Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 29798 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 3 Num. 29798 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/11/2025
ORDINANZA
Oggetto
RESPONSABILITÀ CIVILE P.A.
Immissioni di rumore e di polveri sottili da traffico veicolare Condanna dell’amministrazione comunale ad un ‘ facere ‘ -Ammissibilità
R.G.N. 2854NUMERO_DOCUMENTO2024
COGNOME.
Rep.
sul ricorso 2854-2024 proposto da:
Ud. 04/06/2025
Adunanza camerale
NOME, in persona del Sindaco ‘ pro tempore ‘, domiciliata ‘ ex lege ‘ presso l’indirizzo di posta elettronica del proprio difensore come in atti, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME; COGNOME NOME; COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME (quali di eredi di NOME COGNOME; COGNOME NOME; COGNOME NOME; COGNOME NOME; COGNOME NOME; COGNOME NOME; COGNOME NOME; COGNOME NOME; COGNOME NOME; COGNOME NOME; COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME (quali eredi di NOME
COGNOME NOME); COGNOME NOME; COGNOME NOME; COGNOME NOME; COGNOME NOME; COGNOME NOME ; COGNOME NOME; COGNOME NOME; COGNOME NOME; COGNOME NOME; COGNOME NOME; COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME (quali eredi di NOME COGNOME); COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME (quali eredi della NOME COGNOME); COGNOME NOME; COGNOME NOME; COGNOME NOME e COGNOME NOME (quali eredi di NOME COGNOME); COGNOME NOME; COGNOME NOME; COGNOME NOME; COGNOME NOME; COGNOME NOME; COGNOME NOME; COGNOME NOME; COGNOME NOME; COGNOME NOME; COGNOME NOME; COGNOME NOME; COGNOME NOME; COGNOME NOME; COGNOME NOME; COGNOME NOME; COGNOME NOME, domiciliati ‘ ex lege ‘ presso l’indirizzo di posta elettronica de i propri difensori come in atti, rappresentati e difesi dagli AVV_NOTAIO NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– controricorrenti –
Avverso la sentenza n. 6821/2023, de lla Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, depositata in data 24/10/2023;
udita la relazione della causa svolta nell ‘adunanza camerale in data 04/06/2025 dal AVV_NOTAIO COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ricorre, sulla base di cinque motivi, per la cassazione della sentenza n. 6821/23, del 24 ottobre 2023, della Corte d’appello di RAGIONE_SOCIALE, che accogliendo il gravame esperito da NOME COGNOME, più gli altri soggetti meglio identificati nell’epi grafe della presente sentenza (o dai loro danti causa),
avverso la sentenza n. 21328/18, del 7 novembre 2018, del Tribunale della stessa città -ha così pronunciato: essa ha condannato RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, in aggiunta a quanto già statuito dal primo giudice (che ne aveva disposto la condanna soltanto a risarcire, a ciascun attore ad eccezione di NOME COGNOME, il danno non patrimoniale da immissioni rumorose intollerabili, liquidandolo nella somma di € 2.000,00 per ciascuno di essi) a predisporre idonee misure affinché -nel tratto stradale ove insistono le abitazioni degli attori/appellanti e interessato pure dall’immissione di polveri sottili sia collocato un limite di velocità veicolare di 30 km/h, oltre che a provvedere a proprie cure e spese all’eliminazione RAGIONE_SOCIALE immissioni sonore nocive attraverso la collocazione di pannelli fonoassorbenti, e infine al pagamento di € 10.000,00 in favore di ciascuno degli attori.
2. Riferisce, in punto di fatto, l’odierna ricorrente che NOME COGNOME, al pari di altri proprietari di (e abitanti in) unità immobiliari siti in edifici condominiali posti in prossimità di INDIRIZZO in RAGIONE_SOCIALE, nel tratto che costituisce la tangenziale est della RAGIONE_SOCIALE, radicavano un giudizio, lamentando di subire inquinamento acustico e ambientale in ragione del traffico veicolare ivi esistente, stante l’in idoneità RAGIONE_SOCIALE barriere apposte a contenere le immissioni, chiedendo, oltre all’adozione di misure utili a far cessare il fenomeno, pure il ristoro dei danni subiti.
Costituitasi in giudizio RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, disposta la conversione del giudizio -incardinato con ricorso ex art. 702bis cod. proc. civ. -in un ordinario processo di cognizione, lo stesso veniva istruito anche attraverso lo svolgimento di consulenza tecnica d’ufficio.
Esaurita l’istruttoria, il giudice di prime cure sul presupposto che le sole immissioni di rumore (e non pure quelle relative alle polveri sottili) superassero il limite stabilito dalla legge, donde la
loro intollerabilità -condannava la convenuta a risarcire, a ciascuno degli attori residenti nelle unità immobiliari con affaccio su INDIRIZZO, il danno subito, nella misura liquidata in € 2.000,00 per ciascuno di essi. Riteneva, infatti, che il rimedio suggerito dal consulente tecnico d’ufficio per contenere l’inquinamento acustico, ovvero l’installazione di barriere fonoassorbenti, non fosse proporzionato rispetto al lieve superamento dei limiti previsti, reputando, pertanto, misura sufficient e fosse l’installazione a cura e spese dei singoli proprietari degli appartamenti interessati dalle immissioni -di finestre autoventilanti.
Esperito gravame dai già attori, il giudice d’appello lo accoglieva, provvedendo nei termini sopra meglio indicati.
Avverso la sentenza della Corte romana ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, sulla base -come detto -di quattro motivi.
3.1. Il primo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ. -‘violazione e falsa applicazione per omesso esame circa un fatto decisivo della controversia oggetto di discussione tra le parti’, oltre a ‘erronea valutazione degli atti di causa’, e ciò ‘con riferimento alle immissioni di polveri sottili’.
Osserva la ricorrente che il primo giudice ‘aveva correttamente rilevato come l’accertamento peritale riguardante la sussistenza RAGIONE_SOCIALE polveri sottili ed, in particolare, il superamento della soglia di tollerabilità fosse limitato ad un solo giorno dell’an no così da non potersi ritenere indicativo di una peculiare criticità’, su tali basi, dunque, respingendo ‘ in parte qua ‘ la domanda proposta.
Non a caso, quindi, gli allora appellanti avevano richiesto un supplemento di consulenza. Per contro, la Corte capitolina,
‘andando totalmente ultra petita e con quello che può definirsi «un volo pindarico» ha stabilito: «deve quindi accertarsi che negli immobili degli odierni appellanti vi sono immissioni di polveri sottili oltre la soglia legale di tollerabilità»’; conclusione raggiunta grazie all’utilizzazione dei ‘rilievi effettuati dall’Arpa in zona INDIRIZZO‘, che avevano ivi accertato otto superamenti dei valori -soglia, e ciò essendo ‘notorio’ come si legge nella sentenza impugnata -‘che la zona INDIRIZZO è limitrofa’ a quella ove sono posti gli edifici condominiali oggetto di causa.
Così argomentando, tuttavia, il giudice d’appello avrebbe reso una sentenza illegittima, perché -come detto -‘gli appellanti si erano limitati a richiedere l’accertamento del superamento della soglia sulla base di quanto accertato dal CTU con riferimento ai rilievi riguardanti gli immobili interessati e non attraverso altri ragionamenti deduttivi’, per giunta relativi al superamento di quei valori in zona limitrofa a quella in cui sono siti gli immobili di proprietà degli attori/appellanti.
3.2. Il secondo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e falsa applicazione ‘dei principi di cui alla Costituzione italiana regolanti la ripartizione dei poteri tra organi giurisdizionali ed organi amministrativi dello Stato con particolare riferimento all’art. 142 del codice della strada’, assumendo l’esistenza di una ‘competenza esclusiva dell’amministrazione a stabilire i limiti di velocità veicolare’.
Si censura la sentenza impugnata nella parte in cui condanna RAGIONE_SOCIALE ‘a disporre idonee misure affinché nel tratto stradale interessato all’immissione di polveri sottili sia collocato il limite di velocità di 30/kmh’, così violando ‘i principi che re golano la ripartizione dei poteri e RAGIONE_SOCIALE competenze tra Organi dello Stato’, rientrando nella discrezionalità dei Comuni, e di essi soltanto, stabilire i limiti di velocità RAGIONE_SOCIALE strade di propria
competenza, ai sensi dell’art. 142 cod. strada. Tale norma, infatti, assegna agli enti proprietari RAGIONE_SOCIALE strade di stabilire i limiti di velocità sulle stesse, con possibilità solo per il RAGIONE_SOCIALE di modificare tali provvedimenti (richiama la ricorrente, a sostegno, Cass. Sez. 6-2, ord. 22 maggio 2015, n. 10684).
3.3. Il terzo motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 5), cod. proc. civ. -‘violazione e falsa applicazione per omesso esame circa un fatto decisivo della controversia oggetto di discussione tra le parti’, oltre a ‘erronea valutazione degli atti di causa’, e ciò ‘con riferimento alla condanna all’installazione dei pannelli fonoassorbenti’.
Si censura la sentenza impugnata là dove condanna RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ‘ad eseguire senza indugio ed a propria cura e spese’ la ‘eliminazione RAGIONE_SOCIALE immissioni sonore nocive attraverso la collocazione dei pannelli fonoassorbenti con le caratteristiche e le modalità di collocazione descritte nella pagina 13 della relazione del c.t.u.’. Si deduce, infatti, come il primo giudice avesse ‘correttamente ritenuto la non criticità RAGIONE_SOCIALE immissioni denunciate poiché il superamento RAGIONE_SOCIALE immissioni acustiche accertate dal CTU risulta modesto rispetto ai limiti previsti dal DPR 142/2004′, su tali basi, dunque, ritenendo ‘sproporzionate’ le misure individuate nella consulenza.
Per contro, sostiene la ricorrente, il giudice d’appello, ‘attraverso l’illegittimo ragionamento deduttivo che l’ha condotta a ritenere le immissioni di polveri sottili oltre la soglia e ritenendo sussistere l’intollerabilità RAGIONE_SOCIALE immissioni acustiche ha condannato l’Amministrazione alla collocazione dei pannelli fonoassorbenti’. Nondimeno, essendo tale ‘ragionamento deduttivo illegittimo, come ampiamente illustrato nel primo motivo del presente ricorso, è conseguentemente illegittima la
condanna di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE alla collocazione dei pannelli fonoassorbenti posto che, come detto, non è provato il superamento del limite di tollerabilità da parte RAGIONE_SOCIALE immissioni di polveri sottili negli immobili di cui è causa e rimane accertato e non smentito da una successiva CTU (che la Corte non ha ritenuto di disporre) il bassissimo superamento del limite di tollerabilità da parte RAGIONE_SOCIALE immissioni acustiche’.
La sentenza impugnata, dunque, avrebbe omesso di considerare proprio tale circostanza, ovvero che non risulta esservi prova del superamento del limite di tollerabilità da parte RAGIONE_SOCIALE immissioni di polveri sottili negli immobili di cui è causa.
3.4. Il quarto motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ.
Si censura la sentenza impugnata per aver accolto il quarto motivo di appello, riguardante la liquidazione del danno non patrimoniale in favore degli appellanti, ritenendo ‘equo’ fissare, per ciascuno di essi, la somma di € 10.000,00, comprensivi di interessi e rivalutazione, tenuto conto RAGIONE_SOCIALE immissioni non solo sonore, ma pure da polveri sottili.
La sentenza sarebbe, sul punto, illegittima, perché ‘la liquidazione è avvenuta in via equitativa e, quindi, del tutto disancorata di obiettivi criteri di valutazione e, comunque, in totale assenza di prova circa la concreta sussistenza e consistenza del d anno lamentato’.
‘Il riconoscimento del danno e la sua successiva liquidazione’, si assume, presupponevano ‘l’adempimento degli oneri di allegazione ricadenti a carico di chi propone l’azione risarcitoria, con particolare riferimento all’esistenza di un danno reale, alla sua quantificazione ed alla sussistenza del nesso eziologico intercorrente tra il verificarsi del danno lamentato e la
condotta contestata’. In questo caso, tuttavia, ‘tale onere probatorio non è stato assolto non avendo gli attori dimostrato la sussistenza di tutti gli elementi costituenti l’illecito’.
Si assume, inoltre, che la Corte capitolina ‘ha utilizzato il criterio dell’equità del tutto impropriamente posto che tale criterio può essere utilizzato laddove il danno sia dimostrato ma sia difficilmente quantificabile e non, come nel caso di specie, la ddove il danno non sia dimostrato nemmeno nell’ an prima ancora che nel quantum ‘.
Ciò nonostante, la Corte d’appello ‘ha ritenuto di liquidare un danno «indifferenziato» per ciascuno degli attori, in misura indiscriminata e non parametrata a criteri oggettivi laddove, invece, il danno non patrimoniale presenta aspetti strettamente legat i all’individuo e alle sue esperienze di vita, non esistendo una formula standardizzata per quantificare il danno’.
3.5. Il quinto motivo denuncia -ex art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ. -violazione e falsa applicazione del divieto di moltiplicazione del risarcimento del danno a favore degli eredi succeduti in corso di giudizio ex art. 110 cod. proc. civ., oltre a violazione e falsa applicazione RAGIONE_SOCIALE norme in materia di successioni ereditarie.
Si censura la sentenza impugnata là dove, in motivazione, liquida ‘per ciascun appellante la somma di € 10.000 comprensivi di interessi e rivalutazione’, mentre nel dispositivo ‘liquida la stessa somma a favore «degli attori» ciascuno’.
La ricorrente assume la necessità di cassare la sentenza impugnata là dove, ‘ricomprendendo nel novero dei soggetti beneficiari della liquidazione anche ogni erede, divenuto parte del giudizio in corso di causa ex art. 110 cod. proc. civ., consente una ingiustificata ed illegittima moltiplicazione del risarcimento
del danno anche a favore di soggetti diversi dai danneggiati/attori in primo grado’.
Tale sarebbe, in particolare, la condizione di:
NOME, NOME e NOME COGNOME, quali eredi di NOME COGNOME;
NOME COGNOME COGNOME (o NOME) e NOME COGNOME (del quale ultimo, tra l’altro, si assume non presente agli atti la procura alle liti a favore degli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, tanto da non potersi considerare parte processuale), quali eredi, unitamente a NOME COGNOME, che agisce anche in proprio, di NOME COGNOME;
–NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali eredi di NOME COGNOME;
NOME COGNOME e NOME COGNOME, quali eredi di NOME COGNOME.
Hanno resistito all’avversaria impugnazione, con controricorso, NOME COGNOME e gli altri soggetti meglio identificati in epigrafe, chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata.
La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell’art. 380bis .1 cod. proc. civ., inizialmente per l’adunanza camerale del 27 febbraio 2025 (in vista della quale i controricorrenti depositavano memoria) e poi per quella svoltasi in data odierna.
Il Procuratore Generale presso questa Corte, in persona di un suo sostituto, ha fatto pervenire requisitoria scritta, con cui ha chiesto l’accoglimento dei motivi secondo e quarto.
Sia la ricorrente che i controricorrenti hanno presentato memoria.
Il Collegio si è riservato il deposito nei successivi sessanta giorni.
RACOGNOME DELLA DECISIONE
Il ricorso va rigettato.
9.1. Il primo motivo è inammissibile.
9.1.1. A tanto conduce, in primo luogo, la constatazione che neppure si comprende con precisione quale sia il ‘fatto’ del quale sarebbe stato omesso l’esame, dovendo qui ribadirsi che il vizio di legittimità contemplato dal vigente testo del n. 5) del comma 1 dell’art. 360 cod. proc. civ. è ipotizzabile solo quando l’omissione investa un ‘fatto vero e proprio’ (non una ‘questione’ o un ‘punto’ della sentenza) e, quindi, ‘un fatto principale, ex art. 2697 cod. civ. (cioè un fatto costitutivo, modificativo, impeditivo o estintivo) od anche un fatto secondario (cioè un fatto dedotto in funzione di prova di un fatto principale), purché controverso e decisivo’ (così, in motivazione, Cass. Sez. 5, sent. 8 settembre 2016, n. 17761, Rv. 641174-01; nello stesso senso Cass. Sez. 6-5, ord. 4 ottobre 2017, n. 23238, Rv. 646308-01), vale a dire ‘un preciso accadimento, ovvero una precisa circostanza da intendersi in senso storiconaturalistico’ (Cass. Sez. 5, sent. 8 ottobre 2014, n. 21152, Rv. 632989-01; Cass. Sez. Un., sent. 23 marzo 2015, n . 5745, non massimata), ‘un dato materiale, un episodio fenomenico rilevante, e le relative ricadute di esso in termini di diritto’ (cfr. Cass. Sez. 1, ord. 5 marzo 2014, n. 5133, Rv. 62964701), e ‘come tale non ricomprendente questioni o argomentazioni’ (Cass. Sez, 6-1, ord. 6 settembre 2019, n. 22397, Rv. 655413-01).
Nella specie, poi, anche a voler ritenere che il ‘fatto’ -il cui esame sarebbe stato omesso dalla Corte territoriale -s’identifichi nel carattere ‘episodico’ (come ritenuto, invece, dal primo giudice), del superamento della soglia della normale tollerabilità RAGIONE_SOCIALE immissioni da ‘polveri sottili’, si deve concludere, egualmente, per l’inammissibilità della censura.
Coglie, infatti, nel segno il rilievo dei controricorrenti secondo cui il tema (o meglio, ‘la questione’) del superamento dei limiti di tollerabilità RAGIONE_SOCIALE immissioni da polveri sottili è stato diffusamente oggetto di esame da parte della Corte di merito, che ha dato conto del ragionamento seguito per ritenere oltrepassati quei limiti; sicché, in definitiva, la censura si risolve in un tentativo di mettere in discussione tale accertamento di fatto.
Sicché, sulla scorta di quanto affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte, deve ritenersi sussistente, nella specie, quel tipo di censura che, ‘sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio’ in particolare, quest’ultima essendo l’ipotesi rilevante nel caso che occupa -‘miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito’ (Cass. Sez. Un., sent. 27 dicembre 2019, n. 34476, Rv. 656492-03).
In secondo luogo, va rilevato che neppure può censurarsi la sentenza impugnata perché ‘gli appellanti si erano limitati a richiedere l’accertamento del superamento della soglia sulla base di quanto accertato dal CTU con riferimento ai rilievi riguardanti gli immobili interessati e non attraverso altri ragionamenti deduttivi’, compiuti sulla base dei rilievi effettuati dall’Arpa in zona INDIRIZZO, limitrofa a quella ove sono siti gli immobili di proprietà dei già attori.
Sotto questo profilo, infatti, va ribadito che spetta al giudice di merito ‘in via esclusiva, il compito di individuare le fonti del
proprio convincimento, di controllarne l’attendibilità e la concludenza e di scegliere, tra le complessive risultanze del processo, quelle ritenute maggiormente idonee a dimostrare la veridicità dei fatti ad essi sottesi, dando così liberamente prevalenza all’uno o all’altro dei mezzi di prova acquisiti, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge’ (cfr. da ultimo, tra le innumerevoli, Cass. Sez. 6-1, ord. 13 gennaio 2020, n. 331, Rv. 656802-01; in senso analogo pure Cass. Sez. 2, ord. 8 agosto 2019, n. 21887, Rv. 655229-01; Cass. Sez. 6-3, ord. 4 luglio 2017, n. 16467, Rv. 644812-01; Cass. Sez. 3, sent. 23 maggio 2014, n. 11511, Rv. 631448-01). Ne consegue che il ricorrente per cassazione ‘non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme , l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e RAGIONE_SOCIALE prove è sottratto al sindacato di legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di indivi duare le fonti del proprio convincimento’ (Cass. Sez. 5, ord. 22 novembre 2023, n. 32505, Rv. 66941201).
9.2. Il secondo motivo non è fondato.
9.2.1. Trova, infatti, applicazione -a fugare il dubbio che la pronuncia adottata violi i limiti ‘esterni’ alla giurisdizione, di cui all’art. 4 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E) il principio enunciato da questa Corte, anche nella sua massima sede nomofilattica, in controversie in materia di immissioni acustiche intollerabili (ma con principio estensibile anche alle immissioni di
polveri sottili) , secondo cui, ‘l’inosservanza da parte della P.A. RAGIONE_SOCIALE regole tecniche o dei canoni di diligenza e prudenza nella gestione dei propri beni può essere denunciata dal privato davanti al giudice ordinario non solo per conseguire la condanna della P.A. al risarcimento dei danni, ma anche per ottenerne la condanna ad un facere , tale domanda non investendo scelte ed atti autoritativi della P.A., ma un’attività soggetta al principio del neminem laedere ‘ (cfr. Cass. Sez. Un., ord. 12 ottobre 2020, n. 21993, Rv. 659163-01; Cass. Sez. 3, sent. 31 gennaio 2018, n. 2338, Rv. 647592-01; Cass. Sez. 1, sent. 12 luglio 2016, n. 14180, Rv. 640502-01; Cass. Sez. Un., ord. 20 ottobre 2014, n. 22116, Rv. 632415-01; Cass. Sez. Un, sent. 6 settembre 2013, n. 20571, Rv. 627429-01).
In altri termini, la condanna di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ‘a disporre idonee misure affinché nel tratto stradale interessato all’immissione di polveri sottili sia collocato il limite di velocità di 30/kmh’, rappresenta una misura adottata a norma dell’art. 2058 cod. civ., giacché in presenza di immissioni intollerabili, dipendenti dal contegno della Pubblica Amministrazione, essa ben può ‘essere condannata al risarcimento del danno, così come al « facere » necessario a ricondurre le dette immissioni al di sotto della soglia della normale tollerabilità, dal momento che tali domande non investono -di per sé -atti autoritativi e discrezionali, bensì un’attività materiale soggetta al richiamato principio del « neminem laedere »'(Cass. Sez. 3, sent. 23 maggio 2023, n. 14209, Rv. 667858-01).
Né, infine, può ritenersi conferente il precedente richiamato dalla ricorrente (Cass. Sez. 6-2, ord. 22 maggio 2015, n. 10684), relativo ad un giudizio di opposizione a sanzione amministrativa per rilevato eccesso di velocità; giudizio nel quale si dibatteva di una tematica del tutto diverso, ovvero della possibilità, per il giudice, di disapplicare -in ragione della sua pretesa illegittimità,
per asserito contrasto con direttive impartite dal RAGIONE_SOCIALE -il provvedimento con cui un Comune aveva stabilito il limite di velocità da osservarsi nel tratto di strada interessato dall’infrazione.
9.3. Il terzo motivo è inammissibile.
9.3.1. Non sussiste, infatti, alcun profilo di interferenza -come, invece, assume la ricorrente -tra la valutazione compiuta dalla sentenza impugnata in merito alle polveri sottili e le misure adottate per contenere le immissioni di rumore. Di conseguenza, il (preteso) illegittimo ‘ragionamento deduttivo’ , compiuto in relazione alle prime, non ha avuto, per definizione, alcuna influenza rispetto alla decisione di ordinare l’installazione RAGIONE_SOCIALE barriere fonoassorbenti, essendosi reputata -da parte del giudice d’appello misura insufficiente a contenere l’inquinamento acustico l’installazione di finestre autoventilanti.
9.4. Anche il quarto motivo è inammissibile.
9.4.1. Attraverso di esso la ricorrente pretende di censurare la sentenza impugnata per aver disposto la liquidazione equitativa del danno, sebbene -si assume -in difetto di prova dello stesso da parte degli attori/appellanti.
Tale censura, tuttavia, è stata proposta attraverso l’evocazione di una norma non pertinente .
Difatti, la ‘violazione del precetto di cui all’art. 2697 cod. civ., censurabile per cassazione ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., è configurabile soltanto nell’ipotesi in cui il giudice abbia attribuito l’onere della prova ad una par te diversa da quella che ne era onerata secondo le regole di scomposizione RAGIONE_SOCIALE fattispecie basate sulla differenza tra fatti costitutivi ed eccezioni’
(così, da ultimo, Cass. Sez. 3, ord. 29 maggio 2018, n. 13395, Rv. 649038-01; Cass. Sez. 6-3, ord. 31 agosto 2020, n. 18092, Rv. 658840-01, nello stesso senso, in motivazione, sebbene non massimata, Cass. Sez. Un., sent. 5 agosto 2016, n. 16598, richiamata da Cass. Sez. 6-3, ord. 23 ottobre 2018, n. 26769, Rv. 650892-01); evenienza, quella appena indicata, che non risulta lamentata nel caso di specie, restando, invece, inteso che ‘laddove oggetto di censura sia la valutazione che il giudice abbia svolto del le prove proposte dalle parti’, essa ‘può essere fatta valere ai sensi del numero 5 del medesimo art. 360’ (Cass. Sez. 3, sent. 17 giugno 2013, n. 15107, Rv. 626907-01), ovviamente ‘entro i limiti ristretti del «nuovo»’ suo testo (Cass. Sez. 3, ord. n. 13395 del 2018, cit .), ciò che nella specie non risulta avvenuto.
9.5. Infine, il quinto motivo -che, in sostanza, censura l’esistenza di una discrepanza, tra motivazione e dispositivo della sentenza, quanto all’individuazione dei beneficiari della condanna al risarcimento -non è fondato.
Infatti, il conflitto tra motivazione e dispositivo determina nullità della sentenza solo ove risulti ‘insanabile’ (da ultimo, Cass. Sez. 6-5, ord. 19 dicembre 2022, n. 37079, Rv. 66655601).
Nella specie, in applicazione del principio secondo cui ‘l’esatto contenuto della sentenza va individuato non alla stregua del solo dispositivo, bensì integrando questo con la motivazione nella parte in cui la medesima riveli l’effettiva volontà del giudice’, sicché ‘va ritenuta prevalente la parte del provvedimento maggiormente attendibile e capace di fornire una giustificazione del « dictum » giudiziale’ (da ultimo, Cass. Sez. 2, ord. 21 agosto 2023, n. 24867, Rv. 668873-01), deve rilevarsi che non possono esservi dubbi sul fatto che, come indicato in dispositivo, la condanna a pagare € 10.000,00 , a titolo di risarcimento del
danno, sia stata stabilita in favore di ciascun ‘attore’, e non degli appellanti (tra i quali figurano, nei casi meglio indicati nel motivo di ricorso, i più eredi di singoli attori). Invero, essendo il credito risarcitorio, come emerge dalla motivazione della sentenza, correlato non alla sola proprietà degli immobili, interessati dalle immissioni, ma anche all’abitazione presso gli stessi, il credito risarcitorio non può che appuntarsi in capo agli attori originari, che riunivano tali posizioni di proprietari ed abitanti nelle unità immobiliari suddette.
Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
A carico della ricorrente, stante il rigetto del ricorso, sussiste l’obbligo di versare, al competente ufficio di merito, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, se dovuto secondo un accertamento spettante all’amministrazione giudiziaria (Cass. Sez. Un., sent. 20 febbraio 2020, n. 4315, Rv. 65719801), ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso, condannando RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE a rifondere, a NOME COGNOME e gli altri controricorrenti meglio identificati in epigrafe, le spese del presente giudizio di legittimità, determinandole, a carico del ricorrente principale, in misura di € 4.0 00,00, più € 200,00 per esborsi, oltre spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la Corte dà atto della
sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente, al competente ufficio di merito, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in RAGIONE_SOCIALE, all’esito dell’adunanza camerale della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, svoltasi il 4 giugno 2025.
La Presidente NOME COGNOME