Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 4590 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 4590 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 21/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12093/2022 R.G. proposto da: COGNOME NOME, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME NOME (c.f. CODICE_FISCALE, pec EMAIL), elettivamente domiciliata in Roma presso lo studio dell’AVV_NOTAIO (pec EMAIL), INDIRIZZO – ricorrente –
contro
CUNICO COGNOME
-intimata –
avverso la SENTENZA della CORTE d’APPELLO di VENEZIA n. 2783/2021 depositata il 3/11/2021.
Udita la relazione svolta, nella camera di consiglio del 9/11/2023, dal Consigliere relatore, NOME COGNOME, osserva quanto segue.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME, praticante avvocato abilitato, incaricò la commercialista di fiducia NOME COGNOME, in quanto questa già seguiva la contabilità della propria famiglia, di seguire anche la sua posizione contabile, amministrativa e fiscale, dal 2004 al 2008, sia nella detta veste professionale che di socia di società facenti capo alla sua famiglia.
La COGNOME le consigliò di mutare regime, nell’anno 2008, in quanto che la disciplina fiscale più favorevole era quella dei cd. minimi , che prevede l’esonero dal pagamento dell’imposta sul valore aggiunto, denominata comunemente I.V.A.
La COGNOME adottò detto sistema, che escludeva il pagamento dell’I .V.A. e quindi non ne chiese il versamento ai propri clienti, ma successivamente apprese, da altro commercialista, che ella non poteva adottare detto sistema, in quanto socia anche di una società in accomandita semplice e dovette quindi, a seguito di ravvedimento operoso, pagare nel 2009 l’I .V.A. in proprio. La COGNOME si avvide, altresì, che la COGNOME non aveva dichiarato, per lo stesso anno 2008, gli importi per i canoni di locazione rivenienti da un immobile di sua proprietà e, in relazione a tale omissione, l’attrice fu destinataria, nel 2012, di una intimazione di pagamento per l’importo di euro 1.857,00, oltre spese di notifica dell’accertamento ed oltre interessi per un totale di euro 2.130,95.
La RAGIONE_SOCIALE, pertanto, convenne in giudizio la COGNOME dinanzi al Tribunale di Vicenza, al fine di ottenerne la condanna al risarcimento dei danni.
Il Tribunale di Vicenza, nel contraddittorio delle parti, rigettò la domanda, con sentenza n. 1861 del 2019.
NOME COGNOME propose impugnazione alla Corte d’appello di Venezia.
La Corte territoriale, nel ricostituito contraddittorio delle parti, ha, per quanto ancora rileva in questa sede, con sentenza n. 2783 del 3/11/2021, confermato la decisione del primo giudice.
Avverso la sentenza della Corte d’appello di Venezia propone ricorso per cassazione, con atto affidato a cinque motivi, NOME COGNOME.
NOME COGNOME è rimasta intimata.
Per l’adunanza camerale del 9/11/2023 la ricorrente ha depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I motivi di ricorso censurano come segue la sentenza d’ appello.
Deducendo violazione e falsa applicazione degli artt. 1176, 1223 e 2697 cod. civ. ai sensi dell’a rt.360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la ricorrente censura la sentenza della Corte territoriale nella parte in cui ha negato il risarcimento del danno conseguente al versamento da parte sua dell’I.V.A. non precedentemente fatturata perché non prevista dal regime suggerito dalla professionista intimata, asserendo la COGNOME che su di essa non incombesse alcun onere dimostrativo come invece ritenuto dalla Corte di appello.
II) La ricorrente denuncia violaz ione e falsa applicazione dell’ art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. per omessa considerazione della sussistenza del danno in capo alla COGNOME, quale contribuente di professione avvocato laddove la stessa aveva versato l’I.V.A., in seguito a ravvedimento, dichiarandola nella certificazione unica dimessa, per erronea adesione al regime fiscale dei minimi indicato dalla commercialista senza che i clienti l’avessero mai corrisposta. La ricorrente sostiene che la Corte non avrebbe esaminato che il danno realizzatosi per errata adesione al regime dei minimi, in
difetto dei requisiti di legge, consiste nel versamento dell’importo dovuto a titolo di I.V.A., che ella non aveva incassato dai propri clienti con l’emissione di fatture in regime dei minimi e che ella versò successivamente al fisco l’importo dovuto a titolo di l’I.V.A. L’intestazione del motivo richiama il n. 3 dell’art. 360 codice di rito ma è evidente che il numero esatto è il 5, posto che il motivo fa riferimento all’omesso esame.
III) La ricorrente, lamentando violazione e falsa applicazione, ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. dell’art. 1 commi dal 96 a 117 della legge n. 244 del 24/12/2007, censura la sentenza d’appello nella parte in cui ha negato il risarcimento del danno ritenendo che l’I.V.A. successivamente corrisposta fosse comunque dovuta, perché doveva essere versata fin dall’inizio dell’attività quale praticante avvocato e quindi quale avvocato, in quanto dovuta all’erario.
IV) La COGNOME denuncia ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 210 cod. proc. civ., sostenendo che l’istanza di esibizione della documentazione fiscale e contabile predisposta per la contribuente dalla commercialista e oggetto dell’accordo specifico con essa intercorso doveva essere accolta in quanto la documentazione era necessaria ai fini del decidere.
V) Ai sensi dell’ art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., la ricorrente lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 1223 e 2697 cod. civ., sostenendo che l’attività di rifacimento della contabilità 2009 da parte del commercialista COGNOME, successivamente incaricato, fu conseguenza dell’inadempimento negligenza della commercialista intimata; la COGNOME, pertanto, censura la sentenza d’appello nella parte in cui ha negato il risarcimento del danno per le spese sostenute dalla ricorrente per la
successiva attività del nuovo commercialista perché ritenute dalla Corte di merito non riconducibili all’errore della COGNOME.
Il Collegio ritiene che i primi tre motivi di ricorso possono essere congiuntamente scrutinati, in quanto strettamente connessi.
Va premesso che entrambi i giudici di merito hanno ritenuto sussistente la responsabilità della commercialista solo in relazione all’adozione del regime dei minimi (v. sent. imp. p. 5 -6 e p. 8 e13 in relazione all’appello incidentale proposto dall’appellata in punto di sussistenza della responsabilità di quest’ultima; per l’insussistenza della responsabilità della commercialista per la mancata dichiarazione dei canoni di locazione relativi all’immobile di proprietà dell’attuale ricorrente, v. p. 12 della sentenza impugnata ) ma hanno altresì ritenuto che la COGNOME non abbia dato la prova del danno subito.
La Corte territoriale ha correttamente reputato che il danno di cui si chiede il risarcimento non può ritenersi sussistente in re ipsa, che tale danno che doveva essere allegato e provato dall’attuale ricorrente e che l’IVA era comunque dovuta dalla ricorrente ‘fin dall’inizio’ e cioè, all’evidenza, secondo il regime fiscale alla medesima correttamente applicabile, sicché è infondato il primo motivo, pur precisandosi che la ricorrente sostiene di aver lamentato quale danno il versamento all’erario dell’IVA da parte sua senza che -come pure rappresentato in ricorso -i clie nti l’avessero alla medesima corrisposta, in quanto non indicata in fattura in base al regime fiscale dei minimi adottato su consiglio della RAGIONE_SOCIALE.
Fatta tale ultima precisazione, tuttavia quanto ulteriormente dedotto negli altri due motivi in scrutinio non censura idoneamente quanto affermato a p. 10 e 12 della sentenza impugnata (laddove essa, testualmente, afferma « Peraltro va evidenziato che l’appellante non ha dimostrato documentalmente né il versamento dell’IVA (dichiarato solo dal testimone COGNOME, successivo
commercialista dell’appellante), né il pagamento di sanzioni ulteriori (che avrebbero costituito il danno risarcibile) in quanto non sono state prodotte le attestazioni di pagamento e le fatture emesse nel 2008. Va comunque evidenziato che NOME COGNOME, nella propria deposizione, ha evidenziato che la COGNOME ha pagato l’IVA dovuta ed ha evitato il pagamento di sanzioni. Inoltre dalla documentazione fiscale dimessa tale somma non può comunque evincersi, come ammesso dalla stessa appellante, ed essa non può essere ricavata in via induttiva dal documento fiscale dimesso relativo al 2010 (doc. 7) »). La Corte di merito ha, pertanto, in base alle risultanze in atti, escluso che la ricorrente abbia fornito la prova dello stesso versamento dell’IVA e ha altresì escluso che la somma che si assume versata possa essere ricavata in via induttiva dal doc. 7 e tanto sulla base di un accertamento in fatto, non sindacabile in questa sede di legittimità.
Né vale lamentare in questa sede che la Corte territoriale abbia omesso di considerare -come si sostiene nel secondo motivo di ricorso, che , benché veicolato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., reca censura di omesso esame, ma non idoneamente formulata e comunque inammissibile in quanto destinata a infrangersi avverso il disposto dell’art. 348 ter , quarto e quinto comma, cod. proc. civ., nel testo applicabile in ragione dell’epoca di proposizione del ricorso (e la cui formulazione è stata riprodotta, a opera delle modifiche di cui al d.lgs. n. 149 del 22/10/2022 nell’art. 360, comma quarto, del codice di rito) -che l’IVA sarebbe stata versata senza che i clienti l’abbiano corrisposta , a fronte del richiamato accertamento di fatto compiuto dai giudici di merito (che hanno pure evidenziato, come si è visto, l’omess a produzione delle fatture, da cui e videntemente poteva desumersi l’omesso versamento dell’IVA da parte dei clienti) , non idoneamente scalfito in questa sede.
Il quarto motivo di ricorso è di per sé inammissibile dovendosi ribadire, anche in questa sede , l’orientamento restrittivo di questa Corte circa la sindacabilità in sede di legittimità del mancato esercizio del potere giudiziale di emanazione dell’ordine di esibizione (Cass. n. 31251 del 3/11/2021 Rv. 662746 – 01; Cass. n. 27412 del 08/10/2021 Rv. 662416 – 02) ed avendo la COGNOME ammesso (v. sentenza impugnata p. 11) di avere smarrito la documentazione che era in suo possesso e che avrebbe, viceversa, dovuto adeguatamente custodire.
Analogo discorso a quello fatto per i motivi secondo e terzo del ricorso vale per il quinto motivo, poiché esso richiede inammissibilmente l’effettuazione di una diversa valutazione in punto di fatto, ossia di un’attività notoriamente preclusa in sede di legittimità e ciò anche con riguardo alla valutazione del materiale istruttorio, in quanto ciò è compito proprio del giudice del merito. Nella specie è chiesta a questa Corte la diversa, rispetto a quella operata dalla Corte territoriale, valutazione delle dichiarazioni del teste COGNOME nonché della documentazione prodotta e relativa all’attività dal medesimo svolta (fatture emesse dal COGNOME) , in relazione all’asserito inadempimento professionale della collega COGNOME ed alle relative conseguenze in punto di necessità di procedere a rinnovo della posizione contabile per l’IVA e di spese necessarie a tal fine, già adeguatamente vagliate dal giudice di merito.
5. In conclusione, tutti i motivi di ricorso vanno disattesi.
Il ricorso deve, pertanto, essere rigettato.
Nulla per le spese di lite, in quanto la controparte NOME COGNOME è rimasta intimata.
La decisione di rigetto del ricorso comporta che deve darsi atto, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della legge n. 228 del 2012, della
sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1 -bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Corte di