Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7259 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7259 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31991/2021 R.G., proposto da
TESTI NOME COGNOME rappresentata e difesa da ll’avv. NOME COGNOME domiciliata ex lege come da indirizzo pec indicato, per procura su foglio separato allegato al ricorso,
-ricorrente –
contro
COMUNE DI LUGO , in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso da ll’avv. NOME COGNOME domiciliato ex lege come da indirizzo pec indicato, per procura su foglio separato allegato al controricorso,
-controricorrente – per la cassazione della sentenza n. 2618/2021 della CORTE d’APPELLO di Bologna pubblicata il 15.10.2021;
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 13.12.2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Responsabilità da cose in custodia -Bene demaniale Prova
NOME COGNOME convenne dinanzi al Tribunale di Ravenna il Comune di Lugo per essere risarcita dei danni risentiti all’esito della caduta avvenuta il 16.12.2015 alle ore 20.00 circa, a llorquando, giunta a piedi all’incrocio tra INDIRIZZO e INDIRIZZO in Lugo, inciampava a causa di una sconnessione dell’asfalto . Con sentenza n. 704/2020 il Tribunale di Ravenna accolse la domanda e condannò il Comune di Lugo al pagamento di euro 4.682,15 a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale ed euro 1.115,10 di danno patrimoniale.
La Corte d’Appello di Bologna con sentenza, pubblicata il 15.10.2021, in accoglimento dell’appello proposto dal Comune di Lugo riformò la sentenza di primo grado e rigettò la domanda, gravando l’appellata delle spese del la fase di impugnazione.
La Corte d’appello, premesso che l’attrice in primo grado aveva riferito solo dell’oscurità d ei luoghi, mentre il Comune aveva dedotto che il luogo del sinistro era munito di regolare illuminazione, sì che non era tenuto a contestare la presenza, o meno, di alberi, notò che erroneamente il giudice del primo grado aveva fondato la decisione sulle sole dichiarazioni della teste COGNOME (figlia dell’attrice) risultata, tuttavia, non credibile. La presenza di fronde oscuranti l’illuminazione non era stata neppure dedotta dall’attrice e le fotografie prodotte erano state scattate in pieno giorno, mancando quindi una riproduzione dello stato dei luoghi in ora notturna.
Concluse la Corte d’appello che l’evento era ascrivibile alla condotta della vittima integrante gli estremi del caso fortuito rilevante ex art. 2051 cod. civ., poiché « l’insidia » era visibil e o, comunque, prevedibile da parte dell’attrice che conosceva bene i luoghi ed avrebbe potuto ‘camminare in altra parte del marciapiede, così evitando di inciampare nell’ostacolo’ .
Per la cassazione della sentenza della Corte ricorre NOME COGNOME sulla base di cinque motivi. Risponde con controricorso il Comune di Lugo.
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, ai sensi dell’art.380bis .1. cod. proc. civ..
Il Pubblico Ministero presso la Corte non ha presentato conclusioni scritte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma primo n. 5, cod. proc. civ. , che la Corte d’appello abbia ritenuto che il Comune di Lugo non fosse tenuto in primo grado a contestare la presenza di alberi coprenti l’illuminazione pubblica, perché tale deduzione non sarebbe stata fatta dall’attrice nei suoi scritti, ma soltanto riferita dalla teste. Per contro, la circostanza in questione era stata indicata con la memoria ex art. 183, comma sesto, n. 2, cod. proc. civ.
1.1. Il motivo è inammissibil e ai sensi dell’art. art. 366, comma primo n. 6, cod. proc. civ.
La ricorrente non indica un fatto, ossia un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico -naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni” che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate (e in tal senso va inteso, secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, v., tra le molte, Cass., sez. VI-1, ord., 26 gennaio 2022, n. 2268, il fatto cui fa riferimento il n. 5 dell’art. 360 c ome novellato), ma prospetta in modo del tutto assertorio una questione afferente alla formazione thema decidendum ed all’obbligo di contestazione gravante sul convenuto.
Si consideri ancora che la ricorrente, nel dedurre di aver prospettato nella memoria ex art. 183, comma sesto, n. 2, cod. proc. civ. la presenza di alberi coprenti l’illuminazione pubblica, lo ha fatto senza provvedere all’illustrazione dell’allegazione fatta , ossia riproducendone il contenuto, e senza procedere all’individuazione dell’atto con riferimento alla sequenza dello svolgimento del processo inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v. Cass., sez. un., 27 dicembre 2019, n. 34469; Sez, III, 16 marzo 2012, n. 4220; sez. III, 1° luglio 2021, n. 18695).
1.2. Il motivo, inoltre, è inammissibile ai sensi dell’art. art. 366, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., perché privo di carattere censorio, ossia non enuncia una critica alla sentenza, così da risultare un «non-motivo».
Si deve richiamare il principio, consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale il motivo d’impugnazione è rappresentato dall’enunciazione, secondo lo schema normativo con cui il mezzo è regolato dal legislatore, delle ragioni per le quali, secondo chi esercita il diritto d’impugnazione, la decisione è erronea, con la conseguenza che, siccome per denunciare un errore occorre identificarlo (e, quindi, fornirne la rappresentazione), l’esercizio del diritto d’impugnazione di una decisione giudiziale può considerarsi avvenuto in modo idoneo soltanto qualora i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e, quindi, nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata, le quali, per essere enunciate come tali, debbono concretamente considerare le ragioni che la sorreggono e da esse non possono prescindere, dovendosi, dunque, il motivo che non rispetti tale requisito, considerarsi nullo per inidoneità al raggiungimento dello scopo. In riferimento al ricorso per cassazione tale nullità, risolvendosi nella proposizione di un «non motivo», è espressamente sanzionata con l’inammissibilità ai sensi dell’art. 366 n. 4 cod. proc. civ. (v., Cass. 11 gennaio 2005, n. 359; v. anche ex aliis Cass., sez. un., 20 marzo 2017, n. 7074, in motivazione, non massimata sul punto; 5 agosto 2016, n. 16598; 3 novembre 2016, n. 22226; Cass. 12 gennaio 2024, n. 1341; 15 aprile 2021, n. 9951; 5 luglio 2019, n. 18066; 13 marzo 2009, n. 6184; 10 marzo 2006, n. 5244; 4 marzo 2005, n. 4741).
Con il secondo motivo viene denunciata , sempre ai sensi dell’art. 360, comma primo n. 5, cod. proc. civ., l’omessa valutazione da parte della Corte d’appello di fatti decisivi per il giudizio: la manutenzione periodica asseritamente fatta periodicamente dall’amministrazione ; la sconnessione dell’asfalto con formazione di una sfrangia sporgente dovuta alla crescita delle radici degli alberi; la presenza di alberi, i quali avrebbero influito negativamente sull’illuminazione del luogo. Di contro, proprio la presenza della sfrangia sporgente determinata dalla crescita, non repentina, delle radici degli alberi rendeva palese che l’amministrazione non avesse effettuato le manutenzioni dell’asfalto.
2.1. Il motivo è anch’esso inammissibile ai sensi dell’dell’art. 366, comma primo, n. 6, cod. proc. civ.
La ricorrente in relazione ai singoli elementi indicati non ha provveduto alla debita specificazione degli atti processuali e dei documenti sui quali poggia la deduzione, riproducendone il contenuto, direttamente o indirettamente, provvedendo alla localizzazione in relazione alla sequenza procedimentale inerente alla documentazione, come pervenuta presso la Corte di cassazione, al fine di renderne possibile l’esame (v. Cass., sez. un., 34469/2019, cit.).
Anche a voler ritenere che, in relazione alla questione della manutenzione periodica dell’asfalto , il fatto omesso possa essere integrato dallo stato dell’asfalto per effetto della (indimostrata) manutenzione e, quindi, della sconnessione provocata dalla crescita delle radici degli alberi presenti nel luogo della caduta, con tale motivo la ricorrente sollecita una diretta valutazione delle circostanze fattuali prese in esame dalla Corte d’appello .
Av endo l’attrice affermato che la scon nessione era ‘assolutamente non visibile con l’oscurità’, la corte ha desunto a contrario che si trattava di sconnessione evidente e pienamente visibile con la luce, oltre che conosciuta (pagina 6 e s. della motivazione). Analogamente, non è dato sostenere che la Corte d’appello non abbia preso in esame il fatto , o meglio la questione, secondo quanto poc’anzi detto con riferimento al primo motivo, circa la presenza di alberi oscuranti l’illuminazione pubblica. Il tema è stato affrontato sul rilievo della non tempestiva deduzione della circostanza nel quadro della formazione progressiva del thema decidendum .
Ad ogni modo, il motivo si configura come inammissibile poiché, sotto le spoglie dell’omesso esame fattuale, piega verso un riesame del merito della decisione ben al di là del possibile controllo della motivazione limitato entro il «minimo costituzionale» ammesso dalle Sezioni Unite di questa Corte (v. Cass. civ., sez. un., 7 aprile 2014, nn. 8053/8054 ‘ è de nunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal
confronto con le risultanze processuali; tale anomalia si esaurisce nella «mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico», nella «motivazione apparente», nel «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» e nella «motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile», esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di «sufficienza» della motivazione’ ).
Con il terzo motivo è denunciata la violazione dell’art. 183 cod. proc. civ. ai sensi dell’art. 360, comma primo n. 3, cod. proc. civ.
La ricorrente si duole per aver la Corte d’appello aderito alla tesi del Comune di Lugo circa l’assenza di alberi offuscanti l’illuminazione , circostanza asseritamente riferita solo dalla teste COGNOME mentre già nella prima memoria ex art. 183 cod. proc. civ. era stata ‘anticipata la richiesta di escussione di testimoni’ e nella memoria a prova diretta era stata effettuata la debita capitolazione, sì che l’amministrazione avrebbe potuto contestare tali affermazioni in sede di memoria di replica e articolare prova contraria.
3.1. Il motivo è inammissibile ai sensi dell’art. 366, comma primo, n. 6, cod. proc. civ.
Richiamato quanto detto nei paragrafi 1.1. e 2.1., la ricorrente in violazione del principio di specificità dei motivi ex art. 366, comma primo, n. 6, c.p.c., ha omesso di riportare il contenuto di quanto dedotto nelle proprie memorie nn. 1 e 2 di cui all’art. 183, comma sesto, cod. proc. civ. e di provvedere all ‘indicazione della loro collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se siano stat e rispettivamente acquisite o prodotte anche in sede di giudizio di legittimità.
Con il quarto motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma primo n. 3, cod. proc. civ. , la violazione dell’art. 2051 cod. civ. e l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione ai sensi dell’art. 360, comma primo n. 5, cod. proc. civ. circa la condotta anomala della vittima.
La ricorrente lamenta che la Corte d’appello non avrebbe indicato la condotta non diligente a lei ascrivibile tale da interrompere il nesso di causa. A tanto non bastando la conoscenza dello stato dei luoghi, peraltro rimasta indimostrata, poiché per questa via la fattispecie ex art. 2051 cod. civ. finirebbe
per trasformarsi in una basata sulla colpa, gravando il danneggiato della prova della imprevedibilità e dell’inevitabilità.
4.1. Il motivo è inammissibile là dove richiama la vecchia formulazione dell’art. 360, comma primo n. 5, cod. proc. civ. in relazione alla pretesa omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa la condotta anomala della vittima , mentre, come già detto, l’attuale formulazione della norma postula l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio.
4.2. Il motivo, inoltre, è inammissibile ai sensi dell’art. 366, comma primo, n. 4, cod. proc. civ.
La ricorrente non enuncia una censura nei confronti della sentenza impugnata. Dovendo il motivo, come già detto, contenere l’enunciazione della o delle ragioni per le quali la decisione è erronea, con la conseguenza che, in quanto per denunciare un errore bisogna identificarlo e, quindi, fornirne la rappresentazione, occorre che i motivi con i quali è esplicato si concretino in una critica della decisione impugnata e nell’esplicita e specifica indicazione delle ragioni per cui essa è errata. Il motivo che non corrisponde al riferito schema si mantiene nel l’alveo del «non motivo» (v., Cass. 11 gennaio 2005, n. 359; v. anche ex aliis Cass., sez. un., 20 marzo 2017, n. 7074, in motivazione, non massimata sul punto; 5 agosto 2016, n. 16598; 3 novembre 2016, n. 22226; Cass. 12 gennaio 2024, n. 1341; 15 aprile 2021, n. 9951; 5 luglio 2019, n. 18066; 13 marzo 2009, n. 6184; 10 marzo 2006, n. 5244; 4 marzo 2005, n. 4741).
Conclusivamente, il motivo lungi dal denunciare un error in iudicando , tende a suscitare una ricostruzione dei fatti e una valutazione delle prove alternative a quelle compiute dalla Corte di merito.
La ricorrente, pertanto, omette di considerare che l’accertamento delle circostanze di fatto rilevanti ai fini della decisione e l’apprezzamento delle risultanze istruttorie funzionali a tale accertamento sono attività riservate al giudice del merito, al quale compete non solo la valutazione delle prove ma anche la scelta, insindacabile in sede di legittimità, di quelle ritenute più idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad esse sottesi (Cass. 4 luglio 2017, n. 16467;
Cass. 23 maggio 2014, n. 11511; Cass. 13 giugno 2014, n. 13485; Cass. 15 luglio 2009, n. 16499).
Con il quinto motivo è denunciata la violazione degli artt. 2697 cod. civ. e 244 cod. proc. civ. Erroneamente la Corte d’appello avrebbe ritenuto inattendibile la teste COGNOME peraltro in assenza di contestazione da parte del Comune di Lugo, in assenza di adeguata indicazione del percorso argomentativo ‘ con la sola motivazione della mancata produzione di fotografie’.
5.1. Il motivo è inammissibile.
Dato atto preliminarmente che la denunciata violazione de ll’art. 2697 cod. civ. è rimasta del tutto priva di sviluppo argomentativo, deve essere notato che la valutazione del compendio probatorio, ivi compresa quella sull’attendibilità dei testi, è riservata al giudice del merito.
Come costantemente affermato da questa Corte, al cui indirizzo si intende dare continuità: ‘ In materia di prova testimoniale, la verifica in ordine all’attendibilità del teste – che afferisce alla veridicità della deposizione resa dallo stesso – forma oggetto di una valutazione discrezionale che il giudice compie alla stregua di elementi di natura oggettiva (la precisione e completezza della dichiarazione, le possibili contraddizioni, ecc.) e di carattere soggettivo (la credibilità della dichiarazione in relazione alle qualità personali, ai rapporti con le parti ed anche all’eventuale interesse ad un determinato esito della lite), con la precisazione che anche uno solo degli elementi di carattere soggettivo, se ritenuto di particolare rilevanza, può essere sufficiente a motivare una valutazione di inattendibilità’ (v. Cass. 18 aprile 2016, n. 7623; 2 agosto 2019, n. 20865; 9 agosto 2019, n. 21239. Già in precedenza, Cass. 30 marzo 2010, n. 7763).
Ad ogni modo, la valutazione contenuta nella sentenza impugnata in ordine all’attendibilità dell’unica teste sentita nel corso del giudizio non è contestata mediante la prospettazione di un errore di diritto, ossia mediante l’illustrazione del modo in cui il giudice di merito avrebbe violato o falsamente applicato l’art. 244 cod. proc. civ., ma si assume erroneamente che la valutazione fatta dalla Corte d’appello sarebbe fondata sulla mancata produzione di fotografie. Tale affermazione contenuta nella motivazione, ma in riferimento al fatto che l’attrice
non avesse prodotto fotografie in ora notturna, è stata valorizzata dalla Corte d’appello per evidenziare come la narrazione della teste non fosse coerente con quanto esposto in citazione e con lo stato dei luoghi raffigurati nelle fotografie scattate di giorno, sì che quanto riferito dalla teste sul lo stato dell’illuminazione pubblica non aveva trovato riscontro.
La censura sulla inattendibilità della testimone mira, invece, ad una revisione del giudizio di merito operato dalla corte territoriale, da ritenere preclusa in questa sede posto che il motivo di ricorso non può tradursi “in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del convincimento…” del giudice di merito, “… tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione” (v. Cass., sez. un., 25 ottobre 2013, n. 24148). Tali aspetti del giudizio appartengono all’ambito della discrezionalità del giudice, in tutte le sue declinazioni (ammissione, attendibilità, concludenza), insindacabili da parte del giudice di legittimità, quando, come nel caso di specie, la decisione del giudice sia sorretta da una motivazione capace di identificare il procedimento logico-giuridico ad essa sotteso e di dare contezza di tutto il materiale probatorio sottoposto al suo esame (v. Cass. 22 novembre 2023, n. 32505; 13 gennaio 2020, n. 331; 8 agosto 2019, n. 21187; 18 maggio 2019, n. 13495; 27 luglio 2017, n. 18665; 22 novembre 2012, n. 20575).
Il ricorso, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (Cass., sez. un., 20 febbraio 2020, n. 4315).
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, in favore del controricorrente, che liquida in euro 200 per esborsi ed euro 1.300 per competenze professionali, oltre rimborso forfetario del 15%, Iva e cpa se dovuti per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto. Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza sezione civile della Corte