Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 7257 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 7257 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 18/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2739/2022 R.G., proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t. NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME domiciliata ex lege come da indirizzo pec indicato, giusta procura speciale notarile del 25.10.2024 su foglio separato allegato alla memoria di costituzione del 29.10.2024,
–
ricorrente –
contro
COMUNE DI COGNOME DI CASTRO , in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall’avv. prof. NOME COGNOME e dall’avv. prof. NOME COGNOME, domiciliato ex lege come da indirizzo pec indicato, per procura su foglio separato allegato al controricorso,
-controricorrente -ricorrente incidentale -contro
Responsabilità civile della PA -Convenzione per la concessione in comodato di terreni Inadempimento Insussistenza
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante p.t. NOME COGNOME rappresentata e difesa da ll’avv. NOME COGNOME domiciliata ex lege come da indirizzo pec indicato, per procura su foglio separato allegato al controricorso,
-controricorrente –
per la cassazione della sentenza n. 6628/2020 della CORTE d’APPELLO di Roma pubblicata il 23.12.2020;
udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del 13.12.2024 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
RAGIONE_SOCIALE (d’ora in avanti indicata come RAGIONE_SOCIALE convenne dinanzi al Tribunale di Civitavecchia il Comune di Montalto di Castro (d’ora in avanti indicato come il Comune) per sentire dichiarare l’inadempimento del convenuto rispetto alla convenzione del 20.1.2006, diretta a regolare il rapporto di comodato relativo ad alcuni terreni (denominati come terreni ex G.N.L.), a loro volta concessi in comodato all’amministrazione comunale da RAGIONE_SOCIALE per essere adibiti a insediamenti agricoli da destinare in particolare all’attività di serricoltura, e pronunciata sentenza di condanna al risarcimento del danno nella misura di euro 5.094.346,85. Il Comune eccepì il difetto di giurisdizione e, previa chiamata in manleva di Enel RAGIONE_SOCIALEp.aRAGIONE_SOCIALE, a sua volta chiese che fosse dichiarata la risoluzione della indicata convenzione per fatti imputabili all’attrice.
Con sentenza n. 977/2014, pubblicata il 2.10.2014, il Tribunale di Civitavecchia rigettò tutte le domande svolte, compensando le spese di lite tra l’attrice ed il convenuto, onerando la prima delle spese di lite in favore della terza chiamata.
La Corte d’Appello di Roma con sentenza, pubblicata il 23.12.2020, sull’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE ed in via incidentale dal Comune confermò la sentenza di primo grado, gravando l’appellante principale delle spese di lite in favore del Comune e di RAGIONE_SOCIALE
La Corte d’appello , ribadita la giurisdizione sulla domanda svolta vertendosi in materia di rapporto contrattuale e non di ‘accordi tra amministrazioni’ o di accordi integrativi o sostitutivi di un provvedimento amministrativo disciplinati, rispettivamente, dagli artt. 15 e 16 l. 241/1990, confermò la valutazione resa dal primo giudice a proposito della insussistenza di addebiti a carico del convenuto riguardo l’intervenuta convenzione , posto che:
-il Comune si era attivato presso RAGIONE_SOCIALE per la fornitura di «calore» da destinare ad attività produttive sin dal 17.1.2006 e, quindi, prima ancora della stipula della convenzione con RAGIONE_SOCIALE, ricevendo dalla seconda il 2.2.2006 una comunicazione nella quale si rappresentava che non sussistevano le condizioni oggettive ‘ per procedere alla cessione di reflui termici della predetta centrale’ ;
-all’ulteriore sollecito da parte del Comune RAGIONE_SOCIALE aveva comunicato la necessità di vedere restituiti i terreni concessi in comodato ‘per sopravvenute necessità connesse ad esigenze di sviluppo industriale della centrale termoelettrica’ ;
-il Comune non aveva mai assunto verso RAGIONE_SOCIALE alcun obbligo per l’erogazione del contributo energetico , che gravava su RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE, ma solo quello di attivarsi per ‘definire (…) modi e tempi della fornitura’;
-la richiesta di restituzione dei terreni concessi in comodato aveva impedito al Comune la prosecuzione ‘delle formali richieste di erogazione del contributo energetico’ .
Per la cassazione della sentenza della Corte ricorre RAGIONE_SOCIALE sulla base di un motivo. Rispondono con controricorso il Comune, che a sua volta ha proposto ricorso incidentale condizionato, sulla base di un motivo, ed RAGIONE_SOCIALE
La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, ai sensi dell’art.380bis .1. cod. proc. civ..
Il Pubblico Ministero presso la Corte non ha presentato conclusioni scritte.
Il Comune ed RAGIONE_SOCIALE hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, comma primo n. 4, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 112, 115, 345, 346, 324 e 329 cod. proc. civ. nonché dell’art. 2909 cod. civ.
RAGIONE_SOCIALE rileva come in primo grado avesse lamentato l’inadempimento del Comune alle proprie obbliga zioni e, in particolare, a ll’erogazione del contributo energeti co. Il Comune, invece, nel costituirsi aveva sollevato l’eccezione di cui all’art. 1460 cod. civ. sul rilievo delle inadempienze di RAGIONE_SOCIALE agli obblighi convenzionali (rilascio di polizza assicurativa; mancata richiesta delle autorizzazioni previste dall’art. 5 della convenzione ), concludendo per il rigetto delle domande attoree, per la risoluzione della convenzione e per la condanna dell’attrice al risarcimento del danno ed alla restituzione dei terreni. Il Tribunale di Civitavecchia aveva rigettato tanto la domanda attorea, sull’erroneo presupposto (rilevato d’ufficio) che il Comune non fosse inadempiente, quanto la domanda riconvenzionale svolta dal convenuto ‘rilevando che, al contrario, il ritardo era dipeso dal Comune’.
In sede di appello, tuttavia, il Comune non aveva svolto impugnazione incidentale relativamente al rigetto della domanda riconvenzionale e, per implicito, dell’eccezione ex art. 1460 cod. civ., pertanto la Corte d’appello in violazione del contraddittorio, del principio dispositivo, del principio devolutivo e del giudicato interno avrebbe rigettato l’appello sul presupposto che il Comune avesse correttamente adempiuto . Allegazione, quest’ultima, mai fatta dal convenuto e incompatibile con quella ex art. 1460 cod. civ.
Il motivo è inammissibile per violazione del principio di specificità ai sensi dell’art. 366, comma primo , n. 4, cod. proc. civ., perché privo dell’identificazione della motivazione criticanda.
Il motivo d’impugnazione è costituito dall’enunciazione delle ragioni per le quali la decisione è erronea e si traduce in una critica della decisione impugnata, non potendosi, a tal fine, prescindere dalle motivazioni poste a base del provvedimento stesso, la mancata considerazione delle quali comporta la nullità del motivo per inidoneità al raggiungimento dello scopo; tale nullità si risolve in un “non motivo” del ricorso per cassazione ed è conseguentemente sanzionata
con l’inammissibilità, ai sensi dell’art. 366, n. 4, c.p.c. (principio costante: si veda Cass. 11 novembre 2005, n. 359; ed in motivazione, Cass., sez. un., 20 marzo 2017, n. 7074; più di recente Cass. 24 settembre 2018, n. 22478; 12 gennaio 2024, n. 1341).
La ricorrente ha omesso di indicare la motivazione criticanda, o meglio ha indicato nell ‘illustrazione del motivo solo una parte della motivazione svolta a pagine 10 e 11, così delegando inammissibilmente questa Corte ad individuare a che cosa dovrebbe riferirsi la censura, mentre è onere del ricorrente provvedervi, atteso che per svolgere qualsiasi motivo di impugnazione, che si correli alla motivazione della decisione impu gnata, è necessario identificare quest’ultima.
In ogni caso, la ricorrente non si è confrontata con l’intera ratio decidendi enunciata dalla Corte d’appello , la quale nel negare qualsiasi profilo di responsabilità a carico del Comune ha, altresì, escluso che sullo stesso gravasse l’obbligo di erogazione del contributo energetico, a carico invece di Enel Produzione s.p.a., per aver assunto il Comune l’impegno di attivarsi per ‘definire (…) modi e tempi della fornitura’ come, si legge in motivazione, ricavabile dall’art. 7 della convenzione del 20.1.2006.
La ricorrente, pertanto, ha prospettato la censura in termini non aderenti alla sentenza impugnata, di qui l’inammissibilità del motivo dovendosi senz’altro dare seguito ai consolidati principi di diritto, in basi ai quali ‘ La proposizione, con il ricorso per cassazione, di censure prive di specifiche attinenze al «decisum» della sentenza impugnata è assimilabile alla mancata enunciazione dei motivi richiesti dall’art. 366, comma primo, n.4, cod. proc. civ., con conseguente inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio» (v., Cass., sez. 6-I, 7 settembre 2017, n. 20910); ‘ La proposizione, mediante il ricorso per cassazione, di censure prive di specifica attinenza al “decisum” della sentenza impugnata comporta l’inammissibilità del ricorso per mancanza di motivi che possono rientrare nel paradigma normativo di cui all’art. 366, comma primo, n. 4 cod. proc. civ. ‘ (v., in motivazione Cass., sez. un., 20 marzo 2017, n. 7074; sez. VII, 7 settembre 2017, n. 20910).
Il motivo, là dove si prospetta la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. , è infondato.
La ricorrente ha denunciato l’omessa pronuncia da parte della Corte d’appello sul rilievo d’ufficio da parte del Tribunale che il Comune non fosse inadempiente. RAGIONE_SOCIALE ha poi precisato: ‘ la stessa Corte, nella sentenza, afferma che la violazione in parola, che era stata posta in essere anche dal Tribunale di Civitavecchia, è stata chiaramente e dettagliatamente rilevata dall’appellante nell’atto d’impugnazione. Ma la Corte non formula alcu na decisione su questo profilo d’impugnazione, che pure essa stessa ammette come ritualmente sollevato nell’appello. La Corte, quindi, è incorsa anche per questo aspetto nella violazione del principio devolutivo, previsto dagli artt. 112, 115, 345 e 346 c.p.c., in particolare nel vizio di «omessa pronuncia »’ (v. pagina 20 del ricorso).
La censura svolta si risolve in una erronea prospettazione di ultrapetizione. La Corte d’appello non è incorsa nella dedotta violazione, avendo solo proceduto ad apprezzare in iure quanto dedotto dal Comune ed emergente dall’istruzione. Infatti, a pagina 12 (penultimo capoverso) si legge: ‘priva di fondamento è l’affermazione di RAGIONE_SOCIALE secondo cui «il convenuto non solo non ha dimostrato, ma non ha neppure allegato che il ritardo sia stato determinato da causa a lui non imputabile». La produzione documentale allegata in primo grado dal Comune smentisce infatti tale assunto. La richiesta di restituzione dei terreni concessi in comodato è stata circostanza evidentemente ostativa per il Comune alla prosecuzione delle formali richieste di erogazione del contributo energetico, il cui -vale ribadire -obbligo gravava esclusivamente su RAGIONE_SOCIALEp.RAGIONE_SOCIALE. ‘ . Affermazione, quest’ultima, che si lega a quanto si legge a pagina 10 (primo capoverso) : ‘Ciò che risulta documentalmente dagli atti allegati nel giudizio di primo grado è che il Comune di Montalto di Castro si è adoperato sin da subito a richiedere espressamente all’RAGIONE_SOCIALE la fornitura di calore per le attività produttive ‘.
3.1. Quand’anche si volesse ritenere dedotta per implicito ne lla prospettazione della ricorrente la violazione dell’art. 101 cod. proc. civ. , sussiste un ulteriore profilo di inammissibilità del motivo.
Infatti, il principio della «terza via» non si applica in caso di questione di puro diritto rilevata di ufficio senza procedere alla sua previa segnalazione alle parti onde consentire loro di aprire la discussione su di essa: – in primo luogo, perché in tali circostanze, da tale omissione può derivare un vizio di error in iudicando , ovvero di error in iudicando de iure procedendi , la cui denuncia in sede di legittimità consente la cassazione della sentenza solo se tale errore sia in concreto consumato (v. Cass., sez. I, 16 febbraio 2016, n. 2984; sez. III, 12 aprile 2013, n. 8936; Sez. Un., 30 settembre 2009, n. 20935); in secondo luogo, neppure in astratto si configura la violazione dell’articolo 101 cod. proc. civ., se la prospettazione preventiva alle parti non avrebbe potuto involgere profili difensivi non trattati (Cass. 26 maggio 2016, n. 10895; Cass. Sez. Un., 15 dicembre 2015, n. 25208; Cass. 5 marzo 2014, n. 5226; Cass. 7 novembre 2013, n. 25054; Cass. 30 aprile 2011, n. 9591; Sez. Un., 20935/2009, cit.).
L’obbligo del giudice di stimolare il contraddittorio sulle questioni rilevate d’ufficio, rafforzato dall’aggiunta del secondo comma all’art. 101 cod. proc. civ. ad opera della l. n. 69 del 2009, si estende solo alle questioni di fatto, che richiedono prove dal contenuto diverso rispetto a quelle chieste dalle parti, o alle eccezioni rilevabili d’ufficio, e non anche ad una diversa valutazione del materiale probatorio già acquisito’ (v. Cass., sez. lav., 19 maggio 2016, n. 10353; sez. III, 21 luglio 2016, n . 15079), ovvero alle questioni di puro diritto rilevate d’ufficio, mentre solo con riferimento alle questioni di fatto, ovvero miste di fatto e di diritto, la parte soccombente può dolersi della decisione sostenendo che la violazione del dovere di indicazione ha vulnerato la facoltà di chiedere prove o, in ipotesi, di ottenere una eventuale rimessione in termini (v. Cass, sez. un., 20935/2009, cit., sez. I, 16 febbraio 2016, n. 2984).
La Corte d’appello sulla base delle contrapposte deduzioni in ordine alla portata precettiva della convenzione del 20.1.2006 ha confermato la decisione del primo giudice, segnatamente in ordine all’insussistenza dei presupposti per
l’accoglimento della domanda di risarcimento del danno svolta da RAGIONE_SOCIALE sulla base del contestato inadempimento, posto che sul Comune non gravava l’obbligo di erogazione del contributo energetico, ricadente su Enel Produzione s.p.a., ma l’impegno di attivarsi per ‘definire (…) i modi e i tempi della fornitura’ .
Da ultimo anche la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. risulta svolta in modo non consono al paradigma di legge.
Infatti, per poter dedurre la violazione dell’art. 115 cod. proc. civ. è necessario denunciare che il giudice non abbia posto a fondamento della decisione le prove dedotte dalle parti, cioè abbia giudicato in contraddizione con la prescrizione della norma (v., Cass., sez. un., 5 agosto 2016, n. 16598, in motivazione espressa, sebbene non massimata sul punto e già Cass. n. 11896 del 2016; Cass., VI-3, 23 ottobre 2018, n. 26769; sez. lav., 19 agosto 2020, n. 17313. Adde S.U. n. 20867 del 2020). Ciò significa che per realizzare la violazione il giudice deve aver giudicato, o contraddicendo espressamente la regola di cui alla norma, cioè dichiarando di non doverla osservare, o contraddicendola implicitamente, cioè giudicando sulla base di prove non introdotte dalle parti e disposte invece di sua iniziativa al di fuori dei casi in cui gli sia riconosciuto un potere officioso di disposizione del mezzo probatorio (fermo restando il dovere di considerare i fatti non contestati e la possibilità di ricorrere al notorio, previsti dallo stesso articolo 115 c.p.c.). In alcun modo dall’articolazione del motivo emergono gli indici sopra riportati.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, restando così assorbito il ricorso incidentale condizionato svolto dal Comune in relazione al riconoscimento della responsabilità di RAGIONE_SOCIALE e del relativo obbligo di manleva.
Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza.
Va dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, di un ulteriore importo a titolo di contributo
unificato, se dovuto, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13 (Cass., sez. un., 20 febbraio 2020, n. 4315).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, in favore dei controricorrenti, che liquida, per ciascuno, in euro 200,00 per esborsi ed euro 8.000,00 per competenze professionali, oltre rimborso forfetario del 15%, Iva e cpa se dovuti per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio della Terza sezione civile della Corte