Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 3559 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 3559 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1988/2023 R.G. proposto da: COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (c.f. CODICE_FISCALE; pec EMAIL), elettivamente domiciliato in Roma, alla INDIRIZZO presso l’AVV_NOTAIO st. RAGIONE_SOCIALE
– ricorrente –
contro
COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (c.f. CODICE_FISCALE; pec EMAIL)
– controricorrente –
avverso la SENTENZA della CORTE d’APPELLO PERUGIA n. 285/2022 depositata in data 8/06/2022.
Udita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 9/11/2023, dal Consigliere NOME COGNOME, osserva quanto segue.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME citò in giudizio il ragioniere commercialista NOME COGNOME, chiedendo al Tribunale di Perugia l’accertamento del l’inadempimento e della responsabilità del professionista -al quale egli aveva affidato la tenuta della contabilità fiscale dal 2000 al 2006, per la propria azienda di elettricità, in quanto il COGNOME non aveva svolto la sua attività professionale con la dovuta diligenza -e la condanna al risarcimento dei danni derivanti dall’avviso da parte dell ‘ RAGIONE_SOCIALE Riscossione, per omessa presentazione della dichiarazione Unico 2003 ed indebita compensazione relativa a tale dichiarazione nonché per errori inerenti ad indebita compensazione con riferimento alla dichiarazione Unico 2006, e della conseguente emissione di cartella di pagamento per oltre tredicimila euro.
Il Tribunale di Perugia accolse la domanda e condannò il convenuto al pagamento di 13.927,43 euro, oltre interessi al saggio legale dalla domanda al saldo, a titolo di risarcimento da inadempimento contrattuale.
NOME COGNOME propose appello e, nel ricostituito contraddittorio con NOME COGNOME, la Corte d’appello di Perugia, con sentenza n. 285 del l’ 8/06/2022, ha rigettato l’appello e confermato la sentenza di primo grado.
Avverso la sentenza della Corte distrettuale propone ricorso per cassazione, con atto affidato a cinque motivi, NOME COGNOME.
Risponde con controricorso NOME COGNOME.
Non risulta il deposito di memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorrente propone i seguenti motivi di ricorso.
Con il primo motivo, veicolato ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 4 cod. proc. civ. e rubricato « nullità della sentenza – violazione
R.g. n.1988 del 2023
Ad. 9/11/2023; est.: C. COGNOME
RAGIONE_SOCIALE norme processuali violazione dell’art. 183 , VI comma, cpc e dell’art. 190 cpc – violazione del giusto processo e del diritto di difesa », il ricorrente lamenta omesso esame della eccezione relativa alla inammissibilità della produzione del COGNOME in primo grado, dal momento che il giudice istruttore con ordinanza resa fuori udienza, pur dando atto del mancato assolvimento dell’onere probatorio dell’attore COGNOME, lo rimetteva in termini violando tutte le norme che attengono al giusto processo ed al diritto di difesa; il ricorrente lamenta, inoltre, che la controparte avesse provveduto a depositare documentazione oltre il termine indicato dal G.I..
II) Con il secondo motivo, veicolato ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. e rubricato « nullità della sentenza – violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c. p. c. – motivazione errata, manifestamente ed irriducibilmente contraddittoria, perplessa od incomprensibile -travisamento RAGIONE_SOCIALE risultanze istruttorie », il ricorrente censura la sentenza nella parte in cui ha ritenuto in ogni caso desumibile il pagamento in favore di RAGIONE_SOCIALE da documentazione prodotta dal COGNOME solo in data 23 marzo 2017. Il ricorrente afferma l’errore di motivazione de lla Corte d’appello in quanto è di tutta evidenza che, prima della illegittima rimessione in termini da parte dell’istruttore, l’attore non aveva dato alcuna prova del danno, dal momento che i documenti ritenuti idonei dalla Corte d’appello a provare il pagamento non erano contenuti nel fascicolo di parte al momento del deposito RAGIONE_SOCIALE comparse conclusionali.
III) Con il terzo motivo, veicolato ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. e rubricato « nullità della sentenza – violazione ed errata applicazione degli articoli 115 e 116 cpc in relazione all’art. 2697 cod. civ. in ordine alla violazione del principio dell’onere probatorio e in ordine alla violazione del principio dell’ onus probandi », il ricorrente censura la sentenza d’appello nella parte in cui non ha rilevato la violazione dell’art. 2697 cod. civ. determinata
da una ‘intromissione’ non dovuta del giudice di primo grado, « in presenza del difetto di prova del COGNOME ».
IV) Con il quarto motivo, veicolato ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. e rubricato « nullità della sentenza – violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. – motivazione apparente, errata, manifestamente ed irriducibilmente contraddittoria, perplessa ed incomprensibile – violazione dell’art. 1227 cc e dell’art. 21, co. 2, d. lgs. 546/92 », il ricorrente censura la motivazione della sentenza impugnata in ordine alla eccezione di applicabilità dell’art. 1227 cod. civ., in quanto il NOME non aveva adottato tutti i comportamenti utili ad evitare il danno, con esplicito riferimento alla procedura di cui all’art. 21 d. lgs. 546 del 1992 (cd. rimborso anomalo).
V) Con il quinto motivo, veicolato ai sensi dell’ art. 360 n. 5 cod. proc. civ. e rubricato « nullità della sentenza violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. -motivazione apparente, errata, manifestamente ed irriducibilmente contraddittoria, perplessa od incomprensibile – violazione dell’art. 1227 cc e dell’art. 37 d.P.R. n. 633/72 », il ricorrente censura la sentenza laddove ha ravvisato un incarico conferito dall’attore per l’invio della dichiarazione Unico 2003.
È opportuno rimarcare l’ evidente composizione del ricorso mediante la tecnica del cd. assemblaggio: l’att o, invero, è costituito dalla riproduzione della sentenza di primo grado, dell’atto di appello e della sentenza di secondo grado, e ciò per sé solo ne comporterebbe l’inammissibilità (Cass. n. 26837 del 25/11/2020 Rv. 659630 -01 e altre in termini).
A prescindere dal detto profilo d’inammissibilità, il ricorso è in parte infondato e in parte inammissibile, per le ragioni che, con riferimento ai motivi, si vanno a esporre.
Il primo motivo è inammissibile e comunque infondato: la Corte di merito ha dato sostanzialmente atto (v. sentenza impugnata in questa sede p. 6) che vi sia stata una illegittima rimessione in
R.g. n.1988 del 2023 Ad. 9/11/2023; est.: C. COGNOME
termine, ad opera del primo giudice d’ufficio , o quanto meno un indebito uso dei poteri istruttori e ha espressamente affermato (v. p. 3 della sentenza impugnata), di condividere « l’iter motivazionale fornito dal giudice di prime cure »; peraltro, è pacifico (ma v. anche sentenza del Tribunale riportata a partire da p. 5 del ricorso) che il COGNOME si sia costituito tardivamente né risulta che abbia mosso alcuna contestazione specifica alla ricostruzione dei fatti di cui alla citazione con riferimento specifico all’ importo di cui alla cartella notificata dall’RAGIONE_SOCIALE nel 2009 , cartella idonea, per il primo Giudice, del quale la Corte territoriale ha -come già detto condiviso la motivazione, a provare il danno in parola. Inoltre, la Corte di merito ha ritenuto espressamente non decisiva la documentazione tardivamente prodotta reputando che il convincimento del primo Giudice in ordine alla prova del danno poteva dirsi validamente formato già prima dell’ordinanza di rimessione in termini in questione facendo al riguardo riferimento, tra l’altro, «s oprattutto » all’« allegazione RAGIONE_SOCIALE corrispondenti quietanze di versamento », che è cosa diversa dalla loro produzione.
4. Il secondo motivo è infondato: la Corte d’appello ha ritenuto provato il danno e ciò indipendentemente dalla produzione documentale successiva all’ordinanza di rimessione in termini del giudice istruttore in primo grado, come già sopra evidenziato.
Il secondo motivo, inoltre, richiama impropriamente il n. 5 dell’art. 360, comma 1, cod. proc. civ. in luogo del n. 4 e in concreto imputa alla sentenza una motivazione contraddittoria e, pertanto, sotto tale profilo, è inammissibile non trattandosi di censura più proponibile, dopo la riforma a mezzo dell’art. 54, comma 1, le tt. b) del d.l. n. 83 del 22/06/2012 conv. con modificazioni nella legge 7/08/2012, n. 134.
5. Il terzo motivo è inammissibile, sulla base del rilievo che una violazione dell’art. 2697 cod. civ si ha , come in via generale afferma lo stesso mezzo, quando si assegna erroneamente l’onere della
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prova a una parte che non lo ha, e non risulta correttamente proposto quando, come nella specie, si concretizza nella postulazione (erronea) che la valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze probatorie abbia condotto ad un esito non corretto.
Il motivo è, pertanto, inammissibile come motivo in iure ai sensi del n. 4 dell’art. 360 c od. proc. civ . (se si considera l’art. 2697 c od. civ . norma processuale) e ai sensi dell’art. 360 n. 3 c od. proc. civ. (se si considera l’art. 2697 c od. civ. norma sostanziale, sulla base della prospettazione dell’essere le norme sulle prove norm e sostanziali) e, nel regime dell’art. 360 , comma 1, n. 5 cod. proc. civ. oggi vigente (norma peraltro nella specie non utilmente invocabile, stante la preclusione ai sensi dell’art. 348 -ter , comma 5, cod. proc. civ., trattandosi nella specie di cd. doppia conforme), si risolve in un surrettizio tentativo di postulare il controllo della valutazione RAGIONE_SOCIALE prove oggi vietato ai sensi di quella norma (Cass. n. 11892 del 10/06/2016 Rv. 640193 – 01). In particolare, in concreto il mezzo censura l’operato del giudice istruttore , che ha dispos to l’indebita rimessione in termini, che, tuttavia, non è stata determinante, giusta quanto sopra affermato, ai fini dell’accertamento dell’inadempimento del COGNOME ai propri obblighi professionali e in ordine all’ammontare del danno .
6. Il quarto motivo è infondato, in quanto il rimedio di cui all’art. 21 del d.lgs. n. 546 del 1992 è quello generale previsto dal processo tributario ovvero, ai sensi del comma 2 dello stesso art. 21, quello avverso il diniego di restituzione, ma nella specie l’onere di cooperazione del creditore , di cui all’art. 1227, comma 1, cod. civ. non poteva ritenersi esteso all’iniziativa giudiziaria .
La giurisprudenza di questa Corte precisa al riguardo che il dovere di correttezza imposto al danneggiato dall’art. 1227, comma 1, cod. civ. (norma, del resto, inapplicabile ove non siano dimostrati dal debitore la condotta colposa del creditore ed il nesso di causalità fra tale condotta ed il prodursi del danno) presuppone un’attività che
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avrebbe avuto il risultato certo di evitare o ridurre il danno e non implica l’obbligo di iniziare un’azione giudiziaria, non essendo il creditore tenuto ad un’attività gravosa o implicante rischi e spese (Cass. n. 16530 del 21/08/2004 Rv. 577247 -01 e ivi richiami a Cass. n. 7618 del 14/08/1997; Cass. n. 4672 del 21/04/1993, Cass. n. 50359 del 7/05/1991).
Anche con riferimento al detto motivo, peraltro, vi è nell’intestazione di esso un errato richiamo all’errore di fatto , il che comporta di per sé solo, sotto tale profilo , l’inammissibilità del motivo, in quanto la sentenza di appello è del tutto conforme, in punto di fatto, a quella di primo grado e pertanto la violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc. civ. non è utilmente deducibile, in quanto preclusa ai sensi d ell’art. 348 -ter , comma 5, cod. proc. civ.
7. Il quinto e ultimo mezzo è infondato: la motivazione della sentenza d’appello esplica, con congrua e diffusa motivazione, anche qui con valutazione del tutto conforme a quella del Tribunale, che nell’incarico di provvedere alla predisposizione d el modello Unico per l’anno 2003 doveva ritenersi incluso, risultando illogico il contrario, anche quello di procedere all’invio telematico dello stesso modello e che l’incombente rientrava nella normale diligenza esigibile dal professionista ragioniere commercialista, ai sensi del disposto dell’art. 1176, comma 2, cod. civ . Il quinto motivo non censura, infine, adeguatamente il ragionamento presuntivo operato dai giudici del merito (Cass. n. 3541 del 13/02/2020 Rv. 657016 – 01).
Anche con riferimento al motivo in scrutinio, peraltro, vi è nell’intestazione di esso un errato richiamo all’ art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., il che comporta di per sé solo, sotto tale profilo, l’inammissibilità del motivo, in quanto la sentenza di appello è del tutto conforme, in punto di fatto, a quella di primo grado e pertanto la violazione dell’art. 360, comma 1, n. 5 cod. proc.
civ. non è utilmente deducibile, in quanto preclusa ai sensi dell’art. 348ter , comma 5, cod. proc. civ.
Il ricorso, in conclusione, è in parte infondato ed in parte inammissibile e deve, pertanto, essere rigettato.
Il controricorso di NOME COGNOME non è stato notificato, ma il ricorso è stato notificato dopo il 1° gennaio 2023, quindi si applica la nuova versione dell’art. 370 c od. proc. civ . che ha eliminato l’obbligo della notifica del controricorso, dal che consegue la ritualità della costituzione in giudizio del controricorrente, con le relative conseguenze, di cui in prosieguo, in ordine alle spese di lite.
Le spese di lite di questa fase di legittimità seguono la soccombenza del ricorrente nei confronti del controricorrente e tenuto conto dell’attività processuale espletata in relazione al valore della controversia, sono liquidate come da dispositivo.
La decisione di rigetto del ricorso comporta che deve darsi atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1, quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge n. 228 del 2012, della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Corte di