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Responsabilità banca assegno: basta la carta d’identità

Un istituto di credito è stato citato in giudizio da una compagnia assicurativa per aver pagato un assegno non trasferibile a una persona non legittimata, identificata con un solo documento. La Corte di Cassazione ha annullato la precedente condanna, stabilendo che la responsabilità della banca per un assegno pagato male non sussiste se l’identificazione del presentatore è avvenuta tramite un documento d’identità valido e privo di alterazioni evidenti. La Corte ha chiarito che non vi è alcun obbligo di legge di richiedere un secondo documento o di effettuare ulteriori indagini.

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Pubblicato il 23 dicembre 2025 in Diritto Bancario, Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

Responsabilità banca assegno: per la Cassazione è sufficiente la carta d’identità

La questione della responsabilità banca assegno in caso di pagamento a persona non legittimata è un tema cruciale nel diritto bancario. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale sui doveri di diligenza dell’istituto di credito negoziatore, stabilendo un principio di grande importanza pratica: l’identificazione del presentatore tramite un solo documento d’identità valido è, di norma, sufficiente a escludere la colpa della banca. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Una compagnia di assicurazioni aveva emesso un assegno di traenza non trasferibile a favore di un danneggiato, come risarcimento per un sinistro. L’assegno veniva però incassato presso uno sportello di un istituto postale da un soggetto ignoto, che si era presentato esibendo una carta d’identità e un codice fiscale. La compagnia assicurativa, ritenendo l’istituto postale responsabile per l’errato pagamento, agiva in giudizio per ottenere il risarcimento del danno.

La Corte di Appello aveva dato ragione alla compagnia assicurativa, condannando l’istituto postale. Secondo i giudici di secondo grado, l’operatore postale non aveva usato la necessaria diligenza professionale, limitandosi a controllare un solo documento di una persona che non era cliente abituale. Tuttavia, la Corte d’Appello aveva riconosciuto un concorso di colpa del 30% a carico della compagnia assicurativa per aver spedito l’assegno con posta ordinaria.

La Decisione della Corte di Cassazione e la responsabilità banca assegno

La Corte di Cassazione ha ribaltato completamente la decisione di merito, accogliendo il ricorso dell’istituto postale. I giudici supremi hanno chiarito che la valutazione della diligenza professionale richiesta alla banca (art. 1176, comma 2, c.c.) non è una mera questione di fatto, ma un’attività di interpretazione della legge, e come tale è soggetta al controllo della Corte di legittimità.

Il punto centrale della decisione è il ruolo della carta d’identità nel nostro ordinamento. Essa è considerata lo strumento fondamentale e principale per l’identificazione personale. Di conseguenza, un istituto di credito che identifica il portatore di un titolo tramite una carta d’identità, la quale non presenti palesi segni di contraffazione o alterazione, adempie correttamente al proprio obbligo di diligenza.

Obblighi Ulteriori e Circolari ABI

La Cassazione ha specificato che non esiste alcuna norma di legge che imponga alla banca di compiere attività ulteriori, come richiedere un secondo documento, effettuare verifiche presso il comune di nascita o utilizzare “ogni possibile mezzo”. Anche la normativa antiriciclaggio stabilisce modalità tipiche di identificazione che non prevedono tali controlli supplementari in assenza di specifici indicatori di rischio.

Inoltre, la Corte ha smontato il riferimento, fatto dalla Corte d’Appello, a una circolare dell’ABI (Associazione Bancaria Italiana) che suggeriva di richiedere due documenti. I giudici hanno sottolineato che tale raccomandazione non ha alcuna efficacia precettiva, ovvero non è una norma di legge vincolante, e non può essere utilizzata come parametro per affermare la colpa della banca.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha fondato la sua decisione su un’analisi rigorosa del concetto di diligenza professionale, qualificandolo come una “clausola generale”. Questo significa che il suo contenuto deve essere definito dal giudice applicando i principi dell’ordinamento e gli standard sociali esistenti. In questo contesto, l’affidamento sulla carta d’identità come strumento primario di identificazione è uno standard consolidato e legalmente riconosciuto.

Imporre alla banca oneri investigativi non previsti dalla legge significherebbe introdurre un livello di cautela sproporzionato e non richiesto. Se il documento appare formalmente valido, l’operatore bancario non ha il dovere di sospettare a priori una possibile frode e avviare indagini complesse. La responsabilità può sorgere solo se vi sono elementi concreti e visibili (es. un documento palesemente falso) che avrebbero dovuto allertare un professionista mediamente diligente.

Conclusioni

Questa ordinanza della Corte di Cassazione stabilisce un principio chiaro e di grande rilevanza per tutti gli operatori finanziari e per i cittadini. La responsabilità della banca per un assegno pagato a un soggetto non legittimato è esclusa se l’identificazione è avvenuta mediante il controllo di una carta d’identità valida e apparentemente genuina. Non possono essere imposti alla banca doveri di verifica ulteriori che non trovano fondamento in una specifica norma di legge. La sentenza è stata quindi cassata e il caso rinviato alla Corte di Appello, che dovrà riesaminare la vicenda attenendosi a questo fondamentale principio di diritto.

Quando una banca paga un assegno, è obbligata a chiedere più di un documento di identità?
No. Secondo la Corte di Cassazione, l’identificazione del presentatore tramite una singola carta d’identità, che non presenti evidenti segni di alterazione o contraffazione, è sufficiente per adempiere all’obbligo di diligenza professionale.

Che valore legale ha una circolare dell’ABI che raccomanda controlli più severi?
Nessuno. La Corte ha stabilito che una circolare ABI è una mera raccomandazione prudenziale e non ha “portata precettiva”, cioè non costituisce una norma vincolante. Pertanto, non può essere usata come base per affermare la negligenza di una banca che non l’ha seguita.

La verifica dell’identità da parte della banca è una valutazione di fatto o di diritto?
La Corte di Cassazione chiarisce che la definizione del parametro della diligenza professionale (cioè, cosa costituisce una corretta identificazione) è una questione di diritto e non di mero fatto. Questo permette alla Corte stessa di intervenire per correggere un’errata interpretazione della norma da parte dei giudici di merito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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