Ordinanza di Cassazione Civile Sez. L Num. 11918 Anno 2025
Civile Ord. Sez. L Num. 11918 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 06/05/2025
Oggetto
Infortunio sul lavoro Responsabilità del committente
R.G.N. 323/2022
COGNOME
Rep.
Ud. 11/03/2025
CC
ORDINANZA
sul ricorso 323-2022 proposto da:
, domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso
LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, D.U.
rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME
– ricorrente –
E’ STATA DISPOSTO D’UFFICIO LA SEGUENTE ANNOTAZIONE: IN CASO DI DIFFUSIONE
OMETTERE LE GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI DI:
D.U.
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso LA CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, INDIRIZZO presso lo studio
dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende;
– controricorrente –
nonché contro
– intimati –
avverso la sentenza n. 1077/2020 della CORTE D’APPELLO di MILANO, depositata il 18/06/2021 R.G.N. 1426/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 11/03/2025 dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
RILEVATO CHE
il 5 dicembre 2011 , lavorando come trasportatore alle dipendenze di , subì un grave infortunio per effetto del rovesciamento di un container /cassa mobile, da caricare sull’automezzo, allocato presso il piazzale della RAGIONE_SOCIALE, che aveva appaltato il trasporto alla ditta Ciamprone e la logistica del piazzale alla RAGIONE_SOCIALE; D.U. X.Z.
il Tribunale di Monza ha accolto le domande del lavoratore, dichiarando l’esclusiva responsabilità del suo datore di lavoro COGNOME in concorso di colpa dell’infortunato nella misura del 20%; ha escluso, invece, la responsabilità delle altre due società, nel giudizio cui hanno partecipato anche la RAGIONE_SOCIALE, chiamata in causa a garanzia dalla NOME COGNOME sua assicurata, e l’INAIL in veste di interveniente per l’esercizio dell’azione di regresso rispetto al sinistro;
la Corte di Appello di Milano, con la sentenza impugnata, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, ha: dichiarato la sopravvenuta cessazione della materia del contendere tra il
e la IED SCARL, nel frattempo fallita; dichiarato il lavoratore esente dal concorso di azioni colpose nella verificazione dell’infortunio avvenuto per responsabilità del Fallimento IED SCARL in misura pari a quella di D.U. X.Z.
condannato il datore di lavoro, solidalmente obbligato col Fallimento, a risarcire al lavoratore i danni che, detratte le poste versate dall’INAIL all’infortunato, ha determinato in complessivi € 106.288,91 a titolo di danno non patrimoniale e a complessivi € 72.744 ,43 a titolo di danno patrimoniale; dichiarato il diritto dell’INAIL di ottenere da entrambi i responsabili dell’infortunio, a titolo di regresso, la somma di € 138.178,22 con la condanna del a pagarla all’INAIL in qualità di soggetto solidalment e obbligato col Fallimento; condannato il lavoratore a rifondere alla RAGIONE_SOCIALE le spese dell’appello e in solido e il Fallimento a rifondere all’INAIL le spese di tutto il giudizio; compensato interamente le spese del grado tra e il Fallimento e tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE confermato tutte le restanti statuizioni di cui alla sentenza impugnata; X.Z. X.Z. D.U.
4. la Corte, in estrema sintesi e per quanto qui ancora rilevi in ordine alla responsabilità della committente RAGIONE_SOCIALE, ha premesso che la cooperativa RAGIONE_SOCIALEsi era resa autonoma appaltatrice della logistica del piazzale specie per quel che concerneva la corretta dislocazione dei vari container sull’area delimitata dalla segnaletica già appostavi da Sifte COGNOME, carichi che, in seconda battuta, gli autisti trasportatori avrebbero dovuto imbarcare sulle ribalte dei loro automezzi per trasportarli a des tinazione’; valutato il compendio istruttorio, ha quindi ritenuto detta società ‘soggetto estraneo in ragione del contenuto del contratto di appalto che rimetteva appunto alla
sua diretta controparte esecutrice ogni incombenza di controllo, supervisione e verifica, nonché in ragione della sua non ingerenza rispetto a quel genere di operazioni siccome affidate all’autonomia dell’appaltatrice tenuta quindi anche a ogni assidua for ma di sorveglianza e controllo sull’area solamente da lei supervisionata e autonomamente gestita’;
la Corte ha respinto il gravame del lavoratore anche sulla quantificazione dei danni patrimoniali, condividendo il criterio equitativo del primo giudice;
per la cassazione di tale sentenza, ha proposto ricorso il lavoratore con sei motivi; hanno resistito con controricorso la RAGIONE_SOCIALE e la società assicuratrice; non hanno svolto attività difensiva il e l’INAIL; X.Z.
hanno comunicato memorie il ricorrente e la Zurich; all’esito della camera di consiglio, il Collegio si è riservato il deposito dell’ordinanza nel termine di sessanta giorni;
CONSIDERATO CHE
i motivi di ricorso possono essere indicati secondo la sintesi offerta dalla stessa difesa del lavoratore;
1.1. il primo denuncia: ‘violazione dell’art. 26, I, II e III comma, D.Lgs. n. 81/2008 (art. 360 n. 3 c.p.c.), per avere la Corte di merito ritenuto applicabile anche ai primi due commi l’esclusione di operatività per rischi specifici dell’appaltatore prevista solo per il III comma’;
1.2. il secondo motivo denuncia: ‘violazione e falsa applicazione dell’art. 26, III comma, D.Lgs. n. 81/2008 (art. 360 n. 3 c.p.c.), per avere la Corte di merito ritenuto applicabile l’esclusione di operatività per rischi specifici dell’appaltatore, confondendo il concetto di autonomia operativa con quello di rischio specifico e
con quello di rischio interferenziale, in assenza di DUVRI e nel difetto di informazione sui rischi e di cooperazione e coordinamento sugli interventi di prevenzione e protezione’;
1.3. il terzo motivo denuncia: ‘nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360 n. 4 c.p.c.), per omessa pronuncia sugli ulteriori profili di responsabilità per fatto proprio del committente per culpa in eligendo ed ai sensi degli artt. 2049, 2050 e 2051 c.c.’;
1.4. il quarto motivo denuncia: ‘nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 c.p.c. (art. 360 n. 4 c.p.c.), per omessa pronuncia sulla responsabilità solidale del committente ai sensi art. 26, IV comma D.Lgs. n. 81/2008’;
1.5. il quinto motivo denuncia: ‘nullità della sentenza per violazione dell’art. 132 c.p.c. (art. 360 n. 4 c.p.c.), per motivazione meramente apparente sull’immotivato scostamento del Tribunale dalle conclusioni della CTU (che aveva ritenuto pari al 100% il danno alla capacità lavorativa), là dove aveva accertato tale danno pari al 28%’;
1.6. il sesto motivo denuncia: ‘nullità della sentenza per violazione degli artt. 91, 92 e 132 c.p.c. (art. 360 n. 4 c.p.c.), per omessa pronuncia sulle spese a favore dell’attuale ricorrente malgrado l’accoglimento parziale dell’appello.’;
il ricorso merita accoglimento nei sensi espressi dalla seguente motivazione;
2.1. i primi due motivi, esaminabili congiuntamente per connessione, sono fondati;
2.1.1. opportuno premettere in diritto talune considerazioni necessarie ai fini della delibazione delle censure sull’evoluzione della giurisprudenza, in relazione allo sviluppo del quadro normativo, concernente il regime di responsabilità del
committente per gli infortuni sofferti da dipendenti di ditte appaltatrici o subappaltatrici;
originariamente, in mancanza di previsioni legislative specifiche, il tendenziale esonero del committente da responsabilità per infortuni subìti da lavoratori di cui non era datore di lavoro è stato mitigato dall’utilizzo, anche in chiave costituzionalment e orientata (così Cass. n. 2393 del 2023; conf. Cass. n. 5618 del 2025), dell’art. 2087 c.c., ritenuto estensivamente applicabile al committente debitore di sicurezza anche nei confronti di dipendenti altrui;
tuttavia, con l’esplicita condizione che il committente stesso si fosse reso ‘garante della vigilanza relativa alle misure da adottare in concreto, riservandosi i poteri tecnico-organizzativi dell’opera da eseguire’ (cfr. Cass. n. 4129 del 2002; Cass. n. 22818 del 2009; Cass. n. 17092 del 2012; Cass. n. 11311 del 2017; Cass. n. 33365 del 2021; in tema di azione di regresso dell’INAIL v. Cass. n. 375 del 2023);
sovente, poi, si è configurata la responsabilità del committente solo nel caso di ‘ingerenza’ nell’esecuzione dell’appalto, tale da ridurre l’appaltatore a mero esecutore ovvero agendo in modo da comprimerne l’autonomia organizzativa, ipotesi di responsabilità affiancata a quella della colpa nella scelta dell’appaltatore ( cfr. Cass. n. 2745 del 1999; Cass. n. 9065 del 2006; Cass. n. 21540 del 2007; Cass. n. 10588 del 2008; Cass. n. 11757 del 2011);
2.1.2. tale impostazione risulta chiaramente mutuataria della risalente, ma costante, giurisprudenza formatasi in materia di responsabilità del committente per i danni cagionati a terzi; responsabilità configurata solo allorquando si dimostri che il fatto lesivo sia stato commesso dall’appaltatore in esecuzione di un ordine impartitogli dal committente o da suoi rappresentanti
– tanto che l’appaltatore finisca per agire quale nudus minister privo dell’autonomia che normalmente gli compete -o allorquando risultino presenti gli estremi della culpa in eligendo , ove cioè il compimento dell’opera o del servizio sono stati affidati ad impresa appaltatrice priva della capacità e dei mezzi tecnici indispensabili per eseguire la prestazione oggetto del contratto senza che si determinino situazioni di pericolo per i terzi (cfr. tra le tante: Cass. n. 4186 del 1984; Cass. n. 11478 del 2004; Cass. n. 10588 del 2008; Cass. n. 538 del 2012; Cass. n. 11194 del 2019);
2.1.3. analoga rilevanza -legata al requisito dell’autonomia dell’appaltatore, che costituisce elemento tipico del contratto di cui all’art. 1655 c.c. – è stata data dalla giurisprudenza penale che, in un primo tempo, ha giustificato la responsabilità del committente solo quando il medesimo travalicava il ruolo di semplice affidatario delle opere, ingerendosi nell’organizzazione per la loro esecuzione (Cass. pen. n. 5393 del 1973; Cass. pen. n. 2488 del 1975; Cass. pen. n. 4862 del 1982; Cass. pen. n. 11513 del 1985; Cass. pen. n. 1659 del 1989; Cass. pen. n. 2731 del 1990; Cass. pen. n. 2502 del 1993);
anche successivamente (per l’evoluzione della giurisprudenza penale in materia v., per tutte, Cass. pen. n. 5802 del 2021), pur riconoscendosi uno statuto di protezione e controllo gravante sul committente in associazione alla violazione di obblighi specifici, quali l’informazione sui rischi dell’ambiente di lavoro e la cooperazione nell’apprestamento delle misure di protezione e prevenzione (tra le tante, Cass. pen. n. 6884 del 2008; Cass. pen. n. 1825 del 2008), si è reiterato il principio secondo cui: ‘i l dovere di sicurezza gravante sul datore di lavoro opera anche in relazione al committente, dal quale non può tuttavia esigersi un controllo pressante, continuo e capillare
sull’organizzazione e sull’andamento dei lavori; ne consegue che, ai fini della configurazione della responsabilità del committente, occorre verificare in concreto quale sia stata l’incidenza della sua condotta nell’eziologia dell’evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l’esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell’appaltatore o del prestatore d’opera, alla sua ingerenza nell’esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d’opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo’ (Cass. pen. n. 44131 del 2015; in conf. a Cass. pen. n. 3563 del 2012; nello stesso senso: Cass. pen. n. 27296 del 2016; Cass. pen. n. 27296 del 2017; Cass. pen. n. 5946 del 2019; Cass. pen. n. 26335 del 2021);
un principio che ha trovato riscontro in talune decisioni delle sezioni civili di questa Corte ( ad ex. Cass. n. 9178 del 2023), anche se vale rimarcare la radicale diversità tra i criteri di imputazione della responsabilità in ambito civile – dominati dalla regola dettata dall’art. 1218 c.c. in base alla quale il debitore -datore di lavoro è tenuto al risarcimento del danno, se non prova che l’inadempimento ‘è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imp utabile’ (sul riparto degli oneri di allegazione e prova in materia di infortuni sul lavoro, da ultimo Cass. n. 6984 del 2025) -rispetto a quelli vigenti per il diritto penale;
per la responsabilità penale non opera alcuna presunzione di colpa né agevola la vittima alcuna inversione dell’onere probatorio; infatti grava interamente sulla pubblica accusa, in ossequio al principio garantista imposto dall’art. 27, comma 1, Cost., dimostrare, in concreto e oltre ogni ragionevole dubbio,
sia la sussistenza della violazione, da parte del soggetto che riveste una posizione lato sensu di garante, di una regola cautelare (generica o specifica), sia il nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l’evento dannoso, sia la prevedibilità ed evitabilità dell’evento dannoso che la regola cautelare violata mira a prevenire, onde verificare anche se l’evento abbia o meno concretizzato proprio il fattore di rischio che le regole cautelari violate erano intese a prevenire e a rendere evitabile (da ultimo, Cass. pen. n. 12387 del 2025);
2.1.4. quanto al quadro normativo di riferimento, esso è mutato con la direttiva-quadro 89/391/CEE, concernente l’attuazione di misure volte a promuovere il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro, che all’art. 6, nel defini re gli ‘Obblighi generali dei datori di lavoro’, al par. 4 stabilisce:
‘quando in uno stesso luogo di lavoro sono presenti i lavoratori di più imprese, i datori di lavoro devono cooperare all’attuazione delle disposizioni relative alla sicurezza, all’igiene ed alla salute, e, tenuto conto della natura delle attività, coordinare i metodi di protezione e di prevenzione dei rischi professionali, informarsi reciprocamente circa questi rischi e informarne i propri lavoratori e/o i loro rappresentanti’;
laddove vi sia compresenza organizzata di più lavoratori, appartenenti a imprese diverse per finalità di esecuzione di opere o servizi, per il diritto dell’Unione europea devono essere quindi previsti, per i datori di lavoro coinvolti, obblighi di cooperazione, di coordinamento e di informazione in ordine alle misure da adottare per la sicurezza, l’igiene e la salute di tutti i lavoratori interessati;
2.1.5. la disciplina comunitaria in materia è stata attuata nel diritto interno prima con l’art. 7, d.lgs. n. 626 del 1994, e poi
con l’art. 26, d. lgs. n. 81 del 2008 (per i cantieri temporanei e mobili, v. anche gli artt. 88 e ss. dello stesso Testo Unico); per quanto riguarda le disposizioni vigenti ratione temporis nella controversia che qui occupa, l’art. 26 citato prevede per ‘il datore di lavoro, in caso di affidamento di lavori, servizi e forniture all’impresa appaltatrice o a lavoratori autonomi all’interno della propria azienda, o di una singola unità produttiva della stessa, nonché nell’ambito dell’intero ciclo produttivo dell’azienda medesima, sempre che abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l’appalto o la prestazione di lavoro autonomo’, un coacervo di obblighi: dalla verifica dell’idoneità tecnico -professionale delle imprese appaltatrici alla fornitura alle medesime di dettagliate informazioni sui rischi specifici esistenti nell’ambiente in cui sono destinati ad operare e sulle misure di prevenzione e di emergenza adottate in relazione all’attività svolta (comma 1); dalla cooperazione per l’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull’attività lavorativa oggetto dell’appalto al coordi namento degli interventi di protezione e prevenzione dai rischi cui sono esposti i lavoratori, con informazione reciproca anche al fine di eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell’esecuzione dell’opera com plessiva (comma 2); inoltre, ai sensi del terzo comma dell’art. 26 cit., ‘Il datore di lavoro committente promuove la cooperazione ed il coordinamento di cui al comma 2, elaborando un unico documento di valutazione dei rischi che indichi le misure adottate per eliminare o, ove ciò non è possibile, ridurre al minimo i rischi da interferenze’; documento da allegare al
contratto di appalto;
completa il sistema degli ‘obblighi connessi ai contratti d’appalto o d’opera o di somministrazione’ di cui all’art. 26 del Testo Unico, il quarto comma, secondo cui ‘l’imprenditore committente risponde in solido con l’appaltatore, nonché con ciascuno degli eventuali subappaltatori, per tutti i danni per i quali il lavoratore, dipendente dall’appaltatore o dal subappaltatore, non risulti indennizzato’ dall’INAIL o dall’IPSEMA, con la clausola di esonero dalla responsabilità solidale delineata dal comma per i ‘danni conseguenza dei rischi specifici propri dell’attività delle imprese appaltatrici o subappaltatrici’;
2.1.6. in coerenza con tale sviluppo normativo, le più recenti decisioni di questa Corte Suprema hanno ritenuto che l’art. 7 del d. lgs. 626 del 1994 prima, e l’art. 26 del d. lgs. n. 81 del 2008 poi, stabiliscono una serie di obblighi specifichi, in caso di affidamento di lavori, servizi e forniture, gravanti sulle imprese committenti, il cui adempimento occorre verificare in caso di infortunio subito da lavoratori delle imprese appaltatrici o subappaltatrici;
in particolare, Cass. n. 12465 del 2020, anche sulla scorta dei precedenti ivi indicati (Cass. n. 21694 del 2011; Cass. n. 21894 del 2016; Cass. n. 12561 del 2017; Cass. n. 798 del 2017; ma v. pure Cass. n. 5149 del 2019), ha ritenuto, expressis verbis , ‘superata la tradizionale e limitativa concezione che – in virtù della normale autonomia e responsabilità dell’appaltatore, quale elemento naturale del contratto – configurava la responsabilità del committente come eccezionale, ossia solamente nei casi di culpa in eligendo o in caso di ingerenza nell’esecuzione dell’appalto (Cass. nn. 11757/2011, 10588/2008, 21540/2007, 15185/2004, 9065/2006) o alla luce del fatto concreto (Cass. nn. 25758/2013, 2451/2011)’;
ha sancito che: ‘la responsabilità del committente (e per quanto già detto di ciascun subcommittente) va integrata alla luce della disciplina dell’art. 7 d.lgs. 626/1994 (ed ora dell’art. 26 del TU n. 81/2008) il quale in ipotesi di appalti prevede un corredo di obblighi la cui attuazione da parte del committente risulta di essenziale importanza ai fini dell’esecuzione del lavoro in condizioni di sicurezza in tutti i casi di affidamento ad altre imprese, delle singole fasi di produzione (valutazione dei rischi, informazioni, formazione, adozione di misure, cooperazione all’attuazione delle misure, coordinamento, controllo’; con la conseguenza che ‘la responsabilità del committente (in relazione agli obblighi in discorso) è oggi normalmente implicata nell’esecuzione di un’attività produttiva attraverso contratti di appalto; talché il committente ne risponde tutte le volte in cui nel caso concreto non ha adempiuto ai propri obblighi in materia’;
in continuità è stato ribadito che, in base alle disposizioni speciali richiamate, grava sul committente e sul subcommittente, in caso di affidamento dei lavori ad altre imprese, l’obbligo di adottare tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità e la salute dei lavoratori, ancorché dipendenti dell’impresa appaltatrice o subappaltatrice, di fornire adeguata informazione ai singoli lavoratori sulle situazioni di rischio nonché di cooperare con l’appaltatrice e con la subappaltatrice nell’attuazione degli strumenti di protezione e prevenzione dei rischi connessi sia al luogo di lavoro e sia all’attività appaltata (cfr. Cass. n. 2517 del 2023; Cass. n. 13762 del 2024);
ne deriva che ‘non basta ad escludere la responsabilità della società committente la circostanza che essa non si sia ingerita nell’esecuzione o nell’organizzazione dell’attività appaltata’ (così Cass. n. 29157 del 2024), in quanto non è possibile
restringere all’ambito della culpa in vigilando o in eligendo del committente o alla sua concreta ingerenza nell’esecuzione dei lavori il perimetro degli obblighi gravanti sull’impresa appaltante, assumendo la medesima specifichi obblighi contenuti nel T.U. n. 81 del 2008 ‘che fungono da parametri di valutazione della condotta del committente, titolare di una posizione di garanzia nei confronti dei lavoratori dell’impresa appaltatrice in relazione agli infortuni occorsi durante l’esecuzione dell’opera’ (in termini, Cass. n. 34583 del 2024, avuto nella specie riguardo al Titolo IV, Capo I, del T.U., in relazione ai cantieri temporanei e mobili per lavori edili o di ingegneria civile);
2.1.7. ciò posto, la sentenza impugnata non è conforme ai richiamati princìpi;
infatti, ha escluso ogni responsabilità dell’impresa committente il servizio di trasporto con carico di container presso il piazzale del deposito della filiale di Sifte Berti di Lainate, limitandosi ad accertare che non vi era ‘ingerenza’ nelle operazioni di carico e scarico in quanto affidate ad altra impresa appaltatrice, mediante contratto che rimetteva a quest’ultima ‘ ogni incombenza di controllo, supervisione e verifica’;
la Corte territoriale non ha quindi verificato l’adempimento degli obblighi previsti dai primi tre commi dell’art. 26 d. lgs. n. 81 del 2008, peraltro neanche esclusi nella loro operatività dalla clausola che esime dalla sola responsabilità solidale prevista dal comma 4 della stessa disposizione i cd. ‘rischi specifici’ propri delle attività appaltate;
2.1.8. invero, questa Corte (Cass. n. 2517 del 2023) ha interpretato la disciplina interna in materia coerentemente con l’art. 6, par. 4, della Direttiva 89/391/CEE, il quale – laddove impone la previsione degli obblighi ivi previsti ‘quando in uno
stesso luogo di lavoro sono presenti i lavoratori di più imprese’ -è da intendere ‘non già in un rigoroso ambito endo -aziendale’, quanto piuttosto quale ‘compresenza’ organizzata e coordinata di lavoratori di più imprese, ‘in un ‘luogo’ individuato come m edesimo dal ‘lavoro’ (… ), corrispondente alla finalità di ‘realizzazione dell’opera’ ( … prevista dall’art. 8 della Direttiva 92/57/CEE) e, quindi, di una compartecipazione attiva dei predetti lavoratori ad essa, sinergicamente orientata al medesimo scopo produttivo, nell’ambito di un’identità locale in senso funzionale, non astratto (ma neppure ridotto ad una stretta contiguità fisica), da accertare di volta in volta secondo le concrete modalità operative del procedimento di realizzazione dell’opera’;
la pronuncia citata aggiunge che, nella categoria ‘datori di lavoro’ tenuti ai suddetti obblighi, rientrano anche il subcommittente e il subappaltatore, ‘qualora collaborino insieme nell’ambito di un medesimo procedimento (produttivo in senso lato), finalizzato alla realizzazione di una stessa opera (…), che si compia all’interno di un qualunque luogo a ciò funzionalmente destinato e che li coinvolga entrambi in attività, ancorché parziali e diverse, sinergicamente dirette al medesimo scopo produttivo: così rendendoli reciprocamente responsabili delle omissioni degli obblighi di sicurezza nei confronti dei lavoratori in essa impiegati’;
la sentenza ribadisce anche il più generale principio, secondo il quale ‘in tema di infortuni sul lavoro, quando un danno di cui si chiede il risarcimento è determinato da più soggetti, ciascuno dei quali con la propria condotta contribuisce alla produzione dell’evento dannoso, si configura una responsabilità solidale ai sensi dell’art. 1294 c.c. fra tutti costoro, qualunque sia il titolo per il quale ciascuno di essi è chiamato a rispondere, dal
momento che, sia in tema di responsabilità contrattuale che extracontrattuale, se un unico evento dannoso è ricollegabile eziologicamente a più persone, è sufficiente, ai fini della responsabilità solidale, che tutte le singole azioni od omissioni abbiano concorso in modo efficiente a produrlo, alla luce dei principi che regolano il nesso di causalità ed il concorso di più cause efficienti nella produzione dei danni (patrimoniali e non) da risarcire (Cass. n. 8372 del 2014)’ (cfr. Cass. n. 26614 del 2019; successivamente, Cass. n. 29157 del 2024);
2.1.9. orbene, non può dubitarsi che l’affidamento da parte di RAGIONE_SOCIALE alla ditta COGNOME del servizio di trasporto container presso il piazzale del deposito della filiale di Lainate della committente, dove la stessa aveva anche appaltato alla RAGIONE_SOCIALE il servizio di posizionamento dei container e di movimentazione dei mezzi, realizzasse la presenza di lavoratori di più imprese in uno stesso luogo di lavoro, così come previsto dal diritto dell’Unione europea; ovvero, secondo l’art. 26, comma 1, d. lgs. n. 81 del 2008, l’affidamento di servizi in appalto nell’ambito del ciclo produttivo dell’azienda committente che aveva la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolgevano gli appalti medesimi, atteso che in essi si attuava una ‘compresenza’ organizzata e coordinata di lavoratori di più imprese, con una compartecipazione attiva di una pluralità di lavoratori sinergicamente orientata al medesimo scopo produt tivo, nell’ambito di un’identità locale intesa in senso funzionale;
la Corte territoriale quindi, al cospetto dei motivi di gravame del lavoratore infortunato, avrebbe dovuto accertare l’eventuale inadempimento dell’azienda committente agli obblighi sulla stessa gravanti secondo l’art. 26 del T.U. del 2008 e, quindi, verif icare l’incidenza causale degli accertati inadempimenti sulla
eziologia del sinistro verificatosi, senza limitarsi a riscontrare il difetto di ‘ingerenza’ nell’attività dell’appaltatrice, quand’anche fosse stato contrattualmente affidata alla cooperativa l’organizzazione della logistica del piazzale , non potendo ciò essere sufficiente ad integrare un esonero da responsabilità per l’inadempimento di obblighi specificamente gravanti sulla committente;
2.1.10. in mancanza di tale indagine la sentenza impugnata deve essere cassata sul punto affinché il giudice del rinvio provveda a nuovo esame della controversia alla luce del seguente principio di diritto, enunciato ai sensi dell’art. 384 c.p.c.:
‘Il datore di lavoro committente, che affidi lavori, servizi o forniture ad impresa appaltatrice nell’ambito della propria azienda nonché nell’ambito dell’intero ciclo produttivo della medesima, è tenuto, ove abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l’appalto, all’adempimento degli specifici obblighi imposti dall’art. 26 del d. lgs. n. 81 del 2008 e s.m.i.; nel caso di inadempimento di tali obblighi, il committente può essere ritenuto responsabile dell’infortunio sul lavoro occorso ai di pendenti dell’impresa appaltatrice, anche in mancanza di qualsiasi ingerenza sull’attività di quest’ultima’;
2.2. la Corte giudica fondato anche il quinto motivo, laddove lamenta la nullità della sentenza impugnata per mancanza di motivazione sul rigetto del gravame con cui il lavoratore, in punto di quantificazione del danno patrimoniale, si era doluto che il primo giudice, dopo aver espressamente dichiarato di condividere le conclusioni della CTU che aveva accertato un danno alla capacità lavorativa specifica pari al 100%, se ne era invece discostato stimando il danno nella misura del 28%;
come noto, noto le Sezioni unite di questa Corte (Cass. SS.UU. nn. 8053 e 8054 del 2014) hanno sancito che l’anomalia motivazionale, implicante una violazione di legge costituzionalmente rilevante, integra un error in procedendo che comporta la nullità della sentenza nel caso di “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, di “motivazione apparente”, di “contrasto irriducibile fra affermazioni inconciliabili”, di “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”;
si è precisato che di ‘motivazione apparente’ o di ‘motivazione perplessa e incomprensibile’ può parlarsi laddove essa non renda ‘percepibili le ragioni della decisione, perché consiste di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’iter logico seguito per la formazione del convincimento, di talché essa non consenta alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice’ (Cass. SS.UU. n. 22232 del 2016; v. pure Cass. SS.UU. n. 16599 del 2016);
in ossequio si è affermato che ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorquando il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento (Cass. n. 9105 del 2017; v. pure Cass. n. 7402 del 2017 e Cass. n. 13248 del 2020);
in particolare, poi, è stato ribadito lo ‘specifico onere motivazionale del giudice per discostarsi dagli esiti dell’ausilio tecnico dallo stesso disposto’, anche dopo la novella che ha modificato il n. 5 dell’art. 360 c.p.c., ‘pur potendo essere sindacato dal giudice di legittimità, ora, esclusivamente secondo il canone del della motivazione’;
siffatto canone minimo può dirsi violato ove il giudice non abbia ‘in alcun modo spiegato perché abbia assunto una posizione nettamente divergente rispetto a quella del suo ausiliario tecnico’, non risultando ‘coerente, neppure con gli ulteriori principi dettati dall’articolo 111 Cost. per governare il processo, inserire nella sequenza procedurale uno strumento come la CTU, inevitabilmente incisivo sulla durata del processo e sulle spese che questo verrà a comportare al soccombente, per poi obliarne l’esito in sede decisionale, senza minimamente giustificare l’abbandono dell’ausilio tecnico e l’assunzione di posizioni, in materie fattuali intrinsecamente di natura anche tecnica, diverse da quelle indicate dal CTU’ (cfr. Cass. n. 1294 del 2017);
tale vizio radicale ravvisa questo Collegio nella sentenza impugnata, laddove non appare percepibile il percorso logico seguito dalla Corte territoriale per ridurre il danno patrimoniale per lesione della capacità lavorativa specifica in difformità rispetto a quanto stabilito dalla CTU e senza confutare specificamente gli esiti della medesima;
2.3. l’accoglimento del primo, del secondo e del quinto motivo di ricorso determina l’assorbimento del terzo e del quarto, in quanto concernenti l’omessa pronuncia su domande subordinatamente proposte, nonché del sesto motivo, perché il giudice del rinvio dovrà provvedere alla riliquidazione delle spese;
alla stregua di quanto esposto, vanno accolti il primo, il secondo e il quinto motivo, assorbiti gli altri, con cassazione della sentenza impugnata in relazione alle censure ritenute fondate e rinvio al giudice indicato in dispositivo che provvederà
a nuovo esame, uniformandosi a quanto statuito e provvedendo anche sulle spese;
va, disposta, da ultimo, per l’ipotesi di diffusione del presente provvedimento, l’omissione delle generalità e degli altri dati identificativi a norma dell’art. 52 del d.lgs. n. 196/2003 della parte ricorrente.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo, il secondo e il quinto motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di Appello di Milano, in diversa composizione, anche per le spese.
Ai sensi dell’art. 52 d. lgs. n. 196 del 2003, in caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi di
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Così deciso in Roma nell’adunanza camerale dell’11 marzo