Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 15188 Anno 2025
ORDINANZA
sul ricorso N. 31958/2021 R.G. proposto da:
COGNOME elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME come da procura in calce alla memoria di costituzione di unico difensore, domicilio digitale come in atti
-ricorrente –
contro
COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME come da procura in calce al controricorso, domicilio digitale come in atti
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 384/2021 del la Corte d’appello di Trieste, depositata il 15.10.2021;
udita la relazione della causa svolta nella adunanza camerale del 10.3.2025 dal Consigliere relatore dr. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione del 22.6.2015, NOME COGNOME convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Pordenone, NOME COGNOME onde ottenerne la condanna al risarcimento del danno nella causazione del sinistro verificatosi in data 8.3.2015, a seguito dell ‘aggressione di un cane di proprietà del convenuto, da essa attrice subita, danni quantificati in misura di € 7.111,66, o nella minor somma di giustizia. NOME COGNOME si costituì, contestando sia l’ an che il quantum debeatur . Il Tribunale di Pordenone, dopo aver istruito la causa con prove testimoniali e CTU medico-legale, con sentenza del 22.11.2019 rigettò le domande attoree, ritenendo che non vi fosse prova che ‘ il cane che ha aggredito la sig.ra COGNOME quello di proprietà del convenuto’ . La COGNOME propose dunque gravame e la Corte d’appello di Trieste, nella resistenza del COGNOME (che pure propose appello incidentale circa la disposta compensazione delle spese), lo accolse con sentenza del 15.10.2021, condannando l’appellato al risarcimento del danno in favore dell’appellante principale, in misura pari ad € 5.396,00, oltre accessori. Osservò in particolare la Corte d’appello dopo aver valutato come testimonianza diretta (e non già de relato ex latere actoris , come invece ritenuto dal Tribunale) la deposizione del maresciallo dei Carabinieri NOME COGNOME -che il primo giudice non aveva correttamente considerato una serie di elementi indiziari, dotati di precisione e concordanza, che univocamente deponevano per l’ascrivibilità dell’aggres sione subita dalla COGNOME proprio al cane di proprietà del COGNOME, riconosciuto dalla danneggiata nelle fotografie sottopostele dai Carabinieri di Pordenone a seguito degli accertamenti eseguiti.
N. 31958/21 R.G.
Avverso detta sentenza, NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione sulla scorta di tre motivi, cui ha resistito con controricorso NOME COGNOME. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Ai sensi dell’art. 380 -bis .1, comma 2, c.p.c., il Collegio ha riservato il deposito dell’ordinanza nei sessanta giorni successivi all’odierna adunanza camerale .
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1 -Con il primo motivo si lamenta violazione o falsa applicazione di norme di diritto ed in particolare degli artt. 2721 ss. c.c. e degli artt. 244 ss. c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. La Corte d’appello avrebbe errato nel fondare la propria decisione sulle dichiarazioni del mar. COGNOME, che non aveva affatto riferito di aver visto il cane del ricorrente mordere la COGNOME. Pertanto, sostiene il ricorrente, ‘ l’errore commesso dalla Corte d’Appello non solo … ritenuto che alla testimonianza del COGNOME andasse riconosciuta ‘ valenza di testimonianza diretta ‘ ( … ) e che dunque, il Tribunale avesse errato nel ritenere ‘ il comandante della stazione dei Carabinieri COGNOME testimone de relato ‘ (… ), ma anche valore di circostanza idonea a deporre nel senso della prova piena al fatto che nella zona in cui si verificò l’evento dannoso erano presenti n on solo il cane del ricorrente, ma anche altri cani ad esso simili ( … ).
In particolare, tale ultima circostanza, avrebbe dovuto essere valutata esattamente al contrario di come operato dal giudice di appello, posto che la compresenza di diversi cani simili a quello del ricorrente era ed è un argomento sufficiente ad escludere l’assoluta certezza del fatto che proprio il cane del COGNOME fosse responsabile del danno ‘.
1.2 -Con il secondo motivo si lamenta violazione di legge e/o falsa applicazione di norme di diritto in relazione agli artt. 2727 e 2729 c.c. e all’art. 2697 c.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c. Si sostiene che gli altri elementi utilizzati dalla Corte d’appello non fossero idonei ad assumere alcun valore probatorio. Così, in particolare, quanto al fatto, non provato, che il cane di grossa taglia di esso COGNOME fosse presente sul luogo dell’incid ente; quanto alla presenza di altri cani che, nelle vicinanze, si erano resi protagonisti di episodi simili a quello che occupa; quanto alla disponibilità manifestata da esso ricorrente di definire bonariamente la questione prima del giudizio. La Corte d’a ppello, dunque, sarebbe incorsa nel denunciato errore di diritto, sussumendo nella categoria dei fatti storici da utilizzare ai sensi degli artt. 2727 e 2729 c.c., considerazioni e dati che, in realtà non erano affatto tali. In tal modo, essa ha pure reso una motivazione ‘ meramente apparente e, di fatto, inesistente ‘.
1.3 -Con il terzo motivo, infine, si denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. Rileva il ricorrente che, nella memoria conclusionale d’appello, avuto riguardo agli accertamenti medico -legali eseguiti dal C.T.U., aveva reiterato le eccezioni già proposte in primo grado, nei seguenti testuali termini: ‘ Nonostante la bozza di CTU avesse indicato il danno biologico nella misura del 2/3%, l’elabora to peritale definitivo depositato dall’Ausiliario del Giudice, senza alcuna motivazione e senza che parte attrice avesse svolto alcuna osservazione, riconosceva alla sig.ra COGNOME un danno biologico nella misura del 3%. Con successiva comunicazione inviata al Giudice a mezzo mail, depositata nel fascicolo telematico dal legale di parte convenuta, destinatario
per conoscenza della medesima comunicazione, il CTU dott. COGNOME precisava come solo per mero errore formale avesse riportato nella perizia definitiva, la percentuale del 3% a titolo di danno biologico, mentre ‘ la valutazione definitiva, dopo valutazione delle osservazioni, era pari al 2-3% ‘ …. ‘. Sostiene ora il ricorrente che la Corte giuliana non avrebbe esaminato entrambe le eccezioni, così incorrendo nel vizio denunciato.
2.1 -Il primo motivo è inammissibile sotto molteplici profili.
Anzitutto, in violazione dell’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c. (nel testo applicabile ratione temporis ), esso difetta di autosufficienza in relazione allo specifico contenuto delle deposizioni testimoniali che si assumono erroneamente apprezzate dalla C orte d’appello , sicché non consente a questa Corte di valutare la potenziale decisività della censura sulla sola base della lettura del ricorso.
In secondo luogo, il mezzo non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata circa la deposizione del mar. COGNOME, perché valuta senz’altro come de relato una testimonianza che, stando alle condivisibili valutazioni esplicitate nella sentenza stessa, è invece da considerarsi diretta, avuto riguardo agli accertamenti fattuali operati dai militari, poi utilizzati dal giudice del merito quali elementi indiziari per ricostruire l’ accaduto.
Infine, la censura circa l’inattendibilità del la teste NOME COGNOME è inammissibile perché si tratta di valutazione fattuale riservata al giudice di merito (v. per tutte Cass. n. 16467/2017).
3.1 -Il secondo motivo è parimenti inammissibile.
Esso , nell’argomentare la violazione dell e disposizioni sul ragionamento inferenziale, non rispetta i criteri a suo tempo indicati da Cass., Sez. Un., n.
1785 del 2018, in motivazione espressa, sebbene non massimata sul punto (parr. 4 ss.). Si è in particolare condivisibilmente affermato che ‘ la deduzione del vizio di falsa applicazione dell’art. 2729, primo comma, cod. civ., suppone allora un’attività argomentativa che si deve estrinsecare nella puntuale indicazione, enunciazione e spiegazione che il ragionamento presuntivo compiuto dal giudice di merito – assunto, però, come tale e, quindi, in facto per come è stato enunciato – risulti irrispettoso del paradigma della gravità, o di quello della precisione o di quello della concordanza.
Occorre, dunque, una preliminare attività di individuazione del ragionamento asseritamente irrispettoso di uno o di tutti tali paradigmi compiuto dal giudice di merito e, quindi, è su di esso che la critica di c.d. falsa applicazione si deve innestare ed essa postula l’evidenziare in modo chiaro che quel ragionamento è stato erroneamente sussunto sotto uno o sotto tutti quei paradigmi ‘.
È evidente che il motivo, per come sviluppato dal ricorrente, non è conforme a tali canoni. Esso si risolve, in realtà, in una richiesta di rivalutare il materiale istruttorio con una impropria sollecitazione a procedere ad apprezzamenti di fatto in senso opposto a quelli espressi dalla Corte territoriale, così collocandosi al di fuori di quanto previsto dal vigente art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c., sotto le cui insegne il mezzo è stato proposto.
Inammissibile, infine, si rivela la censura sulla pretesa apparenza della motivazione, in quanto essa non è stata minimamente argomentata.
4.1 –
Il terzo motivo, infine, è parimenti inammissibile, per almeno due ragioni.
In primo luogo, dalla stessa esposizione offerta dal ricorrente risulta che le eccezioni in parola vennero riproposte da esso COGNOME solo con la comparsa
N. 31958/21 R.G.
conclusionale d’appello. Tuttavia, è ben noto che la parte vittoriosa in primo grado ha l’onere di riproporre, ai sensi dell’art. 346 c.p.c., le domande e le eccezioni rimaste assorbite (v. Cass., Sez. Un., n. 7700/2016 e successiva giurisprudenza conforme) se non nella prima difesa utile ( id est , nella comparsa di costituzione e risposta in appello, come ritenuto necessario dalla prevalente dottrina), almeno entro la data di precisazione delle conclusioni, in caso contrario esse dovendo intendersi rinunciate (v. Cass. n. 15427/2004). Non risulta, dunque, che il COGNOME abbia tempestivamente riproposto le eccezioni stesse in guisa tale da essere utilmente esaminate dal giudice d’appello.
In secondo luogo, il mezzo in esame è pure inammissibile perché introduce ai sensi del l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., una presunta mancata pronuncia circa le eccezioni sollevate sulle risultanze della CTU, anche in ordine alla contestata competenza per valore del Tribunale.
Pertanto, il preteso omesso esame riguarda non già un fatto storico, fenomenicamente apprezzabile (dunque rientrante in quei soli fatti il cui omesso esame può costituire oggetto di censura avanzata ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. -v. ex multis , di recente, Cass. n. 13024/2022; Cass. n. 8584/2022), ma questioni inerenti ad un error in procedendo , denunciabile semmai ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.
5.1 -In definitiva, il ricorso è inammissibile. Le spese di lite, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
In relazione alla data di proposizione del ricorso (successiva al 30 gennaio 2013), può darsi atto dell’applicabilità dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. 30
maggio 2002, n.115 (nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228).
P. Q. M.
la Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite , che liquida in € 2.500,00 per compensi, oltre € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfetario spese generali in misura del 15%, oltre accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n.115, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente al competente ufficio di merito, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della