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Responsabilità banca per segnalazione CRIF: il caso

Due cittadini hanno citato in giudizio un istituto di credito per danni, sostenendo che una segnalazione errata in CRIF (classificata come ‘mutuo rifiutato’ anziché ‘rinunciato’) avesse causato il diniego di un finanziamento successivo. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando le decisioni dei gradi inferiori. I giudici hanno sottolineato la mancanza di prove sulla condotta illecita, sul nesso causale e sul danno effettivo, ribadendo i requisiti di specificità del ricorso. Il tema centrale è la prova della responsabilità banca.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

Responsabilità Banca per Segnalazione in CRIF: Cosa Decide la Cassazione?

Una segnalazione negativa nelle banche dati creditizie come CRIF può avere conseguenze significative, precludendo l’accesso a futuri finanziamenti. Ma cosa succede se la segnalazione è errata o imprecisa? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini della responsabilità banca in questi casi, sottolineando l’importanza della prova a carico del cliente che lamenta un danno. Analizziamo insieme questo caso per capire quali sono i principi affermati dai giudici.

I Fatti del Caso: Dalla Rinuncia al Mutuo alla Causa Legale

La vicenda ha origine quando due cittadini, dopo aver richiesto un mutuo a un istituto di credito, decidono di rinunciare alla pratica. Successivamente, l’istituto segnala l’operazione al sistema di informazioni creditizie (CRIF) con la dicitura “rifiuto concessione mutuo”.

Quando i due si rivolgono a un’altra banca per un nuovo finanziamento, la loro richiesta viene respinta proprio a causa di quella segnalazione. Convinti di aver subito un danno ingiusto, decidono di citare in giudizio il primo istituto di credito, chiedendo un risarcimento per i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti a causa di quella che ritenevano essere una segnalazione erronea.

Le Decisioni dei Giudici di Merito

Sia il Tribunale in primo grado che la Corte d’Appello hanno respinto le richieste dei cittadini. I giudici hanno ritenuto che non fosse stata fornita una prova adeguata su tre punti cruciali:

1. La condotta illecita della banca: Non era stato dimostrato che la segnalazione fosse illegittima.
2. Il nesso causale: Non vi era prova certa che il diniego del secondo mutuo fosse una conseguenza diretta della segnalazione.
3. Il danno: Non era stata provata l’esistenza stessa di un danno risarcibile, né patrimoniale né non patrimoniale.

La Corte d’Appello, in particolare, aveva evidenziato come la prima banca, interpellata dal secondo istituto, avesse immediatamente chiarito che l’annotazione si riferiva a una rinuncia del cliente e non a un rifiuto da parte della banca. Inoltre, i richiedenti avevano successivamente ottenuto il finanziamento da un altro istituto.

L’Analisi della Cassazione e la mancata prova sulla responsabilità banca

Insoddisfatti, i due cittadini hanno presentato ricorso in Cassazione. Tuttavia, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione d’appello e condannando i ricorrenti al pagamento delle spese legali. Le ragioni di questa decisione sono fondamentali per comprendere le dinamiche processuali in materia di responsabilità banca.

La Triplice Ratio Decidendi e l’Onere dell’Impugnazione

La Corte di Cassazione ha spiegato che la sentenza d’appello si basava su una “triplice ratio decidendi”, ovvero su tre autonome ragioni, ciascuna di per sé sufficiente a giustificare la decisione di rigetto: l’assenza di prova della condotta illecita, del nesso causale e del danno. In questi casi, chi impugna la sentenza ha l’onere di contestare specificamente e con successo tutte e tre le motivazioni. Nel caso di specie, i ricorrenti non avevano adeguatamente censurato la parte della motivazione relativa alla mancanza di prova del danno subito, rendendo di fatto inutile l’analisi delle altre censure.

Le Motivazioni della Decisione

Il cuore della pronuncia della Cassazione risiede nei principi che regolano il ricorso di legittimità. I giudici hanno ribadito che il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti del caso. Il suo scopo è, invece, verificare la corretta applicazione delle norme di diritto da parte dei giudici di merito.

Nel caso specifico, i motivi del ricorso sono stati ritenuti una mera richiesta di riesame delle prove e della ricostruzione dei fatti, un’attività preclusa alla Suprema Corte. I ricorrenti, secondo i giudici, non hanno saputo indicare in modo specifico le norme di legge violate e il modo in cui la sentenza impugnata si sarebbe posta in contrasto con esse. Inoltre, la Corte ha rilevato che le questioni relative alla violazione della normativa sulla privacy erano state sollevate in modo generico e tardivo, senza dimostrare di averle già sottoposte ai giudici dei gradi precedenti, rendendole così inammissibili.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame offre importanti spunti pratici. Chi intende agire in giudizio per ottenere un risarcimento da un istituto di credito per un’errata segnalazione deve essere consapevole che l’onere della prova è interamente a suo carico. Non basta lamentare l’errore, ma è necessario dimostrare con prove concrete e puntuali tre elementi fondamentali: la condotta illecita della banca, il danno subito (ad esempio, la perdita di un affare a causa del mancato finanziamento) e il legame diretto e inequivocabile tra la condotta e il danno. In assenza di una prova rigorosa su tutti questi fronti, la domanda di risarcimento è destinata a essere respinta. Inoltre, la vicenda insegna che l’impugnazione in Cassazione richiede un’elevata tecnica giuridica, dovendo concentrarsi su precise violazioni di legge e non su una generica contestazione della decisione.

Quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile quando, invece di denunciare specifiche violazioni di legge, si limita a contestare la ricostruzione dei fatti operata dal giudice di merito, chiedendo di fatto un nuovo esame del caso. È inoltre inammissibile se non contesta in modo specifico tutte le autonome ragioni (rationes decidendi) su cui si fonda la sentenza impugnata.

È sufficiente una segnalazione imprecisa in CRIF per ottenere un risarcimento dalla banca?
No. Secondo la decisione in esame, per ottenere un risarcimento il cliente deve provare in modo rigoroso tre elementi: 1) la condotta illecita dell’istituto di credito; 2) l’esistenza di un danno concreto, patrimoniale o non patrimoniale; 3) il nesso di causalità diretto tra la condotta della banca e il danno subito. La sola imprecisione della segnalazione non è sufficiente.

Cosa significa “ratio decidendi” e perché è importante in un appello?
La “ratio decidendi” è il principio giuridico o la ragione fondamentale su cui si basa la decisione di un giudice. Se una sentenza è sorretta da più “rationes decidendi” indipendenti tra loro, chi la impugna ha l’obbligo di contestarle tutte validamente. Se anche una sola di queste ragioni non viene efficacemente criticata, l’impugnazione verrà respinta perché la decisione resterebbe comunque valida sulla base della motivazione non contestata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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