Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 4617 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 4617 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: AMATORE NOME
Data pubblicazione: 21/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso n. 15579-2020 r.g. proposto da:
DOTT. NOME COGNOME (c.f. CODICE_FISCALE), nato a Lonigo (VI) il DATA_NASCITA, DOTT.SSA NOME COGNOME (c.f. CODICE_FISCALE), nata a Bevilacqua (VR) il DATA_NASCITA, e DOTT. NOME COGNOME (c.f. CODICE_FISCALE), nato a Verona il DATA_NASCITA, tutti rappresentati e difesi dall’AVV_NOTAIO del foro di Verona, procuratore e domiciliatario nel suo studio in INDIRIZZO INDIRIZZO, come da procure speciali alle liti in calce al ricorso.
-ricorrenti –
contro
RAGIONE_SOCIALE (c.f. e P_IVA), con sede in INDIRIZZO, INDIRIZZO, domiciliato presso lo studio del l’AVV_NOTAIO in FirenzeINDIRIZZO, che lo rappresenta e difende per procura in atti.
–
contro
ricorrente – avverso il decreto reso in data 01.04.2020 dal Tribunale di Verona, nel giudizio di opposizione allo stato passivo n. 10108/2018 R.G.; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/1/2024
dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, dottori commercialisti e membri del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE, presentavano separatamente opposizione avverso il decreto reso in data 24.10.2018 con il quale il giudice delegato del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva dichiarato esecutivo lo stato passivo, escludendo i crediti di cui i tre professionisti c hiedevano l’ammissione al passivo a titolo dei compensi maturati in relazione all’attività di sindaco svolta dal 1.7.2016 al 29.5.2018.
1.1 L’esclusione era stata motivata con il richiamo alle ragioni esposte dalla curatela nel progetto di stato passivo e, dunque, ‘ in ragione dell’eccepito inadempimento nello svolgimento dell’incarico di sindaco per omessa vigilanza e per aver permesso la prosecuzione dell’attività, aggravando l’insolvenza, in presenza di un patrimonio netto negativo, eccependosi altresì l’estinzione per compensazione dei crediti eventualmente sorti precedentemente al contestato inadempimento ‘.
1.2 I professionisti opponenti insistevano pertanto per l’ammissione integrale dei rispettivi crediti, censurando il provvedimento del giudice delegato sotto diversi profili: (i) nullità del decreto impugnato per carenza assoluta di motivazione in violazione dell’art. 96, comma 1, l. fall., e 111, 6 comma, Cost., essendo insufficiente la motivazione composta da un mero rinvio all’eccezione di inadempimento formulata in modo generic o nel progetto di stato passivo, (ii) infondatezza delle contestazioni mosse dalla curatela nella missiva stragiudiziale del 10.10.2018, in quanto avevano svolto con diligenza e scrupolo tutte le funzioni proprie del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE; (iii) irrilevanza degli inadempimenti eventualmente accertati rispetto ai crediti già maturati in epoca anteriore o relativi a prestazioni diverse da quelle contestate; (iv) inammissibilità dell’ eccezione di compensazione fondata su un controcredito risarcitorio contestato nell’ an e indeterminato nel quantum .
1.3 Il Tribunale ha rigettato le proposte opposizioni, riunite nel corso dei giudizi, confermando pertanto il diniego di ammissione dei crediti professionali.
1.4 Il Tribunale ha rilevato che: (a) seguendo gli insegnamenti della giurisprudenza di legittimità, nel giudizio di opposizione allo stato passivo non opera, nonostante la sua natura impugnatoria, la preclusione di cui all’art. 345 c.p.c. in materia di ius novorum , con riguardo alle nuove eccezioni proposte dal curatore, in quanto il riesame, a cognizione piena, del risultato della cognizione sommaria proprio della verifica, se esclude l’immutazione del thema decidendum e non ammette l ‘ introduzione di domande riconvenzionali della curatela, non ne comprime tuttavia il diritto di difesa, consentendo, dunque, la formulazione di eccezioni non sottoposte all’esame del giudice delegato; (b) nel caso in esame, l’eccezione di inadempimento, che era stata già sollevata, seppur genericamente nella motivazione per relationem del decreto di approvazione dello stato passivo, era stata tuttavia riempita di specifici contenuti con la costituzione della curatela nel giudizio di opposizione allo stato passivo, con la conseguenza che non era possibile ravvisare alcuna violazione del diritto di difesa della parte opponente, diritto che infatti era stato poi compiutamente esercitato in giudizio; (c) ritenuta dunque ammissibile l’eccezione di inadempimento sollevata dalla curate la nel giudizio di opposizione ed esaminando poi l ‘eventuale fondatezza della stessa, l’onere della prova di dimostrare l’inadempimento dei sindaci spettava al RAGIONE_SOCIALE, in quanto gli opponenti, quali creditori che agiscono per l’adempimento ( cioè il riconoscimento nello stato passivo del proprio diritto al compenso), erano tenuti a provare soltanto la fonte del diritto fatto valere e la sua esigibilità, m entre il debitore convenuto era gravato dall’onere della dimostrazione del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento ovvero dall’eccezione di inadempimento del creditore ex art. 1460 cod. civ.; (d) la ricostruzione in fatto delle vicende societarie offerta dagli opponenti non era in realtà contestata e poteva essere assunta come pacifica e lo stesso poteva anche dirsi per le azioni concretamente poste in essere dal RAGIONE_SOCIALE nel periodo in questione, delle quali non erano in discussione natura e consistenza, divergendo invece le opinioni delle parti in causa quanto alle
valutazioni di tali condotte; (e) doveva tuttavia escludersi l’esistenza di un inadempimento imputabile ai sindaci, quanto al primo addebito mosso dalla curatela fallimentare, e cioè per il profilo dell’abusivo ricorso al credito bancario; (f) era invece configurabile il grave inadempimento dei sindaci, quanto agli altri due addebiti di responsabilità mossi dalla curatela relativi, cioè, da un lato, all’imprudente attuazione del progetto ‘RAGIONE_SOCIALE‘, approvato dall’assemblea dei soci in data 13.7.2016 (con erogazione di finanziamenti di importo ingente alla controllata RAGIONE_SOCIALE, in assenza di adeguato supporto bancario e concrete prospettive di rientro) e, dall’altro, alla violazione dell’obbligo di gestione conservativa co n protrazione dell’attività aziendale, anche successivamente all’erosione del capitale sociale; (g) senza neanche disconoscere la costante pressione esercitata dai sindaci sull’organo amministrativo con ripetuti richiami, siffatta azione si palesava tuttavia del tutto inadeguata ed inefficace a fronte di un quadro di perdurante e conclamata tensione della società sul piano sia finanziario che societario, e ciò anche in una prospettiva di valutazione ex ante , per come invocata dalla parte opponente; (h) la strutturale inadeguatezza dell’assetto amministrativo, l’esasperata conflittualità della compagine sociale, l’atteggiamento ostruzionistico del socio di minoranza, il conseguente venire meno di alcune concrete proposte di terzi investitori, l’ astensione degli istituti di credito dal finanziamento degli investimenti della controllata RAGIONE_SOCIALE erano infatti tutti elementi che evidenziavano in modo univoco, già dalla seconda metà del 2016, la irrealizzabilità di una proficua soluzione della crisi, nel senso prospettato dagli opponenti; (i) in presenza di tali segnali di allarme, presenti già nel 2016 e aggravati nel corso del 2017, i sindaci avrebbero dovuto attivare strumenti a loro disposizione, ben più incisivi di meri solleciti, al fine di arginare la situazione e porre rimedio alla colpevole inerzia degli amministratori, risultando a tal fine doveroso convocare l’assemblea dei soci ex art. 2406 cod. civ., con ordine del giorno l’aumento del capitale, ovvero attivare il procedimento di denuncia al Tribun ale, ai sensi dell’art. 2409, ult. comma, cod. civ., a fronte delle gravi irregolarità di gestione che essi stessi avevano segnalato nei verbali delle proprie riunioni; (l) tenuto conto della stretta interconnessione tra le
circostanze fattuali esposte e della necessità di considerare in modo unitario l’attività del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nel periodo in esame, risultava anche irrilevante la mancata individuazione di addebiti specificatamente collocati nel tempo, presupposto neanche richiesto dalla giurisprudenza di legittimità al fine di configurare l’inosservanza del dovere di vigilanza imposto dall’art. 2407, 2 comma, cod. civ.
Il decreto, pubblicato il 1.4.2020, è stato impugnato da NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME con ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui il RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo motivo i ricorrenti lamentano, ai sensi dell’art. 360, primo comma n. 4, c.p.c., la nullità del provvedimento impugnato per omessa rilevazione della preclusione discendente dal combinato disposto degli artt. 98, comma 2, e 99, comma 7, l.fall., in relazione all’introduzione da parte della Curatela fallimentare di un’eccezione d’inadempimento del tutto nuova nel giudizio di opposizione allo stato passivo.
1.1 Il motivo è inammissibile, ai sensi dell’art. 360bis c.p.c.
1.1.1 Rammentano i ricorrenti che, con riguardo alle domande di ammissione al passivo fallimentare proposte da ciascuno di essi, nel progetto di stato passivo dell’8.10.2018 , la Curatela aveva proposto l’esclusione integrale dei crediti professionali, con questa medesima e seguente motivazione: « Si propone l’esclusione in ragione dell’eccepito inadempimento nello svolgimento dell’incarico di sindaco per omessa vigilanza e per aver permesso la prosecuzione dell’attività, aggravando l’insolvenza, in presenza di un patrimonio netto negativo, eccependosi altresì l’estinzione per compensazione dei crediti eventualmente sorti precedentemente al contestato inadempimento ». Con i tre ricorsi in opposizione allo stato passivo, poi riuniti, avevano impugnato lo stato passivo eccependo innanzitutto la nullità dei provvedimenti assunti nei loro confronti per carenza di motivazione, in violazione dell’art. 96, comma 1 , l.fall. e dell’art. 111, comma 6, Cost., e ricordano ancora gli odierni ricorrenti che, con le tre memorie di costituzione depositate nei giudizi di opposizione, la Curatela aveva chiesto
la conferma dello stato passivo impugnato, in accoglimento di un’eccezione d’inadempimento alla quale, per la prima volta, veniva conferito contenuto specifico. Più i n particolare, al dichiarato scopo di delimitare l’oggetto del giudizio, la curatela fallimentare aveva affermato che essi sindaci avevano violato l’art. 2403 c.c. « per aver omesso, nel periodo compreso tra il 1° luglio 2016 e il 29 maggio 2018, di assumere le doverose iniziative volte: a) a far sì che venisse posto rimedio all’evidente inadeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della Società, inadeguatezza che lo stesso Collegio aveva rilevato e segnalato agli amministratori, senza però mai assumere alcuna iniziativa a fronte dell’inerzia di questi ultimi; b) a far sì che venisse posto rimedio alla conclamata situazione di difficoltà finanziaria della Società, rilevata già a partire dal mese di settembre 2016 e trascinatasi fino alla data del fallimento senza che venisse assunta alcuna iniziativa idonea a risolvere la crisi ».
1.1.2 Osservano ancora i ricorrenti che la possibilità di introdurre eccezioni nuove non potrebbe, poi, tradursi in uno strumento per aggirare l’obbligo di ‘succinta motivazione’ , che non può mancare nel provvedimento di rigetto del Giudice Delegato, con la conseguenza che sarebbe poco convincente la motivazione fatta propria anche dal Tribunale di Verona, allorquando, da un lato, si ammetteva no eccezioni nuove e, dall’altro, si escludeva « l’estensione del thema disputandum ». Ne consegue che, nel caso in esame, il thema disputandum si sarebbe ben ampliato, e ciò nel senso che tra provvedimento del giudice delegato e comparsa di risposta in sede di opposizione vi sarebbe stata una differenza sostanziale, perché era solo in quest’ultima che si sarebbe appreso in cosa fosse consistito il thema disputandum .
1.2 Le obiezioni sollevate dai ricorrenti si scontrano invero con la consolidata giurisprudenza espressa da questa Corte nella subiecta materia . Né i ricorrenti adducono argomenti idonei a superare i principi già affermati nella richiamata giurisprudenza.
Sul punto giova infatti ricordare che costituisce ius receptum il principio secondo cui, nel giudizio di opposizione allo stato passivo, il curatore può introdurre eccezioni nuove, ossia non formulate già in sede di verifica; in tal caso peraltro, e solo in relazione ai contenuti e termini dell’eccezione nuova,
il rispetto del principio del contraddittorio esige che sia concesso termine all’opponente per dispiegare le proprie difese e produrre la documentazione probatoria idonea a supportarle (Sez. 1, Ordinanza n. 22386 del 06/09/2019; Sez. 1, Ordinanza n. 10528 del 15/04/2019; Sez. 1 – , Ordinanza n. 27940 del 07/12/2020)
Ne consegue la declaratoria di inammissibilità del motivo di ricorso qui in esame, ai sensi dell’art. 360bis c.p.c.
Con il secondo mezzo si deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 4, cod. proc. civ., la nullità del decreto/ordinanza per difetto assoluto di motivazione in violazione degli artt. 99, comma 11, l.fall. e 111, comma 6, Cost., ovvero falsa applicazione degli artt. 2406, 2447 e 2409 c.c., in relazione alla sussistenza di un obbligo giuridico di convocare l’assemblea dei soci e alla sussistenza di gravi irregolarità gestionali suscettibili di arrecare pregiudizio patrimoniale.
Anche le censure proposte nel motivo di ricorso qui ora in esame sono inammissibili.
2.1 Si censura, cioè, il provvedimento impugnato laddove lo stesso aveva ritenuto sussistente l’inadempimento eccepito dalla curatela, per non avere essi sindaci, oggi ricorrenti, provveduto a convocare l’assemblea dei soci della società, né a denunziare al competente tribunale gravi irregolarità gestionali, suscettibili di arrecare pregiudizio patrimoniale alla società stessa ovvero alla controllata.
2.2 I ricorrenti deducono, dunque, che la motivazione che correda il provvedimento impugnato sarebbe solo apparente in relazione al profilo della sussistenza di un obbligo giuridico di attivare i rimedi di cui agli artt. 2406, 2447 e 2409 c.c., ovvero sarebbe incorsa nella falsa applicazione delle norme espresse da questi ultimi articoli di cui, nel caso di specie, difettavano tutti i presupposti applicativi.
2.2 Si ricorda che il provvedimento impugnato aveva rilevato che, nel caso di specie, si configurerebbe come ‘ assolutamente inadeguata e, dunque, negligente nel suo complesso, l’attività di vigilanza svolta dal RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con riferimento agli altri più generali addebiti di mala gestio mossi agli amministratori (punti (a) e (b) del paragrafo che precede) ‘. In realtà, il
punto a) riguarderebbe «l’imprudente attuazione del progetto ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘» , approvato dall’assemblea dei soci il 13.07.2016, mentre il punto b) attingerebbe il profilo del la violazione dell’obbligo di gestione conservativa con protrazione dell’attività aziendale anche successivamente all’erosione del capitale sociale.
2.2 Si sottolinea, tuttavia, da parte dei ricorrenti che in nessuna parte della motivazione impugnata si indica a partire da quale momento sarebbe intervenuta questa ‘erosione del capitale sociale’, da intendersi come perdita del capitale sociale, considerato che era stata contestata la violazione dell’obbligo di gestione conservativa , con protrazione dell’attività aziendale, che richiamava l’obbligo di messa in liquidazione della società. In definitiva, non risulterebbe dagli atti né dalla motivazione del provvedimento impugnato che il presupposto della continuità aziendale fosse venuto meno sino all’ottobre 2017 e non risult erebbe, a maggior ragione, che sino a tale data le perdite dell’esercizio precedente e di quello allora in corso avessero intaccato ancorché parzialmente il capitale sociale: sarebbe stato solo con la presentazione in data 27.10.2017 di una situazione patrimoniale riferita al 31.08.2017 e redatta in ottica liquidatoria che, per la prima volta, si era resa conoscibile dai sindaci la sussistenza dei presupposti per la doverosa convocazione dell’assemblea dei soci ai sensi dell’art. 2447 c.c.
Il Tribunale di Verona avrebbe, da un lato, dichiarato di accogliere le contestazioni nei loro confronti, contenute anche nel decreto del giudice delegato, « per aver permesso la prosecuzione dell’attività, aggravando l’insolvenza, in presenza di un patrimonio netto negativo ‘, ma , dall’altro , non si sarebbe occupato minimamente di accertare se ciò risultasse o meno provato in atti e, anzi, avrebbe ammesso (poiché i fatti societari erano pacifici) che il capitale sociale non era stato intaccato dalle perdite.
2.3 Non sarebbe fondata -secondo i ricorrenti -neanche la presunta violazione dell’obbligo di vigilanza , in merito alla realizzazione del progetto ‘RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘. Secondo l’ipotesi accolta dal Tribunale, essi odierni ricorrenti, pur avendo svolto tutta una serie di osservazioni in merito alla realizzazione di questo progetto, non avrebbero tuttavia completato il
ventaglio delle possibili iniziative, convocando l’assemblea dei soci, ovvero presentando una denuncia ai sensi dell’art. 2409 c.c.
2.4 Le censure sin qui proposte dal ricorrente sono inammissibili perché, invocando impropriamente il vizio di motivazione apparente ovvero inesistente, tentano, invece, di sollecitare un diverso apprezzamento della quaestio facti .
Ebbene, secondo la giurisprudenza espressa da questa Corte, la motivazione sarebbe solo apparente a motivazione e la sentenza è nulla perché affetta da “error in procedendo”, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture (Cass. sez. u., sentenza n. 22232 del 03/11/2016; n. 8053 del 2014; Cass. sez. 6 – 5, ordinanza n. 13977 del 23/05/2019).
Ciò posto, non è dato riscontare nel caso di specie una motivazione solo apparente che non spieghi, cioè, il percorso logico-argomentativo posto alla base della decisione impugnata. Ed invero, il Tribunale ha evidenziato che la strutturale inadeguatezza dell’assetto amministrativo, l’esasperata conflittualità della compagine sociale, l’atteggiamento ostruzionistico del socio di minoranza, il conseguente venir meno di alcune concrete proposte di terzi investitori, l’astensione degli istituti di credito dal finanziamento degli investimenti della controllata RAGIONE_SOCIALE rappresentavano tutti elementi che evidenziavano in modo univoco, già dalla seconda metà del 2016, la irrealizzabilità di una proficua soluzione della crisi, nel senso prospettato dagli opponenti. Con la conseguenza -precisavano i giudici di prima istanza -che, in presenza di tali segnali di allarme, presenti già nel 2016 e aggravati nel corso del 2017, i sindaci avrebbero dovuto attivare strumenti a loro disposizione, ben più incisivi di meri solleciti, al fine di arginare la situazione e porre rimedio alla colpevole inerzia degli amministratori, risultando a tal fine doveroso convocare l’assemblea dei soci ex art. 2406 cod. civ., con ordine del giorno l’aumento del capitale, ovvero attivare il procedimento di denuncia al Tribunale, ai sensi dell’art. 2409, ult. comma, cod. civ., a fronte delle gravi
irregolarità di gestione che essi stessi avevano segnalato nei verbali delle proprie riunioni.
Ne consegue l’inammissibilità delle censure così proposte perché volte ad un nuovo scrutinio della fattispecie concreta invece sottratto al sindacato di legittimità.
2.5 Ma i ricorrenti prospettano anche un vizio di falsa applicazione di norme di legge.
2.5.1 Con riguardo alla convocazione dell’assemblea nelle società per azioni, si osserva che essa costituisce in via generale, ai sensi degli artt. 2366, comma 1, e 2367, comma 1, c.c., atto proprio dell’organo amministrativo. Le ipotesi – in cui il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE procede eccezionalmente alla convocazione -sono disciplinate dall’art. 2386, comma 5, c.c. per il caso di cessazione dall’amministratore unico o di tutti gli amministratori, nonché dall’art. 2406 c.c., che al comma 1 la prevede come doverosa «In caso di omissione o di ingiustificato ritardo da parte degli amministratori» (in tal caso «il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE deve convocare l’assemblea»), mentre al comma 2 la prevede come facoltativa, previa comunicazione al presidente del c.d.a., qualora il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE «nell’espletamento del suo incarico ravvisi fatti censurabili di rilevante gravità e vi sia urgente necessità di provvedere» (in tal caso «Il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE può altresì convocare l’assemblea»).
2.5.2 Aggiungono, dunque, i ricorrenti che, al di fuori di queste tassative ipotesi, il RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE non avrebbe il potere di procedere alla convocazione dell’assemblea dei soci. Nel caso di specie, pertanto, esclusa per tabulas la sussistenza del presupposto applicativo dell’art. 2386, comma 5, c.c., le uniche ipotesi rilevanti sarebbero quelle disciplinate dall’art. 2406 c.c. Tuttavia, il giudice territoriale non avrebbe operato alcuna verifica in ordine alla sussistenza di omissione o ingiustificato ritardo da parte dell’organo amministrativo nel convocare l’assemblea: omissione o ingiustificato ritardo che, parimenti, in tanto avrebbero assunto rilievo in quanto si fosse ricaduti in una delle ipotesi in cui la convocazione dell’assemblea è prescritta come obbligatoria dalla legge o dallo statuto.
2.5.3 Analoghe considerazioni -aggiungono i ricorrenti -sarebbero potute essere svolte con riguardo alla denunzia al Tribunale di gravi irregolarità
gestionali. Oggetto di denunzia ai sensi dell’art. 2409 c.c. sarebbe solo ed esclusivamente il «fondato sospetto che gli amministratori, in violazione dei loro doveri, abbiano compiuto gravi irregolarità nella gestione che possono arrecare danno alla società o a una o più società controllate». Possono, dunque, costituire oggetto di fondata denunzia solo specifici atti gestionali -e non una generica attitudine gestoria -che siano al contempo gravi ed almeno potenzialmente pregiudizievoli. Essi devono, inoltre, essere attuali, nel senso di non aver ancora esaurito i propri effetti, perché altrimenti non si sarebbe in presenza di una violazione da eliminare, ma al più di una responsabilità risarcitoria degli amministratori. Nel caso di specie, il Giudice territoriale si sarebbe limitato ad asserire che i sindaci avrebbero dovuto denunziare al tribunale le «gravi irregolarità di gestione che essi stessi segnalavano nei verbali delle proprie riunioni», senza tuttavia operare alcuna verifica in ordine all’effettiva sussistenza dei requisiti dettati dall’art. 2409 c.c. Più in particolare, sarebbe stato lo stesso provvedimento impugnato ad evidenziare che, nei verbali delle proprie riunioni, i sindaci avevano provveduto a «segnalare ripetutamente le carenze dell’assetto amministrativo e contabile della società (verbali del 20.7.2016, del 9.5.2017), lamentare le difficoltà nell’ottenere dati aggiornati (verbale del 24.7.2017), sollecitare insistentemente la trasmissione di situazioni patrimoniali aggiornate (tra altri, verbale del 23.3.2017)».
2.5.5 Osservano ancora i ricorrenti che le carenze dell’assetto amministrativo e contabile attenevano esclusivamente alla rilevata necessità d’implementare l’organico addetto alla tenuta della contabilità . I rilievi sollevati dai sindaci e ripresi dalla curatela e dunque dal Tribunale non sarebbero stati specifici atti gestionali, di cui sarebbe comunque questionabile la gravità, ma soprattutto non erano di per sé suscettibili di arrecare alcun pregiudizio alla società o alla controllata. Non sarebbe stata, dunque, esigibile dai sindaci una convocazione dell’assemblea dei soci al di fuori delle ipotesi tipiche in cui l’art. 2406 c.c. estende loro questa prerogativa.
2.6 Le ulteriori doglianze, qui sopra prospettate come vizio di cui all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., sono inammissibili perché volte non già a prospettare una questione interpretativa ovvero applicativa delle norme di cui
si invoca la violazione, quanto piuttosto un nuovo scrutinio della fattispecie concreta, attraverso la rilettura degli atti istruttori, scrutinio invece sottratto al sindacato di legittimità.
2.6.1 Sul punto, non è inutile ricordare che – in tema di ricorso per cassazione – il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (così, Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 3340 del 05/02/2019; cfr. anche Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 24155 del 13/10/2017). Più precisamente è stato affermato, sempre dalla giurisprudenza di questa Corte di legittimità, che le espressioni violazione o falsa applicazione di legge, di cui all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., descrivono i due momenti in cui si articola il giudizio di diritto: a) quello concernente la ricerca e l’interpretazione della norma ritenuta regolatrice del caso concreto; b) quello afferente all’applicazione della norma stessa una volta correttamente individuata ed interpretata. Il vizio di violazione di legge investe immediatamente la regola di diritto, risolvendosi nella negazione o affermazione erronea della esistenza o inesistenza di una norma, ovvero nell’attribuzione ad essa di un contenuto che non possiede, avuto riguardo alla fattispecie in essa delineata; il vizio di falsa applicazione di legge consiste, o nell’assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista pur rettamente individuata e interpretata – non è idonea a regolarla, o nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione. Non rientra nell’ambito applicativo dell’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa che è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma e inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta perciò al sindacato di legittimità (cfr. Sez. 1, Ordinanza n. 640 del 14/01/2019).
2.6.2 I ricorrenti non sembrano, cioè, prospettare alla Corte una questione legata all’interpretazione delle norme di cui si invoca la violazione ovvero la falsa applicazione delle stesse, ma vorrebbero una rivisitazione della fattispecie concreta, tramite una nuova definizione in fatto dei presupposti legati al profilo della conoscenza o meno della erosione del capitale sociale ovvero collegati al profilo della corretta gestione amministrativa della società poi fallita, per contestare la sussistenza dei presupposti fattuali posti alla base dell’obbligo di convocazione dell’assemblea dei soci ovvero dell’attivazione del procedimento di denuncia al Tribunale ex art. 2409, u. c., cod. civ.
2.7 Del resto, la motivazione impugnata risulta in linea con quanto affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, così non prospettandosi alcuna falsa applicazione delle disposizioni normative sopra ricordate. Ed invero, in tema di responsabilità degli organi sociali, la configurabilità dell’inosservanza del dovere di vigilanza imposto ai sindaci dall’art. 2407, comma 2, c.c. non richiede l’individuazione di specifici comportamenti che si pongano espressamente in contrasto con tale dovere, ma reputa sufficiente che essi non abbiano rilevato una macroscopica violazione o comunque non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità, così da non assolvere l’incarico con diligenza, correttezza e buona fede, eventualmente anche segnalando all’assemblea le irregolarità di gestione riscontrate o denunciando i fatti al Pubblico Ministero per consentirgli di provvedere ai sensi dell’art. 2409 c.c. ( Cass. Sez. 1, Ordinanza n. 16314 del 03/07/2017; n. 13517 del 2014; Sez. 1, Sentenza n. 20651 del 31/07/2019; Sez. 1, Sentenza n. 20651 del 31/07/2019; Sez. 1, Sentenza n. 32397 del 11/12/2019).
Con il terzo motivo si censura il provvedimento impugnato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per violazione o falsa applicazione degli artt. 1460 e 2402 c.c., in relazione all’omessa collocazione temporale dell’inadempimento ascritto ai s indaci e all’omessa verifica in ordine all’utilizzabilità della loro prestazione professionale per la parte correttamente eseguita.
Si censura il provvedimento impugnato laddove lo stesso aveva reputato irrilevante stabilire il momento a partire dal quale i sindaci sarebbero stati
tenuti a convocare l’assemblea dei soci e denunziare al Tribunale gravi irregolarità gestionali, pervenendo all’esclusione integrale dei loro crediti professionali malgrado la riconosciuta pressione da essi comunque esercitata sull’organo amministrativo della società. Osservano ancora i ricorrenti che, nelle tre memorie di costituzione nei giudizi di opposizione, la Curatela non aveva indicato una precisa collocazione temporale dell’inadempimento imputato ai Sindaci, ma aveva genericamente contestato l’omessa assunzione d’iniziative asseritamente doverose lungo tutto il «periodo compreso tra il 1° luglio 2016 e il 29 maggio 2018», ossia l’intero periodo in relazione al quale i Sindaci non avevano percepito il compenso dovuto ed insinuato al passivo fallimentare.
3.1 Il motivo, così articolato, è inammissibile.
3.1.1 Secondo la tesi dei ricorrenti, per motivare il totale rigetto dell’opposizione al passivo del loro credito professionale, il Tribunale avrebbe dovuto rilevare l’assenza di una qualsiasi utilizzabilità della prestazione del RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, e ciò (i) sia dal punto di vista cronologico, con riferimento ad attività da loro svolte prima e dopo le omissioni loro addebitate e (ii) sia dal punto di vista qualitativo, con riferimento alle attività svolte dai sindaci durante l’arco temporale per il quale e rano stati chiesti i compensi, diverse da quelle in relazione alle quali si erano resi inadempienti.
3.1.2 Le doglianze sono rivolte all’evidenza a sollecitare questa Corte di legittimità ad un nuovo apprezzamento nel merito dei fatti di causa, sotto l’egida applicativa peraltro del vizio di violazione e falsa applicazione di legge, paradigma attraverso il quale non è invece veicolabile la richiesta di un nuovo apprezzamento della quaestio facti , secondo quanto già osservato in relazione al primo motivo di ricorso alle cui argomentazioni dunque si rimanda.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo.
Sussistono i presupposti processuali per il versamento da parte dei ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13 (Cass. Sez. Un. 23535 del 2019).
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 7.000 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 e agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dei ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, se dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 16 gennaio 2024