Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 26870 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 26870 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 16/10/2024
Oggetto:
titoli di credito
AC – 19/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14593/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE , in persona del l.r.p.t., elett.te dom.ta in Roma, INDIRIZZO, rappresentata e difesa dagli AVV_NOTAIOti NOME AVV_NOTAIO e NOME COGNOME, giusta procura a margine del ricorso;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del l.r.p.t., domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso la cancelleria della Corte Suprema di cassazione e all’indirizzo pec EMAIL,
rappresentata e dife sa dall’AVV_NOTAIO, giusta procura in atti del 20 giugno 2023;
-controricorrente – avverso la sentenza della Corte di appello di Roma, quarta sezione civile, n. 1574/2021 del 2 marzo 2021, resa nel procedimento n.r.g. 3453/2019;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 19 settembre 2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
RILEVATO CHE
RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso in cassazione, affidato a tre motivi, avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Roma, in parziale riforma della sentenza del locale Tribunale, l’ ha condannata a risarcire il danno arrecato a RAGIONE_SOCIALE per effetto dell’abusivo incasso presso uno sportello postale da parte di ignoti di un assegno di traenza non trasferibile emesso da ll’assicurazione in favore di un danneggiato a definizione di un sinistro.
La Corte di appello, per quanto ancora in questa sede interessa, ha ritenuto: a) che sussisteva la responsabilità dell’istituto negoziatore dell’assegno, posto che esso aveva omesso di usare la diligenza professionale richiesta per l’operazione effettuata, avendo identificato il presentatore del titolo, che non era suo cliente abituale, né aveva pregressi rapporti con l’istituto, solo attraverso l’esame di una carta di identità e di un codice fiscale; b) che nella specie doveva riconoscersi l’applicabilità dell’art. 1227 cod. civ. invocata da RAGIONE_SOCIALE nei confronti dell’emittente il titolo, siccome le forme di spedizione del medesimo all’effettivo beneficiario (spedizione mediante posta
ordinaria) costituivano elemento valorizzabile ai fini del concorso causale, stimato nel 30% dell’importo totale del risarcimento; c) che sulla somma oggetto di restituzione andava riconosciuta presuntivamente la rivalutazione monetaria ove il saggio di interesse nel periodo di riferimento fosse stato inferiore al rendimento dei titoli di Stato non superiori a dodici mesi.
RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso e ha depositato memoria.
CONSIDERATO CHE
1. Il ricorso lamenta:
Primo motivo «1. V iolazione e falsa applicazione dell’art. 43 del RD 1736/33, degli artt. 1218, 2697 c.c., 1176, comma 2, 1992 c.c., degli artt. 1 e 35 d.P.R. 445/2000 , dell’art. 19, comma 1, lett. a) e dell’art. 3 allegato tecnico D. Lgs. n. 231/2007, dell’art. 115 c.p.c. -art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.», deducendo la non corretta applicazione dei criteri di accertamento della colpa della banca negoziatrice, l’erronea affermazione della responsabilità per non aver posto a fondamento della decisione le prove offerte del corretto adempimento, che regolarmente erano state offerte in atti, e per l’erroneo riferimento alla comunicazione RAGIONE_SOCIALE ai propri associati.
Il motivo è fondato e va accolto, alla luce della giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 25581 del 2018; Cass. n. 34107 del 2019; Cass., SU, n. 9769 del 2020; Cass. n. 9842 del 2021; Cass. nn. 15638, 15642, 15643, 15651, 15818, 6781 e 16782 del 2022; Cass. nn. 12861 e 35755 del 2023; Sez. 1, Ordinanza n. 19351 del 2024), cui va data continuità, secondo cui dopo la pronuncia di questa Corte a Sezioni Unite n. 12477 del 2018, avuto riguardo alla natura di clausola generale dell’art. 1176,
comma 2, cod. civ., il giudizio di diligenza professionale, riferito alla banca negoziatrice di un assegno di traenza, compiuto dal giudice di merito per integrare il parametro generale contenuto nella predetta “norma elastica”, costituisce una vera e propria attività di interpretazione della norma – e non meramente fattuale, limitandosi tale profilo alla ricostruzione del fatto dando concretezza a quella “parte mobile” della stessa che il legislatore ha voluto tale per adeguarla ad un determinato contesto storico-sociale, ovvero a determinate situazioni non esattamente ed efficacemente specificabili a priori , con l’ulteriore conseguenza che proprio perché si tratta di giudizio di diritto, tale valutazione è censurabile in sede di legittimità, ai sensi dell’articolo 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., quando si ponga in contrasto con i principi dell’ordinamento e con quegli standard valutativi esistenti nella realtà sociale che concorrono con detti principi a comporre il diritto vivente. Di talché, nel concreto della fattispecie, va evidenziato che la carta d’identità costituisce nel nostro ordinamento il fondamentale strumento di identificazione personale (come si evince dagli artt. 3 e 4 e ss. del r.d. n. 773/1931; dall’art. 1, lett. c) e d), del d.P.R. n. 445/2000; dall’art. 292 del r.d. n. 635/40). Pertanto, contrariamente a quanto statuito dal giudice d’appello, l’istituto bancario non è in linea generale tenuto, nella identificazione del portatore del titolo, al compimento di attività ulteriori non previste dalla legge, come si evince anche dalla normativa antiriciclaggio ex d.lgs. n. 231 del 2007, la quale stabilisce le modalità tipiche con cui gli istituti di credito devono identificare la clientela e non prevede il ricorso “ad ogni possibile mezzo”, né alcuna indagine presso il comune di nascita.
Altrettanto erroneo è il richiamo contenuto nella sentenza impugnata alla raccomandazione contenuta nella circolare ABI del 7 maggio 2001 indirizzata agli associati, che segnala l’opportunità per la banca negoziatrice dell’assegno di traenza di richiedere due documenti d’identità muniti di fotografia al presentatore del titolo, perché a tale prescrizione non può essere riconosciuta una portata precettiva, e tale regola prudenziale di condotta non si rinviene negli standard valutativi di matrice sociale, ovvero ricavabili dall’ordinamento positivo, posto che l’attività di identificazione delle persone fisiche avviene normalmente tramite il riscontro di un solo documento d’identità personale (cfr. Cass. n. 35755 del 2023; Cass. nn. 38110 e 35821 del 2022; Cass. n. 34107 del 2019).
Ne consegue che l’impostazione della corte d’appello di non ritenere in alcun modo liberatoria la prova dell’avvenuta identificazione con documento di identità -tenuto conto, peraltro, che dalla sentenza impugnata non risulta che il titolo presentasse alcun segno di alterazione o contraffazione -si pone in contrasto con i principi dell’ordinamento e con gli standard valutativi esistenti nella realtà sociale (cfr. in tal senso, Cass. nn. 3649 e 12573 del 2021; Cass. nn. 3078, 6356, 15638, 15643, 15651, 15818, 16781 e 16782 del 2022; Cass. nn. 12861 e 35755 del 2023; Cass. nn. 209, 10711 e 12802 del 2024).
b. Secondo motivo «2. Violazione e falsa applicazione dell’art. 43 del RD 1736/33, de ll’art. 121 8 c.c., degli artt. 40 e 41 c.p. e dell’art. 1227 c.c. -art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.», deducendo la violazione dei principi in tema di responsabilità e di nesso di causalità con riferimento alla condotta colposa di controparte in relazione all’asserito danno.
Terzo motivo «3. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1227 c.c., 1224 c.c., e 2697 c.c., per erroneo riconoscimento della rivalutazione monetaria sulla somma portata dal titolo di euro 7.000,00 -art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.».
Il secondo e il terzo motivo di ricorso restano assorbiti dall’ accoglimento del primo mezzo.
La sentenza impugnata deve pertanto essere cassata, rinviandosi la causa alla Corte di appello di Roma, in diversa