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Responsabilità bonifico domiciliato: la diligenza

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 209/2024, ha chiarito i contorni della responsabilità del prestatore di servizi di pagamento in caso di bonifico domiciliato pagato a un soggetto non legittimato. Il caso riguardava una società che, dopo aver disposto un pagamento a un proprio creditore, si vedeva costretta a ripeterlo perché un impostore aveva incassato la somma presentando un documento falso. La Corte ha escluso l’applicazione analogica delle norme sulla responsabilità oggettiva previste per gli assegni non trasferibili, inquadrando la fattispecie nell’ambito della responsabilità contrattuale. Di conseguenza, l’istituto non è responsabile se dimostra di aver agito con la diligenza professionale richiesta, la quale è stata ritenuta assolta tramite la verifica di un documento d’identità, del codice fiscale e della password fornita dall’ordinante, anche senza conservare copia del documento.

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Pubblicato il 16 ottobre 2025 in Diritto Bancario, Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

Responsabilità Bonifico Domiciliato: La Cassazione Fissa i Limiti della Diligenza

Il pagamento di un bonifico a una persona diversa dal legittimo beneficiario è un incubo sia per chi ordina il pagamento sia per l’intermediario che lo esegue. Ma dove finisce l’errore e dove inizia la responsabilità legale? Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fatto luce sulla responsabilità per bonifico domiciliato pagato all’impostore, definendo con precisione quale sia lo standard di diligenza richiesto all’istituto di pagamento per non essere tenuto al risarcimento.

I Fatti di Causa

Una società assicurativa aveva disposto un bonifico domiciliato di 800 euro in favore di un proprio creditore, comunicandogli la password necessaria per l’incasso. Tuttavia, un truffatore, presentatosi allo sportello dell’istituto di pagamento con un documento d’identità presumibilmente falso ma con i dati corretti del beneficiario, riusciva a incassare la somma. La società, costretta a effettuare un secondo pagamento per saldare il proprio debito, citava in giudizio l’istituto di pagamento, chiedendo il risarcimento del danno per inadempimento contrattuale.

In primo grado, il Giudice di Pace dava ragione alla società, applicando per analogia la disciplina prevista per l’assegno non trasferibile, che prevede una responsabilità quasi oggettiva dell’intermediario. In appello, il Tribunale ribaltava la decisione, ritenendo che l’istituto avesse agito con la dovuta diligenza e che non si potesse applicare la normativa sugli assegni. La questione giungeva così dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione sulla Responsabilità del Bonifico Domiciliato

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della società, confermando la sentenza d’appello e fornendo chiarimenti fondamentali sulla natura di questo tipo di operazione e sulla responsabilità che ne deriva.

La Diligenza Professionale come Metro di Giudizio

Il punto centrale della decisione è l’inquadramento giuridico del bonifico domiciliato. La Corte ha stabilito che tale operazione non è assimilabile a un titolo di credito come l’assegno, ma rientra nello schema della delegazione di pagamento, regolata dalle norme sul mandato. Di conseguenza, non si applica la responsabilità aggravata prevista dall’art. 43 della Legge Assegni. La responsabilità dell’istituto di pagamento va valutata secondo le regole generali dell’inadempimento contrattuale (art. 1218 c.c.) e, in particolare, sulla base della diligenza qualificata richiesta all’operatore professionale (art. 1176, comma 2, c.c.). L’istituto, per non essere considerato responsabile, deve dimostrare di aver adottato tutte le cautele necessarie per identificare correttamente il beneficiario.

L’Identificazione del Beneficiario: Uno o Due Documenti?

La società ricorrente sosteneva che l’istituto sarebbe stato negligente per non aver richiesto due documenti di identità, come suggerito da una circolare dell’ABI per gli assegni. La Corte ha respinto questa tesi, affermando che le circolari ABI hanno valore di mera raccomandazione e non creano obblighi di legge. In assenza di una specifica previsione contrattuale, l’aver verificato un solo documento d’identità (apparentemente valido), unitamente al codice fiscale e alla password segreta, costituisce una condotta diligente e adeguata a liberare l’intermediario da responsabilità.

La Prova della Diligenza e l’Onere della Prova

Un altro aspetto cruciale riguardava la prova. La società lamentava che l’istituto non avesse prodotto in giudizio la copia del documento di identità esibito dall’impostore. La Cassazione ha ritenuto questo aspetto non decisivo. Ha spiegato che la prova della diligente verifica può essere fornita anche in via presuntiva. Nel caso di specie, l’annotazione degli estremi del documento e del codice fiscale sulla quietanza di pagamento è stata considerata prova sufficiente del fatto che un controllo era stato effettuato e che il documento appariva, prima facie, autentico. L’istituto ha così assolto al proprio onere probatorio, dimostrando di aver fatto tutto ciò che era professionalmente esigibile per evitare l’errore.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano sulla distinzione ontologica tra il bonifico domiciliato e l’assegno. Mentre l’assegno è un titolo di credito con regole di circolazione proprie, il bonifico domiciliato è un servizio basato su un rapporto di mandato tra il cliente e l’istituto di pagamento. Questa distinzione impedisce l’applicazione analogica delle norme più severe previste per gli assegni. La responsabilità dell’intermediario, pertanto, non è oggettiva ma colposa, e va accertata verificando se il suo comportamento sia stato conforme alla diligenza dell’operatore professionale accorto. La Corte ha ritenuto che l’istituto di pagamento avesse fornito la prova liberatoria, dimostrando, tramite presunzioni (l’annotazione sulla quietanza), di aver eseguito i controlli richiesti dal contratto e dalla prassi (documento, codice fiscale, password). Il fatto che la società ordinante non avesse fornito dati anagrafici aggiuntivi (come la data di nascita) è stato considerato un elemento marginale, poiché la responsabilità è stata esclusa in radice per la dimostrata diligenza dell’intermediario.

Le Conclusioni

La sentenza stabilisce un importante principio di equilibrio. Da un lato, protegge gli intermediari da una forma di responsabilità oggettiva, riconoscendo che non possono essere tenuti a risarcire il danno se hanno seguito scrupolosamente le procedure di identificazione. Dall’altro, definisce uno standard di condotta chiaro: la verifica incrociata di documento, codice fiscale e credenziali (come la password) è il livello minimo di diligenza richiesto. Per le aziende e i privati che utilizzano questi servizi, la decisione sottolinea l’importanza di fornire dati il più possibile completi e di essere consapevoli che, in caso di truffe sofisticate, il rischio può non ricadere interamente sull’istituto di pagamento se questo ha operato correttamente.

In caso di pagamento di un bonifico domiciliato a una persona sbagliata, l’istituto di pagamento è sempre responsabile?
No, non è sempre responsabile. La sua responsabilità non è oggettiva. L’istituto può liberarsi provando di aver agito con la diligenza professionale richiesta, identificando la persona che si è presentata all’incasso secondo le procedure pattuite e le regole di prudenza.

Per identificare il beneficiario di un bonifico domiciliato, è necessario richiedere due documenti di identità?
No. La Corte ha stabilito che, in assenza di una previsione contrattuale specifica o di una norma di legge, l’identificazione effettuata tramite un solo documento di identità in corso di validità, unitamente alla verifica di altri elementi come il codice fiscale e la password, è sufficiente a integrare una condotta diligente.

L’istituto di pagamento deve conservare una copia del documento di identità presentato per l’incasso per provare la sua diligenza?
No, non è un obbligo inderogabile. La sentenza chiarisce che la mancata conservazione della copia del documento non impedisce all’istituto di dimostrare di aver agito con diligenza. La prova può essere fornita anche in via presuntiva, ad esempio attraverso l’annotazione degli estremi del documento sulla quietanza di pagamento.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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