Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 6459 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 6459 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 11/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18434/2022 R.G. proposto da: COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME tutte rappresentate e difese dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE, EMAIL
-ricorrenti-
contro
MINISTERO COGNOME, in persona del Ministro p.t., e MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro p.t., rappresentati e difesi dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, domiciliati in ROMA INDIRIZZO
-controricorrenti-
Avverso la SENTENZA della CORTE D’APPELLO di ROMA n. 4054/2022, depositata il 14/06/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Corte d’Appello di Roma, con la sentenza n. 5054/2022, resa pubblica in data 14 giugno 2022, in accoglimento dell’appello proposto dal Ministero della Difesa e dal Ministero dell’Interno, ha riformato la sentenza del Tribunale di Roma n. 13355/13 che aveva condannato: a) il Ministero della difesa, dopo aver dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Ministero dell’interno, a risarcire a NOME la somma di euro 259.980,00 ed alle sue due figlie, NOME ed NOME, la somma di euro 250.696,00 ciascuna, ritenendo integrata a carico del ministero condannato la fattispecie di cui all’art. 2051 cod.civ. e il ministero responsabile, a tale titolo, del decesso di NOME COGNOME, appuntato dei carabinieri, avvenuto all’interno della stazione dei carabinieri di Latina in data 14 settembre 2005 per causa della deflagrazione di una bomba a mano; b) entrambi i ministeri in solido al risarcimento del danno da lucro cessante.
Segnatamente, la corte d’appello: i) ha ritenuto accertato che la deflagrazione della bomba non era riferibile all’azione di terzi, che l’ordigno non era stato introdotto in caserma né da terzi, né da commilitoni né da vigili urbani, pur confermando che erano ignote le circostanze che aveva portato la vittima ad avere nella sua disponibilità l’ordigno, che esso era stato attivato dalla vittima, fors’anche inconsapevole della sua natura e delle modalità di innesco, visto che l’oggetto non era verniciato, era privo di scritte e non era riconoscibile come bomba, con conseguente impossibilità di ricondurre alla P.A. la responsabilità per custodia, non essendovi consapevolezza da parte sua della presenza dell’ordigno all’interno della caserma; ii) ha ritenuto di non condividere la conclusione del
tribunale che, pur muovendo dalla inspiegabilità della presenza dell’ordigno negli ambienti della caserma, aveva ritenuto responsabile il Ministero della Difesa sul rilievo che l’inversione dell’onere probatorio sancito dall’art. 2051 cod.civ. imponesse all’Amministrazione di dare prova del caso fortuito, perché non sussisteva alcuna relazione di custodia, non era stata provato che le caratteristiche dell’edificio avessero concorso al determinismo causale che aveva portato all’esplosione dell’ordigno; iii) ha escluso che al Ministero della Difesa potesse essere imputato un obbligo di custodia, essendo la responsabilità di cui all’art. 2051 cod.civ. oggettiva ed essendo risultato provato che il danno era risultato prodotto <>, su cui il Ministero aveva una relazione custodiale, ma non a causa della cosa; iv) ha aggiunto che ad ogni modo il comportamento imprudente della vittima, che non aveva denunziato, come le era imposto dalla normativa di P.S., la presenza di armi ed esplosivi e che, pur potendo prevedere con l’ordinaria diligenza, una situazione di pericolo dipendente dalla cosa altrui, vi si era esposto volontariamente, aveva interrotto il nesso causale; v) ha escluso la responsabilità del Ministero della Difesa anche ai sensi dell’art. 2043 cod.civ., difettando il nesso eziologico tra la condotta imputatagli anche solo omissiva e l’evento e prima ancora una colpa generica o specifica, ed avendo comunque il comportamento colposo della vittima integrato gli estremi del caso fortuito.
NOME COGNOME NOME ed NOME COGNOME ricorrono per la cassazione di detta sentenza, formulano tre motivi.
Il Ministero della Difesa e il Ministero dell’Interno resistono con controricorso.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380 -bis 1 cod.proc.civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo si denunzia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 116 cod.proc.civ.
La tesi di parte ricorrente è che la corte territoriale abbia fondato la sua decisione su circostanze diverse da quelle recepite dal tribunale e mai acquisite al materiale istruttorio, là dove ha ritenuto che la vittima aveva introdotto l’ordigno all’interno della caserma, che lo aveva maneggiato e innescato, favorendone colpevolmente l’esplosione.
Con il secondo motivo è prospettata la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2051 cod.civ.
Attinta da censura è la conclusione del giudice a quo secondo cui l’obbligo di custodia riguardava la caserma e non l’ordigno, perché la custodia su un immobile non può e non deve limitarsi alla vigilanza sulla struttura materiale del complesso e/o delle pertinenze ad essa proprie, ma evidentemente deve estendersi anche a tutte le situazioni che possano prodursi e determinarsi al suo interno e che siano potenzialmente produttive di eventi dannosi.
Altrettanto erroneamente il giudice a quo avrebbe preteso dalle istanti la prova del caso fortuito, avendo le stesse soddisfatto l’onere della prova loro incombente.
Con il terzo motivo parte ricorrente si duole della violazione e falsa applicazione del combino disposto di cui all’art. 1227 e 2051 cod.civ.
La corte d’appello avrebbe male applicato in concreto il principio secondo cui il concorso colposo del danneggiato e quindi una situazione idonea ad escludere la responsabilità per danno da cose in custodia rileva anche quando custode sia una P.A. e la cosa custodita sia un bene demaniale, perché dagli atti di causa non emergerebbe né l’imputabilità dell’evento alla vittima né un comportamento imprudente da parte sua, non essendo riconducibile ad imprudenza il fatto che avesse maneggiato
l’ordigno anziché allontanarsene dopo averlo messo in sicurezza, anche in considerazione del fatto che l’COGNOME non aveva partecipato a missioni militari in zone di guerra e quindi non era a conoscenza del funzionamento degli ordigni.
4) I motivi che possono essere esaminati congiuntamente sono nel loro complesso infondati: a) il primo perché la Corte territoriale, con un accertamento in fatto, non sindacabile in sede di legittimità, ha ritenuto che nessuno all’infuori della vittima aveva introdotto la bomba in caserma, nella stanza ove la stessa vittima prestava servizio, né terzi, né commilitoni né vigili urbani, benché fossero rimaste ignote le circostanze che avevano portato la vittima ad avere nella sua disponibilità l’ordigno; b) il secondo e il terzo perché il ragionamento della sentenza impugnata si è articolato in due rationes decidendi : la prima è quella che ha escluso la ricorrenza di una relazione di custodia a carico della P.A.; la seconda è quella che ha escluso la responsabilità del Ministero della Difesa ex art. 2051 cod.civ. avendo la condotta della vittima che non aveva segnalato, pur essendo obbligata a farlo, la detenzione dell’ordigno e chiesto il supporto del reparto specializzato per evitarne l’esplosione, e che aveva, violando le norme comuni di prudenza, manipolato la bomba, indipendentemente dalla consapevolezza o meno del funzionamento dell’ordigno innescato che lungi dall’escluderne la colpa integrerebbe gli estremi dell’imprudenza ove non dell’imperizia (p. 7), integrato gli estremi del caso fortuito incidente, idoneo ad assorbire il collegamento causale tra la cosa e il danno, rimanendone escluso il nesso causale con la cosa in custodia.
Ora, costituisce ius receptum, nella giurisprudenza di questa Corte, il principio per il quale l’impugnazione di una decisione basata su una motivazione strutturata in una pluralità di ordini di ragioni, convergenti o alternativi, autonomi l’uno dallo altro, e ciascuno, di per sé solo, idoneo a supportare il relativo dictum, per
poter essere ravvisata meritevole di ingresso, deve risultare articolata in uno spettro di censure tale da investire, e da investire utilmente, tutti gli ordini di ragioni cennati, posto che la mancata critica di uno di questi o la relativa attitudine a resistere agli appunti mossigli comporterebbero che la decisione dovrebbe essere tenuta ferma sulla base del profilo della sua ratio non, o mal, censurato e priverebbero il gravame dell’idoneità al raggiungimento del suo obiettivo funzionale, rappresentato dalla rimozione della pronuncia contestata (Cass. 26/02/2024, n. 5102).
Nel caso di specie, deve convenirsi con la corte territoriale circa l’avvenuta interruzione del nesso causale per effetto del comportamento della vittima; il che rende irrilevante insistere sulla sussistenza dei presupposti di cui all’art. 2051 cod.civ., pur dovendosi ribadire che la responsabilità per cose in custodia ha matrice oggettiva e non presunta (v. Cass., Sez. Un., n. 20943 del 30/06/2022, secondo cui «La responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo, e non presunto, essendo sufficiente, per la sua configurazione, la dimostrazione da parte dell’attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno, mentre sul custode grava l’onere della prova liberatoria del caso fortuito, senza alcuna rilevanza della diligenza o meno del custode») e che, dunque, per essere utilmente invocata a carico di chi si ritiene custode richiede il soddisfacimento dell’onere probatorio relativo alla sussistenza del nesso di derivazione causale del danno dalla cosa custodita, che detto nesso di derivazione causale non può considerarsi dimostrato solo per effetto della mera coincidenza rappresentata dal fatto che il sinistro e la cosa custodita si collochino, genericamente e complessivamente, in un medesimo contesto (Cass. 27/12/2023, n. 35991), occorrendo la dimostrazione che l’evento di danno è stato concretamente provocato proprio dalla cosa in custodia e non da altri diversi fattori causali.
Escluso che il fatto rimasto ignoto -come la vittima sia venuta in possesso dell’ordigno – sia la causa del danno (circostanza che, rendendo incerto lo svolgimento eziologico dell’accadimento, resterebbe a carico del custode, non escludendone la responsabilità: Cass. 10/10/2008, n. 25029; Cass. 10/03/2009, n. 5741; Cass., 22/03/2024, n. 7789), deve allora condividersi la conclusione del giudice a quo quanto al rango di causa autonomamente sopravvenuta avente efficacia causale esclusiva nella produzione del danno che ha fatto venire meno il nesso eziologico con la res da riconoscersi alla condotta della vittima (caso fortuito). Detta conclusione è in linea con la giurisprudenza di questa Corte secondo cui quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione, da parte dello stesso danneggiato, delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento superi il nesso eziologico astrattamente individuabile tra fatto ed evento dannoso (Cass. 24/01/2024, n. 2376).
Mette conto osservare, infatti, che, con specifico riferimento alla responsabilità di cui all’art. 2051 cod.civ., le Sezioni Unite di questa Corte -pronuncia n. 20943 del 30/06/2022- hanno enunciato i seguenti principi di diritto e che di essi la Corte d’appello ha fatto corretta applicazione nella fattispecie:
-il caso fortuito, rappresentato dalla condotta del danneggiato, è connotato dall’esclusiva efficienza causale nella produzione dell’evento; a tal fine, la condotta del danneggiato che entri in interazione con la cosa si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione anche ufficiosa dell’art. 1227, 1° comma, cod.civ.; e deve essere valutata tenendo anche conto del dovere generale di ragionevole
cautela riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost.;
-il comportamento del danneggiato, quand’anche astrattamente prevedibile, ove sia da escludere come evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale elide il nesso causale.
A tale ultimo riguardo va precisato che sul piano della struttura della fattispecie la condotta del danneggiato rileva come fatto umano caratterizzato dalla colpa (art. 1227, 1 ° comma, cod.civ.), con rilevanza causale esclusiva o concorrente; essa si pone in termini di causa sopravvenuta che esclude il rapporto di causalità quando è stata da sola sufficiente a determinare l’evento’ (art. 41, 2° comma, cod.pen.), in tal modo degradando il ruolo della res in custodia a mera occasione del danno, che si pone in relazione causale con l’evento di danno alla luce del principio penalistico che relega al rango di mera occasione la relazione con la res, deprivata della sua efficienza di causalità materiale (erroneamente confusa, talvolta, con la causalità naturale) senza peraltro cancellarne l’efficienza naturalistica.
All’infondatezza dei motivi consegue il rigetto del ricorso.
Ricorrono giusti motivi per la compensazione delle spese del giudizio di cassazione, atteso il contrastante esito delle due fasi del giudizio di merito che può avere suggerito adire questa Corte.
P.Q.M.
La Corte rigetta il corso. Compensa le spese di lite.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, come modif. dalla l. 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte delle ricorrenti all’ufficio del merito competente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.