LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Responsabilità cose in custodia: marciapiede e caduta

Una cittadina inciampa su un marciapiede dissestato e cita in giudizio il Comune. La Corte di Cassazione conferma il rigetto della domanda di risarcimento, attribuendo la colpa dell’incidente alla condotta della danneggiata. La sua familiarità con lo stato dei luoghi e la prevedibilità del pericolo hanno integrato il “caso fortuito”, interrompendo il nesso di causalità e sollevando l’ente dalla responsabilità per le cose in custodia.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Responsabilità cose in custodia: quando la disattenzione del pedone salva il Comune

La questione della responsabilità cose in custodia, disciplinata dall’art. 2051 del codice civile, è un tema ricorrente nelle aule di tribunale, specialmente quando coinvolge enti pubblici e la manutenzione di strade e marciapiedi. Un’ordinanza della Corte di Cassazione fa luce su un aspetto cruciale: il ruolo della condotta del danneggiato e la sua capacità di escludere la responsabilità dell’ente. Analizziamo il caso di una caduta su un marciapiede sconnesso e le ragioni per cui la richiesta di risarcimento è stata respinta.

I Fatti del Caso: Una Caduta Notturna

Una cittadina conveniva in giudizio il Comune di appartenenza per ottenere il risarcimento dei danni subiti a seguito di una caduta. L’incidente era avvenuto di sera, intorno alle ore 20:00, a causa di una sconnessione dell’asfalto presente su un marciapiede all’incrocio di due vie. Se in un primo momento il Tribunale aveva accolto la domanda, condannando il Comune al pagamento dei danni, la Corte d’Appello ribaltava completamente la decisione.

Il Percorso Giudiziario: Dal Primo Grado alla Cassazione

La Corte d’Appello, riformando la sentenza di primo grado, rigettava la domanda della danneggiata. Secondo i giudici di secondo grado, l’incidente era da ascrivere esclusivamente alla condotta della vittima. L’ostacolo, infatti, era considerato visibile o, comunque, prevedibile, dato che la signora conosceva bene i luoghi. Avrebbe potuto, con la normale diligenza, “camminare in altra parte del marciapiede, così evitando di inciampare”. Questa condotta, secondo la Corte, integrava gli estremi del “caso fortuito”, un evento capace di interrompere il nesso causale tra la cosa in custodia (il marciapiede) e il danno.

La danneggiata, non accettando la decisione, proponeva ricorso per Cassazione, basandolo su cinque motivi di contestazione.

La Decisione della Corte di Cassazione e la Responsabilità Cose in Custodia

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando di fatto la decisione della Corte d’Appello. Le motivazioni della Cassazione sono prevalentemente di carattere processuale, ma offrono spunti fondamentali sulla corretta impostazione di una causa di questo tipo e sui limiti della responsabilità cose in custodia.

La Condotta del Danneggiato come Caso Fortuito

Il punto centrale della vicenda è che la condotta della persona danneggiata può assumere un ruolo così determinante da diventare l’unica causa dell’evento. Se il pericolo è visibile, prevedibile e facilmente evitabile, specialmente da chi ha familiarità con il luogo, la responsabilità del custode viene meno. La disattenzione del pedone, in questo contesto, non è una semplice concausa, ma un fattore autonomo che si qualifica come caso fortuito, spezzando ogni legame con la presunta negligenza del Comune nella manutenzione.

L’Importanza della Corretta Formulazione dei Motivi di Ricorso

La Cassazione ha respinto i motivi del ricorso perché ritenuti generici, assertori e non conformi ai rigorosi requisiti tecnici previsti dal codice di procedura civile (art. 366 c.p.c.). La ricorrente, ad esempio, non aveva specificato in modo adeguato dove e come avesse sollevato determinate questioni nei gradi di merito, né aveva criticato in modo puntuale e specifico la logica della sentenza d’appello. Il ricorso si trasformava così in un tentativo, non consentito in sede di legittimità, di ottenere una nuova valutazione dei fatti, compito che spetta esclusivamente ai giudici di merito.

Le Motivazioni

La Corte ha ribadito che la valutazione delle prove, inclusa l’attendibilità di un testimone (in questo caso, la figlia della danneggiata), è una prerogativa insindacabile del giudice di merito, a meno che la motivazione non sia del tutto assente, apparente o illogica. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione coerente per ritenere non credibile la testimonianza e per concludere che la causa dell’incidente fosse la condotta imprudente della vittima. I motivi di ricorso, invece di denunciare un vizio di legge, miravano a una riconsiderazione del merito, preclusa in Cassazione. L’inammissibilità è stata quindi la conseguenza inevitabile di un’impostazione processuale errata, che non ha saputo scalfire la coerenza logico-giuridica della sentenza impugnata.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza riafferma un principio fondamentale: la responsabilità oggettiva prevista dall’art. 2051 c.c. non è assoluta. Il custode può essere liberato se prova il caso fortuito, che può consistere anche nel comportamento del danneggiato. Per chi intende agire per un risarcimento, è essenziale non solo dimostrare il danno e il nesso causale con il bene, ma anche essere pronti a fronteggiare l’eccezione sulla propria condotta. Per gli enti pubblici, questa giurisprudenza conferma che una difesa ben articolata può avere successo se dimostra che il pericolo era palese e che una condotta diligente da parte del cittadino avrebbe evitato l’incidente.

Quando la condotta del pedone esclude la responsabilità del Comune per un marciapiede sconnesso?
La responsabilità del Comune è esclusa quando la condotta del pedone è la causa esclusiva dell’incidente. Ciò avviene se il pericolo (la sconnessione) è visibile o prevedibile e il pedone, conoscendo i luoghi, avrebbe potuto evitarlo usando la normale diligenza. Tale comportamento integra il “caso fortuito” che interrompe il nesso di causalità.

Perché la Corte di Cassazione può dichiarare un ricorso inammissibile senza esaminare il merito?
La Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile quando non rispetta i requisiti formali e sostanziali previsti dalla legge (ad esempio, art. 366 del codice di procedura civile). Questo accade se i motivi sono generici, non criticano specificamente la sentenza impugnata, o tentano di ottenere una nuova valutazione dei fatti, che è compito esclusivo dei giudici di merito e non della Corte di legittimità.

Come viene valutata la credibilità di un testimone nel processo civile?
La valutazione dell’attendibilità di un testimone è una valutazione discrezionale riservata al giudice di merito. Il giudice la compie basandosi su elementi oggettivi (precisione, coerenza della dichiarazione) e soggettivi (credibilità personale, rapporti con le parti). La Corte di Cassazione non può riesaminare tale valutazione, a meno che la motivazione del giudice di merito sia completamente assente, apparente o manifestamente illogica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati