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Responsabilità committente: chi paga il professionista?

Un ingegnere ha richiesto il pagamento dei suoi onorari a una società committente per l’incarico di responsabile della sicurezza in un cantiere. La Corte di Cassazione ha stabilito che la nomina del professionista, pur essendo un obbligo di legge per il committente, non crea automaticamente un’obbligazione di pagamento a suo carico. La responsabilità committente è esclusa se il contratto per il compenso è stato stipulato tra il professionista e la ditta appaltatrice dei lavori. La Corte ha quindi rigettato il ricorso del professionista, confermando che l’obbligo di pagamento ricadeva sulla società appaltatrice.

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Pubblicato il 16 dicembre 2025 in Diritto Civile, Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

Responsabilità committente: chi paga il responsabile della sicurezza?

Nell’ambito dei contratti di appalto, una delle questioni più dibattute riguarda la ripartizione dei costi e delle responsabilità. Un recente provvedimento della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: la responsabilità committente non si estende automaticamente al pagamento del compenso del professionista incaricato della sicurezza, anche se la sua nomina è un obbligo di legge. Questo caso evidenzia l’importanza di definire chiaramente gli accordi contrattuali per evitare spiacevoli contenziosi.

I Fatti di Causa

Un ingegnere professionista aveva ottenuto un decreto ingiuntivo contro una grande società di telecomunicazioni per il pagamento di circa 6.000 euro, a titolo di compenso per l’incarico di responsabile della sicurezza e coordinatore per lavori di adeguamento di un impianto di climatizzazione in un immobile di proprietà della società.

La società committente si è opposta al decreto, sostenendo di non essere la parte obbligata al pagamento. A suo dire, l’incarico professionale rientrava nel più ampio contratto di appalto stipulato con una ditta terza, la quale era la vera controparte contrattuale del professionista. La nomina dell’ingegnere da parte della committente, secondo quest’ultima, era stata un mero atto formale per adempiere a un obbligo imposto dalla normativa sulla sicurezza sul lavoro (D.Lgs. 81/2008).

Sia il Tribunale di primo grado che la Corte d’Appello hanno dato ragione alla società committente, ritenendola estranea al contratto d’opera professionale e annullando il decreto ingiuntivo. L’ingegnere, non soddisfatto, ha quindi proposto ricorso in Cassazione.

La Decisione della Cassazione e la Responsabilità Committente

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha rigettato il ricorso del professionista, confermando le decisioni dei giudici di merito. Il punto centrale della decisione ruota attorno alla distinzione tra l’obbligo legale di nominare un responsabile della sicurezza e l’obbligo contrattuale di retribuirlo.

I giudici hanno stabilito che l’interpretazione di un atto negoziale, come la lettera di incarico, è un accertamento di fatto riservato ai tribunali di merito. La Cassazione può intervenire solo se vengono violate le regole legali di interpretazione (i cosiddetti canoni ermeneutici), non semplicemente perché una diversa interpretazione sarebbe stata possibile.

Le Motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sulla base di diversi elementi chiave:

1. Adempimento di un Obbligo di Legge: La nomina del responsabile della sicurezza da parte della società committente costituiva l’adempimento di un preciso e non delegabile obbligo di legge (art. 17 del D.Lgs. 81/2008). Questo atto, di per sé, non è sufficiente a creare un contratto d’opera professionale diretto tra il committente e il professionista.

2. Accordo Contrattuale Separato: Dalla documentazione processuale era emerso che l’accordo economico per il compenso era stato raggiunto tra l’ingegnere e la società appaltatrice. Era stata infatti l’appaltatrice a comunicare alla committente di aver raggiunto un’intesa con il professionista, chiedendo poi alla committente di procedere con la nomina formale. Questo dimostrava che la volontà di obbligarsi al pagamento era della ditta appaltatrice, non della committente.

3. Irrilevanza dell’Atto di Nomina: La lettera di incarico inviata dalla committente al professionista, secondo la Corte, non aveva un contenuto negoziale tale da far sorgere un’obbligazione di pagamento. Era, piuttosto, la formalizzazione di una scelta necessaria per legge, il cui onere economico era già stato regolato all’interno del contratto d’appalto principale con l’altra società.

La responsabilità committente, pur essendo fondamentale per la tutela della sicurezza nei cantieri (la cosiddetta ‘posizione di garanzia’), non si trasforma automaticamente in un’obbligazione retributiva diretta verso ogni professionista che opera nel cantiere, se gli accordi contrattuali prevedono diversamente.

Le Conclusioni

Questa pronuncia offre importanti spunti pratici. Per i professionisti, è cruciale assicurarsi che il contratto d’opera professionale identifichi in modo inequivocabile il soggetto tenuto al pagamento del compenso, indipendentemente da chi effettua la nomina formale. Per i committenti, è fondamentale strutturare i contratti di appalto in modo che sia chiaro che gli oneri relativi ai professionisti della sicurezza sono a carico dell’appaltatore, se questa è l’intenzione delle parti. Ancora una volta, la chiarezza e la completezza della documentazione contrattuale si rivelano lo strumento migliore per prevenire futuri contenziosi.

La nomina del responsabile della sicurezza da parte del committente crea automaticamente un obbligo di pagamento a suo carico?
No. Secondo la Corte di Cassazione, la nomina è un adempimento di un obbligo di legge (D.Lgs. 81/2008) che non implica di per sé la conclusione di un contratto d’opera con obbligo di pagamento, se esiste un diverso accordo tra il professionista e la ditta appaltatrice.

Chi è tenuto a pagare il compenso del professionista per la sicurezza in un appalto?
La parte tenuta al pagamento è quella con cui il professionista ha stipulato il contratto d’opera. Nel caso analizzato, anche se la nomina formale proveniva dal committente, l’accordo economico era stato raggiunto con la società appaltatrice, che quindi era l’unica obbligata al pagamento.

Perché la Corte di Cassazione non ha modificato l’interpretazione della lettera di incarico data dai giudici precedenti?
Perché l’interpretazione di un contratto è un accertamento di fatto riservato al giudice di merito. La Corte di Cassazione può annullare la decisione solo se sono state violate le norme di legge sull’interpretazione (es. artt. 1362 e ss. c.c.), non perché è possibile un’interpretazione diversa da quella scelta dal giudice.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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