.2 c.p.c.
Osserva in ogni caso la Corte che il ricorso, ove in ipotesi superabile tale rilievo, va rigettato per i seguenti motivi.
Con il primo motivo il ricorrente deduce violazione o falsa applicazione, in relazione all’art. 360, I comma n. 3), c.p.c., dell’art. 183 VI° comma, lamentando che la Corte d’Appello di Venezia abbia erroneamente ritenuto che in sede di riassunzione non sia consentita la proposizione di nuove domande e di nuove eccezioni non sottoposte all’attenzione del Giudice dichiaratosi incompetente.
7.1. Il motivo è infondato, in quanto la Corte d’Appello ha deciso le questioni di diritto in modo conforme alla giurisprudenza della Suprema Corte (cfr. Cass., sez. un., 12310/2015; 22408/2018), mentre le decisioni richiamate dal ricorrente riguardano fattispecie successive, in linea col precedente richiamato ove la deduzione è risultata ammissibile con il primo atto di riassunzione, ma non già con le memorie successive, che anch’esse non si attagliano all’ipotesi in questione, in cui la nuova deduzione è stata fatta -tardivamente- nei successivi atti difensivi. Come rilevato dal giudice dell’appello nel confermare il giudizio di primo grado, se è ben vero che in sede di riassunzione è consentita la proposizione di domande ‘ nuove ‘ (nel rispetto del contradittorio), ciò non equivale a dire che queste possano essere introdotte con la prima memoria ex art. 183, VI° comma, c.p.c. peraltro a fronte di un termine concesso per la seconda volta dal Tribunale di Venezia, posto che la prospettazione della domanda nuova -relativa a una responsabilità da contatto sociale del CTU nominato dall’ufficio del giudice -effettuata dall’attore non è contenuta nell’atto di citazione in riassunzione, bensì nella prima memoria ex art. 183, VI comma, c.p.c., la quale, per sua natura, deve contenere le sole precisazioni o modificazioni
delle domande, delle eccezioni e delle conclusioni già proposte.
Con il secondo motivo il ricorrente denuncia ex articolo 360 numero 3 cod. proc. civ. violazione e/o falsa applicazione dell’art. 64 c.p.c. in relazione all’art. 360, I comma, n. 3), c.p.c. relativamente alla responsabilità da contatto sociale, sostenendo che il Giudice di secondo grado abbia erroneamente escluso la configurazione di una responsabilità da ‘contatto sociale’. Denuncia che il provvedimento del giudice sia inteso a negare in ogni caso il nesso causale tra condotta del CTU, su di un assunto non aderente alla realtà delle dinamiche processuali e, quindi, non idoneo ad escludere la responsabilità del c.t.u.
8.1. Il secondo motivo di impugnazione si rivela in primo luogo inammissibile perché tende a colpire una seconda ratio decidendi del giudice sulla ritenuta insussistenza di una responsabilità ‘da contatto sociale’ che ha valutato, in seconda battuta, infondata e non solo inammissibile in quanto tardivamente dedotta. Difatti la Corte esordisce che ‘ E quand’anche si volesse ritenere tempestiva la nuova prospettazione di una responsabilità contrattuale da contatto sociale, ugualmente questo Collegio ritiene che non sia ravvisabile nel caso di specie, tale tipo di responsabilità ‘, mantenendo pertanto ferma la prima statuizione di inammissibilità della domanda in quanto nuova che rende pertanto superflua ogni ulteriore considerazione sul merito della domanda e sulla prospettata questione inerente alla responsabilità del CTU. Conseguentemente, la sentenza risulta sorretta da due diverse ” rationes decidendi “, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata. Sicché l’inammissibilità del motivo di ricorso attinente ad una di esse rende irrilevante l’esame dei motivi riferiti all’altra, i
quali non risulterebbero in nessun caso idonei a determinare l’annullamento della sentenza impugnata, risultando comunque consolidata l’autonoma motivazione oggetto della censura dichiarata inammissibile (Cass. Sez. 3 -, ordinanza n. 15399 del 13/06/2018; Cass. Sez. 3 -, ordinanza n. 5102 del 26/02/2024)
8.2. Per quanto riguarda il rigetto della primigenia domanda di responsabilità a titolo extracontrattuale, anch’esso censurato, il motivo è privo di autosufficienza, ex art. 366 n. e e 6 c.p.c., perché non deduce in base a quali fatti e argomentazioni dedotti avrebbe dovuto configurarsi la suddetta responsabilità, tenendo conto delle specifiche argomentazioni del giudice dell’appello nel respingerla, essendo il motivo, comunque, prevalentemente incentrato sulla dedotta responsabilità contrattuale .
Con il terzo motivo si denuncia la nullità della sentenza e del procedimento per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 196, 64 e 2043 c.c. in relazione all’art. 360, I comma, n. 3 4 5), c.p.c. – in relazione alla responsabilità da contatto sociale. Il ricorrente si duole che la Corte d’Appello di Venezia abbia omesso l’esame di un fatto decisivo ai fini del decidere ovvero, sostanzialmente, avrebbe omesso di valutare gli aspetti tecnici della CTU prestata dall’ arch. COGNOME e per l’effetto chiederebbe una nuova istruttoria della causa. Il motivo è inammissibile in quanto, in via pregiudiziale, incontra lo sbarramento processuale di cui all’art. 348 ter , co. 5, c.p.c. ai fini di consentirne l’esame nel merito: trattandosi di sentenza doppiamente conforme il ricorrente avrebbe dovuto dedurre e provare che la seconda decisione si discosta dalla prima nel suo argomentare (Cass. 18/12/2014, n. 26860; Cass. 22/12/2016, n. 26774; Cass. 6/08/2019, n. 20994; da ultimo, Cass. 28/02/2023, n. 5947).
9.1. Per quanto riguarda la responsabilità da contatto sociale il motivo è assorbito da quanto sopra rilevato in ordine alla rilevata decadenza dalla possibilità di formulare detta domanda in sede di memorie ex art. 183, VI comma, cod. proc. civ., su cui non è stata formulata una specifica e valida censura.
Con il quarto motivo il ricorrente deduce la violazione degli artt. 183 comma 7° comma e 356 c.p.c., in relazione all’art. 360, I comma, n. 3) e n. 5), c.p.c. deducendo l’errore della Corte d’Appello di Venezia nel non aver condannato l’arch. COGNOME a restituire quanto ricevuto quale compenso liquidato giudizialmente, nonché nel non avere ammesso la prova sul danno non patrimoniale relativo agli stress psicofisici subiti in conseguenza delle vicende di cui è causa.
10.1. Il motivo è assorbito da quanto sopra evidenziato in ordine alla rilevata inammissibilità dei motivi di ricorso relativi alla responsabilità da contatto sociale, posto che la deduzione presuppone, invece, l’accoglimento della medesima e l’accertamento della responsabilità contrattuale del CTU che, nel merito, non vi è stato
10.2. Per quanto riguarda il profilo della responsabilità extracontrattuale, ritenuto dalla Corte d’appello infondato sotto ogni profilo di an e quantum , viene enunciato il vizio di illogicità manifesta, non avendo il Giudice di merito preso in considerazione le richieste istruttorie di parte resistente (riproposte con la citazione introduttiva del procedimento a quo e ribadite in sede di precisazione delle conclusioni), per poi rigettare la domanda della stessa sul presupposto che essa non sia stata provata, malgrado tali richieste istruttorie vertessero su circostanze decisive sul piano dimostrativo e, dunque, utili ai fini del decidere.
10.3. Osserva la Corte che la deduzione non è autosufficiente ex art. 366 nn. 4 e 6 c.p.c. perché non è incentrata sulla amplissima motivazione effettivamente resa dalla Corte d’appello nel respingere nel merito la domanda di accertamento della responsabilità extracontrattuale che ha ritenuto genericamente formulata non solo sotto il profilo del nesso causale, ma anche sotto il profilo della carenza dell’elemento soggettivo, così ragionando: ‘ Tanto ai sensi del combinato disposto degli artt. 64 c.p.c. e 2043 c.c. la sentenza di primo grado elenca già in maniera esaustiva tutti i passaggi, indicati dall’attore, come sintomatici di colpa del Ctu; passaggi a cui l’architetto appellato ha puntualmente replicato anche sulla base di cospicua documentazione versata in atti. Nulla è stato aggiunto sul punto in atto di appello. L’appellante non ha affatto dimostrato che la condotta del Ctu nell’esecuzione dell’incarico sia stata connotata da dolo o colpa grave ‘, aggiungendo che lo stesso Consiglio di Stato, per avendo sostituito il CTU nominato dal TAR, aveva affermato che la condotta dell’arch. COGNOME era stata ‘irreprensibile e degna di apprezzamento’ ed il suo elaborato peritale restava acquisito agli atti del giudizio, utilizzabile dal nuovo consulente e dai difensori ai fini della decisione finale. Pertanto la circostanza che altro CTU abbia raggiunto conclusioni diverse dall’appellato non è, ictus oculi , indicativo di dolo o colpa del CTU nell’espletare l’incarico.
10.4. Il motivo, in breve, omette di rapportarsi a tali specifiche argomentazioni della Corte d’appello, del tutto corrette sul piano logico e giuridico, certamente preliminari ad ogni considerazione sul lamentato danno che attengono al quantum , e pertanto non sintomatiche di una motivazione che ha messo in disparte le succitate istanze istruttorie, bensì che le ha valutate in relazione alle allegazioni
effettuate in termini di responsabilità extracontrattuale del CTU, esclusa nell’ an debeatur .
Conclusivamente il ricorso è improcedibile, con ogni conseguenza in ordine alle spese , che si liquidano in dispositivo ai sensi del D.M. n. 55 del 2014 a favore della parte controricorrente.
P.Q.M.
La Corte dichiara improcedibile il ricorso e, in ogni caso, lo rigetta;
Condanna il ricorrente alle spese , liquidate in € 2.500,00, oltre € 200,00 per spese, spese forfettarie al 15% e oneri di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso articolo 13 .
Così deciso in Roma, il 13/02/2025.