Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 2 Num. 23843 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 2 Num. 23843 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 05/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10008/2022 R.G. proposto da: COGNOME NOME, rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
nonchè
contro
FALLIMENTO
NOME
S.R.L.
-intimata-
avverso SENTENZA di CORTE D’APPELLO BOLOGNA n. 2593/2021 depositata il 12/10/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 07/05/2024 dal Consigliere COGNOME NOME.
FATTI DI CAUSA
AVV_NOTAIO chiese al Presidente del Tribunale di Bologna ingiungersi alla RAGIONE_SOCIALE il pagamento della somma di € 5924,26 a titolo di competenze professionali per i lavori di adeguamento dell’impianto di climatizzazione in un immobile di sua proprietà.
Emesso il decreto, la RAGIONE_SOCIALE si oppose ed eccepì la propria carenza di legittimazione passiva, deducendo che l’incarico era stato conferito dalla RAGIONE_SOCIALE, in qualità di ditta appaltatrice, nell’ambito dei lavori di realizzazione, ristrutturazione ed adeguamento di alcuni immobili e che l’opponente si era limitata alla nomina dell’AVV_NOTAIO COGNOME quale responsabile dei lavori e coordinatore della sicurezza.
Il Tribunale di Bologna accolse l’opposizione e la decisione di primo grado venne confermata dalla Corte d’appello con sentenza del 9.11.2021.
I giudici di merito ritennero che la RAGIONE_SOCIALE fosse estranea al contratto di prestazione professionale, che era stato concluso tra il professionista e la società appaltatrice RAGIONE_SOCIALE e comprendeva anche i lavori di adattamento degli impianti di condizionamento, per i quali si era resa necessaria la nomina del responsabile della sicurezza da parte del committente, nella persona dell’AVV_NOTAIO COGNOME, ai sensi del D. Lgs n.81 del 2008.
COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello sulla base di un unico motivo.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso
RAGIONE_SOCIALE non ha svolto attività difensiva.
Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 -bis.1 cod. proc. civ.
In prossimità della camera di consiglio, le parti hanno depositato memorie illustrative.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con l’unico motivo di ricorso si deduce la violazione degli artt.1325, 2230, 2333, 1362 c.c., 1370 e 1372 c.c., in relazione all’art.360, comma 1, n.3 c.p.c., per avere la Corte d’appello erroneamente ritenuto che l’incarico di responsabile della sicurezza conferito dalla RAGIONE_SOCIALE al ricorrente costituisse un mero atto formale di nomina, ai sensi del D. Lgs n.81 del 2008, mentre si tratterebbe di una lettera di incarico avente contenuto negoziale. La Corte d’appello non avrebbe considerato che nella prima offerta formulata dalla RAGIONE_SOCIALE alla RAGIONE_SOCIALE non erano incluse le prestazioni relative alle pratiche di sicurezza, inserite nel febbraio 2010, dopo il conferimento dell’incarico all’AVV_NOTAIO COGNOME , avvenuto il 3.12.2009. Inoltre, dall’interpretazione letterale del citato documento risulterebbe in modo inequivocabile che l’atto di nomina non avesse un contenuto formale, sicché la Corte d’appello avrebbe violato le norme in materia di interpretazione del contratto, con riferimento all’interpretazione letterale e secondo buona fede, a nulla rilevando che la lettera di incarico del 3.12.2009 non stabilisse l’entità del compenso, per la determinazione del quale poteva farsi riferimento agli usi.
Il motivo è infondato.
L’interpretazione di un atto negoziale è tipico accertamento in fatto riservato al giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità, se non nell’ipotesi di violazione dei canoni legali di ermeneutica contrattuale (Cass. 26 ottobre 2007, n. 22536).
La denuncia in cassazione di un errore di diritto nell’interpretazione di una clausola contrattuale non può limitarsi a richiamare le regole di cui agli artt. 1362 e ss. c.c. giacché le doglianze non possono
risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione del ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, non dovendo quest’ultima essere l’unica astrattamente possibile, ma solo una delle plausibili interpretazioni; pertanto, quando di una clausola contrattuale sono possibili due o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che aveva proposto l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di legittimità del fatto che fosse stata privilegiata l’altra (Cass., 28 novembre 2017, n. 28319).
La Corte d’appello, sulla base della documentazione acquisita in giudizio, e segnatamente sulla base dell’accordo stipulato tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, incaricata di svolgere lavori di realizzazione, ristrutturazione ed adeguamento di alcuni immobili di proprietà della RAGIONE_SOCIALE, ha accertato che in essi erano compresi anche i lavori di adattamento degli impianti di condizionamento ed illuminazione. Tali lavori, già rientranti nel contratto d’appalto, erano stati oggetto di prescrizione da parte della RAGIONE_SOCIALE in seguito all’ispezione del 4.8.2009; la RAGIONE_SOCIALE aveva, quindi, nominato l’AVV_NOTAIO COGNOME responsabile della sicurezza.
Tale nomina, secondo la ricostruzione della Corte d’appello, soddisfacev a l’obbligo legislativo previsto dall’art.17 del D. Lgs n.81 del 2008, in quanto la RAGIONE_SOCIALE rivestiva la qualifica di committente dei lavori appaltati alla RAGIONE_SOCIALE, ma non configurava un accordo contrattuale con il professionista. Tale convincimento veniva tratto sia dalla proposta tecnica che l’ingCOGNOME aveva rivolgeva direttamente alla RAGIONE_SOCIALE, contenente la determinazione del compenso, sia dalla successiva comunicazione che la ditta appaltatrice effettuava alla RAGIONE_SOCIALE in ordine all’accordo raggiunto perché provvedesse alla nomina del responsabile dei lavori e della sicurezza, ai sensi del D. Lgs n.81 del 2009.
Tale ricostruzione fattuale, basata sull’interpretazione dell’accordo tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, dal contenuto degli atti richiamati e dalla loro sequenza temporale, non è stata contestata dal ricorrente per violazione dei canoni ermeneutici ma sulla base di un’apodittica affermazione del contenuto negoziale della lettera di incarico del 3.12.2009 della RAGIONE_SOCIALE all’AVV_NOTAIO COGNOME.
La Corte ha spiegato che la citata lettera di incarico costituiva l’adempimento di un obbligo di legge da parte del committente, non delegabile all’appaltatore.
Si tratta di un’affermazione che trova il suo fondamento nell’art.17 del D. Lgs n.81 del 2008, il quale, tra gli obblighi del datore di lavoro non delegabili, prevede la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dai rischi.
Tale obbligo è collegato alla qualifica di datore di lavoro che assume il committente e, conseguentemente, alla sua posizione di garanzia.
In linea generale, infatti, deve rilevarsi che la responsabilità dell’appaltatore non solo non esclude quella del committente (Sez. 3, Sentenza n. 25758 del 15/11/2013, Rv. 629134 – 01), ma anzi quest’ultima è configurabile quando vi sia stata in concreto assunzione di una posizione di garanzia e comunque, qualora il lavoratore presti la propria attività in esecuzione di un contratto d’appalto(Sez. 4 penale, Sentenza n. 12348 del 29/01/2008 Ud., dep. 20/03/2008, Rv. 239252 – 01).
Questa Corte ha, peraltro, ritenuto (Sez. 4 penale, Sentenza n. 7188 del 10/01/2018 Ud., dep. 14/02/2018, Rv. 272221 – 01) che, in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, il committente, anche nel caso di subappalto, è titolare di una posizione di garanzia idonea a fondare la sua responsabilità per l’infortunio, sia per la scelta dell’impresa sia in caso di omesso controllo dell’adozione, da parte dell’appaltatore, delle misure generali di tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro. Si è anche affermato (Sez. 4
penale, Sentenza n. 28728 del 22/09/2020 Ud., dep. 16/10/2020, Rv. 280049 – 01) che, in materia di infortuni sul lavoro, in caso di lavori svolti in esecuzione di un contratto di appalto, sussiste la responsabilità del committente che, pur non ingerendosi nella esecuzione dei lavori, abbia omesso di verificare l’idoneità tecnicoprofessionale dell’impresa e dei lavoratori autonomi prescelti in relazione anche alla pericolosità dei lavori affidati, poiché l’obbligo di verifica di cui all’art.90, lett. a) del D. Lgs n.81 del 2008 non può risolversi nel solo controllo dell’iscrizione dell’appaltatore nel registro delle imprese, che integra un adempimento di carattere amministrativo.
L’adempimento di un obbligo di legge da parte del committente non implica necessariamente la conclusione di un contratto d’opera con il professionista in quanto, sulla base dell’interpretazione del contratto concluso tra la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE, la Corte d’appello ha accertato che esso comprendeva anche le spese per la progettazione e l’adeguamento degli impianti di illuminazione e condizionamento, e, tra questi, anche degli impianti di sicurezza.
La Corte d’appello, oltre alla plausibile interpretazione dell’accordo quadro tra committente ed appaltatore, ha valorizzato, senza incorrere nella violazione dei criteri ermeneutici, il contenuto dell’accordo concluso raggiunto tra RAGIONE_SOCIALE ed il ricorrente in ordine al compenso, accordo al quale la RAGIONE_SOCIALE era rimasta estranea.
Si tratta di elementi di carattere testuale dai quali è stata desunta la volontà della RAGIONE_SOCIALE di obbligarsi al pagamento del compenso in favore del professionista secondo un’interpretazione condotta alla stregua dei criteri di cui agli artt.1362 e segg. c.c., per nulla scalfiti dalla lettera di incarico della RAGIONE_SOCIALE, che a tali accordi era rimasta estranea ed aveva conferito l’incarico al ricorrente, quale destinataria degli obblighi previsti dall’art.17 del D. Lgs n.81 del 2008.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate in dispositivo in favore della RAGIONE_SOCIALE
Ai sensi dell’art.13, comma 1 quater, del DPR 115/2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art.13, se dovuto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in € 3000,00 per compensi in favore della RAGIONE_SOCIALE, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15%, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della Seconda Sezione Civile della Corte di cassazione, in data 7 maggio 2024.
Il Presidente NOME COGNOME